17 agosto
2009
Arriviamo a
Kos in perfetto orario. L’albeggiare è sereno. Ci preleva un taxi.
Ventotto i km fino all’albergo e l’isola si sgomitola davanti con
una luce delicata che gradatamente svela curve, rettilinei,
saliscendi, profili grezzi di montagne a segnalare cupa imponenza
lungo il loro fianco da costeggiare, la vegetazione è modesta ma
costante, l’urbanistica disordinata ed affollata ma, soprattutto,
niente mare. Stiamo procedendo lungo la dorsale dell’isola, gli
studi delle piantine geografiche prepartenza ci rendono sempre
vagamente coscienti di luoghi, distanze e geografie altrimenti
sconosciute, l’impatto è comunque guardingo e colmiamo la vista di
sensazioni senza curarci di capire, immaginiamo solo, voraci e
curiosi, anche se sconvolti da una notte semi insonne, ed al termine
eccola la costa, con la Turchia quasi da toccare di fronte, ed il
mare immobile del mattino a respirarci. Siamo arrivati Kos! Ennesima
isola greca di un Egeo che non termina di appassionarci.
30 agosto
2009
Partenza da
Kos. Ancora prima dell’alba stavolta, ed ancora taxi che in senso
inverso ora, ci riporta in aeroporto. Ma stavolta è percorso di
memoria strappata con altro spirito, album febbrilmente sfogliato. In
13 giorni l’isola si è rivelata. Come amiamo sempre dire con Lulù
dopo anche solo poche ore di frenetico girovagare in nuovi luoghi:
Kos non ha più segreti. Scorribandata a piedi ed in scooter in lungo
e largo, alto e basso. Ogni metro è riconosciuto, ogni svolta
nasconde un paesaggio, un richiamo, ogni incrocio si dischiude
familiare, ogni ansa svela rivoli di strade battute che affollano
memoria concitata ed ognuna moltiplica le visioni, che siano di
chiesetta isolata – macchie bianche e blu affogate nel silenzio -
spiaggia infinita, stradina dal convulso shopping o castello
veneziano di solitaria vedetta. Ogni angolo ci saluta discreto mentre
il taxi procede inesorabile e silenzioso con le nostre faccette
incollate ai finestrini, è un addio confidenziale anche se di velato
rammarico, un vicendevole ringraziarsi, un custodire meticolosamente
impressione e sorriso ad ogni curva che dissimula storie ancora
pulsanti, un tuffo nel cobalto od uno sbirciare Storia ancora
irrequieta ed in un soffio affiora il ricordo delle cene al vento,
quel quieto mangiare a tenue brezza d’isola che colora sapori
disegnando la sera d’aromi allo tzaziki, ed ancora le ore col
meltemi lieve e costante che t’assuefa al sole più spavaldo.
L’isola si raggomitola discreta tra mille sfumature, e sembra
augurarci quel delizioso “have a nice day” che ci ha accompagnato
per l’intera vacanza, un delicato formulare il buongiorno che in
questo pezzetto di paradiso risulta candidamente superfluo.
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