mercoledì 29 novembre 2017

CHI HA PAURA DELLE FAKE NEWS?



Queste vituperate fake news (notizie false) che stanno preoccupando l'intero mondo a me divertono un sacco invece... ho trovato addirittura eccessiva, e quasi fuori luogo, la condanna delle medesime da parte dell'irriverente banda di LERCIO, che ne racconta di bellissime e praticamente ci campa...

ora, condannare le finte foto di nostri ministri al funerale di Riina, o prendersela con chi traduce Putin mentre accusa Renzi per l'esclusione dell'Italia dal mondiale, è davvero, puerilmente, sciocco.

Ancora più sciocco di chi si beve tutte le fake news del mondo... e quando ci casco anche io... complimenti agli autori!!!

pensiamo solo che si progetta di legiferare contro questa goliardica impertinenza, invece di occuparsi del lavoro che manca, delle pensioni chimeriche, del deficit che tracima...

qui c'è gente che per accaparrare voti promette 80 euro a cani e a porci (e per i cani anche tasse più basse), pensioni a 1000 euro anche alla casalinghe!!!... 

sembrano proprio queste le uniche, autentiche, fake news...




venerdì 24 novembre 2017

I CANCELLI DI SCAMPIA



Gestire la scuola a Scampia stava diventando come una missione in terra aliena: un luogo dispensatore di cultura e umanità, avvertito dai locali quasi come una limitazione alla libertà ed un ostacolo da eliminare, o almeno contenere.
Aprire una cristalleria nella giungla sarebbe stato meno folle.

E a Gaetano era venuta un'idea ancor più folle.
Quel bidello che sembrava aver trovato una collocazione definitiva come a somatizzare il suo passato per nulla limpido, un continuo esporsi sulla linea di confine tra illegalità e di piccoli lavoretti saltuari ed inevitabilmente a nero e con essi l’incostanza, la rabbia e l’ insofferenza che ne derivavano.
Una veste finalmente “autorevole” proprio in quella scuola spericolata, nel bel mezzo del quartiere più temuto, con lui a regolare accessi e uscite, gazzarre e urla di corridoio.

Aveva parlato col Preside, il vecchio Prof. Spaziale, uno affatto dedito alla causa: avrebbe solo voluto passare quei pochi anni di servizio che ancora gli rimanevano, vicino casa. Insisteva da tempo col Ministero, era stufo di Pescara e di quel mare finto, dei tramonti in campagna col mare buio, e questi ingrati, alla fine, proprio per zittirlo, gli avevano proposto cosa? Scampia! Proprio a lui! Certo non ci aveva messo poco a tacere i mille scrupoli.. ma ora era vittima dell’insubordinazione e della strafottenza, e quando Giacomo l'aveva buttata là: “Mettiamo i cancelli ai piani, le chiavi le tengo io, evitiamo le fughe di metà mattinata, e gli ingressi dei non addetti, dei mariuoli che vogliono solo vedere cosa c'è da rubare”.
Invece di ribadirgli che stavano in una scuola, non in un carcere di massima sicurezza, si era arreso all'evidenza. “Ok, proviamo”.
Il Ministero gli aveva dato carta bianca: “Inventati quello che ti pare” sembrava fosse scritto tra le anonime righe in burocratese con le quali lo avevano investito di una mission impossible.


E così, ogni santo giorno, Gaetano disciplinava i varchi, faceva entrare chi ne aveva diritto e faceva uscire solo a fine lezione o per necessità giudicate davvero serie.
Scuola o carcere non faceva differenza nella sua testa. Bisognava fare sul serio.
C'era da costruire un futuro, e bisognava essere forti e tosti.
Più tosti di quelli là fuori.
Più tosti di quanto non fosse mai riuscito ad esserlo lui.

E anche se professori e studenti storcevano il naso, lui si era preso quella briga, spalleggiato dal Preside e da pochi altri insegnanti.
Il bello è che sembrava funzionare.

Nel suo peregrinare tra piani e classi, davanti alla III G Gaetano ci passava spesso, gettando un occhio curioso.
Perché in quella classe c'era un solo studente, Lorenzo, che sembrava resistere. Che stava resistendo.
Dopo un inizio di anno scolastico scorbutico, con l’arrendersi arrogante e spocchioso degli altri sette compagni di classe e di strada - comunque sempre troppo pochi - l’aula si era addirittura ridotta ad un solo elemento; ma Lorenzo si stava lentamente convincendo come la scuola davvero potesse essere l’unica soluzione possibile per poterlo affrancare da un futuro a senso unico.
E teneva duro assieme al coinvolgimento, all’interesse che lo contraddistinguevano, la voglia di conoscere, di costruire qualcosa di diverso da un futuro senza sbocchi.


Al termine del consueto giro, Gaetano aveva deciso per una mossa davvero intrepida: fermarsi in quella classe, dapprima come per rassicurare quella prof che sembrava disperatamente attaccata a quell'ultimo studente rimasto, da non perdere assolutamente, da tenere custodito come una rarità; eppoi anche stuzzicato dalle sue lezioni, da quell'esprimersi fluido; era come affascinato da storie che aveva sempre sentito solo da lontano, materie sfiorate, una mitologia di sapere lontanissima dal suo vivere troppo spesso alla sola insegna di una cruda materialità: ruvida legge di strada.

Anche la prof. ssa Bilardo, che sapeva quanto Gaetano si prodigasse affinché le lezioni avessero regolarmente corso, si preoccupava ed era felice di quella sua - teoricamente anomala - sensibilità. Gaetano era sempre un po’ orso, interloquiva con pochissime parole, teneva sempre le distanze, ma più per paura di non essere all’altezza, che per quell’arrogante distacco che spesso filtrava dagli indigeni scampiesi.
Notava le assenze e sottolineava i suoi timidi interventi.

E la “prof” era una che ci credeva invece, ci credeva davvero.
Napoletana orgogliosa e verace, come una vongola di mare aperto, filtrava invidia e pregiudizi e li ricacciava in gola a tutti. Con un solo sorriso.
Quella scuola l’avrebbe edificata lei se avesse potuto, ora che ci era entrata, i suoi ragazzi ne sarebbero usciti a testa alta.
Ci aveva messo l'anima in quell'istituto, affezionandosi a quella decina di scapestrati, anche se la maggior parte stava fuggendo via, come i suoi mici raccolti in strada.

A maggior ragione in quella III G dove era rimasto solo Lorenzo.
Gli voleva un gran bene. Voleva bene alla sua riservatezza, ai suoi silenzi, a quel seguirla incantato tra Storia e Geografia, Poesia e Matematica...


E anche a Lorenzo, unico superstite di quella strana classe, faceva piacere che il bidello assistesse alle lezioni, lo faceva sentire come di esempio, e spesso lo andava a cercare lui per i corridoi, gli piaceva averlo in classe per certi versi e pensava di dover sfruttare e - in qualche modo - già restituire, le occasioni che gli venivano porte. Lorenzo si stava ergendo a paladino di un futuro incerto, contro un futuro che di certo dispensava solo apparente vita facile.
Vita a perdere.

Era una scuola in trincea, con una guerra silenziosa di sottofondo, e dietro i cancelli si combatteva per una causa comune, una speranza tutta da costruire.

La sera poi, Gaetano spesso si ritrovava davanti alla sua vecchia macchina del gas, magari a cuocere una paio di uova, ripensando ad un’altra giornata volata via, all'eco dei cancelli, ai sorrisi di scherno e sfida e a quei concetti di logica e aritmetica che tentava di carpire
e quando Lorenzo gli si avvicinò piano. Quasi neanche lo avvertì:

Papà.. però glielo dobbiamo dire alla prof.. almeno sa che perdo un sacco di tempo a farti ripetizioni la sera...”

Gaetano voleva custodire per se quel segreto, aveva cresciuto Lorenzo da solo. La madre li aveva abbandonati entrambi con il piccolo appena nato e lui non si era mai sentito all’altezza di un compito destinato ad una mamma, ma quel figlio fortemente voluto era diventato l’unica forma di riscatto. Costantemente in conflitto con la sua vita, con le amicizie maledette, errori su errori.
Non voleva che Lorenzo ripercorresse le sue orme.
Doveva essere un padre ideale. Non come esempio da seguire.
Ma esempio da evitare.

Gaetano andava in “controtendenza”. Sarebbe stato lui a seguire le orme del figlio. E Lorenzo sembrava ascoltarlo, almeno per ora; non si era fatto irretire dal fascino della malavita, quella sindrome di “gomorra” che sembrava imperversare eccitando le nuove generazioni, anziché indurle ad una revisione di pensiero.
Voleva uscirne. E non da solo.



giovedì 16 novembre 2017

A VOLTE CI SI APPROSSIMA...



A volte ci si approssima ad altri bloggers come fossero ormai persone di casa, persone che da tempo segui e leggi come una rassicurante abitudine, li avverti sulla tua frequenza e la cosa ti rassicura e ti autorizza anche al vago contraddittorio, alla replica, al neanche velato dissenso, in qualche caso.

E' in quel caso che testi la solidità di un rapporto, quando puoi permetterti di non pettinare i capelli nel verso consueto, quando evidenzi quella che per te può essere una stortura, e di contro, quando riprendi in considerazione una tuo principio perché qualcuno fa notare che hai scritto una corbelleria, o comunque pone un accento che avevi bypassato o non considerato a sufficienza.

Questo dovrebbe certificare la validità di un blog. Dove ci si mette in gioco, dove ci si espone.
Dove ci si confronta.

In alcuni casi, invece, ci si trova davanti persone che al massimo possono accettare quieto assenso se non tenue compatimento.

Una sorta di silente platea con divieto di opinione.

Ricordo a costoro l'esistenza di Word.
Validissima e compiacente alternativa al blog interattivo.


martedì 14 novembre 2017

IO COMPRO SU AMAZON



Ho seguito curioso gli ultimi servizi ed articoli sulla “filiera” di consegne Amazon, il servizio di acquisti online che sta soppiantando i vecchi metodi di acquisto.

Ammetto di essere un abituale acquirente Amazon, ma non mi avvalgo più del servizio Prime, quell'opzione specifica che ti fa arrivare l'acquisto in ventiquattr'ore.

Questo da quando mi è arrivato un “driver” trafelato alle sette di sera, che doveva uccidersi per arrivare in tempo utile e aveva ancora due consegne da fare.


Ho scoperto (e compreso) che il mio “capriccio” innescava un meccanismo micidiale che prevedeva come ultima rotellina della consegna, postini e driver con compiti proibitivi.

Certo Amazon ha direttivi e criteri di marketing che dettano legge. 
E ormai è l'algoritmo che decide per noi: quali messaggi, e di quali amici, farti apparire su facebook, quali fondi farti acquistare in banca, quali biscotti farti venir voglia di mangiare in mille pubblicità subliminali o meno, o di quale colore dovrai farti i capelli il prossimo Natale.

Subiamo influenze indicibili e apparentemente innocue.

Nel mio piccolo, Prime può andare a farsi fottere.

Comprerò ancora su Amazon,
ma non voglio che si uccidano per consegnarmi un pacco.





domenica 12 novembre 2017

PADOVA PER NOI...

..bici e portici..
Il “per noi” del titolo è un “per noi” cittadini metropolitani, della capitale, ad essere ancora più essere precisi, la città Eterna, Roma, meraviglia delle meraviglie, quel posto dove farsi uscire gli occhi dalle orbite per la Bellezza che tracima da ogni angolo.

Se sei un turista.

E a “noi” che non siamo turisti e viviamo Roma, con il traffico, il caos, le distanze paurose, i tempi biblici, la monnezza, il disordine, l'inumanità, il disinteresse, le capocciate, le inferriate pure al settimo piano...

..acciottolato.. 

..può capitare di trovarsi un weekend catapultati a Padova, con poco più di tre ore di treno veloce, a calpestare l'acciottolato che ti massaggia i piedi, nel silenzio di quiete irreale, quella che ti fa percepire le bici, le chiacchiere leggere delle persone che sfiori, l'acqua placida dei canali ad un ritmo slow del quale avevi perso ogni traccia..
può capitare di ammirare un concentrato di arte e bellezza in un fazzoletto di quartieri, dalle volte di Giotto ai palazzi medievali alle piazze che si inseguono una dopo l'altra fino a perdersi nelle viuzze di riviera con i loro immancabili portici..

..quiete a pedali..

La Basilica di Sant'Antonio riflessa in un laghetto dell'Orto Botanico


..può capitare di sorseggiare uno spritz come da nessun'altra parte, e poi infilarsi in un dedalo di quartieri a caccia di osterie tipiche, attraversando o costeggiando navigli sempre inseguiti dall'eco dei nostri passi.. rumori desueti che le nostre città seppelliscono costantemente di chiasso molesto.

Imperdibile spritz al Pedrocchi


Ecco.. Padova per noi è una parentesi di incredibile ritorno all'umanità, un immergersi nel reticolato urbano e nel tessuto umano, chiedere informazioni, curiosità, e ricevere sempre cordiale disponibilità, anche solo provare il piacere immenso di ottenere sempre e regolarmente la precedenza sulle strisce pedonali.. pensa un po' di cosa va a stupirsi un alieno che arriva da Roma...   

Prato della Valle
Prime castagne...

giovedì 9 novembre 2017

E la Festa (del Cinema) fini'...



Esperienza incredibile, cinema come respiro, di corsa da una sala all'altra, senza tregua, calandosi in pochi istanti in storie, mentalità, modo di girare e interpretare per forza di cosa, diverse; spesso agli antipodi, perché non scegli il genere, non scegli gli attori, non scegli il regista, non scegli la storia.

E' il film che sceglie te.



E tu devi cambiare pelle velocemente, camaleontizzarti, non per adeguarti a quello che vedi - sia chiaro questo -, ma per fornire la maggior lucidità, freschezza e imparzialità possibile.

Entriamo come spugne nuove di zecca in ogni sala, pronti ad assorbire, e col senno di poi, anche a fucilare regista e pellicola, ma solo dopo esserci concessi anima e corpo a ciò che ci viene offerto.

..file pazzesche ma pazienti..

E tutti i film in lingua originale, spesso con doppi sottotitoli in inglese e italiano  - anziché confondere - aiutano a cogliere sfumature, atteggiamenti, tensioni, che a volte il doppiaggio interpreta diversamente o comunque in altra maniera. 

E così le sorprese, le delusioni, la meraviglia, ma anche la noia, e lo stupore, si moltiplicano e creano spessore a questo Festival, a questo modo di assorbire cinema. Un tour de force di grande impatto e di estremo arricchimento.

Non solo cinema... se magna pure...  ;)



Perché per qualche ora consecutiva siamo fuori da ogni altra distrazione, siamo completamente dedicati alla settima arte, che ci tiene in pugno e fa di noi ciò che vuole. 

Diveniamo consci anche di un differente ed alterato scorrere del tempo, estranei al medesimo, refrattari alle distrazioni perché per la stragrande maggioranza siamo un pubblico di single, in completa osmosi con lo schermo e la macchina cinema.

Ma siamo noi a volerci immergere in questa parentesi magica.. 
..e non smetteremo mai di ringraziare.. 


..anche quando in sala sei tu e lo schermo. E' capitato. 
Ed è bellissimo.

..e alla fine anch'io sul red carpet!!!

...e direttamente dal Festival.. ecco la recensione di un film fantastico, che raccomando di cuore:



I, TONYA

Mockumentary di estremo livello cinematografico, una contaminazione realtà/ fiction studiata con cura certosina.
A cominciare dall’episodio prescelto, esattamente non tra i più edificanti della storia sportiva: la pattinatrice Tonya Harding coinvolta nell’ideazione di un pessimo gesto intimidatorio nei confronti di una sua diretta concorrente alle Olimpiadi del 1994.
Facile esaltarsi e fare cinema su un fatto vero, con protagonista un eroe, come accade ad esempio per il comunque ottimo Stronger.

Più complicato entrare nelle pieghe dello spirito di personaggi controversi e tecnicamente negativi, come Tonya Harding, con “un biopic che sembra girato dai fratelli Coen”, solo per citare Variety.

Ho amato questo film, e questa pattinatrice sbalestrata, talentuosa, di bassissima estrazione sociale, autentica, coraggiosa, trasgressiva e maltrattata; e rude, maleducata, sgraziata.. tranne quando volava sui suoi pattini raggiungendo vette altissime, la prima a tentare un triple Axel - salto pazzesco piroettando ed atterrando praticamente al buio - cosa che le altre non azzardavano neanche in allenamento.
Uno sport dove troppo spesso è protagonista un'apparente grazia pat(t)inata, e dove le giurie guardano alla spirituale, elegante, incorporeità dei movimenti, proprio quando Tonya irrompe con la sua potenza e la sua energia, il fumo e il rock duro, a spezzare riti e consuetudini.

E ci si infila così nella sua vita sregolata, tra mirabolanti interviste da docufilm, con una mamma paranoica e protagonista (l'incredibile Allison Janney), un marito violento e pazzoide, ed un contorno di personaggi tutti borderline, che creano film nel film, con i loro eccessi ed i loro caratteri.
Una donna dapprima osannata, che in attimo ha avuto contro l’America intera, l’intera opinione pubblica; ed un film che tenta, e riesce, a fartela amare.

Margot Robbie non solo splendida attrice, ma anche produttore; si affranca del suo ruolo da sex symbol sfornando una prestazione attoriale pazzesca, tra pianti isterici, cazzotti, urla liberatorie, mesi sui pattini a studiare.
Non mi meraviglierei affatto se il prossimo Oscar fosse suo.
Un triple Oscar anzi: film, Margot Robbie e Allison Janney.

Altro che Olimpiadi.