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sabato 20 febbraio 2021

ANNUNCIO RITARDO



Dopo aver mollato un supponente Frecciarossa, aspettavo, assieme ad altri, il Regionale delle teoriche 17,05. 

L'annuncio "anticipo", colse molti di sorpresa. 

Anche perché tutte le fonti di orario stavano sballando, si pensava ad eccessiva calura o ad anomale tempeste magnetiche. 

Noi lì, ormai un po' istupiditi, si ipotizzava potesse essere addirittura pomeriggio inoltrato. 

Quando il treno giunse sembrava in surplace. Entrò in stazione sbuffando lievi soffi di vapore stanco.. e si diede un'occhiata tronfia, tutt'attorno, della serie: 
"decido io quando si arriva, e quando si riparte, ora".  

Solo un vecchio merci in sosta bofonchiò qualcosa sull'arroganza dei giovani... e tornò ad arrugginirsi in silenzio. 

Un giorno era giunto spavaldo anche lui, e sempre di pomeriggio. 

Certe coincidenze spaventano.



mercoledì 11 aprile 2018

PROSSIMA FERMATA...



C’è solo questo nastro registrato ormai a bucarmi il cervello:
SPAGNA, USCITA LATO DESTRO. 

Il resto è  incubo.

Sono prigioniero sulla metro, da più di due ore credo. Un vagone che non si ferma più, la gente che urla, piange, cerca di spaccare tutto...un signore rumeno, penso, con un sedile divelto, è riuscito ad aprire una delle porte e si..in preda al delirio, si è gettato ...nel vuoto.. siamo rimasti in silenzio per un periodo che è sembrato infinito, ma forse sono stati pochi istanti...nessuno si è mosso.
Allucinati dall'orrore...

I cell non prendono, le maniglie di emergenza inutili… non sappiamo se il mondo sa che siamo qui, o chissà dove.
Non capiamo cosa stia accadendo, intrappolati in un loop senza fine.
In parecchi hanno smesso di farsi domande, piangono abbracciati, anche tra sconosciuti o urlano o se ne stanno inebetiti, forse pregano che non sia vero, pregano di svegliarsi, con lo sguardo fisso terrorizzato

SPAGNA: USCITA LATO DESTRO… l’unica stramaledetta vocina metallica che continua a funzionare imperterrita annunciando una stazione che non arriva…
spingo invio nella speranza di lasciare un messaggio, una testimonianza, un aiuto...anche la luce va e viene ad intermittenza... solo questo vagone corre imperterrito, senza nessun rallentamento.


Un vecchietto vicino mi si aggrappa al giaccone...è sconvolto...mi guarda con l’occhio lucido… “E’ colpa mia.. ho desiderato con tutte le forze di non arrivare mai alla prossima fermata… mi aspetta il funerale di mia moglie.. non avrei retto..non ce la posso fare.. voglio restare qui.. e.. qualcuno.. mi sta esaudendo...”

Qualcuno che non conosce il conflitto d’interessi però...

domenica 28 gennaio 2018

TAVolette


Voi siete proprio sicuri che i milioni di euro per le TAV e le linee che trapassano le Alpi per mirabolanti viaggi fino a Lione siano spesi dopo aver comunque assicurato tutti i carri bestiame dei pendolari?

Voi siete proprio sicuri che dopo il frontale in Puglia su una sola linea utilizzata per andare e tornare, in Italia non esistano più binari unici, o che perlomeno non siano ancora gestiti manualmente da un capostazione senza alcun supporto tecnologico?

Voi siete proprio sicuri che non ci siano altre TAVolette di legno in giro a garantire l'incolumità di persone, che non prendono il treno pagando cifre pazzesche per andare a sollazzarsi in città d'arte, ma "solo" per andare a lavorare, tutti i santi giorni.

Ne siete proprio sicuri?

venerdì 11 marzo 2016

VEDI NAPOLI...


Golfo da Castel dell'Ovo
Piazza del Plebiscito

.. e capita che prenoti un Frecciarossa andata e ritorno, porti tua moglie a vedere il Cristo Velato, che non l'ha mai visto, ti godi la sua meraviglia e te la ribalti su di te, e poi vi sparate Napoli in lungo e in largo, sei ore di cammino a spulciare il possibile, dal neogotico che ricorda tanto Gaudì al maiolicato di Santa Chiara, da vicoli labirintici di panni stesi e motorini rombanti  a mare improvvisamente spalancato che ti illumina i polmoni, da frittini ad ogni angolo di via alla gente che ti sgomita con non chalance, da centinaia di presepi vivi, alla metropolitana che sprizza colore come fosse una festa, da orge di barocco "napoletano" a quiete barche ormeggiate fino in strada.
Bastioni di Castel dell'Ovo

E alla fine sei ubriaco di bellezza. Occhi e cuore colmi. E col sorriso di lei, esausta come mai, che ti si addormenta su una spalla, mentre torniamo a Roma.

Nuovo look per la stazione Centrale

Chiostro di Santa Chiara




Caffè al pistacchio e coroncina di noccioline.
Puro sturbo al vetro.

Scorcio di quartiere spagnolo
L'arco di Castel dell'Ovo






Maschio Angioino

Ormeggio creativo




Nuova metro rutilante...


...ma il traffico rimane...   ;)


venerdì 8 maggio 2015

HO PERSO IL TRENO

Intrigato da Monia Papa e dal suo Calamorso, ho partecipato alla raccolta anonima di racconti su "i treni persi" , deragliando da par mio.. 
è uno scorcio di adolescenza a farla da padrone, con la mia cittadina di vacanza e crescita emotiva, Scauri, rinominata Rivareno (omaggio a una mitica gelateria romana..) per garantire minor appigli possibili al lettore.. ovviamente non vinsi, e per punizione ve lo propongo...



Fu probabilmente il mio sguardo ottusamente imbambolato a rimanergli impresso. Ancor più delle parole:

Ho perso il treno.
Ce l'avevo qui sul monitor ...e ad un tratto, più nulla!”.

Il Coordinatore Capo mi osservava sgomento. Ero stato il suo pupillo dai tempi della scuola allievi macchinisti.
Mi riteneva persona assennata, saggia, lucida.
Quel mio sereno, consapevole annunciare, una cosa assurda.
Lo annichilì.

Ricordavo quello sferragliare lungo costa, quando il mare iniziava ad apparire ad intermittenza al finestrino, a rapidi flashes. Era l'autentico inizio vacanza. L'abbandono della città, della scuola, delle strade popolate di auto pericolose. Un vago e sempre più consistente materializzarsi di spiagge, mare, ciambelle calde, scorribande in bici, uva rubata dai vigneti che tracimavano a bordo strada.
Ancora una galleria e la vecchia stazione dalle pensiline in ferro mi avrebbe riaccolto coi miei sogni di bimbo entusiasta.

Mi sta dicendo che un'elettromotrice da ottanta tonnellate con un vagone autorità e una trentina di persone a bordo si sono smaterializzati in galleria? Proprio l'E656, nel suo ultimo viaggio celebrativo prima della dismissione? Non diciamo cazzate Alessi..

E quella medesima stazione, quello stesso treno, a fine vacanza mi strappava ogni volta ai miei ricordi, agli amici, all'emozione di un bacio, ai primitivi subbugli di cuore, alle spensieratezze, per ricatapultarmi nella mia città, e farmi affogare di nuovo tra doveri, studio, noiosa routine, un nebuloso oblio a frantumare ricordi.

Era tutto tranquillo. Lo seguivamo sui tabulati elettronici e non c'era stato nessun preallarme o segnalazione di malfunzionamento. Nella stazioncina di Rivareno erano presenti già tutte le autorità locali, quelle che avevano fortemente voluto 'sta pagliacciata.
Non capita tutti i giorni riuscire a mettere su un evento del genere.
Volevano rinverdire i fasti della “cittadina di mare” di un élite scomparsa. E mi stavano costringendo a rivoluzionare orari e percorrenze di almeno una ventina di treni. Per fortuna sarebbe durata poco. Il binario messo a disposizione per la scenografica entrata in stazione moriva proprio lì. Dove sarebbe morto quell'ultimo sferragliare rugginoso.

Avevo finito per detestarlo quel treno che mi portava ai sogni, ma che con la stessa regolarità me ne allontanava senza alcun indugio, senza un tentennamento, una pausa per un saluto più lungo, per un ricordo da lasciare a custodire un intero anno lontano. Era un accavallarsi di sensazioni ogni volta demolite dallo scampanellìo che annunciava l'arrivo di un convoglio, di quel convoglio. Poi un sibilo lontano,a sfregiare il silenzio, un puntino che appare mesto ingrandendo fino a occupare tutto, spazio e memoria.

Il coordinatore mi guardava quasi furente ora. Specialmente dopo che gli avevo raccontato che quel locomotore era proprio lui, il treno che odiavo da piccolo, quello che mi riportava a casa a fine Settembre, che decretava ad ogni stagione la fine di un sogno, del mare, del caldo, di tutto...
Tira subito fuori quel treno, non finisco in pasto alla stampa per le tue pippe mentali.. fai “riapparire” subito quel ferrovecchio, e basta con queste stronzate.. è l'ultima volta che presto un tratto di ferrovia per queste manifestazioni nostalgiche. Andava rottamato subito quella carcassa, senza pensarci due volte... ed ora ti ci metti pure tu e i tuoi magheggi pazzoidi!! ”

Quante volte avevo pregato perché sparisse tutto.. treni, stazione, binari e capostazione.

Ero entrato in ansia. Mi ero subito agitato, in veste di Dirigente Centrale del Traffico Regionale, quando era uscita questa storia del'elettromotrice da rottamare in pompa magna, con quell'ultima corsa proprio nella stazioncina di Rivareno.
Erano anni luce che non tornavo più là, i moderni ETR frequentavano tratte apposite, le linee regionali lungo costa erano soprattutto appannaggio di pendolari cronici. Bastava un monitor, un carteggio grafico e una matita.

Ma avermi appioppato l'organizzazione di quell'ultimo viaggio d'addio era come un voler farmi rituffare in memorie sepolte. E quasi un dispetto a me che da anni non mettevo più piede a Rivareno, e che dei ricordi avevo fatto carne macinata, a volte per scelta, più spesso per necessità.

Avevo covato mille attese in quella stazione, abbracciato genitori in attesa, salutato parenti, amici, fotografato tramonti e odorato la notte.
E ci avevo atteso mille volte l'amore, più volte diverso, sotto quelle pensiline di ferro arrugginito, mi ero attaccato alle vecchie panchine inchiodate a terra mentre merci furiosi transitavano frullando polveri e aria turbinante; lanciato sms accorati, avvertimenti convulsi, disillusioni e promesse mancate, coi “dove sei?” e i “ma quando arrivi?” che si accavallavano.
Ero cresciuto alla loro ombra, binari consunti testimoni di mille vite a fuggire o a giungere.
Ho maledetto innumerevoli volte il bigliettaio che mi staccava la ricevuta di partenza e odiato quel lavoro di impietoso assassino di sogni fanciulli.

Ed ora eccomi qua, nella capitale, ad occuparmi di reti ferroviarie e treni pendolari, stazioncine in disuso. E anche treni in disuso. Come quell'elettromotrice da riportare nella sua vecchia stazione di transito. Una manifestazione voluta dal Comune per rinverdire i fasti di un periodo di florida vacanza balneare ormai perduta. Un posto di mare bello solo per chi ci era cresciuto, in realtà un paesino terremotato dal tempo e dall'incuria, devastato dalla camorra e dall'edilizia selvaggia, col mare rimasto da sogno giusto in una fotografia sbiadita degli anni ottanta.
Da lì in poi delirio di inquinamento e di perdita di sogni e adolescenza.
Non volevo tornarci e provavo un senso di intima repulsione verso quel treno che se ne andava in pensione.
All'epoca l'avrei fatto esplodere, emigrare sulla luna ridotto in polvere fosforescente.
Vederlo entrare in stazione, nella mia stazione, seppur su un monitor a led mi avrebbe squassato il cuore.
Ma poteva davvero solo il desiderarlo, per far sparire un treno?

Ricordo quando piccolo e triste, con la valigina accanto, rimanevo a fissare la galleria dove sarebbe apparso il mostro che mi riportava nella Grande Città, a scuola, lontano dai miei sogni salmastri. Desideravo allora con gli occhi chiusi e i pugni stretti che sparisse ingoiato dal buio. Ma non accadeva mai. Sbucava alla fine sbuffante e raccoglieva la mia tristezza in una manciata di attimi, il capostazione fischiava, papà mi portava sopra dopo aver caricato le valige, oppure mi salutava perché partivo con gli zii, mentre i miei genitori avevano più spazio in auto, quando se ne poterono permettere una, per caricare valige, borse e svariati pacchetti.

E ora, da adulto responsabile, refrattario alle emozioni, e forgiato dalla vita, solo a ricordarlo quello stupido desiderio che mi agitava i sogni fanciulli... puff!
Quel maledetto treno era sparito davvero! Mi si era volatilizzato. Un desiderio che cullavo da secoli si era impadronito della scena quando ormai mi avrebbe creato (e me li stava creando) solo casini immensi.. asincronismi maledetti!
Vaglielo a spiegare ora che una mia voglia bambina aveva realmente generato il miracolo, giusto con quarantanni di ritardo.. avevo volontariamente e scientemente perso il treno che mi strappava ogni anno dal mondo favoloso delle mie vacanze..

...quei vagoni a scompartimenti, che creavano un microcosmo che viaggiava per cavoli suoi, porta e tendine chiuse, come un modulo lunare distaccato dal resto del convoglio, dove si mangiava, si leggeva, si dormiva; dove odori e sguardi si confondevano e, soprattutto, si faceva conversazione.. non c'erano computer, cuffiette e cellulari, foto di memoria viva per riaccarezzare la vacanza con gli occhi, quegli apparati che ti mettono in comunicazione col mondo ma ti fanno ignorare il tizio con cui viaggi gomito a gomito.. che strane queste dimensioni macro che s'ingoiano il micro.. solo il naso appiccicato sul finestrino a rubarmi con gli occhietti tristi un mondo che sfilava via..

Chi ha dirottato l'E656 sul binario “illegale” (un binario di riserva che serve per i “contromano” d'emergenza)?!
Un binario che non si usa mai..? 
Ovvio ero stato io, certi comandi vanno via per default, sempre ammesso di trattare tutte le stazioni per quello che sono, e non ci si metta il cuore di mezzo.
Fermate anonime per scambio passeggeri e merci. Numeri sul tracciato.
Il sussidio di grafica della circolazione parlava chiaro, io mi ero fatto prendere da panico primordiale e avevo creduto di poter manipolare oggetti e desideri a mio piacimento.. che idiota!
E che figura di merda col Capo .. 
intanto tiriamo subito fuori quel treno dalla galleria, dentro c'è gente che se ne fotte delle mie malinconie...

Ma c'era quella splendida differenza tra un treno che ti portava a destinazione e quello che ti ci strappava, la stessa che nutri per un treno da perdere con tutte le forze, perché altrimenti si stacca dalla banchina come un cerotto divenuto seconda pelle, muove le ruote stridendo nervi e tendini, come una radice che urla, una fondamenta terremotata.
E allora vuoi rimanere sulla terraferma delle tue certezze, dei tuoi sorrisi. 
Che scorra via senza di me quel rapinatore di sogni. Di sogni realizzati.

C'era un regia di traffico ferroviario che mi era completamente sfuggita di mano, o che, piuttosto, avevo fatto sfuggire via. 
La gestione di questa “manifestazione” era apparentemente semplice, avevamo sospeso intercity e merci creando un limbo dove appoggiare quella mezz'ora di traffico anomalo, fare arrivare l'E656 in stazione e parcheggiarlo sul binario secondario che avrebbe assistito all'ultimo giro di ruota, alla frenata Finale.

Non lo sopportavo quel treno, quello che mi portava via ovviamente. Un treno che viaggia nei due sensi ma senza sapere che chi soffre e chi gioisce è solo a causa di una destinazione, o per l'altra.

Ma avevo dato quasi inconsciamente una segnalazione di priorità e liberato il traffico per un intercity inesistente.
La mia locomotiva delle vacanze era così “scomparsa” dai radar, seppur questione di minuti, ma nel mio immaginario l'avevo fatta sparire davvero, frantumata, l'avevo in pugno; e mi stava piacendo quella sensazione, un me onnipotente finalmente in grado di cancellare una fonte di dispiacere avvolta nel malanimo, e covata negli anni. Una vendetta servita fredda.

Che idiota. Ma che meraviglia anche!
Ti avevo perso finalmente, treno della malora.. sarebbero rimasti i grilli a frinire su quel binario di ferro ancora tiepido specchiato di tramonto rosso.