martedì 22 settembre 2015

BURKINA FASO



E se mi svegliassi una mattina con la testa sgombra?

Non avrei certo problemi di lavoro, di traffico, di vestito da mettermi, caffè d’orzo o ginseng? Maglioncino o cravatta? Robaccia da vendere per raggiungere budget proibitivi per fare soldi per altra robaccia da comprare, il certificato medico in palestra, l’acqua della doccia.. fredda, l’avviso Equitalia alle Poste, pacchetti di ipocrisie da sfoggiare, di pioggia (im)prevista, di primo freddo da tamponare, di adsl che va e viene, mamma che non risponde al telefono, il battesimo proprio mentre gioca il Milan.
E poi i weekend da prenotare, i voucher teatro da stampare, le prime visioni da andare a criticare, mostre da collezionare, collezioni da mostrare, cambi di stagione, parcheggi impossibili, file sul raccordo, la batteria del motorino, l’idraulico che “forse tra due settimane c’ho un buco”, la lista della spesa.

E la mogliettina da svegliare.
E il cuore da far (ri)palpitare.

Dovrei svegliarmi tipo in Burkina Faso.


Vediamo poi, se smetto di lamentarmi... 

sabato 12 settembre 2015

AMORGOS LE GRAN BLEU



Si parte a mezzanotte dal Pireo. Il Superstar Ferries inghiotte caldo e denso Egeo notturno, fino a prosciugarlo all'alba, sulle rive di Amorgos.


La nostra isola che chiude il cerchio delle Cicladi verso est.




Isola aspra. Innervata di curve che issano in vetta e precipitano in baie azzurre e verdi come su un ottovolante impazzito, tra il mare turchese che tira giù tra vento e sale, e il cielo azzurro, costantemente orfano di nuvole e ubriaco di sole.

Costellata di mille chiesupole bianco accecante e parentesi di paesi avvinghiati alla pietra lavica.



Le invasioni arabe e di millemila pirati hanno condizionato arroccamenti improbabili lontano dal mare, Kastri inespugnabili su cime squassate dal meltemi.






Grumi di case e chiese strette in abbracci sensuali a dominare un Egeo tanto pericoloso e temuto ieri, quanto quieto e affascinante oggi, a custodire ogni sera tramonti squagliati, prologo a lunghe passeggiate dopo cena, col mare immobile a ricrearsi, e sentieri resi luminosi da polvere di luna...







Amorgos è l'ultima a tenere riunite e sottovento, assieme a Naxos, le perle delle Piccole Cicladi, tutte a un tiro di traghetto veloce - Koufunissi (visitata comodamente in una giornata), Iraklia, Dounussa e Schinoussa - ognuna piccolo paradiso di spiagge trasparenti, acque minerali, sabbia candida a sfidare l'abbacinare delle casupole a calce.




Fantastica la caccia al tesoro fuori ogni piccola candida chiesetta. A centinaia sull'isola. Tutte da fermarsi spesso su cigli di strada improbabili, e andarle a scoprire, a salutare intimamente. 



Sono solitamente chiuse a chiave. Ma a ben guardare, sotto un piccolo vaso, in un pertugio anomalo di muretto a secco, o a fianco di una grossa pietra, c'è riposta la piccola chiave di entrata. Al termine di ricerca e visita - spesso dopo aver acceso un piccolo cero ortodosso affondato nella sabbia - alle rassicuranti icone illuminate da miriadi di lampade votive, si chiude la cappella e si ripristina il piccolo segreto.



E poi c'è lui. 
Forse, anzi senz'altro, il motivo principale per cui ho scelto - responsabilità mia stavolta - Amorgos.

































Il monastero di Hozoviotissa.

Incastonato come diamante di luce nella roccia a strapiombo.



Incanta e provoca brividi di emozione solo a scorgerlo.





Un assurdo architettonico spalmato a parete. Un miracolo balistico.
Sfida alla gravità e a tutti i consueti canoni. Uno spicchio di bianco sospeso tra mare e cielo. Un omaggio alla fede. Miracolo terreno.



Ci si arrampica in verticale nel convento, dopo i primi trecentocinquanta scalini dalla base del parcheggio, tra corridoi angusti ricavati dal profilo della montagna, e ogni tanto una finestrella ingoia luce e cielo, fino al culmine, terrazza sull'Egeo stupito anch'esso, dove i frati ci offrono acqua fresca e biscottini.
Si va via col cuore gonfio, gli occhi felici.




Ultimo cenno per le walk road.
Nelle Cicladi più genuine, inviolate, il mare più autentico è conquista. Sentieri che si dipanano dal cielo di montagne in picchiata, che a vederlo dall'alto, quell'azzurro lontanissimo, 



sembra un miraggio indefinito, con le rocce irregolari a demolirti caviglie e ginocchia e infiniti cairn (dolmen li chiamiamo ormai da sempre Lulù ed io, piccole piramidi di sassi segna sentiero, “marcatori di territorio”) a non farti sviare ad ogni dosso, ogni cespuglio e rovo da aggirare.



E una volta giù il mare ti quieta anima e corpo. Certo si dovrà risalire. Ma con un tesoro in più negli occhi. E i preziosi dolmen per guidarti fino a casa.


Si riparte alla fine. Amorgos non ha più segreti o quasi. Due settimane per spulciare spiagge e baie sconosciute ai turisti mordi e fuggi.





Due settimane per creare complicità e confidenza.



Per darsi reciprocamente del tu.
Per conservarla indelebilmente nel cuore, Le Gran Bleu.
Dove Luc Besson ha girato l'omonimo film.



Affascinato e stregato anche lui.



Come noi.