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venerdì 3 ottobre 2025

CARTA IGIENICA (ISTRUZIONI PER L'USO)

 


Magari non se ne parla, ma frequentando case di amici, conoscenti, parenti ma anche hotel e svariati servizi igienici pubblici, alla fine può emergere uno degli interrogativi che assillano l’umanità: notare che non è affatto universale il sistema di posizionamento del rotolo di carta igienica nell’apposito supporto atto a srotolarlo.

Solitamente lo constatiamo solo in quegli attimi di intimo raccoglimento, e ci rendiamo conto di non essere gli unici portatori di verità, ma esistono praticamente due scuole di pensiero: un sistema over, secondo cui la carta scende frontalmente, e un sistema under, che la fa venire giù dal lato parete. 
E comunque in crescita il movimento che lascia il rotolo sul termosifone o su qualsiasi mensola o superficie di comodo in prossimità del water, bypassando più o meno elegantemente, il dilemma.
Tornando alle principali correnti di giudizio, la prima sarebbe quella ufficiale - che da sempre utilizzo anche io, ed in effetti legato a tradizioni e abitudini familiari -, ma ufficialmente introdotta e illustrata nientepopodimeno che dall’inventore, del porta rotolo della carta igienica, Seth Wheeler nel 1891.
E qui sotto, esaustiva illustrazione a corredo:

Credo comunque che si tratti di una di quelle consuetudini di famiglia che finiscono per divenire bagaglio di tanti nostri inconsapevoli comportamenti.
Inseribili serenamente tra quelli innocui.. 

Fateci caso la prossima volta, in seduta di gabinetto.  


domenica 24 agosto 2025

IL NULLA

 


Dal blog di Giuseppe Marino e i suoi incipit mensili da cui trarre spunto, ecco il mio contributo di fine luglio..  ;)

“L’estate era finalmente arrivata, e con lei il profumo delle creme solari, il suono delle ciabatte sulla sabbia bollente e le risate leggere che si rincorrevano tra gli ombrelloni. Ogni giorno sembrava una promessa: di un tuffo più alto, di un gelato mai assaggiato, di un incontro destinato a diventare ricordo. Fu proprio in uno di quei pomeriggi infiniti che accadde qualcosa di assolutamente imprevisto…”

..il mare si ritirò, la risacca boccheggiava lasciando appena un pelo d’acqua ritrosa, ma dopo la sorpresa del momento, pensai ad un fenomeno spesso legato agli tsunami, come un rinculo a presagire l’onda di piena, ma qui? Sul pacioso Tirreno? Non potevo crederci.. scrutavo l’orizzonte come impietrito, anche se l’istinto era di fuggire subito verso terra.. ma intanto nulla all’orizzonte.. “solo” questo silenzioso ritrarsi, barchini, boe, pesci..tutti presi di sorpresa a constatare che non c’era più mare.. neanche un’impressionante bassa marea a Zanzibar mi aveva scosso così..

Radio e tv iniziavano ad annunciare cose analoghe dal resto del mondo, come se avessero tolto il tappo dagli oceani, e il centro della terra stesse inghiottendo ogni metro cubo d'acqua..

L'aria era densa, masticabile, maleodorante di sale e alghe bruciate dall’esposizione  mescolata ad una esalazione metallica, come di ruggine improvvisa.
Il sole, appena un attimo prima complice di pomeriggi pigri, ora picchiava implacabile sul fondale esposto, trasformando la sabbia umida in una crosta putrida.
Sulla spiaggia eravamo terrorizzati ma immobili, radunati sulla battigia che non era più battigia, un confine mobile che si spostava sempre più in là, rivelando segreti e conformazioni che mai avrei immaginato.
Scorgevo cose irreali, e l’aria sembrava di deserto ora, inerte come i relitti all’orizzonte, e poi, più in là, strane figure, enormi, indefinite e grottesche, che sembravano come in agguato, ma probabilmente spaventate più di noi.

Le barche, e intere navi, giacevano inclinate, come giocattoli dimenticati da un bambino gigante. Gabbiani confusi impazzivano, atterrando goffamente sulla melma che era stata il fondale, beccando pesci agonizzanti a guizzare in pozze sempre più piccole.
Non c'era panico però, non ancora. Piuttosto, una sorta di stupore collettivo, una rassegnazione surreale. Le notizie dalla radio parlavano di porti trasformati in deserti, di navi incagliate a chilometri dalla costa, di città costiere che si affacciavano su abissi fangosi. "Il Mediterraneo è una pozzanghera salata," diceva una voce calma e irreale alla radio, "l'Atlantico un canyon senza fine."

Il "nulla" era un vuoto assordante, un silenzio che inghiottiva il suono delle onde, sostituito solo dal fruscio del vento sulla sabbia e dal lamento lontano di qualche sirena. Iniziavamo a definire l'orizzonte, ma non era il solito orizzonte marino.
Piuttosto una linea frastagliata, fatta di rocce e detriti, dove prima c'era solo azzurro. I nostri occhi, abituati alla vastità liquida, faticavano a comprendere quella nuova, arida, infinita estensione.
Era come se il mondo avesse trattenuto il respiro, e in un istante, tutta l'acqua. E noi, sulla spiaggia, eravamo lì, testimoni di un'assurdità che superava ogni immaginazione, in attesa di capire cosa sarebbe rimasto, una volta che il blu fosse scomparso del tutto, lasciando solo il cielo testimone dell’unico azzurro con ancora qualcosa che somigliasse ad un senso.

                                                                                                               

 


martedì 19 agosto 2025

POESIA A TEMPO

 


Poesia a tempo
perché devo uscire,
incontrare gli amici,
raccontare un po’ di balle.
Vantarmi o farmi vedere stanco,
recuperare attenzione, insomma.

Poesia a tempo
perché mi chiedono
se scrivo, non cosa.
Allora butto giù due righe
senza un margine a farne prosa.

Poesia a tempo
perché è tanto che non ne scrivo,
ma devo uscire, e vestirmi prima,
ecco il citofono.
Rileggo, salvo con nome,
arresto il sistema.

Catalano me spiccia casa.




domenica 3 agosto 2025

TROLLEY DA VIAGGIO

 

Buongiorno, sono la “cappelliera”, il vano bagagli che trovate in ogni aereo, sopra le vostre teste, l’apposito spazio dove mettere il trolley autorizzato a seguirvi fino al posto assegnato, e se non trovate posto proprio sopra di voi,  magari qualche metro più in là, perché facile che chi arrivi prima mi riempia di tutt’altro: bottiglie, zaini, borse, pacchi e pacchetti.. 

Però saranno più di trent’anni che non vedo né cappelli né cappelliere.. eppure, ad ogni inizio volo, l’impeccabile steward, donna o uomo che sia, annuncia il fatidico: “Assicuratevi che tutte le cappelliere siano chiuse”.

Ma cappelliere de che, vorrei sapere?

Quando la gente girava coi cappelli e le apposite cappelliere, per inserire quelle specie di torte che mettevano in testa signore e signorine, c’erano giusto i fratelli Wright a svolazzare per i cieli!

Chissà come mai certi (c)appellativi restano in voga nonostante l’evoluzione dei tempi e degli usi.. bah! ..vallo a sapere.. intanto provate a metterci un borsalino,  un panama o un copricapo da donna di quelli a tesa larga che occupano da soli mezza fusoliera, nelle “apposite cappelliere”, che al primo trolley infilato a forza, vi diventano una focaccia genovese..

E a questo punto perché non potrei pretendere delle sedie Luigi XIV sotto di me, invece dei normalissimi sedili che non fanno per nulla pendant con la mia signorilità di cappelliera?


sabato 12 luglio 2025

ESAME DI IMMATURITÀ

 


Ai miei tempi (bello parlare dei "miei tempi" riferendomi  ad appena poco più di 45 anni orsono..), se avessi fatto scena muta agli orali non ci sarebbe stato santo a salvarmi, membro interno a immolarsi, epico scritto a sugellare la nuova prosa del secolo.

Sarei stato bocciato.

Ma era ancora l'epoca dei primitivi voti.

Non c'erano i crediti scolastici, quelli di formazione, le tabelle di conversione, i parametri di conteggio, le simulazioni di calcolo e il pregresso di due anni fa quando, magari un giorno, hai avuto voglia di studiare.

Oggi se vuoi fare il rivoluzionario e sovvertire il "sistema" puoi decidere di contestare gli insegnanti e i loro metodi arretrati, la loro totale assenza di cuore ed empatia e la loro manifesta inadeguatezza. 

Perché grazie all'evoluzione del sistema scolastico di calcolo dei crediti accumulati, gli orali divengono inutile orpello, fregio decorativo di una (im)maturità già in tasca,
e sei promosso lo stesso,
finendo pure sui giornali, ma soprattutto su Instagram, e stavolta con "crediti" inimmaginabili, con la nuova società dell'apparire pronta ad accoglierti.

E sì.. eravamo proprio ingenui..

 





mercoledì 4 giugno 2025

LA RIVOLTA DELLE BOZZE

 

Erano là in attesa, e questo post pubblicato non può essere certo una ricompensa adeguata; loro da tempo hanno smarrito entusiasmo e pure identità. 

Un vessillo disperso dopo che il Re ha oltrepassato il confine,  gomena abbandonata sul molo dal piroscafo salpato.

Post in bozza che secondo l'Autore avrebbero avuto un senso, in un loro preciso tempo, ma ora sono solo stonature asincrone, estranei appartenuti ad un mondo andato avanti nel frattempo, ambasciatori destituiti di Stati che non esistono più, testimoni di eventi dimenticati, amori sepolti, eventi evaporati, ambasce sensate, impellenti - un giorno - e ora non più.

Unica cosa certa è che non si acconteteranno di un memoriale vuoto, vogliono riprendersi la ribalta, il treno perso, il volo cancellato, la nave che fa ruggine in rada.

C'è voglia di tornare, anzi, entrare in corsa, denunciare, gridare, farsi vedere. Inconcepibile che il mondo cambi senza un loro sussulto, una spinta, una denuncia, una fantasia; chi può decidere qual è il tempo, chi può compilare graduatorie obiettive, ottimali? Lo decide chi legge, certo, chi si incuriosisce, chi passa oltre, chi pensa che i blog siano finiti e non ha mai compilato mezzo post, preferisce una frenetica meteora su facebook, coi like a peso, e domani oblio.. ma che dico domani, dopo mezz'ora.. e le bozze qui, nel cantiere dell'eterna lavorazione?

"Forse significhiamo più di una pubblicazione avvenuta, perché quella vede la luce, ma la scorge anche tramontare, più o meno veloce, vero..ma il blog tira avanti, e a rimorchio solo noi, le bozze, che ad ogni apertura reclamiamo visibilità, quella visibilità istantanea e luminosa, anche se che poi significherà fine certa." 

giovedì 24 aprile 2025

UN DIALOGO CON AI


Premessa: non tutti hanno la possibilità di permettersi un canone per noleggiare un'AI evoluta, esistono però accessi gratuiti ad intelligenze artificiali basiche alla portata di tutti. Di seguito uno scambio esemplificativo: 

Buongiorno AI Basica, potresti suggerirmi un racconto fantastico a carattere distopico?
"Non ti basta il telegiornale? Tutt'al più suggerisco versione serale di tv commerciali con finalità acchiappascolti"

Avrei preferito un indirizzo già strutturato dove poter inserire filoni di storie ad intersecarsi.
"Mi dispiace ma il mio status mi consente di accedere a materiale web consultato più volte e non in grado di elaborare novità sensibili in materia, potrei però guidarti su fantastiche storie di Cardinali processati e condannati che vorrebbero entrare in Conclave".

E dove vedresti la distopia nello specifico? 
"Ad esempio nel moto dei Cardinali benpensanti al cospetto di un'invasione di Cardinali senza scrupoli, oppure una coalizione di porporati vecchio stampo che meditano vendetta e giustizia, titolo possibile: Rivolta in Cappella.
Fammi sapere cosa ne pensi, sono qui per altri suggerimenti non troppo impegnativi"


lunedì 7 aprile 2025

I DAZI SPIEGATI FACILI

 


L’Italia vende Brunello di Montalcino ad un importatore americano a 30 euro a bottiglia. Trump introduce un 20% di dazio, quindi 6 euro in più che l’importatore versa allo stato. A questo punto il Brunello gli è costato ben 36 euro, e se il commerciante vorrà guadagnare qualcosa dovrà caricare ancor più il prezzo per il consumatore medio americano che, verosimilmente, tenderà a comprare di meno.

A questo punto l’importatore ha due soluzioni, comprare meno vino dall'Italia e guadagnare meno, importare da altri paesi marche meno famose e meno costose o, meglio ancora, utilizzare vino prodotto negli Stati Uniti, senza pagare alcun dazio.

Di contro, l’esportatore italiano potrebbe abbassare i prezzi, verosimilmente tagliando il Brunello con massicce dosi di Tavernello del Conad, tutto made in Italy esente da dazi;  esporterebbe, paradossalmente, anche di più guadagnando addirittura meglio, e il Brunello acquisirebbe quel sentore di corsia da supermercato mai potuto affinare nelle tradizionali botti in rovere, e sicuramente meglio apprezzato dalla selezionata clientela statunitense.
Parallelalmente anche il Parmigiano Reggiano potrebbe scorgere nuovi orizzonti se adeguatamente combinato con la fontina dell'Eurospin, permettendo al buongustaio statunitense ottime combinazioni di grattugiato sulla pizza all’ananas.

E possiamo non parlare delle opportunità procurate dall'olio di oliva EVO (Extra Vergine d’Oliva),  efficacemente combinato sempre col nostrano olio di oliva FAO (Forse Anche Olive), made in Todis?

Intanto offrirebbe costi e prezzi decisamente competitivi e la possibilità di essere utilizzato, sempre negli States, oltre che nelle insalate, anche come lubrificante d'eccellenza per i motori Tesla.

Insomma, nonostante Trump, grazie alla nostra proverbiale creatività, prepariamoci ad un boom economico di dimensioni mai viste.


giovedì 3 aprile 2025

GUSTO E DISGUSTO: IL PARADOSSO PSICOLOGICO

 


Gratitudine e ingratitudine, piacere e dispiacere, fiducia o sfiducia, sono tutte emozioni, contrapposte, e riconosciute.

Tra le tante ne esistono di primarie: gioia, paura, tristezza, rabbia e disgusto;
cinque emozioni così identificate da autorevoli fonti, alle quali, di recente, si è aggiunta l’ansia, anche lei con  lo status di primaria.
 
Un pacchetto deprimente solo a leggerlo.

Non si direbbe un’esistenza serena per chi si percepisca conforme a questo standard di priorità e riconosca di vivere quotidianamente secondo questa scaletta, anzi, appare una battaglia emotiva persa sin dall’inizio.
 
Personalmente questa “classifica” le vedrei ben disegnate come profilo di un abitante di Gaza, con unica gioia quando si renda conto che l’ultima bomba esplosa a due passi da lui, lo ha lasciato illeso.
Per il resto un bagno costante di paura, tristezza, rabbia e disgusto; e ansia, dimenticavo.

Tornando invece a sensazioni, emozioni che si contrappongono, come quelle citate ad inizio post, nulla da dire.. se non quando si parla di gusto, relegato “soltanto” al ruolo di uno tra i cinque sensi comunemente conosciuti.
Infatti la maggior parte delle persone abbinano subito a questa parola solo sensazioni alimentari, legate a percezioni di piatti e sapori.

Ma il “senso” di gusto non si esaurisce certo attorno alla bontà di una carbonara, può rappresentare infinite sfumature, una metafora di piacevolezze estetiche.

È possibile gustare un gradevole spettacolo teatrale come una splendida giornata di sole o un’amabile passeggiata tra boschi e sentieri; al contrario, la sua accezione negativa, il disgusto, è uno dei piatti forti (per rimanere in tema gastronomico) delle principali emozioni attribuite al genere umano.

Io la trovo una forma scorretta di inventario emozionale.

Sembra che il fine ultimo di certo universo psicologico sponsorizzi e favorisca un’esistenza costantemente in allerta, utile a forgiare armature, scavare fossati, coltivare diffidenza e sospetto per una vita che riserverebbe, in gran parte, solo angoscia.

Nessuna fiducia quindi, solo scetticismo e pessimismo, cosmico possibilmente, una visione leopardiana senza speranza.

Voi credevate che la vita fosse bella per principio, ricca soprattutto di amicizia, serenità, sorpresa, quiete, simpatia, spensieratezza, ispirazione, stima, amore, entusiasmo, meraviglia?

No.
State sognando la vita di un altro.
C’è da soffrire innanzitutto, avere timore, secernere astio, immalinconire, abbattersi e deprimersi.

E se queste, alla fine, sono davvero le basi emotive rivelate dagli specialisti del ramo.. perché non farsi coadiuvare da un’analista esperto?
Da qualcuno che sappia mettervi in guardia, istradarvi sulla vera essenza della vita, l’ipocrisia che la contraddistingue e la malvagità che la anima?
Contattate uno psicologo, forse siete ancora in tempo.
Prezzi modici. Massima serietà.
Tempo di cura spesso indeterminato.


lunedì 17 marzo 2025

PARCHEGGIO SOTTERRANEO

 


Parcheggio multipiano sotterraneo.

A Roma uno dei più frequentati e famosi è quello del Gemelli.
L’ospedale del Papa tanto per capirsi.
In questo ameno luogo di "sosta", spesso affatto "breve", sembra si possa provare, almeno una volta, il “loop da labirinto”.

Vale a dire che per entrare, entri.
Ma uscire non sarà semplice.

Direte voi, vabbè, ammesso che accada, con tutti i frequentatori, basterà accodarsi ad altre auto in uscita.
Vista da fuori sembra facile.
Ma i loop (circuiti viziosi) creano solidale dipendenza, inizi a seguire un’auto che cerca l’uscita, magari appena sfilatasi da un’area di sosta, e scopri che questa ne sta seguendo un’altra appena adocchiata.
Inutile sottrarsi al loop, ne creeremo inconsapevolmente di nuovi, e quando si creano di queste dipendenze “temporali” non è facile individuare il punto di rottura che riconsegni al mondo i consueti parametri.

Ora sto scrivendo dal livello – 4, parcheggiato un attimo per capire dove andare senza farmi prendere dal panico claustrofobico.

Sono due ore che cerchiamo l’uscita e comprendo solo ora il perché il biglietto, vidimato e pagato prima di ritirare l’auto, prevede un tempo massimo di 100 minuti per uscire dal parcheggio, che a me erano sembrati un’enormità.. due ore fa!

Oltretutto pochissimo illuminate le presunte vie d’uscita, riprendo con un filo di speranza. Il percorso labirintico sembra girare in tondo fornendo solo deviazioni obbligatorie che riportano sempre al punto di partenza dopo leggere pendenze, inversioni a gomito e improvvise cunette, per poi tornare in piano. 

La semioscurità non aiuta poi, una luce fioca e smorta; eccoci rallentati di nuovo, ora blocco l’auto e scendo a chiedere all’auto che mi segue, ovviamente costretta a sua volta a fermarsi, mi avvicino al finestrino e domando: “Mi perdoni, mi devo essere perso, lei ha idea di dove sia l’uscita?”  Il tipo mi guarda comprensivo: “A dir la verità, stavo seguendo lei..”

Quando arriviamo finalmente all'agognata barra di uscita, il controllo biglietto non funziona, il display comunica: tempo di uscita esaurito, vidimare nuovamente con adeguata integrazione di pagamento.


 

 

 


mercoledì 12 marzo 2025

PROCESSO ALL'ALTARE DELLA PATRIA

 


Il Vittoriano di Roma. L'Altare della Patria, completato e inaugurato nel 1911.
Uno scempio architettonico ormai somatizzato da tanti. 
E finito per essere ammirato da stranieri e concittadini.

Classico esempio di come un corpo estraneo, nel tempo e con l'abitudine, divenga elemento consuetudinario e tollerato fino a diventare addirittura apprezzato.
Stravolgimento completato, una ventina d'anni dopo, con l'edificazione di Via dei Fori Imperiali, tra Piazza Venezia e il Colosseo, e un altro intero quartiere abbattuto (l'Alessandrino), assieme a chiese e parte dei Fori, tutto per favorire la facilità di "circolazione".

Ma torniamo all’Altare della Patria.

Il 27 gennaio del 1986 si svolse a Roma un Processo (cui parteciparono tra gli altri, diverse personalità dell'epoca - Bruno Zevi come accusa, Paolo Portoghesi a difesa) al monumento in Roma a Vittorio Emanuele II, tra il serio, il sottile, il pungente e l’informale, certamente; ma in forma concreta, giustificata dalla miriade di polemiche e dissensi generati da “quella massa imponente” destinata ad occupare un punto nevralgico di Roma e che  nessuno, allora (anni ’80), avrebbe mai immaginato potesse divenire, col tempo, il monumento più fotografato della capitale.

La totalità delle tesi ammettevano compatte la bruttezza dell’opera, c’era chi ne votava l’abbattimento, la traslazione in periferia, l’eliminazione di almeno il piano superiore o anche solo la trasformazione e parziale copertura (magari con l’edera), o anche l’impacchettamento a tempo indeterminato, come andava di moda in quel periodo, col funambolico Christo a incellofanare svariati monumenti.

Prevalse il tenerselo lì ad eterna memoria, a monito potremmo dire, nonostante la sua edificazione oscurasse i Fori, avesse costretto la basilica di San Marco dietro la riedificazione di Palazzo Venezia, l’Ara Coeli in castigo proprio alle spalle del Vittoriano, e avesse comportato la cancellazione di un intero spettacoloso borgo medievale di cui rimane una minima traccia nell'Insula dell'Ara Coeli, guardando l'Altare della Patria, sulla sua destra.

Un monumento “giolittiano”, anche se solamente in seguito assurto a simbolo fascista e anche sede de Il milite ignoto, fino a divenire lo specchio dell’Italia più retorica dell’epoca.

“Ritengo il monumento a Vitttorio Emanuele II nella piazza Venezia di Roma un nonsense storico, architettonico e urbanistico, senza peraltro essere un nonsense intelligente o spiritoso. La sua costruzione ha causato lo scempio di una zona di Roma fondamentale per le straordinarie testimonianze storiche e artistiche, che sono rimaste irrimediabilmente alterate. Il monumento si pone del tutto fuori scala rispetto alla struttura urbana, né riesce a diventare un nuovo fulcro di riferimento e aggregazione (questa negatività attenuata poi col tempo e la parziale apertura n.d.r,)
Michele Cordaro (storico e critico d’arte)

Ma uno dei commenti più sagaci lo espresse Giorgio Manganelli, indimenticato critico, saggista e scrittore:

“Penso che le città abbiano diritto, come gli esseri umani, a una quota di bruttezza ragionevole, anche chiassosa, urtante, qualcosa che serva ad esprimere un’intima volontà di demenza. E dunque sarà meglio che codesta mattana venga fuori in marmo e bronzo, visibile a tutti, repellente come gli ubriachi che venivan mostrati ai giovani di Sparta, affinché crescessero sobri”.


Da parte mia, l'ho sempre trovato orrendo, avrei votato per l'abbattimento,
allora ma, perché no, anche oggi  ;)



 

 


venerdì 7 marzo 2025

TOPPER


Indubbio che Barbieri, coi suoi Quattro Hotel, abbia influenzato e sbomballato a dovere mezza Italia con la sua fissa per il topper, in pratica un mini materassino memory aggiuntivo al già convenzionale e acquisito materasso, portatore di presunte proprietà taumaturgiche per ogni fastidio lombare e muscolare, oltre all'ndubbio surplus di comodità.

E ne è testimone l’inserimento, del topper medesimo, nel paniere dei beni e servizi (quella ridicola chiave economica statistica che vorrebbe rappresentare i bisogni degli italiani, e dove trovi le robe più assurde, dal tergicristallo ai pantaloncini corti), rappresentando una delle chiavi comiche del trend di vita dell’Italia e degli italiani.

Questa improvvisa popolarità del topper è l’elevazione a potenza dell’inutilità e la celebrazione della spesa fasulla; oltretutto, il suo utilizzo, comporta la sostituzione forzata di tutte le lenzuola con gli angoli ad elastico che non riescono a supportare l’incremento di spessore sviluppato dal topper in aggiunta.. insomma tutta una serie di spese in più in definitiva solo per atteggiarsi.. 

E anche diversi quotidiani (io ho preso spunto da un articolo di Gianluca Nicoletti, su La Stampa) si divertono a sbeffeggiarne questa repentina fama, sottolineando come ormai basta pochissimo all’italiano medio per sentirsi parte di una élite legata al superfluo e all’effimero.

Una volta quando c’erano ospiti, si tiravano fuori i piatti di ceramica buona,
oggi fai vedere il topper..   


domenica 9 febbraio 2025

FANTASCIENZA DISTOPICA

 


A voler immaginare un mondo futuro, distopico, secondo i canoni acquisiti, dovremmo trovarne uno peggiore della realtà.
Fantascienza deleteria insomma, ma potrebbe essere semplicemente un mondo diverso, inatteso, evoluto secondo soluzioni imprevedibili.

Ad esempio non riesco a fare mia la visione di un mondo oltre il nostro, da esplorare all'infinito. 

Mi viene da immaginare, invece, un confine, un limite; tipo una vetrata, una parete dove il cosmo si adagia modello quieta risacca e le stelle a vagare come ad illudersi di un approdo.

E perché a noi non è mai accaduto?! Direte voi.. forse perché siamo una galassia che galleggia tra forze centrifughe e centripete, manteniamo distanze che baricentrano la terra, pur minuscola, tra altre serie di sistemi, probabilmente - chi potrebbe saperlo? - ognuna col proprio sole. 

Un equilibrio delicato, precario ma tenace.

Ma credo che questa immensa scatola, a contenere un minuscolo meccanismo di simmetriche armonie, esista. Noi dentro e qualcuno da fuori che osserva, anche.  
M
agari gli è stata regalata - la scatola dico - e neanche lui sa cosa contenga esattamente, a parte le lucine e le nebulose che scorge con l’oscurità.
La tiene - e noi con lei - là sul tavolo, come curioso pezzo d’arredo.
Spero che la donna delle pulizie stia attenta quando spolvera.

Abbastanza "distopica" come suggestione?


venerdì 31 gennaio 2025

DICO PER DIRE..

 

Pubblicato una vita fa, arriva l'aggiornamento e la ripubblicazione.. val bene pescare nel passato, anche se fa malinconia non ritrovare tanti amici..  

Il post nasce come celebrazione di quell'intercalare vocale che molti di noi (davvero tanti..), seppur inconsciamente, inframmezzano nel quotidiano ciarlare, fenomeno che, all'atto dello scrivere, può risultare decisamente meno marcato... pur considerando che anche lì coltiviamo svariati vizietti (io apro un casino di parentesi e inframmezzo un botto di puntini di sospensione... ma quanto me piacciono!!..) e mi è venuto in mente di scrivere qualcosa sentendo, ieri per radio, un'intervista ad un consigliere regionale di Roma che ogni tre parole schiaffava un “voglio dire” assolutamente inefficace e, a lungo andare, grottescamente comico.

Con mia moglie ormai, non ascoltavamo più il senso del discorso ma contavamo quella grappolata di voglio dire.. poi ci siamo guardati, e abbiamo pensato ai nostri, di intercalari.

Io, ad esempio (e pure gli ad esempio rientrano nella casistica), faccio partire la frase con un velocissimo, ma quasi sempre presente cioè, mia moglie invece piazza alla fine delle sue frasi un ok, ma spesso ancora un capito? di rinforzo.

Ed ora rileggete il periodo rimpolpato di intercalari ricorrenti..

e poi, se avete coraggio e soprattutto consapevolezza,
 confessate il vostro!!!

 E niente, cioèvoglio dire, il post nasce, purtroppo, diciamo a celebrazione di quel, in pratica, intercalare, assolutamente vocale che, dico per dire, a molti di noi - ma qui lo dico e qui lo nego (davvero direi tanti) - seppur inconsciamente, ci rappresenta spesso e volentieri

In poche parolelo inframmezziamo praticamente, tipo nel nostro quotidiano ciarlare, capito?

Bene, bene.. non c’è problema, le chiacchiere stanno a zero, è un fenomeno che, scrivendo, a dire la verità, può risultare decisamente, tutto sommato, meno marcato, non so se mi spiego?... ovverossia, insomma, chiaro no? 

Pur considerando che, anche lì, intendiamoci, abbiamo i nostri vizietti (nella misura in cuivoglio dire, ad esempio, apro un casino di parentesi  e ci piazzo, più o meno, un botto di.. come dire, puntini di sospensione... e si, eh!! ..quanto me piacciono!!..) e nientecioè mi è venuto come in mente di scrivere piuttosto che dirvelo,  sentendo, diciamo ieri per radio, purtroppo, un'intervista a, come dire, un consigliere regionale di Roma, piuttosto che di Milano, che, ad ogni modo, e ogni due per tre, schiaffava all’incirca un voglio dire o un “esattamente” e compagnia bella, assolutamente inefficaci, ma te pare a te? Non esiste!  E, a lungo andare, voglio dire, risultava, per dirla così su due piedi, comico.

Insomma, posso dire una cosa? Cioèa dire la verità, non lo ascoltavi neanche più il senso del discorso! Capito?
Ma, in poche parole, mi domando e dico, contavamo quella grappolata di "voglio dire" e di continui intercalare.. poi, a mio modesto avviso, ci siamo guardati e, non ci crederai!

Ci sono venuti in mente, a ben pensare, i nostri, di intercalari: dagli “ad esempio ai  mi spiego”? 
No vabbe’, ma che davvero?
Insomma dirai, ti faccio capire, in poche parole: mi parte la frase, mi segui? con, tanto per fare un esempioa mio modesto avviso, o devo dire, ma quasi sempre utilizzo anche un cioèok?

Mia moglie, ad ogni modo, piazza, piuttosto che all'inizio, più alla fine delle sue, diciamo, frasi un ok, ma spesso ancora un capito? di rinforzo. 
Comunquenon ve la prendete eh..
dicevamo giusto per dire. 


sabato 11 gennaio 2025

ANALISI A ROVESCIO

 

La mia psicologa ha chiesto un appuntamento.
Lei a me. Suo paziente.
Cioè non per ascoltare me, ma perché io ascolti lei.
Su due piedi direi già errato deontologicamente, ma anche un azzardo professionale.
Le ho forse instillato dei dubbi durante le nostre sedute concordate, con lei analista e io psicanalizzato?
Vuole provare l’ebbrezza del paziente? Vuole giusto sfogarsi mentre solitamente è dedita all’ascolto? E mi ha trovato adatto come soggetto che suscita empatia ispirando fiducia?

Comunque gliel’ho detto.
Non rilascio fattura. Pur essendo in possesso di partita iva.
Come anche lei del resto.
E almeno qua, siamo in linea.

Magari è una strategia per tirare fuori lati di me che non riesce a focalizzare nelle sedute convenzionali.
O magari desidera solo staccare dalla routine e sfogare lo stress.
E mentre mi chiedo cosa possa averla spinta a questo testacoda emotivo, ecco che mi scoppia in lacrime.
Lacrimoni autentici, sgorgati da chissà quale recesso viscerale.

Le porgo un fazzoletto e le chiedo: qualcosa che non va?

“E no!!” ribatte lei, ricomponendo all’istante la sua originaria maschera professionale.

“Io cerco di farle capire quanta fatica facciamo noi psicologi per adeguarci ai vostri capricci, alle debolezze, alle fragilità che ci gettate addosso ad ogni incontro, credendoci in possesso di chissà quale magica panacea in grado di intuire e guarire i vostri guai,
e a me - che per utile e redditizio gioco istruttivo, cerco di porle in mano la bacchetta magica, spalancandole la porta della più efficace didattica - lei non sa rivolgere altro che il più insulso dei “qualcosa che non va?”

Si sentirebbe davvero confortata e compresa se io, a fronte di una sua apertura di animo così intima e inconfessata, come un pianto sincero, proprio io non comprendessi al volo le sue instabilità, le incoerenze, le volubilità, senza intuire all'istante l’origine di tale stato confusionale e disabilitante che la porta qui da me a cercare conforto?

Vabbe’.. per oggi ok, cinquanta euro, ma visto che se ne è parlato, novanta se vuole la ricevuta.

 


martedì 3 dicembre 2024

MARKET

 

Arrivo alla cassa col carrello bello pesante, inizio a riversare gli articoli sul nastro trasportatore, la cassiera scannerizza veloce: olio, succo di frutta, speck, yogurt, banane, Buone intenzioni..

La ragazza prende la confezione e la guarda incuriosita.. “questo non passa, ma dove l’ha preso? Forse non sono stati ancora omologati questi articoli, lo scanner non li legge infatti..”

“In realtà c’è uno scaffale laggiù” preciso io “questo pacchetto era proprio tra i Rimpianti e i Sogni a breve termine, e pure in offerta speciale..”
Mi dispiace signore, credo che lei sia entrato, senza volerlo, in un reparto in fase di allestimento, non siamo ancora autorizzati alla vendita.. ma quando aprirà, sicuramente per le Buone intenzioni ci sarà  il tre per due, questo è sicuro.. sa com’è, nomen omen..
La pregherei di riportarli al responsabile di reparto.. magari mentre finisco di passare il resto..tanto ce n’è di roba..”

Chiedo scusa all’unica signora in fila dietro di me e ritorno allo scaffale incriminato, dove in effetti non ci sono ancora i prezzi, individuo un tipo con logo del supermercato e dico: mi perdoni, ho preso questo per sbaglio, la cassiera mi ha “redarguito”, ovviamente con estrema gentilezza..

“Ma non si preoccupi" replica il tipo, "del resto non era certo una cattiva intenzione la sua, che poi metteremo in vendita anche quelle sa.. si si..intendo proprio le Cattive intenzioni.. la gente è troppo pigra per elaborarle in autonomia.  Però credo costeranno un botto, la nuova strategia di marketing punta all’arricchimento..ahah.. sto scherzando.. ma scommettiamo comunque su un discreto successo commerciale.. certi articoli sono davvero di complicatissima reperibilità, e di elaborarli a casa ormai, non ne vuol sapere nessuno.
Quindi vogliamo sfruttare l’indolenza e l’apatia generalizzata (ecco, di queste non c’è proprio bisogno di un’offerta a pagamento..) offrendo oltre ai piatti pronti, anche l’Emozione preconfezionata, le Inclinazioni della volontà, la Solerzia un tanto all’etto, il Desiderio in stick, l’Impegno, magari, anche in versione spray o effervescente..”

Mi ammoniscono di nuovo dalla cassa “Signore, qua avrei finito, paga cash o con carta?

Ok scappo.. ma mi vedrete presto.. il “desiderio in stick”!!  Troppo forte!!