giovedì 30 dicembre 2021

COSE CHE VORREI E COSE CHE NO. PENSIERI TRA UN ANNO E L'ALTRO.

 


Cose che immagino non accadano, e ne accadono altre invece, che neanche con una lungimiranza delle più negative. Ma anche no.

Cose che immagino, frullano in testa come pallina di roulette, come asteroidi senza più rotta, di quelli che cercano solo portali magici a proiettarli in altri mondi abitati, forse, ma chissà da chi, e in quale maniera astrusa, pensiamo noi, che invece non abbiamo idea di quanto astruso sia già il nostro mondo.
Mondo di pulcini allevati in batteria, di balene ricondotte a casa, di pietre marziane esaminate a fondo, e di vecchine che risciacquano panni dalle pozzanghere di rara acqua piovana piovuta da quel cielo che arriva proprio fino a Marte, illuminato di luce celeste, ma qui da noi, si riflette solo nelle pozzanghere luride dove i bimbi giocherebbero anche, se non avessero sete.

Cose che, mentre guardo il Cristo Velato alla tv,  dimentico estasiato; e magari le dimentica pure quel cristo crocifisso troppo presto prima di insegnarci a campare davvero, a noi che immaginiamo sempre un mondo gioioso senza pellicce, senza olio di palma, senza odio fasullo, di quello che serve a sentirci importanti, vivi, perché tanti il bene e la riconoscenza la reputano solo un fastidioso accessorio, e mi ci metto sempre anche io, sia chiaro. 

Un difetto.

Cose che scrivo perché i tasti scorrono frenetici come un cartoon ma vorrei fissarle in testa, più che a video.
Vorrei alzarmi e abbracciare mia moglie (e lo faccio) che si prepara frenetica per una giornata da offrire ancora, col sorriso che la veste quando viene a baciarmi.

Cose che esistono ed esisteranno e un giorno non più, sostituite da altri pensieri, altri tasti, altre dita impazzite a strapparsi sensazioni da dentro e ordinarle in righe solo apparentemente ordinate e pronte da leggere come un sugo pronto con scadenza a breve.  

Cose che, però, potrebbero bastare per un intero anno nuovo.

Sereno 2022.

  

                                                                                                                    

  

                                                                                                                              

martedì 28 dicembre 2021

DON'T LOOK UP - LA METAFORA DELLA FINE CHE FAREMO


Nato contro il menefreghismo mondiale dei poteri forti, riguardo la preoccupante allerta verso i cambiamenti climatici; lo ritroviamo come possente metafora oggi - e più attuale che mai - a fare i conti con virus e pandemia; fazioni nate dal nulla, punti di vista folli o visionari, e soprattutto interessi mirati e parzialissimi, a condizionare il bene supremo della collettività: la vita.

McKay mette in scena uno spettacolo di micidiale satira caustica, dove tutte le star si impegnano con grande abilità, dal goffo scienziato (Di Caprio che torna a giganteggiare), alla lucida e rude dottoranda che scopre la cometa che impatterà la terra (brillantissima Jennifer Lawrence), al Presidente degli USA abbarbicato ai suoi interessi (Meryl Streep in gran spolvero).

Un film che spiazza, spaventa, diverte tantissimo anche, ma lasciandoti basito e con l'amaro in bocca, lo stesso che stiamo assaggiando in questi ultimi due anni. La bomba climatica, è evidente, ancora non spaventa chi decide di sospendere emissioni di gas serra solo nel 2050, catapultando l'eventuale rogna sulle generazioni a venire. Il virus invece un po' di sale sulla coda lo sta mettendo, ma troppi ancora giocano al "gomblotto", alla dittatura sanitaria, ai poteri forti che guardano il loro orticello.

Certo non abbiamo date e scadenze, e ancora nessun meteorite pronto a cancellarci esattamente tra sei mesi, ma se anche esistesse una data certificata, saremmo davvero così diversi  e distanti dalle pateticità descritte da Don't look up?

Io credo di no. Faremmo il tifo come sempre. Pregheremmo, ci faremo finalmente una canna, tradiremmo la moglie, compreremmo il sessanta pollici sempre desiderato, ritireremo tutti i soldi in banca per nasconderli nella pentola a pressione in cucina. Saremmo vittime delle nostre piccolezze, delle minuzie, degli egoismi, delle ridicolerie più ridicole. Tutti indistintamente.

Non guardate su! Non guardate troppo in là.. ammonisce il film, non c'è niente oltre il nostro tornaconto a stretto giro, a portata di mano e sguardo concupiscente.

Ho trovato una curiosa analogia con l'ultimo Pif di E noi stronzi rimanemmo a guardare.. anche lì un guru ipertecnologico diventa il sottile padrone del mondo e delle anime, scruta i desideri e grazie a calcoli di controllo sociale impertinenti, riesce a carpire desideri e segreti di ognuno di noi. Finiremo per obbedire ad un algoritmo.

Non prendiamo troppo sottogamba certe premonizioni.



domenica 26 dicembre 2021

ENCANT(AD)O

L'ultimo nato Disney (senza Pixar, ma senza alcun rimpianto) esalta davvero il fantasmagorico e l'eccellenza cartoonistica. Mi sono ritrovato di fronte alla perfezione animata, ad un esplosione di colori e di disegni mirabolanti ed una storia di delicata incomprensione familiare, che si risolverà ovviamente col trionfo della nostra piccola e buffa Mirabel, eroina con gli occhialini, elemento praticamente inedito in casa Disney, mentre un riferimento a Bruno, dopo l'ultimo film Luca, torna prepotente, e con addirittura un pezzo musicale;

ecco, c'è da dire che anche le canzoni di questo cartoon musical - che tanti non riescono a digerire nelle pellicole animate -, sono tutte gradevolissime, frenetiche e riproposte in versione italiana con estrema abilità, splendida resa e capaci di donare ulteriore sfarzo e rapidità ad una pellicola che non si ferma un attimo offrendo vertiginosi virtuosismi e gli iperbolici colori della magica Colombia dove è ambientata la fiaba. 


Mirabel è l'unica componente della eterogenea famiglia Madrigal a NON possedere un talento magico, una supereroina senza poteri, ma la sua normalità sarà fondamentale per salvare le sorti della dinastia. Un omaggio alla risoluzione dei dissapori familiari, una risposta alle gelosie e alle piccole rivalità, un inno all'amore tra consanguinei, troppo spesso minato dal culto dei "parenti serpenti"..

Un film che spazia dall'etnico al dark, dal pop al favolistico, dal magico allo storico con una naturalezza incredibile, senza pause grazie a continue invenzioni creative e alle particolari performances dei nostri doppiatori.

Un consiglio cinematografico a tutto tondo..e mi raccomando!! Occhio a nominare Bruno!!



venerdì 24 dicembre 2021

BUON NATALE!!!

 


Avrei tante cose da chiedere a Babbo Natale, ma forse dovrei essere conscio dei regali immensi che mi ha già portato da agosto in poi.

Quindi mi limiterò a cose normali, tipo far passare questa pandemia, infondere buon senso in quelli ammucchiati in fila fuori dai negozi dei centri commerciali con la mascherina sotto il naso (e non sono sempre vecchietti rincoglioniti, ma spesso solo giovani rincoglioniti - li immagino ad una certa età, sempre ammesso ci arrivino -); augurarmi che i politici spariscano dall'universo, che le armi si sciolgano come cioccolatini al sole, che le coltivazioni intensive nutrano solo bimbi affamati, che i confini di filo spinato si tramutino in zucchero filato, che le malattie più brutte si possano miracolosamente curare  e che la poesia entri in tutte le case, assieme ai sogni ed ai sorrisi.

Poche e precise pretese, tutto sommato, animate dalla speranza e dalla immutata voglia di vivere e fantasticare, che non deve abbandonarci mai.

Intanto Buon Natale a tutti voi che animate la blogosfera con la vostra voglia di comunicare, leggere e scrivere, e l'augurio che non venga mai a mancare, come passione e curiosità, autentico concime del buon vivere.. un abbraccio virtuale!!

mercoledì 22 dicembre 2021

DIABOLIK AL CINEMA

 

Che succede quando un non amante del Diabolik fumetto cerca di trovare nel film dei Manetti Bros qualche stimolo diverso per magari appassionarsi anche alle tavole disegnate? Nel mio caso accade che boccia pure il tentativo cinematografico, anzi, vede svaporare anche quel poco di buono che Diabolik rappresenta in un iconico immaginario: l’uomo feroce e tutto d’un pezzo che non teme nulla e si mostra nella sua glaciale impassibilità.. giusto davanti la figurina di contorno Elizabeth, fidanzata di comodo. Una pellicola che omaggia gli anni sessanta, con certosine ricostruzioni,  ambienti desaturati, il vintage ad ogni occasione (anche con le poltroncine nel rifugio altrimenti grigio e disadorno). E che ovviamente si arrampica su quello che ho sempre e fondamentalmente osteggiato nelle storie di Diabolik, vale a dire l’uscirne vincente sempre e comunque con gli stratagemmi più assurdi e le trovate buone giusto per un cartone animato. Ma tant’è, il fascino non ammette critiche né retro pensiero, come quando si torna a casa in auto non dal cancello principale, ma da un’entrata poco distante occultata nella roccia, però poi si sale da una botola a vista in pieno giardino, che farebbe ridere anche se il nostro abitasse da solo, ma qui ha anche la fidanzata ufficiale all’oscuro della sua attività ufficiale. Un altro rifugio invece, sempre con anta basculante in simil ambiente boschivo/cespuglioso, che occulta l’entrata a vista sulla statale, prosegue col traforo del Brennero fino alla solita stanza grigia e spoglia. 

Ma a prescindere dalle rampe sempre pronte, i pulsanti di cui dissemina i suoi luoghi, le catenelle da tirare per accecare i nemici proprio nel punto esatto dove si ferma, i piani, anche fantasiosi, che lo vedono penetrare comunque sempre e dovunque, ciò che lascia ancor più perplesso rispetto all’indubbio fascino del cartaceo, perlomeno veloce, incisivo, preciso, coinvolgente; è la lentezza quasi esasperata trasmessa dalla visione. Questa catatonicità narrata dai protagonisti, Marinelli e Mastandrea, e in parte anche dalla bella Miriam Leone, in qualche movenza più vicina a Jessica Rabbit che ad Eva Kant. Lentezza che tanti hanno dichiarato voluta, e che posso tollerare, ad esempio, nel tentativo di creare ambiente da parte del vice ministro della Giustizia (Alessandro Roja)  che tenta di conquistare Eva, con il lento scegliere dischi e collocarne uno sul piatto di Selezione dal Reader’s Digest e la giacchetta strappata direttamente dal divano della nonna; eccolo un omaggio agli ambienti e alla mentalità gretta, ma poi vogliamo perderci nel retrò, nel fumetto da riporto, in certa comunque soporifera ricercatezza che non si addice alle letture originali, pensate e costruite - a ben guardare - per i pendolari dell’epoca. Giusto mezz’oretta senza andare troppo per il sottile. Diabolik in fondo nasce rustico e sbrigativo, i camerieri si ammazzano e via nel tombino, mancano solo tre fermate. 



 

lunedì 20 dicembre 2021

E' VERO..

 


..a volte i libri diventano soprammobili, i piumini del comodino, uno strato come di polvere invisibile sul tavolino di fronte alla tivu, parete colorata di mensola impassibile, mattoncino incastrato a carpire sguardo distratto. Poi,  uno solo di questi si lascia sfogliare, carpisce attenzione e moltiplica il tempo a disposizione, anzi lo cristallizza pagina per pagina, e ti accorgi che, come in un film di Nolan, i contorni svaniscono, i suoni vanno come smolecolando le loro eco, le coordinate convenzionali si smantellano pagina dopo pagina e tu viaggi di paragrafo in capitolo, ti getti dagli a capo, divori periodi, perdi senso e connessioni per acquisirne di nuove, sei storia nella storia, personaggio e contorno, narratore e scenografo, vai immaginando volti e toni, anticipi lo scrittore e scavi lo scritto, più che leggerlo, vivi la stampa, navighi le righe.
Eccolo il potere di un libro, di pagine ordinatamente impilate che mantengono un sortilegio diligentemente custodito, fino a che l'occhio prima svagato e assente, si incanta di magia.

sabato 18 dicembre 2021

E' STATA LA MANO DI DIO

 


Non lo so sinceramente, se è stata la mano di Dio a salvare la vita al Fabietto della storia, a segnare il gol attribuito a Maradona, o a impedire che la presenza di Sorrentino sedicenne potesse magari evitare, ai genitori, di morire col monossido di carbonio.
E se Dieguito non fosse mai sbarcato a Napoli, magari salvandoli? So solo che a somatizzare il tutto, c’è un Sorrentino divenuto regista, particolarmente legato a questo suo senso estetico di girare, ma pesante, accasciato come un lampadario di sbieco nel salone col suo dolore da raccontare, con questa perenne voglia di creare immagine a sé stante, di richiamare visioni, a partire dal munaciello per insistere su tutte le fellinianità immaginabili (anzi, già immaginate - che ci faceva il "convenzionale" fratello di Fabietto in mezzo a cotanta fauna da audizione?-).


Alla fine disperdiamo anche le chicche, come il tufff tufff dell’offshore che Fabietto sembra voler rallentare ad arte, o certe mitiche vhs rimaste a prendere polvere sul tv senza telecomando.
Piange in pubblico, esibendo dolore, ma di spalle alla camera, il nostro piccolo Fabio, un pudore anche quello, ma con i singhiozzi a fare da sottotitoli, una bella immagine dove avrei lasciato intuire…
C’è tutta un’aneddotica forzata in questa mano di Dio, un déjà vu insistente di piccoli riquadri e ritagli che sfuggiranno, di delinquenza folcloristica, di mozzarelle che colano, di vespa in tre per far sorridere i profani, come le iniziazioni con la baronessa decadente e decaduta, i razzi di segnalazione sparati in cielo o le ciccione in bikini.  

La Luisa Ranieri (in Montalbano), zia Patrizia, richiama il primo Clint Eastwood (col sigaro o senza); anche lei a due velocità, con tetta o senza.

Dobbiamo corrergli dietro a Sorrentino, che non per nulla ringraziò Maradona agli Oscar - comunque gli ha scombussolato la vita - e ora cerca di segnare rivestendo Napoli di fuffa, lentezza e punizioni all’incrocio.
Regista che si altalena nelle mie preferenze, adoro assolutamente Young Pope, non riesco a collegarmi invece con le grandi bellezze, un elenco freddo di “vibrazioni”, come avevo già scritto per il suo precedente Oscar, e con questo pugno di Dio finito in rete, ribadisco le medesime sensazioni: voglia di raccontare, ma tutto a ralenty, tra pause e bradipeggi di macchina da presa, addirittura un azzardo di challenge col pibe de oro avvistato in auto, ma anche certe pieghe oniriche che lasciano il tempo di un saluto del munaciello alla stazione di Sessa Aurunca (spacciata per Formia).



Mancava un Jep Gambardella (un potenziale futuro Fabietto, contaminato dalla presunta bellezza romana), e avremmo chiuso il cerchio.
Di sicuro salvo l’eclettica e pregevole Teresa Saponangelo, giocoliera a mitigare rabbia, nei panni  della mamma di Paolo, cui il film è dedicato. Servillo, ormai feticcio di se stesso sembra sempre omaggiarsi, due toni sopra il necessario, effetto della sovraesposizione? (Ormai aspetto solo un film dove lui e Favino si impersonino l’un l’altro). Il piccolo Fabio (Filippo Scotti) se la cava, tranne in qualche eccesso, ma lo perdoniamo, in fondo lo hanno disegnato così, tra citazioni colte e zie giunoniche, in “una realtà un po’ scadente”.

La sorella uscirà dal bagno (ecco un’idea intrigante) solo alla fine. Il film, invece, rimane chiuso nella cornice di Napoli notturna e luccicosa, nel dolore in sordina di un giovane Sorrentino che ne farà  tesoro a suo modo.
Io, intanto, aspetto un altro Pope, young o meno che sia. 

"Bufala il film?! Noo, la mozzarella!"

 
 
 

 


mercoledì 15 dicembre 2021

NON SONO ANDATO

Non sono andato a Più libri più liberi, il festival della piccola e media editoria alla Nuvola di Roma, ai primi di dicembre.

Non sono più andato a teatro. Non sono più andato al cinema nei weekend, compreso il venerdì sera, non sono andato nei ristoranti che non mi garantissero ampie distanze tra i tavoli, e comunque non dove avvisassi folla, non sono andato nei centri commerciali di pomeriggio e nei weekend, né per le vie del centro addobbate a festa, portiamo la mascherina anche all'aperto nonostante non sia  obbligatorio, al supermercato aspetto di essere solo per scegliere frutta, verdura o altro ai banchi comuni, se si avvicinano in troppi mi allontano, non sono andato più in un bar; entro in ascensore solo con mia moglie, se sul marciapiede vedo da lontano gente assembrata, passo in strada.
Non sono andato più allo stadio, o al mare dove c'era ressa.
Non sono andato più in metro o in autobus. Se dal medico c'è caos attendo in corridoio. Ho preso treni regionali, ma non in ora di punta.

Non sono andato a vaccinarmi convinto di ricevere il passe partout per fare i miei comodi.

Purtroppo questo semplice assunto sembra sfuggire a tanti, troppi, colti da delirio di onnipotenza.

E ora sotto Natale le cose stanno peggiorando.

Basterebbe poco.
Ma neppure un lockdown e una marea di morti sono serviti di minimo insegnamento. 



domenica 12 dicembre 2021

E.I.T.R.D. DA UN'INIZIATIVA DI DANIELE VERZETTI

 


E.I.T.R.D. è qualcosa che dovrebbe essere ben presente nella testa e nel cuore di tutti, specialmente quest'anno che ha visto ancor di più salire numeri e vittime di comportamenti assurdi da parte di maschi della specie umana. Che di umano hanno ben poco.

Continuo a stupire ad ogni notiziario, ad ogni efferatezza, al constatare quanto si manchi di semplice umanità, ed ogni tentativo di risposta resta ogni volta inevaso.
Pazzia collettiva? Perché i numeri spaventano davvero, è come se ci fosse un bacino di potenziali assassini che girano tra noi e da un giorno all'altro possano esplodere come vulcani sopiti.

Gente che vive e lavora, che ci saluta, che scambia opinioni, ma intanto cova dentro un male assurdo.

Spesso non so più cosa pensare. In altri frangenti e circostanze diverse, ho conosciuto persone schizofreniche, anche in rete, persone rivelatesi poi totalmente inaffidabili, dalle quali, tuttavia, non mi sarei mai atteso reazioni squilibrate, perché si parte sempre da una base di buona fede e fiducia, almeno io ragiono così, e continuerò a farlo. Ma capita. 

Nel caso di soggetti che arrivano ad uccidere, a fare comunque del male feroce, ovviamente, dobbiamo scomodare ben altri squilibri, ben altre patologie. Ma ugualmente troppo spesso ci sfuggono (o non vogliamo vedere) indizi importanti, segnali che potrebbero indurci a ravvedimenti, o a mettere in guardia persone a rischio. 

Ringrazio Daniele intanto, per la sua sensibilità e la sua costanza.

La speranza di tutti noi è che nessuno muoia più per mano di un altro uomo,  e anche se l'utopia fosse solo un sogno splendido,  sarebbe delittuoso non sognarla. 

martedì 7 dicembre 2021

MANTOVA COTTA E MANGIATA

Palazzo Te

..e continuiamo a stupirci ogni volta, così come capitato di recente a Ferrara e Padova.
Queste province che trasudano storia e quiete, fascino e stupore, sono l'esempio più distante da ciò che rappresenta il caos romano.

E Mantova non fa eccezione.
Regno dove i Gonzaga hanno dato vita ad un piccolo gioiello colmo di meraviglia; dove case, palazzi, ponti, chiese sembrano volersi fagocitare conglobandosi l'un l'altra con effetto russian doll, spesso riuscendo nell'impresa e moltiplicando ad ogni giro di vista, la sorpresa.

Torre della Gabbia dai portici di Palazzo Ducale

Circondata dal Mincio per tre lati, a formare ampi specchi d'acqua, Mantova acquisisce caratteristiche di città lacustre, con un Rio ad attraversarla ed unire ad est e ovest il Mincio, fornendo scorci di autentica poesia.



Il Mantegna imperversa e la sua Camera degli Sposi, a Palazzo Ducale è tra le pitture più belle di sempre.

Volta della Camera degli Sposi. A bocca aperta e naso all'insù


Le rive del Mincio, specie al crepuscolo, offrono colori e atmosfere da sogno, una pace incredibile con la possibilità di passeggiare tra acqua e meraviglie architettoniche.

 
LungoMincio

Il centro è un coacervo di viuzze, spesso acciottolate, con le case pastello e una marea di palazzi che nascondono cortili fantastici, e noi curiosi ad intrufolarci, appena possibile..



Il complesso del Palazzo Ducale poi, una città nella città, ricchissimo e variegato, con persino un giardino pensile al livello del primo piano, e infinite stanze a testimoniare la ricchezza della dinastia Gonzaga.

Entrata del Palazzo Ducale

Di fronte Palazzo Ducale, Piazza Sordello sembra voler distaccarsi dall'intreccio che di lì a poco, varcato l'arco, ci consegna al vero centro pulsante. Una piazza immensa, ariosa, ritrovo per riunioni, mercati e vita mondana.

Piazza Sordello

Il susseguirsi di vie e piazze poi, con portici e ritrovi, rende fascinosa una passeggiata in centro e costringe l'occhio a continue scoperte, in un apparente disordine urbanistico che arricchisce e rende eclettico il panorama. Il retro di S.Andrea, la concattedrale, è  imponente esempio di stile medievale, praticamente nascosto, se non ci si impegna a seguire tutti i vicoli, sbucando in piazza Leon Battista Alberti, dall'atmosfera pacata, fuori circuito e coi suoi tesori incredibili.

Piazza Leon Battista Alberti (la piaseta)


La Torre dell'orologio a palazzo della Ragione


Uno dei radi ponti con scorcio sul Rio


E avrei potuto mai tralasciare, infine, un cenno ai mirabolanti tortelli di zucca e amaretto immancabili in ogni osteria che si rispetti? O della sbrisolona servita con un pentolino di zabaione caldo?

No.. non avrei mai sorvolato sulla qualità e la valenza gastronomica di un soggiorno a Mantova.. ;)  esatto epilogo per ogni giornata trascorsa a caccia di gemme e capolavori..

Tortelli di zucca burro e salvia. Da paura!


domenica 5 dicembre 2021

LA PAISIBLE AWARD 2021 - PREMIO AUDREY HEPBURN

 L'amica Mariella mi insignisce di un premio che probabilmente non merito. E la ringrazio di cuore.
Delle qualità espresse a motivazione del premio mi tengo però stretta la versatilità.



I PREMIATI DEL 2021

Farfalle Libere di Caterina Alagna

Mirtillo 14 - Camminando di Mirtillo

Personalità tra scrittura e arte con fantasia di Pia

Nocturnia di Nick Parisi

Arteggiando s'impara di Romualdo Roggeri


Ed ecco gli altri blogger premiati che vi invito di cuore a visitare, tutti permanentemente nel mio blogroll, ma non certo ad esaltare il cortiletto del circolo chiuso ma, anzi,  a testimonianza della diversità di approccio, ogni volta con pagine nuove e tutte le diverse interpretazioni possibili. 

Perché il blog arricchisce, e interazione e contradditorio sono l'anima della rete blogger. 

Grazie ancora Mariella!

venerdì 3 dicembre 2021

A CHE ORA - E COSA - SCRIVE IL BLOGGER?

Scopro solo da poco, dopo molti anni di pubblicazione a casaccio, che esistono manuali, prontuari, compendi e vademecum tutti relativi all'ordine, quasi matematico, di pubblicazione post. 

Parametri e  misure, criteri e scale di valori. 

Tecniche e strategie legate agli orari, alla lunghezza, alle condizioni meteo, al target cui è dedicato il post, senza tralasciare i caratteri, le foto di richiamo, il grassetto, le dimensioni di alcuni periodi, il colore, la sottolineatura e, in ultima analisi - pensate - anche al soggetto del post!.

Non si pubblica se prima il mondo non ha letto il precedente post, niente cose leggere all'ora della spesa: perderemmo casalinghe impegnate al mercato.
Niente cose pesanti dopo pranzo: rovineremmo digestioni.
Niente cose tristi la domenica.
Niente cose indigeste prima di cena, e niente articoli cerebrali: rovineremmo neuroni. 

Niente cose scomode, nessuna accusa tranne ai soliti, nessuna roba arzigogolata, chi legge blog non è che può diventare scemo, deve navigare sereno, come se leggesse Topolino o Diabolik.

Certo resta poca roba pubblicabile (..di cui meglio non far cenno) ma sicuramente, col tempo e seguendo regole ben precise dettate da precisi standard bloggheristici, acquisiremmo pubblico fedele e appassionato, mai colto di sorpresa, senza troppe aspettative - come quando acchiappiamo una qualsiasi rivista gossippara  in una sala d'aspetto medica o dal parrucchiere - e mai deluso dai nostri articoli. 

Perfetto.

Io continuo come mi pare. 


martedì 30 novembre 2021

ANCORA CENSIMENTO...


Sarò un disfattista, polemico, rompiballe, ditemi quello che volete ma una delle cose più inutili (burocraticamente parlando) viste in Italia da decenni a questa parte, è 'sta pantomima dei censimenti, porta a porta, a campione (peggio me sento!), online oppure fermando la gente per strada o rompendo le scatole a mezzo telefono ("Buongiorno, siamo del censimento, volevamo sapere quante volte prelevate 1000 euro al giorno?"). 

Ma davvero qualcuno pensa di ottenere risultati attendibili e, ancora meglio, utilizzabili?

In un paese dove ci si separa e si cambia residenza per far risultare prima casa la villetta la mare, dove ci sono un'infinità di barboni, poveracci, gente che dorme in roulotte o sotto i ponti (quando non crollano), e le buonuscite a chi sfascia le aziende, o i condoni a chi non paga le bollette; gente che non esiste praticamente, sconosciuta persino alla Agenzia delle Entrate, e gente che apre onlus e società fittizie facendo finta di non guadagnare,  e voi vorreste davvero "censirla" e "statisticarla"?

Gente che lavora a nero, gente che paga a nero, che vive con i leasing, che la nonna ottuagenaria c'ha tutto intestato, dal Porsche al fermacravatte; gente col triplo o quadruplo lavoro, con la pensione che non gli spetta, i soldi in Lussemburgo, i contributi evasi, con sei cognomi diversi, la residenza alle Canarie e lo yacht a Capalbio con bandiera maltese (come anche le navi da crociera).

E questi ancora giocano al censimento, oltretutto finanziandolo coi soldi dei pochi che pagano davvero le tasse.

Ma provate a censire quelli che escono col Rolex dalle gioiellerie del centro..  :(



sabato 27 novembre 2021

IL BEDLAM CLUB DI DAVIDE CONTI

 


Conosco Davide Conti dai tempi di FilmTv, dove redigeva recensioni che erano già piccoli romanzi.

Per Davide il  film è solo spunto. 

Lui coi film ci costruisce storie, imbastisce personaggi da fiaba.
Lui li fa i film, con la scusa di scriverne.
Mo' serve qualcuno che glieli gira.
Ma ci sta lavorando.

Intanto lo trovate anche sulla blogosfera:

Catarsi addosso  che è già un esplicito programma..

Ma torniamo al Davide scrittore, al suo costruire comunità.
Ecco un limite per me invalicabile.
Creare personaggi.
Io sono egoista nella mia scrittura. Parlo di me anche quando descrivo cose, figuriamoci dare vita a personaggi, sarebbero mie caricature, tutte identiche e posticce, in un ridicolo rispecchiarmi.

Davide no. Scova umanità stratificate e le paradossa tridimensionalmente: lui al tavolo mentre scrive e i personaggi su tela, o emersi dal marmo, o fluttuanti - meglio come metafora - sullo schermo di un cinema.
Perché lui li manovra come vitalissimi burattini, e questa cosa l'ho visivamente percepita durante la presentazione di Bedlam Club, il suo libro di avventure cinematografiche vissute da una banda di personaggi borderline.
 
Davide ha letto un capitolo, e la scena si è come materializzata, i suoi personaggi a galleggiare nell'aria della piccola libreria, a raccontarsi, a muoversi in autonomia coi tic, le manie, la preoccupazioni, le aspirazioni, i sogni, le goffaggini e le assurdità.
Una sceneggiatura più che un libro, non mi stupirà il vederlo un giorno su grande schermo.
Quello schermo che, in fondo, lo ha fatto arrivare alla ribalta, quando ha iniziato a recensire film in maniera anomala, con le sue storie strampalate applicate a gente come noi.
 
Esemplare il suo sbeffeggiarsi della serietà del mondo, applicando però un'anima viva a questo suo svirgolare, dotando ogni sua creatura di intensa umanità, esaltandone quegli eccessi che possono spaventare, ma anche farti sbellicare dalle risate, con un retro pensiero malinconico che bussa delicato nell'intimità di ognuno di noi.

Eccolo Bedlam, un manicomio geniale, del quale alla fine vorremmo tutti far parte, a poter ragionare di cuore.


giovedì 25 novembre 2021

STRAPPARE LUNGO I BORDI (ZEROCALCARE PURE IO)


Ovvio che un salto dalla nicchia - nicchia per modo di dire - alla ribalta Netflix, potesse costare un grosso carico di critiche riguardo la nuova serie di Zerocalcare. Critiche a 360 gradi, di tutti i generi e i calibri. Insomma Zerocalcare come i Maneskin o il covid.
Importante è che si prenda posizione. E allora dai.. 

Cheppoi era tipo quanno annavi a scola che cercavi de strappa' un fojo dar quaderno e mai 'navorta una che te venisse dritto, poi arivava er solito compagno de classe, un bambacione che sarebbe diventato 'n cervellone ar cienneerre, e te diceva: "basta che appoggi un righello e il foglio si strappa per bene". Mo' non te vojo dì che dovevi considerallo 'na specie de coscienza, no, emmanco er grillo parlante perché sai quante vorte l'ho spiaccicato sur muro quanno fiatava, e forse si, era mejo 'n'armadillo, che armeno quello, se provavo a spiaccicallo sur muro, me dava du pizze (mo' nun te saprei di' se margherite o stocaxx, però..)

Zerocalcare ha colpito per la vitalità di infinite soluzioni stilistiche, per la capacità di agghindare mille stereotipi di freschezza narrativa (come la pizza all'Ultima Cena, genio!) e tutte le altre convenzionali quotidianità, dai fili intricati dietro al ripiano tv, al divano "b", alle pippe mentali sull'arrivare in aeroporto sei ore prima (questa è tutta mia, infatti rivendico er copirait), al rincoglionimento della sveglia fino all'immancabile tormentone (s'annamo a pija er gelato?)

E parliamo di uno Zerocalcare messo per la prima volta a disposizione del grandissi-missi-mo pubblico, quindi esposto a chi neanche sapeva chi caxx fosse prima, o a chi ne aveva usufruito solo a piccolissime dosi, ed anche a chi ci ha riscoperto BoJack Horseman e perché no, pure Pinocchio. 

Ovvio che arrivasse a tsunami, infrangendosi su vasta scala e procurando critiche e reazioni tra le più diverse. 

E ovvio anche che tanti non abbiano somatizzato appieno, dando di matto sin dalle prime sollecitazioni, e archiviando la serie come illeggibile o improponibile  (tipo come pure er Frecciarossa Roma Biella). Insomma i no - Zerocalcarex.

..dell'anima(delimeiolimortaccitua..)

C'è chi si è lamentato per il linguaggio, l'incomprensibilità della parlantina romana e del montaggio troppo veloce (in effetti in vago contrasto con la fruizione più pacata delle tavole disegnate) e il carattere grezzo e panearpane messo in mostra; non percependo, giocoforza, un messaggio profondo e sensibile, la precarietà della crescita, l'essere "fili d'erba" sbatacchiati, il nostro poco ascoltarci cercando ogni volta una scusa (come con l'esemplare metafora del "freddo" in treno), e magari anche lo sdoganamento di artisti come Apparat, in teoria lontani dal pop e dal punk che hanno cresciuto Michele Rech, in arte Zerocalcare.

Ma alla fine quante volte abbiamo tentato abbiamo tentato di schiacciarla come un grillo parlante qualsiasi la nostra personale "coscienza armadillo"?! Ora, almeno, risparmiamo di counselor.. ;)

E comunque sia, permettetevi almeno di stupire.
Permettiamocelo.
C'era anche questo tra i messaggi di Zerocalcare: permettiamoci di esistere, di dire la nostra anche sbagliando. 
Spesso ne vale la pena. Deve valerla.

Strappare esattamente lungo i bordi,
nun po' mai riusci' alla prima botta...
(senno' vattene direttamente ar cienneerre, ma popo subbito!) 


 

mercoledì 24 novembre 2021

E.I.T.R.D. DA UN'INIZIATIVA DI DANIELE VERZETTI

Edizione speciale.
Ma comincio ad aver paura sia tutto inutile. 


Continuano a morire donne, ma non se ne viene a capo.
Spunta l'ipotesi dell'emulazione. Vi ricordate l'ondata di suicidi tra soldati di leva? O il lancio di sassi dai cavalcavia?

Si decise di non parlarne più all'epoca. Funzionò.

Forse impietosa e oscurantista come decisione, ma se servisse a salvare vite? Ben venga.

Un altro elemento che viene fuori è il silenzio di chi, attorno a queste vittime, sa e non parla.

Il nostro silenzio quindi, di chi si gira dall'altra parte, di chi non vuol mettersi in mezzo. Di chi sente un urlo e alza il volume del televisore. Di chi vede la vicina con gli occhiali scuri e non chiede come sta.
A volte basterebbe una telefonata, senza doversi per forza esporre.
Quel 1522. Numero antiviolenza, lo passiamo fare anche noi, se abbiamo più di un fondato sospetto.

Insomma io credo ci si debba muovere davvero. La solidarietà, anche questa nostra serve a poco se non ci ascolta nessuno, se magari becchiamo anche l'approvazione di chi poi, a sera, tratta un congiunto a pesci in faccia.

Perché la cosa peggiore è che in tanti ancora crediamo di non far parte del problema.  



 

lunedì 22 novembre 2021

APOLOGIA DELL'AMICIZIA

"Chi si ama viene difeso ad oltranza.

Sull'amico/a si riversano frustrazioni, inconfessabilità, 
pulsioni, rabbie, sfoghi, debolezze.

Chi si ama viene perdonato ad oltranza.
All'amico/a viene perdonato a scadenza, a gettone,
a discrezione, ad umore.

Chi si ama è privilegiato, a prescindere dalla corresponsione.
La corresponsione dell'amicizia è sempre pretesa e non ammette falle.

L'amico/a deve comprendere, capire tutto al volo, sopportare
e non rompere il caxx.

In soldoni: l'amore è cieco, l'amicizia ci vede fin troppo bene"


Scrivevo queste parole nel 2016, probabilmente scottato da qualche disavventura.
Gettavo fiamme sulla fatica di sopportare in amicizia.
E mi sentivo dalla parte della vittima.

La riprendo oggi, perché in amicizia ci si può ritrovare all'improvviso a essere dalla parte sbagliata, rendersi conto di "pugnalare alle spalle" con estrema imprudenza, leggerezza, stupidità. Sul web o dal vivo. A voce o per messaggio.
In amicizia, in confidenza, può capitare che spesso sfugga la delimitazione del confine, si confonda l'attacco con la difesa, e il sentirsi offesi o anche solo piccati, divenga a sua volta, offesa.

E quindi oggi la leggo al contrario e mi metto nei panni di chi a volte la fa troppo facile senza tener in adeguato conto motivazioni e sensibilità di chi subisce angherie e attacchi, anche se poi non voleva essere affatto quello il proposito.

Di fatto c'è che l'intenzione va sempre valutata, e una persona di buon senso deve capire quando sta andando oltre, quando può comunque far male o anche solo procurare fastidio. Deve valutare il suo modo di essere e non dare per scontato che tutti siano sulla sua magari cervellotica lunghezza d'onda.

Per fortuna, se c'è terreno fertile, volontà, intelligenza e soprattutto anche un voler tenere alle persone, i
l malinteso si chiarisce. 

Sempre. 


sabato 20 novembre 2021

CLAUDIO D'ALEO - AGGRAPPATO ALLA POESIA

 


Claudio scrive con un cuore stracciato, lo cura e lo ricuce dopo mille devastazioni. Ha il mare che spinge accanto, vento mediterraneo ed una terra ricchissima di storie da raccontare.

“Rincorro l’aquilone di ciò che non siamo”

Una natura prorompente, selvaggia e delicata, di spuma tempestosa o di alba lieve, di uccello che plana  o  buio che inghiotte.

“Foglie che sbattono piano sulle dune del cuore”

Ma racconta soprattutto la sua, di storia, intrisa di rimpianto, rimorso, amore.

“Ti affido l’imbrunire di tanti giorni passati a cercarla tra i sassi”

Amore perso e da ritrovare, amore che regola ogni rotta di vita, ogni sospiro perso, ogni memoria che sussulta dentro.



Baciata dal sole
ci parla a voce alta, senza nascondere nulla, come coglie anche il nostro Riccardo Giannini, giornalista e blogger, nella sua appassionata introduzione. Spalanca le braccia alla poesia più intima e più disperata, ma aprendo scenari di bellezza e libertà.

“Ascolta i rimbrotti del mare quando si rivolge alle stelle”

Una libertà che lo scrivere, questo scrivere figlio di necessità impellente, di comunicazione chimica,  rende universale, riversandolo sul mondo.

“Il sogno era sempre quello
 amarti”

Un amore è per sempre, più diamante del famoso slogan, un amore lo accarezzi tra le mani e a volte credi non fuggirà mai, ma d’un tratto ti resta ciò che imprimi con carta e penna, ciò che svuoti dal cuore.

“Amor che non sei qui e pulsi dentro”

Siamo a caccia di bellezza tra questi versi spasmodici, ci aggrappiamo anche noi alle grida e ai sussurri, al rammarico, alla possibilità di rinascita anche, di resurrezione quasi.

“Nuvola sorprendimi cielo rapiscimi”

E’ come se tu bramassi rifugio e nuova linfa nei tuoi versi, per tua stessa ammissione, per come scrivi di istante in istante, in proiezione fatale verso il futuro, seppur costellato, ancora, di passato indelebile

“Esisti in me lontana da me”

Purtroppo, e spesso, dobbiamo perdere ciò che crediamo nostro indissolubilmente, per acquisirne la reale essenza, la presenza potente e irrinunciabile, quel dolore fitto come nebbia ora, che ci si conficca nel petto ed in ogni sogno residuo

“Nel dubbio torno a chiedermi chi sono”

Noi che ti leggiamo invece, Claudio caro, sappiamo che sei un’anima che vaga creando attesa e vita ovunque, forgiando parole e tremori, nuovi orizzonti da sfiorare. Anche dove non sembra più esserci spazio e nuova fortuna.

“Non c’è traccia di te tra i pastelli del giorno”

Sei in spasmodica ricerca, costante sogno messo alla prova, una prova del nove rigiocata tenacemente, un lancio di dadi inalterato e cocciuto verso il destino che ti ha manovrato a tua insaputa.

“Succede che quando ti penso il mare diventi neve”

Un mare scuro a volte, un mare che ricorda la perdita e tutte le sue sfumature orribili.

Ho vissuto la morte
la conosco”

Ma si convive, si sopravvive, si impara a vivere di nuovo, e racimolare esperienza dolorosa, amalgamata a mille tramonti, infinite risacche, estenuanti voli di gabbiani erranti.
Esistono mancanze che riempiono più di una presenza, ossessionano il vuoto, creano eco dove anche la fisica negherebbe.

“L’amore bussa tra nubi
che sbattono sui lampi”

Sottolinei le alchimie tra chi scrive e chi legge, senza trascurare le alchimie di chi scrive in preda alla memoria feroce, e le alchimie perverse di chi ama e si ama, tuttavia, e deve far fronte a mille difficoltà, paure, perché si può avere paura delle felicità, del volare alto, del non essere riusciti a portare la nave in rada, oltre quella tempesta furiosa, oltre quelle onde pazzesche che gridavano mentre già tutto, dentro e attorno, era maceria.

“S’è chiuso piano l’uscio di casa”

Ma può riaprirsi, e nuova luce inondare le più fitte oscurità.

"Cerco ora in un vetro appannato
le frasi d'amore che m'hai regalato"

 

 

mercoledì 17 novembre 2021

PUBBLICITA' IN CASSETTA


Leggevo della nuova frontiera circa la vecchia, vituperata pubblicità in cassetta. I volantini che spesso ci nascondono alla vista la posta vera.

Sono un nostalgico, come potrei non esserlo, avendo iniziato le mie primissime esperienze lavorative proprio ficcando migliaia di volantini in migliaia di cassette della posta. 
Mai avrei detto che 45 anni dopo ancora avrei visto le cassette rigurgitare carta..

Nel servizio sullo scorso Venerdì di Repubblica si parlava comunque di evoluzione, di QR code sui volantini che rimandavano ad una informazione digitalizzata ed evoluta, di un ormai ristretto campo di utilizzo della pubblicità cartacea riservata soprattutto al commercio alimentare, ma credo che l'utenza di una certa età sia ancora acchiappabile a mezzo volantino piuttosto che con una campagna digitale, anche se Google massacra i maroni a rotta di collo.

Diciamo che la vecchia, amata cassetta della posta fa ancora - nostalgicamente - il suo sporco lavoro e finché verrà regolarmente inserita nei prospetti anche delle case più modernizzate e automatizzate, il vecchio e stropicciato volantino pubblicitario di carta riciclata non abdicherà affatto, anzi.   

domenica 14 novembre 2021

AL CINEMA CON BRADIPO



Andammo al cinema insieme quel giorno, scegliendo un film che pensavamo di dover fare a fettine, cosa che su FilmTv ci riusciva spesso e meglio degli elogi.
Decidemmo poi di scrivere due recensioni indipendenti, raccontando di quella splendida serata, tra quelle che non dimenticherò mai, e voglio riportarle ora,
per avere ancora Emidio un po' con me. 

CRAZY, STUPID, LOVE  (2011)

la mia rece:

Metti insieme, una sera, un Bradipo ed un Lampur, utenti filmitivvuttiani semi storici, ottimi amici e già compagni di svariate bisbocce, ma, ironia della sorte, MAI al cinema insieme. Ecco, mettili insieme in un multiplex di Chieti scalo, alle prese, loro solitamente annientatori indefessi di pellicole votate al martirio, con un filmetto che si presta giusto all'uopo, almeno sulla carta,  per un annichilimento programmato.

E poi guardali rimanere allibiti prima, piacevolmente sorpresi poi, reagire inconsultamente fin dai primi fotogrammi, alle prime mosse, agli incastri di scene, all'ottima vena di un cast di tutto rispetto che sembrava assemblato solo ed unicamente per dar lustro alla solita  storiellina d'amore e crisi coniugale. Il “filmettino” snocciola battute a mitraglietta, repentini sbalzi di “sipario”, musiche azzecate, cambi di tempo e genere, fasi smielate ed improvvise cacciavitate al fegato  e un'intensa e coinvolta caratterizzazione dei personaggi, sia da parte dei più navigati (Carroll e Gosling - forse un appuntino potrei farlo alla Julienne Moore vagamente ingessata ed al Kevin Bacon che è ora faccia ricorso al botulino… -) sia da parte dei giovani protagonisti, frizzantelli e decisamente coadiuvati da una sceneggiatura spiritata oltre che dalla duttile regia di Ficarra & Requa che se la tirano per due ore senza che nessuno di noi evidenzi disagi alla prostata; senza parlare delle breve ma fantasmagorica apparizione di una Marisa Tomei da urlo...; e di molteplici situazioni fresche e curiosamente congegnate che ammiccano al garbuglio visivo senza mai, oltretutto, precipitare nella tentazione della volgarità peciona, e fregandoci in pieno, anche a noi presunte vecchie volpi, fino al più contorto, e ben accetto, dei colpi di scena.

Posso anche ammettere che la plusvalenza di una visione “a due”, dove i due hanno rafforzato il caciarissimo autonomo entusiasmo (è opinione comune, di Bradipo e mia, che difficilmente ci faranno accedere di nuovo in accoppiata al multiplex chietino, dopo aver reiteratamente disturbato la vasta ma sobria platea coi nostri beceri sghignazzi), possa aver sovrastimato la pellicola, ed infatti da un’iniziale volontà comune di piazzare il cinque stelle lusso siamo rientrati nell'ordine delle quattro, ma ciò non toglie nulla alla piacevole sorpresa procurata da questo film.  Ed ogni volta che assisto a fenomeni del genere, monta una voglia pazza di radunare tutti i nostrani fenomeni muccineschi, vanzinati e brizzati, quelli che sfornano manualistiche d’amore, Ex, Uomini e donne, Amiche e amici, Maschi contro Femmine, Zoccole contro Zecche, Notti post e pre esami ed altro svariato ciarpame; metterli tutti insieme davanti, ad esempio, a questo piccolo fenomeno di Crazy, stupid, love, e proiettarglielo a getto continuo fino a far loro comprendere che le loro braccia (e sono tante) sottratte cosi impunemente all'agricoltura mondiale, rappresentano una decurtazione di PIL interno di dimensioni bibliche alla quale non possiamo più rinunciare. Considerazione finale: ma perché a scuola non c'ho mai avuto una
professoressa come la Tomei, perché?!?...

E quella di Emidio (Bradipo68)

Capita che una sera un animale lento di piede e di comprendonio e un folletto dispettoso vogliano organizzare una serata diversa dalle altre.
Capita che vai a vedere un film a cui al massimo daresti quattro stelle ma con annessa tutta la serata passata a ridere e scherzare partendo dalle battutacce di cui il film è ricco diventa idealmente un film da cinque stelle e lode.
Capita di andare a vedere un film di cui hai ignorato persino il trailer solo perchè nel multiplex della porta accanto che sei praticamente obbligato a frequentare per meri motivi logisitici, tutto il resto della programmazione lo hai già visto e il resto lo reputi( a ragione) inguardabile.
Capita che vai a vedere questo film con un amico che non hai tante occasioni di vedere nonostante ci sei a contatto continuamente e conoscendo il suo sense of humour speri solo che il film fornisca materiale sufficiente per ricamarci e riderci sopra.
Capita che lui si presenta con una maglietta con la bandiera greca e io gli suggerisco di aggiungere sul davanti la scritta  " Io non sono in default".
Capita anche che alla biglietteria quando mi giro appena dopo aver fatto il biglietto quasi spappolo la carotide a una vecchia che stava proprio dietro di me,non rendendomene conto a tal punto che chiedo al mio amico
" Ma che ho centrato la vecchia? ".
E lui " Si e se le causavi una lesione permanente te davano pure un sacco de punti"
E capita pure che il film comincia improvvisamente mentre noi stiamo ancora chiacchierando con un'inquadratura di piedi e di scarpe come in Bianca di Nanni Moretti e noi credevamo che era una pubblicità.
E' apparso di nascosto, ancor prima che si abbassassero le luci.
Non ricordo di aver versato tante lacrime per un film: forse non succedeva dai tempi della terza visione di Catene di Matarazzo oppure era la prima di Love Story che giusto a vedere Ryan O' Neal di spalle grondavo calde lacrime quando nella stessa frase metteva Beethoveen e Rolling Stones...forse perchè non mi piacciono gli Stones...
In questo pazzo stupido amore si parte con una cena tra due fortysomething in cerca di emozioni che scivola subito nella tragedia allorchè lei invece di ordinare il dolce ordina un divorzio.E lui per un attimo lo cerca anche nel menù.
Poi tornano assieme a casa con lei che gli racconta tutto e lui che, invece di cacciarla a pedate dalla macchina magari anche riempiendola di schiaffoni come farebbe il 99 % dei maschi, si butta dallo sportello della macchina per non stare a sentire dettagli sulle modalità di cornificazione.
La crisi del venticinquesimo anno?
Oppure è  una scappatella con impiegato piacione che ha la faccia e le rughe di Kevin Bacon ?
Si sa l'occasione fa l'uomo ladro e pare che pure la donna è fatta ladra da tali occasioni.
A Requa e Ficarra però non basta: c'è pure tutta una serie di amori inconfessati a catena da un tredicenne precoce per una babysitter in calore per un altro e non per lui, fino ad arrivare al tranquillo padre di famiglia , così giusto per scavallare le generazioni.
Il vero amore intergenerazionale.
In poche sequenze è distrutto tutto il moralismo di facciata che è il primo e unico comandamento dell'attitudine del perfetto WASP. Una scorrettezza che mi ha ricordato quella dell'inizio carriera dei fratelli Farrelly, diciamo almeno fino a Tutti pazzi per Mary. Poi sono diventati buoni pure loro. Ecco, io spero che Hollywwod o chi per lei ci conservi così cattivi e scorretti Requa e Ficarra.
Ritornando all'inizio appare chiaro che l'uomo è omo e in quanto tale  deve puzza' per cui il nostro eroe cornificato Cal si  dà alla paranoia alcolica,  bevendo con la cannuccia ( visione orrenda) la sua vodka ai mirtilli che scorre come un fiume insanguinato nel suo fegato spappolato e  cercando di spargere ai quattro venti  tutta la sua frustrazione di omo cornuto e mazziato con l'orgoglio spiaccicato come una cacchetta di mosca su un parabrezza.
Non si è manco accorto che non sta in un bar ma in un giacimento inesauribile di gnocca e per svegliarlo dal coma ormonale irreversibile in cui si trova ci vuole la conoscenza col superfigo Jacob, che gli fa da maestro di vita. Cambio di abbigliamento, vestitino a vari strati con pulloverino, camicina col collo stretto per non far vedere la pappagorgia, capello un pò smosso per non far sembrare Carell un frigorifero con sopra montata una televisione/capoccia a 26 pollici in 16/9, mocassino a strozzare i piedi per dargli un'andatura più sincopata stile hip hop e soprattutto giornate in sauna a sventolargli in faccia lo sbarabaus(che Jacob chiama schwanzoc) per svariati minuti giusto per fare un test sulla sua omosessualità latente.
Cal entra nella parte e finalmente riesce a dare sfogo ai suoi ormoni repressi con la maestrina sexy Marisa Tomei che all'alba dei suoi 47 anni sta tirata meglio di due palestrate da 24 anni.Complimenti al suo personal trainer.
E , introdotti i personaggi principali, c'è la sequenza cult del film:una scena a tre , quasi a quattro con Carell, Moore, Tomei e un asshole sulla lavagna praticamente in 3 D per come anima la scena in cui la maestrina spiega al genitore di un bambino talmente precoce che ha riadattato al nuovo millennio la Lettera Scarlatta dando un altro significato a quella A marchiata a fuoco(si fa per dire) sul petto, che cosa si fa e che cosa non si fa quando si va a rimediare gnocca gratis al bar più cool della città. 
Ma non è giusto raccontare oltre del film: due ore piene con talmente tanti twists di sceneggiatura che quasi ti gira la testa oltre che ti si sloga la mascella per il ridere.
E' vero ci sono anche delle pause in cui sembra di avventurarsi nelle secche della commedia sentimentale ,quella floscia classica hollywwodiana per i cuori semplici che si accontentano di poco, con i buoni sentimenti sparati a mitraglia sullo spettatore. Eppure anche in questi momenti c'è qualcosa che ti intriga perchè la cattiveria è sempre dietro l'angolo.Sembra che il film si sia incanalato nel buonismo dilagante e invece Requa e Ficarra ci stanno prendendo solo per i fondelli.
Il mio amico e io non ce la facciamo più: le poltrone basculanti del multiplex sono ormai esauste e la vecchia che avevo quasi ucciso alla biglietteria ce l'hanno piazzata proprio davanti. Ogni tanto si rigira con uno sguardo che manco la zingara di Drag me to hell perchè si sta parlando,più che altro da vecchie comari si sta ancora commentando e ridendo sulle battute precendenti.
E mentre la vecchia mi guarda col fuoco negli occhi io cerco le chiavi che ho in tasca.
Gli altri se ne vanno e noi restiamo allo scorrere dei  titoli di coda ,vogliamo sapere come si chiamava l'attrice che interpretava Jessica, babysitter diciassettenne ossuta e con troppi angoli retti che però a parte gli sportelli aperti ai lati del cranio ci garba assai, pensiamo al regalo che ha fatto a Robbie(il tredicenne) per passare i lunghi anni del liceo con un pensiero fisso in testa.
Liceo che probabilmente a causa di quel regalo il buon Robbie lo terminerà con qualche anno in più e svariate diottrie in meno.
L'ultimo sberleffo al moralismo benpensante.
I titoli di coda sono terminati, la ragazza dello staff del multiplex controlla se è tutto in ordine.
Sono quasi le 11. Il mio amico è ancora seduto.
"A Fra' c'hai fame?  se s'annamo a fa' due arrosticini da Gabriele? Gli telefono per sentire se è ancora aperto?".
Lampur annuisce.
E'una degna chiusura di serata, tra una chiacchiera, un frizzo  e parecchi lazzi a ripensare ancora al film.
E quando il folletto dispettoso ritornerà da queste parti la serata al multiplex è assicurata, sempre che commettano di nuovo l'errore di farci entrare assieme....


Voglio salutarlo così Emidio, l'amico che ci ha lasciato all'improvviso a soli 53 anni. Il responsabile unico del mio approdo su una piattaforma blog, nel 2013.
Un uomo dal carattere meraviglioso, sottilmente accomodante, sorridente. Marito e padre esemplare, come si suol dire in questi casi, ma lui era anche un fantastico pazzoide ricco di passioni ed entusiasmo, per la sua famiglia innanzitutto, e per il suo lavoro: veterinario. Avevo conosciuto la sua gattina a tre zampe che qualcuno aveva abbandonato davanti la porta del suo studio, era diventata la mascotte dei clienti, ti si accoccolava e ti si strusciava grata per la sua fortuna.
Fortuna come anche la nostra, per aver conosciuto Emidio, dapprima tra le righe delle sue micidiali recensioni su FilmTv, poi dal vivo, con la sua prorompente simpatia, a chiacchierare di cinema, musica rock e metal, e in giro per trattorie a saccheggiare arrosticini.

Non puoi essertene andato davvero.  
Avevi smesso di scrivere sul blog, ma io ti tenevo (e ti terrò) imperterrito sul mio blogroll. 
Sognerò di leggerti ancora e vederti sorridere.
Questo non me lo toglierà nessuno.