venerdì 25 novembre 2016

FAI BEI SOGNI



A me piace il Gramellini parlante, oppure quello sprint, che trafiletta i suoi Buongiorno su La Stampa; quando invece si dilunga romanzando, tende al melenso e proprio a quella ruffianeria di fondo che vorrebbe evitare.
Bellocchio ci casca in pieno e ci aggiunge del suo, pur auto criticandosi e mirando in qualche modo a dissacrare le intenzioni.
Il superamento del lutto e dell’abbandono diventa un macigno insormontabile per un ragazzino ignorato dal padre, gestito con scarsa sensibilità dai parenti e dalla tata, trattato ingenuamente da preti sempre al limite del ridicolo o dell’inadeguato (come piace disegnarli a Bellocchio).

Gli resta giusto Belfagor a trarlo d’impaccio, telefilm che ha terrorizzato una generazione di attuali sessantenni, e che lui elegge a invisibile mentore.
E’ pure sfigato a tifare Toro e ad aver, così, rari spunti di soddisfazione.
Lo scorgiamo con la mamma già depressa e un po’ sadica - nel nascondino per casa dove lei tarda a rivelarsi -, o con gli amichetti ribelli e benestanti con le loro madri schizzate e problematiche (ma invidiate), con i busti napoleonici nel vuoto (chi non ha mai gettato una statua dalla finestra?), e crescendo, con i suicidi di ricconi dolenti nella stanza accanto, o alla scoperta del cinismo più bieco come inviato in una Sarajevo insanguinata, o con gli attacchi di panico sedati al telefono - ma guarda caso! - da quella che diverrà la futura consorte.
Fino al ballo liberatorio da protagonista. Lui che non aveva mai ballato..
Poi la scoperta del suicidio della mamma, tramite un giornale sempre stato in casa ma tirato fuori per l’occasione da una vecchia amica della madre.

E finalmente, la liberatoria scelta di bruciare tutto. Presente e passato.
Scorgendo nuovo futuro.
Una vita costellata di vaghi eccessi che fanno dubitare anche sulla reale corrispondenza del narrato.
Il clou è nella letterina piena di caramellosi  stereotipi, in risposta a un tizio che vorrebbe farla fuori, la madre.
“Ma come? Tu fortunato essere, corri ad abbracciarla tua madre e tientela bella stretta”.
Lì, il nostro,  diventa l’eroino di redazione ma, a mio avviso, centra bene la situazione il vecchio giornalista che gli telefona per congratularsi dell’exploit:
“A Massimo, a te il libro Cuore te fa ‘na pippa”

Quando l’esperienza ci vede lungo…




sabato 12 novembre 2016

APOLOGIA DELL'AMICIZIA




Chi si ama viene difeso ad oltranza.
Sull'amico/a si riversano frustrazioni, inconfessabilità, 
pulsioni, rabbie, sfoghi, debolezze.

Chi si ama viene perdonato ad oltranza.
All'amico/a viene perdonato a scadenza, a gettone,
a discrezione, ad umore.

Chi si ama è privilegiato, a prescindere dalla corresponsione.
La corresponsione dell'amicizia è sempre pretesa e non ammette falle.

L'amico/a deve comprendere, capire tutto al volo, sopportare
e non rompere il caxx.

In soldoni: l'amore è cieco, l'amicizia ci vede fin troppo bene.