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martedì 29 luglio 2025

L'AUTORE

 


L’avevo preconizzata l’idea dell’autore non più necessario. https://francobattaglia.blogspot.com/2019/05/finalmente-esce-il-mio-libro.html.
E di conseguenza l’essenza dell’opera che sgorga e prende corpo per delinearsi autonomamente, definendosi per linee proprie.
Se l’opera diviene interpretabile, scavalcando i parametri che prescindono dell’autore, e se ogni lettore la rende fluida, malleabile, sostanzialmente differente, arricchendola di sfumature alternative, non ci troviamo quindi davanti qualcosa di indipendente, svincolato, avulso, dove l’autore è solo scintilla trascurabile, abbrivio incosciente?

A simpatico corredo un raccontino breve di Alessandro Sesti, tratto dalla raccolta Moby Dick e altri racconti brevi (Gorilla Sapiens Edizioni),  dove molto argutamente, Sesti, spilucca e delinea con ben altra sagacia l’argomento (anche se, coerentemente e perfettamente in linea con lo spirito del post, superfluo prendersi la briga di segnalarne il nome..ihih):

 L'AUTORE

“Ieri sera al bar,  fresco di wikipedia parlavo di Tolstoj credendo di fare la mia porca figura, quando la cameriera mi ha informato che nessuno più ritiene che un testo possa avere un autore definibile come individuo. Poi ha aggiunto che l’autore, se proprio se ne vuole parlare ma sarebbe meglio di no, è una sorta di composto magmatico formato dall’insieme delle rappresentazioni che il pubblico ha del narratore; rappresentazioni determinate dal testo stesso, dalla posizione della critica letteraria, dall’interpretazione di ogni lettore, effettivo, potenziale e immaginario, dall’ambiente sociale in cui viene prodotto e letto, dal vissuto infantile dell’impaginatore, dagli archetipi sognati dal correttore di bozze, e da altre cose che, complice un eccessivo consumo di vino della casa, ricordo solo confusamente.
A ogni modo è irritante: gli autori non esistono più e io a parlare di Maupassant, Austin e tutti gli altri come un fesso. Nessuno mi dice niente, sono sempre l’ultimo a sapere.
Protestando comunque che tutto ciò mi era notissimo, ho intanto indagato sulle fonti relative a questa sparizione dell’autore, così cambio bar e mi rifaccio un nome. E lei, la cameriera  menziona un libro di un certo Hix, lo ricordo perché era come il rumore del singhiozzo ma con la ics, e io avevo appunto il singhiozzo per colpa di quel vinaccio. Comunque il libro s’intitola “Morte d’autore, un’autopsia”, o” Autopsia della morte d’autore”, insomma, l’essenziale è che l’autore è morto.
 Ho sorriso come a dire, ah certo, Hix lo conosco bene, ma la cosa non è così semplice, e bevuto l’ultimo me ne sono tornato a casa con  la mia ignoranza.
Oggi quindi sono andato alla biblioteca comunale. Chiedo il libro, e la bibliotecaria a sua volta mi chiede l’autore, con tono assolutamente meccanico e privo di intenzione, come se fosse la domanda più ovvia possibile.
Devono proprio pensare tutti che sono un deficiente.
Ribatto che, come è noto, l’autore non è certo una persona fisica, ma piuttosto, e a essere riduttivi, una descrizione approssimativa delle rappresentazioni mentali della figura narrante da parte dei lettori potenziali del testo. Mi risponde che se non le dico l’autore non può trovare il libro. Da non credersi. L’autorino con nome e cognome che scrive con la penna d’oca.. intendo, siamo tutti adulti, abbiamo fatto le nostre, e non c’è proprio motivo che ci raccontiamo storie. Niente, l’impiegata è inamovibile. E tutti intorno che le danno ragione, come negli incubi.
A questo punto credo mi stiano mettendo alla prova.”

 


martedì 15 ottobre 2024

PERCHÉ NON BALLATE?

 


Leggere Carver, e rileggerlo. E ogni volta a scoprire righe non scritte, periodi sottintesi, paragrafi sottaciuti, capitoli accennati, intere storie che fanno appena capolino, protagonisti che neanche si affacciano.
Un minimalismo che ha fatto scuola, che può rendere un racconto breve più intenso di un’intera opera narrativa; perché dobbiamo collaborare, percepire, diventare storia, leggere ad ogni riga le dieci non scritte, ogni allusione e i suoi dieci indizi confusi, ogni dettaglio e la sua narrazione a sostenerne le radici.
Perché non ballate? Indica Carver. Dovete anche leggere però, ad ogni traccia sospesa.
Perché non leggete?

Un racconto di Carver sta a noi, non a lui. 

 

Perché non ballate?

In cucina si riversò da bere e guardò la camera da letto sistemata sul prato davanti a casa. Il materasso era scoperto e le lenzuola a righe bicolore erano piegate sul comò, accanto ai due cuscini.
A parte ciò, aveva lo stesso aspetto di quando stava al chiuso – comodino e lampada da lettura dalla parte di lui, comodino e lampada da lettura dalla parte di lei.
Di lui, di lei.
Ci pensò un po’ su mentre sorseggiava il whiskey. Il comò era a poca distanza dal fondo del letto.
Quella mattina ne aveva svuotato i cassetti e sistemato il contenuto in scatoloni, che adesso erano in soggiorno.
Accanto al comò c’era una stufa portatile. Ai piedi del letto, una poltroncina di vimini con un cuscino.
La cucina di alluminio lucido occupava parte del vialetto d’ingresso.
Una tovaglia di mussola gialla, troppo grande, un regalo, copriva il tavolo e pendeva tutt’intorno.
Sul tavolo c’era un vaso di felci e più in là un cofanetto di argenteria, un altro regalo.
Un grosso televisore a console poggiava su un tavolino basso e, a poca distanza, c’erano un divano, una poltrona e una lampada a piantana.
Aveva tirato una prolunga dalla casa e tutti gli apparecchi erano collegati e funzionanti.
La scrivania era contro la porta del garage. Sul suo piano c’era qualche utensile, un orologio da parete e due stampe incorniciate.
Sempre nel vialetto, c’era uno scatolone pieno di tazze, bicchieri e piatti, ciascuno avvolto in una pagina di giornale.
Quella mattina aveva svuotato gli armadi e ora, a parte i tre scatoloni in soggiorno, ogni cosa era fuori dalla casa. Ogni tanto una macchina di passaggio rallentava e la gente guardava incuriosita.
Ma nessuno si fermava.
Gli venne in mente che non si sarebbe fermato neanche lui.
– Oh Signore, dev’essere una svendita, – disse la ragazza al ragazzo.
I due stavano arredando un piccolo appartamento.
– Vediamo quanto chiedono per il letto, – disse la ragazza.
– Chissà quanto vogliono per quel televisore, – disse il ragazzo.
Entrò nel vialetto e fermò la macchina accanto al tavolo della cucina.
Scesero e cominciarono a esaminare gli oggetti. La ragazza toccò la tovaglia di mussola.
Il ragazzo accese il frullatore e lo regolò su trita.
Lei prese uno scaldavivande. Lui accese il televisore e cominciò a sintonizzarlo con cura.
Sedette sul divano a guardare qualcosa. Si accese una sigaretta, diede un’occhiata in giro e gettò il fiammifero nell’erba. La ragazza si accomodò sul letto. Scalciò via le scarpe e si sdraiò.
Riusciva a vedere la stella della sera.
 – Ehi, Jack, vieni qua. Prova un po’ il letto. Prendi uno di quei cuscini, – disse. – Com’è? – chiese lui. – Provalo, – fece lei. Lui si guardò intorno. La casa era buia. – Mi pare un po’ strano, – disse.
– Meglio vedere se c’è qualcuno in casa. Lei rimbalzò sul letto. – Prima provalo, – disse.
Lui si distese e si mise il cuscino sotto la testa. – Allora, che te ne pare? – chiese la ragazza. – Sembra sodo, – disse lui. Lei si girò su un fianco e gli mise le braccia attorno al collo. – Dammi un bacio, – gli disse. E lui: – Dai, alziamoci– Baciami. Baciami, tesoro, – disse lei.
Chiuse gli occhi. Lo teneva stretto. Lui dovette aprirle a forza le dita.
Disse: – Fammi vedere se c’è qualcuno in casa, – ma si limitò a mettersi a sedere. Il televisore era ancora in funzione. Qualche luce si accese nelle case lungo la strada. Il ragazzo era seduto sul bordo del letto. – Non sarebbe divertente se… – disse la ragazza, e sorrise senza finire la frase.
Lui rise. Accese l’abat-jour. Lei scacciò una zanzara.
Lui si alzò e si sistemò la camicia nei pantaloni.
– Guardo se c’è qualcuno in casa, – disse.
– Secondo me non c’è nessuno, ma se ci sono gli chiedo quanto vengono queste cose. – Qualsiasi cifra ti chiedano, offri dieci dollari di meno, – disse lei.
– Mi sa che sono disperati o giù di lì. Seduta sul letto, si mise a guardare la Tv. – Tanto vale che alzi il volume, – disse, ridacchiando.
– Il televisore non è male, – disse lui. – Chiedigli quanto viene, – disse lei. Max arrivò lungo il marciapiedi con una busta del supermercato.
Aveva panini, birra e whiskey.
Era tutto il pomeriggio che beveva e ormai aveva raggiunto il punto in cui l’alcol che mandava giù sembrava cominciare a schiarirgli le idee.
Ma c’erano anche dei momenti di vuoto.
Si era fermato al bar vicino al supermercato, si era messo ad ascoltare una canzone al jukebox e, non sapeva come, si era fatto buio prima che si ricordasse delle cose fuori sul prato.
Vide la macchina nel viale e la ragazza sul letto. Il televisore era acceso.
Poi vide il ragazzo in veranda.
Cominciò ad attraversare il prato. – Salve, – disse alla ragazza. – Hai trovato il letto.
– Salve, – disse lei. – Lo stavo giusto provando –.
Diede qualche pacca sul materasso. – Non c’è male come letto. – Sì, un letto niente male, – disse Max.
– Cos’altro volevo dire? Sapeva di dover dire altro.
Mise giù la busta e ne tirò fuori la birra e il whiskey.
– Credevamo non ci fosse nessuno, – disse il ragazzo. – Ci interessano il letto e forse il televisore. Magari anche la scrivania.
Quanto vuole per il letto? – Per il letto pensavo cinquanta dollari, – disse Max. – Le vanno bene quaranta? – disse la ragazza. – Quaranta, d’accordo, – disse Max.
Prese un bicchiere dallo scatolone, lo liberò del giornale e aprì la bottiglia di whiskey. – E il televisore? – disse il ragazzo. – Venticinque. – Le vanno bene venti? – disse la ragazza.
– Venti, sì. Mi vanno bene venti, – disse Max. La ragazza lanciò un’occhiata al ragazzo. – Volete bere qualcosa, ragazzi? – chiese Max.
– I bicchieri sono in quella scatola. Io mi siedo un attimo.
Mi siedo qui sul divano.
Si sedette sul divano, si appoggiò allo schienale e li fissava. Il ragazzo tirò fuori due bicchieri e versò il whiskey. – Quanto ne vuoi? – chiese alla ragazza. Avevano solo vent’anni, il ragazzo e la ragazza, tra loro c’erano un mese o due di differenza. – Basta così, – disse la ragazza. – Mi sa che nel mio ci voglio un po’ d’acqua. Tirò fuori una sedia e si sedette al tavolo della cucina. – L’acqua è in quel rubinetto lì, – disse Max. – Apri quel rubinetto. Il ragazzo allungò il whiskey, suo e della ragazza, con dell’acqua.
Prima di sedersi anche lui al tavolo della cucina si schiarì la gola. Poi sorrise.
Sopra di loro gli uccelli sfrecciavano a caccia d’insetti.
Max fissava lo schermo del televisore. Si scolò il bicchiere.
Allungò una mano per accendere la lampada a piantana e la cicca gli cadde tra i cuscini del divano.
 La ragazza si alzò per aiutarlo a trovarla. – Vuoi qualche altra cosa, tesoro? – disse il ragazzo.
Tirò fuori il libretto degli assegni. Versò altro whiskey per se stesso e per la ragazza. – Oh, voglio la scrivania, – disse la ragazza. – Quanto costa la scrivania?
Max agitò la mano per scacciare quella domanda ridicola. – Di’ una cifra, – disse.
Li guardò lì seduti attorno al tavolo.
Alla luce della lampada c’era qualcosa di speciale nell’espressione dei loro volti. Un’aria di cospirazione, per un attimo, che poi però si trasformò in un’espressione tenera – non la si poteva definire altrimenti.
Il ragazzo le sfiorò una mano.
– Adesso spengo il televisore e metto su un disco, – annunciò Max.
– Anche il giradischi è in vendita. A poco. Dite una cifra.
Si versò altro whiskey e aprì una birra.
– Tutto in vendita.
La ragazza gli porse il bicchiere e Max le versò altro whiskey. – Grazie, – disse lei. – Dà subito alla testa, – disse il ragazzo.
– Già comincia a girarmi. Finì di bere, fece una pausa e poi se ne versò un altro. Stava scrivendo l’assegno quando Max trovò i dischi.
– Scegli qualcosa che ti piace, – disse Max alla ragazza, porgendole i dischi.
Il ragazzo continuava a scrivere. – Ecco, – disse la ragazza, indicando un disco.
Non conosceva i nomi sulle copertine, ma non importava.
Era un’avventura.
Si alzò dal tavolo, però poi si rimise a sedere. Non voleva starsene seduta lì ferma. – Lo faccio al portatore, – disse il ragazzo, che continuava a scrivere. – Benissimo, – disse Max. Si scolò il whiskey e subito dopo un po’ di birra.
Si riaccomodò sul divano e accavallò una gamba sull’altra. Bevvero. Ascoltarono il disco fino alla fine.
Poi Max ne mise su un altro.
– Perché voi ragazzi non ballate? – disse Max.
– È una buona idea, no? Perché non ballate?
– No. Non mi pare il caso, – disse il ragazzo. – A te va di ballare, Carla? – Coraggio, – disse Max. – Il vialetto è mio. Ci potete ballare.
Abbracciati, i corpi stretti l’un l’altro, il ragazzo e la ragazza si spostarono su e giù per il vialetto. Ballavano.
Appena finì il disco, la ragazza invitò Max a ballare. Era ancora senza scarpe.
– Sono brillo, – disse lui. – Ma no che non sei brillo, – disse la ragazza. – Be’, io lo sono, – disse il ragazzo.
Max cambiò lato al disco e la ragazza gli si avvicinò.

Cominciarono a ballare. La ragazza lanciò un’occhiata alla gente che si era affacciata al bovindo della casa di fronte. – Quelli là. Ci stanno guardando, – disse. – Va bene? – Va bene, – rispose Max. – Il vialetto è mio. Possiamo ballare.
Credevano di averne viste di tutti i colori quaggiù, ma questa non l’avevano ancora vista, – disse.
Dopo un po’ sentì l’alito caldo di lei sul collo e disse: – Spero che ti piacerà il tuo letto. – Senz’altro, – disse la ragazza. – Spero che piacerà a tutti e due, – disse Max. – Jack! – disse la ragazza.
– Svegliati! Jack si reggeva il mento e li guardava assonnato.
– Jack, – ripeté la ragazza. Aprì e chiuse gli occhi.
Affondò il viso nella spalla di Max.
Si strinse di più a lui. – Jack, – mormorò.
Guardò il letto e non riuscì a capacitarsi di cosa ci facesse in mezzo al prato. Alzò gli occhi al cielo sopra la spalla di Max.
Gli si aggrappò. Si sentiva piena di un’insopportabile felicità.

In seguito la ragazza disse: – Il tizio era di mezz’età. Tutti i suoi averi erano sparsi lì sul prato. Non scherzo mica. Ci siamo ubriacati e abbiamo cominciato a ballare. In mezzo al vialetto. Oh Signore! Non ridete. Ha messo su dei dischi.
Guardate questo giradischi. Ce l’ha regalato lui.
Anche questi vecchi dischi. Jack e io abbiamo dormito nel suo letto. La mattina dopo Jack soffriva dei postumi della sbornia e ha dovuto prendere un carrello a nolo.
Per portare via tutta quella roba del tizio.
A un certo punto mi sono svegliata. Ci stava mettendo una coperta addosso, quel tizio. Questa coperta. Sentite qua. Continuava a parlare. Raccontò la storia a tutti.
C’era dell’altro, lo sapeva, ma non riusciva a metterlo in parole. Dopo un po’, smise di parlarne.

 


venerdì 26 luglio 2024

CONVERSAZIONE CON UNA PIETRA (WISLAWA SZYMBORSKA)

Che io ami la Szymborska è cosa nota, che mi riconosca nei suoi paradossi, negli assurdi gestiti con geniale nonchalance, e che voglia rendervi partecipi di tutto ciò,
cerco di sottolinearlo come posso.

"Busso alla porta della pietra

– Sono io, fammi entrare.
Voglio venirti dentro,
dare un’occhiata,
respirarti come l’aria.

– Vattene – dice la pietra.
Sono ermeticamente chiusa.
Anche fatte a pezzi
saremo chiuse ermeticamente.
Anche ridotte in polvere
non faremo entrare nessuno.

Busso alla porta della pietra.
– Sono io, fammi entrare.
Vengo per pura curiosità.
La vita è la sua unica occasione.
Vorrei girare per il tuo palazzo,
e visitare poi anche la foglia e la goccia d’acqua.
Ho poco tempo per farlo.
La mia mortalità dovrebbe commuoverti.
– Sono di pietra – dice la pietra
– E devo restare seria per forza.
Vattene via.
Non ho i muscoli per ridere.

Busso alla porta della pietra.
– Sono io, fammi entrare.
Dicono che in te ci sono grandi sale vuote,
mai viste, belle invano,
sorde, senza l’eco di alcun passo.
Ammetti che tu stessa ne sai poco.

– Sale grandi e vuote – dice la pietra
ma in esse non c’è spazio.
Belle, può darsi, ma al di là del gusto
dei tuoi poveri sensi.
Puoi conoscermi, però mai fino in fondo.
Con tutta la superficie mi rivolgo a te,
ma tutto il mio interno è girato altrove.

Busso alla porta della pietra
– Sono io, fammi entrare.
Non cerco in te un rifugio per l’eternità.
Non sono infelice.
Non sono senza casa.
Il mio mondo è degno di ritorno.
Entrerò e uscirò a mani vuote.
E come prova d’esserci davvero stata
porterò solo parole,
a cui nessuno presterà fede.

– Non entrerai – dice la pietra.-
Ti manca il senso del partecipare.
Nessun senso ti sostituirà quello del partecipare.
Anche una vista affilata fino all’onniveggenza
a nulla ti servirà senza il senso del partecipare.
Non entrerai, non hai che un senso di quel senso,
appena un germe, solo una parvenza.

Busso alla porta della pietra.
– Sono io, fammi entrare.
Non posso attendere duemila secoli
per entrare sotto il tuo tetto.

– Se non mi credi – dice la pietra-
rivolgiti alla foglia, dirà la stessa cosa.
Chiedi a una goccia d’acqua, dirà come la foglia.
Chiedi infine a un capello della tua testa.
Scoppio dal ridere, d’una immensa risata
che non so far scoppiare.

Busso alla porta della pietra.
– Sono io, fammi entrare.
– Non ho porta – dice la pietra."

 


domenica 16 giugno 2024

LEGGERE I COMMENTI

 


Li leggo sempre. Dappertutto.
I commenti di seguito al post dell’autore.
Sono test autentico di crescita e validità definibile
- a doppia valenza -  post scriptum,
Il secondo tempo di un post, su ciò che crea: le reazioni, gli stimoli, le sorprese,
le deduzioni e le controdeduzioni, le storie altre, quelle parallele,
come ramoscelli a serpeggiare via germogliando,
ma anche istigazioni, variazioni, contrasti, arrabbiature, bocciature, addii.

Esattamente come quando io leggo un altro post, e avverto corrente che mi trascina via, l’incentivo a crearci sopra, il pungolo alla ricerca, al raffronto, alla memoria, all'aver da ridire anche, sottolineare un pensiero, un dubbio, un equivoco, una perplessità,
o il semplice piacere di leggere qualcosa dove accomodarsi e lasciarsi carezzare.

Ecco come e perché arricchiscono la collaborazione, la lettura, il contradditorio.
Poi c'è chi non ci sta, chi scrive come su word, e word non contraddice mai, credo per contratto più che per bontà d'animo.

Vi ringrazio tutti perché ogni post termina, dal mio punto di vista,
ma diventa splendido intrigo, fare i conti col vostro interpretarmi, cercare di comprendere e leggere tra righe difficili,
sostare ad elaborare un a
ltro tipo di bellezza, di visione,
arrendersi anche, a volte.





.    

giovedì 21 marzo 2024

GIORNATA MONDIALE DELLA POESIA



La celebro con dei versi di Erri de Luca.
Nessun ghirigoro stilistico, ma il semplice chiarore della bellezza.

Ed un ultima riga meravigliosa, dove tutti possiamo arrenderci e ritrovarci, sperando di saper crescere un poco per volta.

VALORE

Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.

Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle.

Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario,

la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.

Considero valore quello che domani non varrà più niente

e quello che oggi vale ancora poco.

Considero valore tutte le ferite.

Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe, tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi, provare gratitudine senza ricordare di che.

Considero valore sapere in una stanza dov’è il nord, qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.

Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca, la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.

Considero valore l’uso del verbo amare e l’ipotesi che esista un creatore.

Molti di questi valori non ho conosciuto. 

sabato 3 febbraio 2024

FAVOLOSO CALVINO


 In occasione del centenario di Italo Calvino, le Scuderie del Quirinale, a Roma, organizzano un viaggio nella vita di questo poliedrico ed eclettico scrittore, genio del Novecento e autore di romanzi, saggi ed articoli che hanno segnato la letteratura mondiale.


Seppur meraviglioso l'immergersi delicato in un mondo di scrittura, invenzione, sensibilità, questa mostra non ha fatto strike.
Certo Calvino non ha l'apparente appeal di un Van Gogh e non incuriosisce come Escher, e non gode di agevole interpretazione anche se tutta una letteratura ha attinto da lui, da Manganelli fino a Baricco.


Bisogna entrare nella sua bolla creativa, accomodarsi tra i suoi disegni, rileggere le sue brutte copie fitte di cancellature, rimandi, note a margine. Soprattutto rileggere nuovamente. 

Comprendere il suo essere universale, il viaggiare per scoprire, per immergersi nel suo mondo di ricerca e fantasia. Calvino ha sconvolto decenni di piani di lettura: prolifico, autorevole, enigmatico, incurante dei giudizi. 




Forse anche Calvino risulta intraducibile a tanti, perché non ci accostiamo alla sua curiosità, ci appare eccessiva, mentre è solo un voltare pagine polverose, lette già infinite volte. 











mercoledì 25 ottobre 2023

GLI ABITANTI D'OTTAVIA

 


"Sospesa sull'abisso, la vita degli abitanti d'Ottavia, è meno incerta che in altre città. Sanno che più di tanto la rete non regge".

(Le città invisibili  -  Italo Calvino)   

Illuminante questo passo. Contraddittorio a prima lettura, ma a ben guardare, con una precisa evidenza ad emergere inequivocabilmente.
La precarietà dei residenti d'Ottavia, la cagionevolezza delle infrastrutture, la delicatezza e la cautela con la quale affrontare ogni minimo movimento, li rende irrimediabilmente coscienti della loro provvisorietà.

La consapevolezza dell'abisso che non è metafora della fine, ma baratro reale che si avverte con l'eco del vuoto pronto a inghiottire, istante dopo istante. 

La certezza della fine disegnata nel buio sottostante, il non ritorno che dispensa freddo acuto in piena estate. Una rete che ingloba e attanaglia, ma che può lasciar sfuggire via attraverso le sue maglie sottili e rarefatte.

L'incostanza che rende tutto maledettamente certo.


mercoledì 16 agosto 2023

SIMBOLOGIA NUMERICA

 


≠^ {0,9≤∑} 3456,87> 56,99{°9± 23√555}

Nella riga che precede ho scritto in “numerico".
Ipotetico idioma col quale magari avrebbe comunicato l’umanità intera se non avesse infine optato per i caratteri arabi, le comuni "lettere".

Perché non è accaduto allora? Direte voi.

Vero è che pure le coordinate cartesiane abbisognano di lettere ad intersecarsi; equazioni, decimali, fratti, forse non si esprimerebbero al meglio senza un sussidio letterale; fatto sta che la curiosità dell'immaginare un mondo senza lettere, con solo numeri, virgole, parentesi e compagnia bella da supporto, rimane.

Chissà una poesia che piega prenderebbe, e come potrei valutare un tramonto da fiaba?

9 + forse?

venerdì 13 gennaio 2023

LETTURE DEL 2022

Stavolta un resoconto delle mie letture più interessanti del 2022 mi sembra d'obbligo, anche perché è sempre piacevole pubblicizzare un libro quando riesce a portarti assieme a lui in un'altra dimensione. 

Ovviamente si spazia tra vari generi, ma ognuno ha riservato piacevoli sorprese. 

UN CAFFE' MACCHIATO IN BIBLIOTECA
Esiste una biblioteca a Budapest dove gustare ottimi gulash mentre si sfoglia Victor Hugo o Céline. Un giorno, però, Sigismondo, giovane abbonato, chiede un caffè macchiato!... epopea di tradizioni sovvertite e magheggi alambiccheschi dove le trame dell'autore si intersecano e sovrappongono tra aromi e sotterfugi.

Autore: Mishelo Ginseng   
Editore Albar 
pag 128

SCOLLINANDO IN PRIMAVERA
La neve non arriverà mai a bloccare il giro, nonostante ciclici inverni, e sempre un raggio di sole illuminerà tre sorelle legate da infinito affetto, ma solo Rosa giungerà alla fine della tappa, inseguendo il suo sogno in  fuga. Un circuito vizioso ad insegnare che chi ha voluto la bici, ha da pedala'.

Autore: Manu Brio
Editore Tourdeforce
Pag 211

CERBOTTANA ATOMICA
Un intero villaggio indios si ritrova, per un incantesimo nell' Ariccia del 2063 alla soglia di un conflitto nucleare. I nostri dovranno sfuggire la follia del futuro sventando la catastrofe con freccette e bambù appuntiti, nutrendosi di sola porchetta.

Autore: Ciriaco Bomber
Editore: Pagine Fuse
Pag 156

SUPERMAN VOLEVA UN SUPERATTICO
Favola dark parte in disegni parte in prosa, dedicata allo sberleffo dei mondi a fumetti e al proliferare di cartoni, manga fossero l'ultima possibilità di lettura. Finale thriller anche se era lecito qualcosa che super asse le aspettative.

Autore: Kartoa Nimato
Editore Einaudito
Pag 92

L'UOVO CHE RIDE
Storia vera di un responsabile al vettovagliamento di MasterChef che inventa letteralmente un paio di piatti strepitosi con gli avanzi di un pressure test sfamando tre cameran distrutti da giorni di riprese continue senza sosta, passando quindi direttamente a ritirare il Premio Finale

Autore Ticino Arros
Editore La Terza Misura Minimum
Pag 100

L'ORATA SPINATA
Intricato ma navigato melodramma che va a pescare nella rete dei buoni sentimenti che affondano a piombo in un mulinello di ripicche e rimorsi. Amo questo libro, traina come pochi altri anche poi non c'è protagonista che ne esca davvero pulito. 

Autore  Peter Nylon
Editore Reggicanna
Pag 121


..e mi raccomando: leggere, leggere, leggere.. c'è un mondo infinito da leggere..  




 





 


mercoledì 28 settembre 2022

PERSONALMENTE ADORO STEPHEN KING..


 .. ma prima con Billy Summers (killer sui generis), ed ora con Fairy Tale, sta cercando di disegnarsi un'identità che, almeno io, non riconosco. 

Continuo comunque a preferirlo sul breve, dove non si perde in mille descrizioni, diecimila ripetizioni, centomila puntualizzazioni. Nei racconti concentra di più tutta la sua classe e non annacqua le emozioni fino a diluire ogni emozione.
Specialmente con l'ultimo, Fairy tale, dove il romanzo, che pure parte bene, vira all'improvviso nella fiaba più stereotipata e facilona possibile con un miliardo e mezzo di richiami, fino ai riferimenti telefonati ad alcuni dei suoi grandissimi romanzi, da Il miglio verde, a Stagioni diverse o 22/11/'63.

Questa favola invece si tira via annoiando; scontata, dai personaggi reali approssimativi e telecomandati. 

Per non parlare di quelli degli Altri Mondi, posticciamente dark; saccheggiando tutta una letteratura ad hoc, da Lovecraft ai Fratelli Grimm, da Inception a Escher, da Pinocchio alle principesse Disney fino a Giacomino e il fagiolo magico.. luoghi magici e maledizioni, predatori e creature oltre ovviamente agli immancabili zombies.. un'immensa fiera del déjà vu.. accompagnata anche da illustrazioni ed anticipazioni in stile saga medievale.

Si salva forse il cane, che fa Radar di nome, come quel radar kinghiano che non riceve più segnali originali, ma solo tentativi di storielle sollecitate probabilmente solo dall'editore. 

C'è una meridiana che permette di tornare indietro nel tempo, nel libro. 

Ecco, veda di salirci sopra il nostro Stephen.


sabato 27 novembre 2021

IL BEDLAM CLUB DI DAVIDE CONTI

 


Conosco Davide Conti dai tempi di FilmTv, dove redigeva recensioni che erano già piccoli romanzi.

Per Davide il  film è solo spunto. 

Lui coi film ci costruisce storie, imbastisce personaggi da fiaba.
Lui li fa i film, con la scusa di scriverne.
Mo' serve qualcuno che glieli gira.
Ma ci sta lavorando.

Intanto lo trovate anche sulla blogosfera:

Catarsi addosso  che è già un esplicito programma..

Ma torniamo al Davide scrittore, al suo costruire comunità.
Ecco un limite per me invalicabile.
Creare personaggi.
Io sono egoista nella mia scrittura. Parlo di me anche quando descrivo cose, figuriamoci dare vita a personaggi, sarebbero mie caricature, tutte identiche e posticce, in un ridicolo rispecchiarmi.

Davide no. Scova umanità stratificate e le paradossa tridimensionalmente: lui al tavolo mentre scrive e i personaggi su tela, o emersi dal marmo, o fluttuanti - meglio come metafora - sullo schermo di un cinema.
Perché lui li manovra come vitalissimi burattini, e questa cosa l'ho visivamente percepita durante la presentazione di Bedlam Club, il suo libro di avventure cinematografiche vissute da una banda di personaggi borderline.
 
Davide ha letto un capitolo, e la scena si è come materializzata, i suoi personaggi a galleggiare nell'aria della piccola libreria, a raccontarsi, a muoversi in autonomia coi tic, le manie, la preoccupazioni, le aspirazioni, i sogni, le goffaggini e le assurdità.
Una sceneggiatura più che un libro, non mi stupirà il vederlo un giorno su grande schermo.
Quello schermo che, in fondo, lo ha fatto arrivare alla ribalta, quando ha iniziato a recensire film in maniera anomala, con le sue storie strampalate applicate a gente come noi.
 
Esemplare il suo sbeffeggiarsi della serietà del mondo, applicando però un'anima viva a questo suo svirgolare, dotando ogni sua creatura di intensa umanità, esaltandone quegli eccessi che possono spaventare, ma anche farti sbellicare dalle risate, con un retro pensiero malinconico che bussa delicato nell'intimità di ognuno di noi.

Eccolo Bedlam, un manicomio geniale, del quale alla fine vorremmo tutti far parte, a poter ragionare di cuore.


sabato 20 novembre 2021

CLAUDIO D'ALEO - AGGRAPPATO ALLA POESIA

 


Claudio scrive con un cuore stracciato, lo cura e lo ricuce dopo mille devastazioni. Ha il mare che spinge accanto, vento mediterraneo ed una terra ricchissima di storie da raccontare.

“Rincorro l’aquilone di ciò che non siamo”

Una natura prorompente, selvaggia e delicata, di spuma tempestosa o di alba lieve, di uccello che plana  o  buio che inghiotte.

“Foglie che sbattono piano sulle dune del cuore”

Ma racconta soprattutto la sua, di storia, intrisa di rimpianto, rimorso, amore.

“Ti affido l’imbrunire di tanti giorni passati a cercarla tra i sassi”

Amore perso e da ritrovare, amore che regola ogni rotta di vita, ogni sospiro perso, ogni memoria che sussulta dentro.



Baciata dal sole
ci parla a voce alta, senza nascondere nulla, come coglie anche il nostro Riccardo Giannini, giornalista e blogger, nella sua appassionata introduzione. Spalanca le braccia alla poesia più intima e più disperata, ma aprendo scenari di bellezza e libertà.

“Ascolta i rimbrotti del mare quando si rivolge alle stelle”

Una libertà che lo scrivere, questo scrivere figlio di necessità impellente, di comunicazione chimica,  rende universale, riversandolo sul mondo.

“Il sogno era sempre quello
 amarti”

Un amore è per sempre, più diamante del famoso slogan, un amore lo accarezzi tra le mani e a volte credi non fuggirà mai, ma d’un tratto ti resta ciò che imprimi con carta e penna, ciò che svuoti dal cuore.

“Amor che non sei qui e pulsi dentro”

Siamo a caccia di bellezza tra questi versi spasmodici, ci aggrappiamo anche noi alle grida e ai sussurri, al rammarico, alla possibilità di rinascita anche, di resurrezione quasi.

“Nuvola sorprendimi cielo rapiscimi”

E’ come se tu bramassi rifugio e nuova linfa nei tuoi versi, per tua stessa ammissione, per come scrivi di istante in istante, in proiezione fatale verso il futuro, seppur costellato, ancora, di passato indelebile

“Esisti in me lontana da me”

Purtroppo, e spesso, dobbiamo perdere ciò che crediamo nostro indissolubilmente, per acquisirne la reale essenza, la presenza potente e irrinunciabile, quel dolore fitto come nebbia ora, che ci si conficca nel petto ed in ogni sogno residuo

“Nel dubbio torno a chiedermi chi sono”

Noi che ti leggiamo invece, Claudio caro, sappiamo che sei un’anima che vaga creando attesa e vita ovunque, forgiando parole e tremori, nuovi orizzonti da sfiorare. Anche dove non sembra più esserci spazio e nuova fortuna.

“Non c’è traccia di te tra i pastelli del giorno”

Sei in spasmodica ricerca, costante sogno messo alla prova, una prova del nove rigiocata tenacemente, un lancio di dadi inalterato e cocciuto verso il destino che ti ha manovrato a tua insaputa.

“Succede che quando ti penso il mare diventi neve”

Un mare scuro a volte, un mare che ricorda la perdita e tutte le sue sfumature orribili.

Ho vissuto la morte
la conosco”

Ma si convive, si sopravvive, si impara a vivere di nuovo, e racimolare esperienza dolorosa, amalgamata a mille tramonti, infinite risacche, estenuanti voli di gabbiani erranti.
Esistono mancanze che riempiono più di una presenza, ossessionano il vuoto, creano eco dove anche la fisica negherebbe.

“L’amore bussa tra nubi
che sbattono sui lampi”

Sottolinei le alchimie tra chi scrive e chi legge, senza trascurare le alchimie di chi scrive in preda alla memoria feroce, e le alchimie perverse di chi ama e si ama, tuttavia, e deve far fronte a mille difficoltà, paure, perché si può avere paura delle felicità, del volare alto, del non essere riusciti a portare la nave in rada, oltre quella tempesta furiosa, oltre quelle onde pazzesche che gridavano mentre già tutto, dentro e attorno, era maceria.

“S’è chiuso piano l’uscio di casa”

Ma può riaprirsi, e nuova luce inondare le più fitte oscurità.

"Cerco ora in un vetro appannato
le frasi d'amore che m'hai regalato"

 

 

domenica 24 ottobre 2021

"SCRIVIAMO POESIE CHE RIMANO CONTRO"

Rubo il titolo da uno spettacolare calembour linguistico di Alessandro Bergonzoni.

Salviamo il pericolo dal suo scampato

Certi suoi arzigogoli lessicali sembrano frugare talmente in fondo all'evolversi della comunicazione da lasciarti basito nella meraviglia.
Mentre leggi devi rivelarti pronto a spiccare il volo, lanciandoti dalle sue righe in mille altri universi attigui o anni luce lontani.

Ci procuriamo ustioni di buon grado

Siamo abituati a leggere secondo parametri collaudati. Può non piacere essere spiazzati ad ogni riga, dover ricollocare il pensiero in cima alle parole, ritarare ciò che viene proposto e che parte per la tangente di nuove proposizioni. Doppi sensi che sfociano in una marea di multisensi, ad alla(r)gare primarie percezioni.

Preferirei essere un'edera senza muro, piuttosto che crollarci sotto di sana pianta

Si viaggia a tentoni, come ad occhi chiusi su un terreno continuamente dissodato, che non fornisce comodo appoggio, ma sempre nuovi trampolini, lanci nel vuoto.
Vuoto a (buon) rendere, per fortuna.

Io sono per la chirurgia etica: bisogna rifarsi il senno.


mercoledì 26 maggio 2021

ALESSANDRO BERGONZONI IL PENSATO DEL GIORNO

 Su Robinson del 15 maggio 2021 Bergonzoni se ne esce così:


Pensavo agli abbracci, al tenderla, la mano; magari a chi scende dall'autobus, a chi è inciampato per le scale, a chi è arrivato su un barcone disastrato.

In-cute timore tutto ciò, certo. Ora per via del Covid, ma anche per le delusioni, per la magia persa, per quanta inutilità scopri attorno.

Quanta pelle non usiamo per non arrossire, per evitare vaccini, per far modo che una carezza non sopraggiunga ed un'altra ti rimanga per sempre chiusa in quel pugno triste.

Un grande Bergonzoni. Davvero.




venerdì 9 aprile 2021

GLI ALTRI - UN RACCONTO DI NEIL GAIMAN

A me non piace l'horror, lo splatter, la violenza gratuita. Un genere - specie cinematografico - che sembra aver preso piede e autorità. Eppure sono un fan di Stephen King, e leggo cose particolari - come questo incredibile raccontino di Gaimon - che travalicano il  convenzionale senso dell'horror  rendendolo  Arte pura. 

E vorrei, in qualche modo, invitarvi alla meraviglia.

 


GLI ALTRI

"Il tempo è fluido, qui", disse il demone. Sapeva che era un demone nel momento in cui lo vide. Lo sapeva, proprio come sapeva che il posto era l'Inferno. Né l'uno né l'altro lasciavano dubbi sulla loro identità.

La stanza era lunga e il demone aspettava accanto a un braciere fumante in fondo. Una moltitudine di oggetti erano appesi alle pareti color pietra, del tipo che non sarebbe stato saggio o rassicurante ispezionare troppo da vicino. Il soffitto era basso, il pavimento stranamente inconsistente.

"Avvicinati", disse il demone, e lui si avvicinò. Il demone era  nudo e scarno. Era profondamente segnato e sembrava che in un lontano passato qualcuno lo avesse scuoiato. Non aveva orecchie, né genitali. Le sue labbra erano sottili e austere, e i suoi occhi erano occhi di demone: avevano visto troppo e si erano spinti troppo in là, e sotto il loro sguardo lui si sentì più insignificante di una mosca.

"Che succede adesso?" chiese.

"Adesso", rispose il demone, con una voce che non esprimeva dolore, né sollievo, soltanto una monotona e spaventosa rassegnazione, "verrai torturato".

"Per quanto tempo?"

Ma il demone scosse la testa e non rispose. Camminò lentamente rasente il muro, osservando prima uno degli attrezzi appesi, poi un altro. In fondo al muro, vicino alla porta chiusa, c'era un gatto a nove code di fil di ferro. Il demone sollevò una mano con tre dita e lo prese, poi tornò indietro, portandolo con reverenza. Posò i rebbi metallici sul braciere e li osservò mentre cominciavano a riscaldarsi.

"E' una cosa disumana."

"Sì."

Le punte delle code di gatto brillavano di un'arancione opaco.

Alzando il braccio per sferrare il primo colpo, il demone disse: "In futuro ricorderai  questo momento perfino con piacere".

"Stai mentendo!."

"No", rispose il demone. "La parte successiva", spiegò un momento prima di abbattere il gatto, "sarà peggio". Poi i rebbi del gatto colpirono la schiena dell'uomo con uno schiocco e un sibilo, lacerando i costosi vestiti, bruciarono e squarciarono e dilaniarono, e lui, non certo per  per l'ultima volta in quel luogo, lanciò un urlo.

Alle pareti erano appesi duecentoundici congegni, e col tempo li avrebbe sperimentati tutti. Quando, finalmente, anche la Figlia della Zitella, che l'uomo aveva imparato a conoscere intimamente, fu ripulita e riappesa al muro alla posizione duecento e undici, l'uomo devastato bisbigliò con le labbra distrutte: "E adesso?"

"Adesso", rispose il demone, "inizia il vero dolore".

E così fu

Ogni azione che aveva compiuto, e avrebbe fatto meglio a non compiere. Ogni bugia  raccontata - a se stesso o ad altri -. Ogni piccolo ed ogni grande dolore che aveva inflitto. Dovette tirar fuori tutto, dettaglio dopo dettaglio, centimetro dopo centimetro. Il demone gli strappò di dosso il velo dell'oblio, mise a nudo la verità, e questo fu più doloroso di ogni tortura.

"Dimmi cosa hai pensato mentre lei se ne andava", disse il demone.

"Che mi stava spezzando il cuore."

"No", rispose il demone, senza odio, "non è vero". Lo fissò con gli occhi inespressivi e l'uomo dovette distogliere lo sguardo.

"Ho pensato che non avrebbe mai scoperto che andavo a letto con la sorella."

Il demone sviscerò la sua esistenza, momento per momento, istante dopo terribile istante. Andò avanti per cento anni, forse, o mille - avevano tutto il tempo che c'era mai stato, in quella stanza grigia - e verso la fine si rese conto che il demone aveva ragione. La tortura fisica era stata più clemente.

E poi finì.

E una volta finito, ricominciò. Ed ogni volta con una consapevolezza nuova, che in qualche modo rese tutto, ogni volta, ancora peggiore.

Adesso, mentre parlava, si odiava. Non c'erano bugie, né scuse, non c'era spazio per nulla che non fosse dolore e rabbia.

Parlava. Aveva smesso di piangereE quando finì, mille anni dopo, pregò che il demone si avvicinasse al muro e tirasse giù il coltello per scuoiare, o la pera orale, o lo schiacciadita.

"Ancora", disse il demone.

Lui urlò. Urlò molto e molto a lungo.

"Ancora", disse il demone, quando ebbe finito, come se cominciasse in quel momento.

Era come sbucciare una cipolla. Ripercorrendo ancora una volta la sua vita, ne comprese le conseguenze. Scoprì il risultato delle sue azioni; azioni compiute ciecamente; scoprì quanta sofferenza aveva inflitto al mondo; danni arrecati anche a persone che non aveva mai conosciuto, né incontrato, né mai visto. 

Fu la lezione più dura, fino a quel momento..

"Ancora", disse il demone, mille anni dopo.

Lui si accovacciò per terra, accanto al braciere, e dondolandosi piano, con gli occhi chiusi,  raccontò la storia della sua vita, rivivendola così come la raccontava, dalla nascita alla morte, senza cambiare nulla, senza tralasciare nulla, affrontando ogni cosa. Aprì il suo cuore.

Alla fine si sedette schiena eretta, con gli occhi chiusi, aspettando che la voce ripetesse: "Ancora". Ma tutto taceva.

Aprì gli occhi. Lentamente si alzò in piedi. Era solo.

In fondo alla stanza c'era una porta e, mentre la guardava, la porta si aprì.

Un uomo varcò la porta. C'era terrore sul volto dell'uomo, arroganza e orgoglio. L'uomo, che indossava abiti costosi, avanzò esitando e poi si fermò.

Quando lo vide comprese.

"Il tempo è fluido, qui", disse al nuovo arrivato.