venerdì 14 febbraio 2025

FELPA

 


D’inverno ci leghiamo ad alcune consuetudini:
la tazza preferita, il plaid da divano, il piumone di notte.
Io ho una felpa che decuplica il calore di casa.
Quel ricrearsi addosso focolare domestico,
sicurezza e paciosità casalinga.
La quiete dietro la porta, chiusa a chiave,
che di uscire se ne parla domani.
La coperta di Linus ad infondere tepore e comodità soprattutto.
Un capo che non indossi, perché ti indossa lui,
adattandosi perfettamente ad ogni piega del corpo,
una seconda pelle che disegna serenità
fasciando con esattezza
e senza impedire alcun movimento.
Voi ce l’avete la felpa del cuore?
Quella che trasforma la vostra casetta in un cinque stelle da sogno.
Quella che, ancor oltre il pigiama di rito, sigilla il tepore di casa in qualcosa di irraggiungibile, ben oltre e diversamente dai 20 gradi che galleggiano l’aria.
Quella che vi converte in un’oasi fortificata
dove svanisce ogni idea di esterno e interno
e sopravvive una sola dimensione plasmata attorno a noi.

Ce l’avete una felpa così?

Credo se ne trovi una nella vita,
e quando devo privarmene per il consueto passaggio in lavatrice,
mi manca come l’aria.

 

 


domenica 9 febbraio 2025

FANTASCIENZA DISTOPICA

 


A voler immaginare un mondo futuro, distopico, secondo i canoni acquisiti, dovremmo trovarne uno peggiore della realtà.
Fantascienza deleteria insomma, ma potrebbe essere semplicemente un mondo diverso, inatteso, evoluto secondo soluzioni imprevedibili.

Ad esempio non riesco a fare mia la visione di un mondo oltre il nostro, da esplorare all'infinito. 

Mi viene da immaginare, invece, un confine, un limite; tipo una vetrata, una parete dove il cosmo si adagia modello quieta risacca e le stelle a vagare come ad illudersi di un approdo.

E perché a noi non è mai accaduto?! Direte voi.. forse perché siamo una galassia che galleggia tra forze centrifughe e centripete, manteniamo distanze che baricentrano la terra, pur minuscola, tra altre serie di sistemi, probabilmente - chi potrebbe saperlo? - ognuna col proprio sole. 

Un equilibrio delicato, precario ma tenace.

Ma credo che questa immensa scatola, a contenere un minuscolo meccanismo di simmetriche armonie, esista. Noi dentro e qualcuno da fuori che osserva, anche.  
M
agari gli è stata regalata - la scatola dico - e neanche lui sa cosa contenga esattamente, a parte le lucine e le nebulose che scorge con l’oscurità.
La tiene - e noi con lei - là sul tavolo, come curioso pezzo d’arredo.
Spero che la donna delle pulizie stia attenta quando spolvera.

Abbastanza "distopica" come suggestione?


martedì 4 febbraio 2025

POST-IT

 


Cosa mi orienta, mi chiedo,
tra incubo e veglia di
fioca percezione,
come opera il mio corpo
che risponde sempre meno
ma immagina in gran parte.
Cosa accumulo di amore,
sangue, aspettative.
Che spazio occupa la memoria
che tante volte maledico per gli
infiniti files cancellati.
Immagino post-it all’interno del fegato,
di arterie decrepite, intestini pigri.
Promemoria a far chiaro,
post-it intonsi,
solo a ricordare
che c’è da scrivere.


venerdì 31 gennaio 2025

DICO PER DIRE..

 

Pubblicato una vita fa, arriva l'aggiornamento e la ripubblicazione.. val bene pescare nel passato, anche se fa malinconia non ritrovare tanti amici..  

Il post nasce come celebrazione di quell'intercalare vocale che molti di noi (davvero tanti..), seppur inconsciamente, inframmezzano nel quotidiano ciarlare, fenomeno che, all'atto dello scrivere, può risultare decisamente meno marcato... pur considerando che anche lì coltiviamo svariati vizietti (io apro un casino di parentesi e inframmezzo un botto di puntini di sospensione... ma quanto me piacciono!!..) e mi è venuto in mente di scrivere qualcosa sentendo, ieri per radio, un'intervista ad un consigliere regionale di Roma che ogni tre parole schiaffava un “voglio dire” assolutamente inefficace e, a lungo andare, grottescamente comico.

Con mia moglie ormai, non ascoltavamo più il senso del discorso ma contavamo quella grappolata di voglio dire.. poi ci siamo guardati, e abbiamo pensato ai nostri, di intercalari.

Io, ad esempio (e pure gli ad esempio rientrano nella casistica), faccio partire la frase con un velocissimo, ma quasi sempre presente cioè, mia moglie invece piazza alla fine delle sue frasi un ok, ma spesso ancora un capito? di rinforzo.

Ed ora rileggete il periodo rimpolpato di intercalari ricorrenti..

e poi, se avete coraggio e soprattutto consapevolezza,
 confessate il vostro!!!

 E niente, cioèvoglio dire, il post nasce, purtroppo, diciamo a celebrazione di quel, in pratica, intercalare, assolutamente vocale che, dico per dire, a molti di noi - ma qui lo dico e qui lo nego (davvero direi tanti) - seppur inconsciamente, ci rappresenta spesso e volentieri

In poche parolelo inframmezziamo praticamente, tipo nel nostro quotidiano ciarlare, capito?

Bene, bene.. non c’è problema, le chiacchiere stanno a zero, è un fenomeno che, scrivendo, a dire la verità, può risultare decisamente, tutto sommato, meno marcato, non so se mi spiego?... ovverossia, insomma, chiaro no? 

Pur considerando che, anche lì, intendiamoci, abbiamo i nostri vizietti (nella misura in cuivoglio dire, ad esempio, apro un casino di parentesi  e ci piazzo, più o meno, un botto di.. come dire, puntini di sospensione... e si, eh!! ..quanto me piacciono!!..) e nientecioè mi è venuto come in mente di scrivere piuttosto che dirvelo,  sentendo, diciamo ieri per radio, purtroppo, un'intervista a, come dire, un consigliere regionale di Roma, piuttosto che di Milano, che, ad ogni modo, e ogni due per tre, schiaffava all’incirca un voglio dire o un “esattamente” e compagnia bella, assolutamente inefficaci, ma te pare a te? Non esiste!  E, a lungo andare, voglio dire, risultava, per dirla così su due piedi, comico.

Insomma, posso dire una cosa? Cioèa dire la verità, non lo ascoltavi neanche più il senso del discorso! Capito?
Ma, in poche parole, mi domando e dico, contavamo quella grappolata di "voglio dire" e di continui intercalare.. poi, a mio modesto avviso, ci siamo guardati e, non ci crederai!

Ci sono venuti in mente, a ben pensare, i nostri, di intercalari: dagli “ad esempio ai  mi spiego”? 
No vabbe’, ma che davvero?
Insomma dirai, ti faccio capire, in poche parole: mi parte la frase, mi segui? con, tanto per fare un esempioa mio modesto avviso, o devo dire, ma quasi sempre utilizzo anche un cioèok?

Mia moglie, ad ogni modo, piazza, piuttosto che all'inizio, più alla fine delle sue, diciamo, frasi un ok, ma spesso ancora un capito? di rinforzo. 
Comunquenon ve la prendete eh..
dicevamo giusto per dire. 


lunedì 27 gennaio 2025

LA GIORNATA DELLA MEMORIA AL CINEMA: TRAIN DE VIE

Ci sono post da riproporre in loop, questo è uno di quelli, ogni volta con una nota in più, una sfumatura diversa.

Memoria necessaria si dice, ma il mondo sempre più preda di insensatezza e disumanità. E ognuno dove può prova a sensibilizzare in qualche maniera, scuotere anime, provocare minime scosse. Anche con un film, un piccolo grande film.

Assimilabile a La vita e' bella, anche se pervaso di una genialita' diversa, tragicamente comica, con un percorso apparentemente giocoso ma, a differenza di quello benignano, alla ricerca continua di un sorriso non rassegnato. 

Di un respiro da sostituire alla disperazione.

Qui la tragedia e' esorcizzata in partenza, siamo in piena arte della commedia, non si sopravvive soltanto al sistema perverso ma lo si scardina dall'interno, non si resiste appena a galla solo per non affogare, ma si ribaltano tutte le regole e si dettano nuovi ritmi. 

Il gioco lo conducono i deboli e sono gli altri che dovranno adeguarsi. 

Un affresco sempre vivo che tiene in ansia fino alla fine, con trovate coraggiose e mai banali, che sostituiscono le lacrime di ruolo a sorrisi di speranza.

Un humor yiddish all'altezza dei migliori Allen e Coen, a disinnescare il dolore per presentarlo in tutta la sua assurdità.

Ripropongo sempre lo stesso film appena posso, nessun classico, ma un omaggio alla virtù del ribaltamento delle regole, al permutare l'ambito cupo con la leggerezza,  entrare in sintonia con sofferenza e tragedia partendo da presupposti antitetici e tuttavia legati a filo doppio al sentimento comune.

Chi è sopravvissuto racconta di amore per la vita,
uno scopo a sorreggerlo, non il terrore per la morte.

Serve ancor più questo coraggio, anche nel nostro vivere quotidiano, lontano da guerre, sopraffazioni, sofferenze, anche se poi apri un tg e ti accorgi che apprendere è un concetto ancora lontano dalla minima lucidità.

Questo è un film diverso, sul sogno, sulla potenza dell'uomo anche di fronte all'ineluttabile.
Un omaggio meraviglioso a chi è sopravvissuto, un omaggio di eguale meraviglia a chi non ce l'ha fatta, un omaggio a chi combatte ora, per farcela ancora.

venerdì 24 gennaio 2025

BORGES

 


“Forma impersonale e lenta, come i vegetali e i pianeti”
(Finzioni   -  J.L. Borges)

Una citazione di Borges che mi ha fatto pensare ad una diversa velocità del tempo, o meglio alla sua dote di inafferrabilità, qui legata ai mondi astronomici e vegetali, accomunati in un paradossale cosmo dove macro e micro viaggiano in parallelo.

Dove non percepiamo affatto la costante curvatura di una mensola gravata dal peso, eppure eccola là.
E anche luce, iperveloce e statica al contempo, quella ruga ieri invisibile, un’ombra che si adagia senza permesso, di colpo ingombrante; una carezza che scivola via, un profumo che si estingue nell’aria, il sorriso che prende forma mentre ti guardo; discreto, timido ma alla fine presente.

Quante forme impersonali e indolenti agiscono attorno a noi, a quante offriamo abbrivio di partenza immobile, come nave che abbandona la banchina (o forse il contrario?), quanti istanti non scuotono una briciola di buio e cristallizzano tempo e respiro.
Quanti attimi impercettibili si prendono gioco della nostra grezza attenzione, rete da pesca dagli immensi squarci.

E così pianeti immobili ci attraversano la via, piante inerti divengono alberi possenti.

E noi incuranti. Non facciamo caso. 


domenica 19 gennaio 2025

HERE

 


Premessa: un film che sto glorificando e che sta ricevendo pareri molto contrastanti. Tanti lo giudicano noioso, lento, poco fruibile e comprendo che la bellezza del cinema è nel film differente che ognuno riesce a scorgere.
Ma lo propaganderò comunque come qualcosa di visionario, lontano dai Lynch o dai Lanthimos - mai stati nelle mie corde -, in grado di catturarmi totalmente. 


Raffinato e geniale.
M
i lascia a bocca aperta già la prima auto che sfoglia il tempo attraverso la grande e luminosa finestra della sala con camino, accennando subito un montaggio strepitoso ad intersecare finestre di dialogo tra innumerevoli epoche di narrazione, rendendole fluide, compatibili, essenziali.

Una sfida alla relatività subito chiara.
Ennesima prova magistrale di Zemeckis, che provoca le convenzioni e il déjà vu, elargendo suggestioni e commozione con una tecnica di regia colma di finissime chicche, come il controcampo che sfrutta il temporaneo passaggio di una specchiera davanti la camera fissa.

Ricercato e creativo.
Una storia millenaria di futuro che si accavalla con la tecnica più elementare che esista. La camera fissa e la storia a srotolarsi, affamata di eventi, e io affacciato allo schermo, cinema frenetico nel cinema immobile, come una finestra di fronte alla finestra, e mille riquadri ad intersecarsi voraci, impietosi, veloci, curiosi e i protagonisti ad inquadrare, metterci sogno, avvertire ordine e disordine, emozione, rabbia, attesa, disagio e lo spettatore a riconoscersi. Avrei forse dedicato più spazio alle storie parallele, quelle che spazio temporalmente precedono e seguono Tom Hanks e Robin Wright, ma comprendo la scelta di non pungolare oltre un livello di attenzione già ampiamente sollecitato.


Sottile ed estroso.
Dal magma originario fino allo schermo piatto HD, quel riquadro di mondo concepirà passioni, desideri e rimpianto; si chiederà, come ci chiediamo tutti noi, cosa sarà del futuro, e lo disegnerà sapientemente, calpestando sempre la medesima porzione di mondo, identico palcoscenico ad ospitare nuove messe in scena.
E penso anche io, mentre digito al pc, a chi è stato seduto prima di me, in quella che ora è la mia casa, e chi vi sognasse in precedenza, quali prati ancor prima, quali scenari pieni di vento e tramonti, ma sempre con un colibrì curioso, a vivere l’istante, renderlo eterno.

Il finale è pazzesco. Solleva dalla poltrona dove Zemeckis mi aveva avvitato e sconquassa l’occhio, ormai disabituato, in un piano sequenza che d’improvviso riempie la vista, il cuore, e l’intero schermo, velato di lacrime.