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sabato 12 aprile 2025

ADOLESCENCE (OR NOT ADOLESCENCE)

Potevo non dedicare qualche riga alla serie TV del momento? Sia mai.. anche  se l’evoluzione  mi ha lasciato perplesso, nonostante  riprenda un episodio avvenuto realmente, concentrando dinamiche, reazioni e punti di vista differenti; oltretutto interamente in piano sequenza, tecnica virtuosa e coinvolgente ma non sempre efficace quando eletta a risorsa di ripresa esclusiva.

Abbiamo un dato di fatto: Jamie, studente tredicenne, che accoltella a morte una coetanea, quindi un colpevole già individuato e quattro episodi a cercare di sviscerarne il perché.
Siamo di fronte a dinamiche di bullismo, insofferenza, frustrazione, inadeguatezza, tutta una serie di crescite, evoluzioni, degenerazioni e comportamenti adolescenziali portate agli estremi, ed intorno una famiglia che fatica ad interpretare e comprendere.
 
Un lato debole: puntare decisi all’apice della degradazione e tralasciare le sfumature del substrato, quella sorta di palude dove si vive comunque male ma non si arriva per forza al gesto insensato, al titolo di giornale.

Prima puntata: irruzione a casa del tredicenne, arresto, trasporto in centrale e accusa di omicidio sostenuto da videocamera di sorveglianza; di supporto al ragazzino avvocato d’ufficio e tutore legale (lui sceglie il padre), ma si rifiuta di comunicare il codice d’accesso del cellulare (a quel punto, fossi stato il padre, due pizze gliele avrei date, in piano sequenza naturalmente).

Seconda puntata: sopralluogo nella scuola del ragazzo, dove serpeggia irrequietudine,  menefreghismo, boria e sprezzo per le autorità (insegnanti e polizia), come un misto tra solidarietà e derisione, neanche troppo sotterranee, verso l’autore del crimine, reo, più che altro, di essersi fatto beccare.
Nell’episodio anche un inutile inseguimento (pretesto per un mirabolante piano sequenza palesemente arricchito di post produzione ) oltre all’accenno alle teorie Incel (movimento misogino alla base di azioni e reazioni di Jamie)
Poi diverse note stonate: si cerca l’arma del delitto chiedendo agli studenti; il poliziotto che segue da tempo crimini legati ad abusi minorili, sembra inconsapevole che il figlio venga bullizzato; la descrizione della scuola come luogo inadeguato ad educare; la scena dell’allarme con evacuazione della scuola, tutti riuniti all’aperto e fatti rientrare dopo un nulla, giusto il tempo di una colluttazione tra studenti dove altri riprendono col cellulare mentre i due poliziotti, poco distanti, non sembrano neanche accorgersene. 

Terza puntata: sette mesi dopo, colloquio con psicologa che evidenzia l’instabilità del ragazzo messo di fronte a prove del suo rapporto malato con l’universo femminile. Non mancando di sottolineare ancor più la rissosità e l'aggressività del ragazzino (certo acuita da mesi di struttura psichiatrica minorile) che sembra voler indirizzare l'opinione verso un verdetto che non tenga troppo conto di cause e concause.
Mi chiedo: sette mesi dopo? Solo alla fine del percorso la psicologa tira fuori le prove instagram dei suoi eccessi? E le reazioni isteriche e arroganti davanti all’analista non lo disegnano certo meglio. Emblematico poi il “buh” improvviso a spaventarla, poteva riservarlo alla ragazzina uccisa.. ma certo tutti bravi a ipotizzarlo dopo..

Quarta puntata: tredici mesi dopo, esili equilibri tengono unito il resto della famiglia che sta attraversando un pessimo periodo, oltretutto affrontando episodi di irrisione e cattiveria, col figlio adolescente ormai alla vigilia di un processo che quasi sicuramente lo vedrà condannato. Indicativo poi non dire a Jamie, all’ascolto in auto mentre telefona al papà per gli auguri di compleanno, che in vivavoce ci sono anche mamma e sorella.
Cosa abbiamo fatto di male, lecito interrogativo dei genitori,  ma anche inutile, dopo che la situazione ti è sfuggita di mano.

Certo si poteva fare di più, come si chiede alla fine il padre nella cameretta di Jamie, e sono sicuro se lo sia chiesto anche il regista alla fine dell’ennesimo, ultimo, piano sequenza.




venerdì 30 agosto 2024

PERCHÉ L’HORROR?




Ogni tanto piace porre domande, anche se in campi lontanissimi dal proprio sentire e, addirittura, azzardare risposte.

Ma nel caso specifico avrò bisogno della vostra collaborazione, di voi fans di horror e affini, potrei magari farmi un’idea.
Perché piacciono gli horror, spesso accoppiati allo splatter più nauseante?
Come mai stanno soppiantando categorie consolidate  come la commedia, la fantascienza, il thriller, l’action?

A sentirli, diversi utenti, ti raccontano che trattasi pur sempre di fiction e che il brivido della paura è roba ancestrale e attrae un po’ tutti fin da piccoli.
Chi non ha mai provato il fascino delle montagne russe
col cuore in gola alla prima vertiginosa discesa?

Questo sì, lo ammetto, ma non ricordo di aver cercato di bearmi ancor di più,  tentando di scorgere, tra i binari, cadaveri squartati di fresco.
Per certi analisti subentrerebbe anche un fattore somatizzante, un mettersi alla prova se, per caso, un giorno, dovessimo realmente affrontare pericoli immani,
mostruosità, robe folli.

Probabilmente hanno ragione entrambi, anche se tra un horror splatter e un thriller come si deve, continuerò sempre a preferire il brivido e l’oculatezza del secondo.

Mia moglie trova orrendo quando, in preda agli spasmi di mal di pancia, mi infilo due dita in gola per vomitare e procurarmi qualche istante di sollievo. Ecco il punto, stessa manovra: orrore per qualcuno, piacevole conforto per altri.
Potremmo finirla qui.

E il paragone col sussulto da montagne russe lo considero, poi, davvero gratuito. Spaventarsi a morte con contorno di sangue e scannamenti rientrerà forse nell’amore del palpito, ma ci scorgo una consequenziale deriva al limite del manipolatorio, fino al poter godere di una sessione di sevizie e martirio gratuito.

Comprendo però che per tracciare linee così definite abbiamo bisogno di analizzare più a fondo. La psicologia in questo senso offre un magari inconsapevole aiuto.

Del resto sono proprio quelle definite dagli esperti del settore, come “emozioni principali” ad alterare, da sole, le esatte percezioni: paura, disgusto, tristezza, rabbia rientrano nel bagaglio principale col quale ognuno di noi avrebbe a che fare quotidianamente. Certo c’è anche la gioia a fare da contraltare.
Quattro contro uno. Farebbe fatica pure John Wick.
Mi sembra palese l’apparente disequilibrio di personalità che ne viene fuori.



Per dirne solo una, che il disgusto sia più importante, più necessario, più abituale soprattutto, del gusto, la dice lunga sul come e a cosa venga scientemente indirizzato il nostro subconscio.

Sarebbero più le cose che fanno schifo ad attirarci, e in effetti ecco la risposta al pubblico di massa di certo cinema irricevibile (da noi, ovviamente..)

Ma poi sono gli stessi che andrebbero alle Maldive, ai party in piscina, che sognano un giro in Ferrari, o una serata con Margot Robbie?
Perché certa bellezza terrebbe ancora banco? Una contraddizione..
Si arriverà al punto che anche al ristorante si ordineranno porcherie per soddisfare la fame e la necessità di disgusto.. col cinema siamo già avanti.. in effetti si parla dell’ “orribile che emoziona come le cose belle” (https://ilbuioinsala.blogspot.com/2024/07/recensione-dostoevskij-al-cinema-2024.html), e già in questo intravedo la stortura dell’ossimoro indecifrabile.

Sul n 28 di FilmTv, diretto (e dedicato) dai Fratelli D’Innocenzo, Giulio Sangiorgio esalta le “forme disturbanti, la dismisura e lo sfregio del buon gusto”  “una forma scomoda , persino sconveniente”  “se siete respinti, restate”, parlando della loro ultima opera “Dostoevskij”.

Non escludo a priori l’horror dalle mie scelte, resto un fan de L’armata delle tenebre o L’alba dei morti dementi, o anche altre pellicole che cercano di svicolare dal cliché “te devo fa morì sulla poltrona”, tipo Parasite o Get Out, veri cult in un ambito di genere non ancora estremizzato e ridotto a torture porn.

Purtroppo stiamo degenerando, ma forse è proprio la doppia finalità che propone certo “cinema”, finiremo per sostituire del tutto la nausea all’applauso, la deturpazione alla bellezza, la repulsione al fascino, come nuova fase di apprezzamento di una pellicola.
Forse questo il fine ultimo di questo processo evolutivo (?!)

Diciamo che rinuncio ad interpretare questo ossequio dell’orrido.
Ma se penso che tanti ormai trovano più (dis)gustoso  rovistare (almeno cinematograficamente) tra frattaglie umane anziché assaporare una carbonara o emozionarsi secondo antichissimi e superati canoni, depongo serenamente ogni velleità di venirne a capo.

Mi direte infine: “Ma cosa te ne frega a te di cosa guardiamo noi?”
E non fa un piega. Curiosità risponderei, che poi è un istinto base comune.
Certo più del sangue che tracima.                                                                                



 

 

 

 






mercoledì 15 maggio 2024

RIPLEY SERIE NETFLIX

 


Vale la pena segnalare una serie tv solo per la fotografia (di Robert Elswit), un magnifico bianco e nero, l’arte dell’inquadratura ricercata, l’amore per i dettagli, la capacità di rappresentare luoghi e angoli fantastici d’Italia con una sensibilità tutta particolare?

Sì.

Perché Ripley poi, è storia nota; più volte Il talento di Mr. Ripley (dal romanzo di Patricia Highsmith) è stato riproposto in diverse versioni, la più famosa quella di Minghella con Matt Damon mattatore.

Questa serie in otto episodi affascina visivamente, in maniera così magnetica e debordante che passiamo serenamente oltre gli innumerevoli magheggi di sceneggiatura, le arrampicate narrative, le sospensioni del dubbio cui facciamo appello sempre più intrigati dal cosa riesce a farci vedere, più che dal come ci venga raccontata la storia.

Viene voglia di continui rewind per non perdere neanche un frangente di luce a tracimare, di spigolo a dettare la via, di scala a precipitare, di minima statua a sorvegliare il viavai.

Arrivi alla fine e sei solo goloso di nuove angolazioni, altri giochi di prospettive, di guardare attorno alla storia. Di guardare ancora. E di nuovo.





domenica 27 novembre 2022

INSIDE MAN LA SERIE NETFLIX

 


Per fortuna ci sono serie, brevi, che ti incollano alla tv senza tirarla per le lunghe ma, anzi, accavallando sorprese e sconcerto a ritmi vertiginosi, incastrando eventi a rotta di collo.

Inside man è una di queste, stile Fargo (la serie), dove le casualità innescano e si innescano sfuggendo di mano anche al più astuto stratega; come se non bastasse si intersecano due linee narrative differenti che finiranno per incontrarsi ma solo dopo sentieri contorti. 

Consiglio spassionatamente questi eventi tv perché smuovono dal torpore e aguzzano l'ingegno, la curiosità, l'analisi introspettiva sollecitata a più riprese. 

Se capitasse a noi? Come ci comporteremmo? A quali lati nascosti potremmo dar vita, ossigeno, fiato, occasione?

Quali le priorità? Quali le debolezze?

Gli attori sono semplicemente fenomenali, la regia splendida, la storia ovviamente paga qualche pegno al voler sorprendere a tutti i costi, ma la media voto rimane altissima. 

sabato 16 luglio 2022

YOU DON'T KNOW ME SERIE NETFLIX

 

You don't know me  -  serie Netflix

A noi piacciono le serie legal drama. I thriller d’aula di tribunale, dove una sana requisitoria può far cambiare idea ad un’intera giuria oltre a te, sbragato sul divano.

Non ci piacciono però quelle serie tipo dieci puntate dove ti affliggono all’infinito e  arrivi alla fine che quasi quasi  vuoi andarci tu, nel braccio della morte.

Il paradosso di questo You don’t know me, è che lo abbiamo scelto anche per le “sole” quattro puntate previste.
Una cinquantina di minuti l’una, con trailer che prometteva scintille e cotillons, storia accattivante:
un giovane nero imputato di omicidio, con una caterva di prove schiaccianti contro, e lui che  licenzia l’avvocato e decide di autodifendersi dichiarandosi innocente.
Ci solleticava un bel po’ ma..

Primo errore. Il thriller ci sarebbe pure, i colpi di scena anche (e fin troppi), ma la struttura è ingannevole, il finale non risolutorio, si rimane con il più classico dei “ma che davero?!”

Secondo errore: la lentezza pazzesca della narrazione riduce di brutto tutta la pazienza e l’entusiasmo accumulati nel corso dell’auto requisitoria che il protagonista/imputato rifila a pubblico e giuria per la praticamente totalità della serie: quattro puntate che in alcuni momenti pensi si sia bloccato il modem e vai lì a smuoverlo.

Terzo errore: personaggi ammantati di pressapochismo e palpabile irrealtà: i buoni troppo buoni, i cattivi quasi cartoni animati, le situazioni tutte al limite, le soluzioni esagerate, gli escamotages che fanno acqua da tutte le parti, e il finale “aperto” che non fa solo storcere il naso, ma anche tutto il resto.

  


mercoledì 16 febbraio 2022

CHRISTIAN UNA SERIE MI(S)TICA

 


Già le stimmate fanno folclore, al quartiere Corviale a Roma poi, dove già tutto è folclore, dagli arredi stile Casamonica ai trans sopra le righe, un miracolato stile coso dai.. ma si.. er frate con la barba.. potete ben immaginare.

E invece no, perché c’è di più, il miracolo molesto, quello imprevisto e il miracolato anomalo, ma forse unico legittimo.
C’è tutto quello che non credi possibile, fuso a tutto l’improbabile che la vita ai margini può riservare. Non siamo neanche vagamente dalle parti delle lacrime furbette de Il miracolo di Ammaniti.

Qui il bene e il male si danno, e ci danno del tu, giocano a rimpiattino con attori superbi, il protagonista ovviamente, ma pure il medico della mala, il boss del quartiere, il miracolato che smaschera i falsi profeti e tutta una fioritura di comprimari di gran personalità e dal taglio ben delineato. 

Personaggi contraddittori, segnati dagli eventi, cresciuti tra prove continue, tutti a tu per tu con limiti estremi, caratterizzati dalla violenza, dalla povertà, dai dolori, dalla inquietudine profonda, dal rimpianto e da fedi diverse, che a seconda degli strati sociali, assumono pieghe e significati differenti ma tutte, comunque, a confluire verso un unico denominatore comune, inciso nel dna.


Amore e odio, vendetta e rivalsa, sacrificio e sofferenza. Un caleidoscopio di sensazioni sapientemente amalgamate come in una carbonara perfetta, piatto divino, a saperne ben dosare gli ingredienti.
Questi brevi sei episodi ammaliano e tengono incollati, appagano, immalinconiscono, creano dipendenza senza bisogno di eroi con nulla di super, ironizzano mentre commuovono, lasciano soddisfazione, disegnano coscienza e uno strano amaro in bocca, come quando l’ineluttabile viene ad esigere il conto, dopo che hai fantasticato per bene, o perlomeno credevi. 

  



 


giovedì 25 novembre 2021

STRAPPARE LUNGO I BORDI (ZEROCALCARE PURE IO)


Ovvio che un salto dalla nicchia - nicchia per modo di dire - alla ribalta Netflix, potesse costare un grosso carico di critiche riguardo la nuova serie di Zerocalcare. Critiche a 360 gradi, di tutti i generi e i calibri. Insomma Zerocalcare come i Maneskin o il covid.
Importante è che si prenda posizione. E allora dai.. 

Cheppoi era tipo quanno annavi a scola che cercavi de strappa' un fojo dar quaderno e mai 'navorta una che te venisse dritto, poi arivava er solito compagno de classe, un bambacione che sarebbe diventato 'n cervellone ar cienneerre, e te diceva: "basta che appoggi un righello e il foglio si strappa per bene". Mo' non te vojo dì che dovevi considerallo 'na specie de coscienza, no, emmanco er grillo parlante perché sai quante vorte l'ho spiaccicato sur muro quanno fiatava, e forse si, era mejo 'n'armadillo, che armeno quello, se provavo a spiaccicallo sur muro, me dava du pizze (mo' nun te saprei di' se margherite o stocaxx, però..)

Zerocalcare ha colpito per la vitalità di infinite soluzioni stilistiche, per la capacità di agghindare mille stereotipi di freschezza narrativa (come la pizza all'Ultima Cena, genio!) e tutte le altre convenzionali quotidianità, dai fili intricati dietro al ripiano tv, al divano "b", alle pippe mentali sull'arrivare in aeroporto sei ore prima (questa è tutta mia, infatti rivendico er copirait), al rincoglionimento della sveglia fino all'immancabile tormentone (s'annamo a pija er gelato?)

E parliamo di uno Zerocalcare messo per la prima volta a disposizione del grandissi-missi-mo pubblico, quindi esposto a chi neanche sapeva chi caxx fosse prima, o a chi ne aveva usufruito solo a piccolissime dosi, ed anche a chi ci ha riscoperto BoJack Horseman e perché no, pure Pinocchio. 

Ovvio che arrivasse a tsunami, infrangendosi su vasta scala e procurando critiche e reazioni tra le più diverse. 

E ovvio anche che tanti non abbiano somatizzato appieno, dando di matto sin dalle prime sollecitazioni, e archiviando la serie come illeggibile o improponibile  (tipo come pure er Frecciarossa Roma Biella). Insomma i no - Zerocalcarex.

..dell'anima(delimeiolimortaccitua..)

C'è chi si è lamentato per il linguaggio, l'incomprensibilità della parlantina romana e del montaggio troppo veloce (in effetti in vago contrasto con la fruizione più pacata delle tavole disegnate) e il carattere grezzo e panearpane messo in mostra; non percependo, giocoforza, un messaggio profondo e sensibile, la precarietà della crescita, l'essere "fili d'erba" sbatacchiati, il nostro poco ascoltarci cercando ogni volta una scusa (come con l'esemplare metafora del "freddo" in treno), e magari anche lo sdoganamento di artisti come Apparat, in teoria lontani dal pop e dal punk che hanno cresciuto Michele Rech, in arte Zerocalcare.

Ma alla fine quante volte abbiamo tentato abbiamo tentato di schiacciarla come un grillo parlante qualsiasi la nostra personale "coscienza armadillo"?! Ora, almeno, risparmiamo di counselor.. ;)

E comunque sia, permettetevi almeno di stupire.
Permettiamocelo.
C'era anche questo tra i messaggi di Zerocalcare: permettiamoci di esistere, di dire la nostra anche sbagliando. 
Spesso ne vale la pena. Deve valerla.

Strappare esattamente lungo i bordi,
nun po' mai riusci' alla prima botta...
(senno' vattene direttamente ar cienneerre, ma popo subbito!) 


 

mercoledì 20 ottobre 2021

SCENE DA UN MATRIMONIO (SERIE SKY)

Scene (schizzate) da un matrimonio( schizofrenico).
Si vede che il regista è quello di In Treatment.. ;)

Scene da un matrimonio di due schizofrenici (ma non solo loro, ci metto l'amante di lei a pieno diritto nonché la madre di lui forse giustificata per il fresco lutto del marito).

Cinque episodi di tira e molla: coppia con figlia sempre a margine, anche se citata spesso e fonte di attrito perenne. Il leitmotiv elementare: litigo furiosamente e immediatamente dopo faccio sesso più o meno selvaggio. Tutti episodi non consequenziali (tra la fine di una puntata e l'inizio della successiva accade sempre qualcosa che verrai a sapere in corso di visione. In quello finale poi si superano..).


Chissà cosa avrebbe detto il povero Bergman di questo remake teso solo all’esasperazione costante.




I due protagonisti, Jessica Chastain (Mira) e Oscar Isaac (Jonathan) se la sono pagata e prodotta questa scempiaggine di performance, e giustamente anche ricamata addosso, coi loro tic e le loro follie, impensabili per qualsiasi coppia medio/normale, ma soprattutto al servizio del loro ego devastante (credono davvero di essere astri luminosi della nuova era recitativa).
Stupire sembra l'unica mission, solo che dopo due puntate hai capito da un pezzo il giochino e stai lì solo  a cronometrare quando si manderanno a quel paese mentre si accarezzano o quando si riappacificheranno mentre si tirano i piatti.

L'unica cosa originale e piacevole è che l'inizio di ogni episodio parte facendo vedere in toto scenografie e troupe che si prepara a girare, il che dona davvero l'unico tocco di realtà effettiva.

Poi c'è il ciak, e si comincia a lavorare di fantascienza.


Per onestà devo ammettere di essermi sottoposto a tortura completa in quanto la serie è stata particolarmente apprezzata dalla consorte.. e la solidarietà a casa è ancora piatto forte..  ;)


"Io James Bond?! No grazie,  devo stare a casa a lava' i piatti.."


 


giovedì 14 ottobre 2021

SQUID GAME (NETFLIX)


Alla fine, in ritardo, sono riuscito a vederlo (e considerando che ancora non ho finito l'ultima Casa di Carta,  ci sta).

Questo mix tra Mai dire Banzai e Quattrocentocinquantasei piccoli indiani si fa comunque guardare, anche se le barzellette diventano man mano più numerose delle drammaticità e la solita, bistrattata, sospensione dell'incredulità, viene turlupinata oltre ogni lecita pretesa.

Trovo corretta anche l'analogia con Parasite, che finisce col perdersi tutto il buono volendo per forza strafare. Sarà un limite coreano..
Il rimprovero principale resta comunque la lunghezza: cinque/sei puntate sarebbero state più che sufficienti, senza contare che ovviamente, come ormai inevitabilmente in tutte queste serie, si prepara il terreno per il seguito, lasciandoti quindi vagamente in sospeso.

La casa di carta ha comunque fatto scuola riguardo maschere, simboli e gadgets da piazzare in merchandising, e chissà quanti, ora, vorranno arredare casa in stile Escher! 

sabato 3 luglio 2021

OMICIDIO A EASTTOWN (occhio che qui si spoilera)

 


Sette episodi che si susseguono e si trangugiano golosi nell’incertezza di sapere cosa bolle in questa sonnecchiosa cittadina, dove ognuno ha da nascondere qualcosa, più o meno grave, dove le vite familiari si affastellano di difficoltà e complicanze, dove le ragazze spariscono e vengono, chissà, rapite o uccise, e dove l’omicidio del titolo serve a scavare nel fango e rimestare nel torbido. 

E a chi può toccare indagare, se non ad una svuotata Kate Winslet, poliziotta tuttofare, cicciottella e costantemente con la bottiglia di birra in mano, ma fascinosamente tormentata e turbata da vicende familiari che più tristi non possono? E Kate indaga. È lei il centro del thriller. È lei che ha rapporti con tutto il paesotto. È lei che raccoglie confidenze ma ne distribuisce meno, cerca rapporti senza farsi troppe domande, toccata da lutti mai elaborati, scossa da casi irrisolti, attribuiti alla sua inefficienza, e costretta a collaborare con detectives esterni, chiamati apposta a risolvere l’irrisolvibile. 

È lei il vero fulcro della serie, con una capacità di recitazione e coinvolgimento davvero potenti. Suadente anche quando zoppica.
Sei  puntate col giusto metro mistery, tutte con finale sospeso che ti fanno venir voglia di correre subito alla successiva, pian piano si spargono sospetti un po’ su tutti, e noi cerchiamo di cavare il classico ragno dal buco dipanando matasse sempre più contorte; ma come succede spesso, quando inizi a pretendere troppo da puzzle intricati, iniziano le arrampicate sugli specchi  e la sospensione dell’incredulità comincia a scricchiolare di brutto. Su tutte, la scoperta dell’assassino ad “inizio” settima ed ultima puntata.
Cosa si aspettavano gli sceneggiatori dallo spettatore medio? Che si sarebbe accontentato di quaranta minuti di titoli di coda?
A parte questo, magari ad avercene di più di questi prodotti, infinitamente più fruibili delle sfilate di cappotti della Kidman, sempre recentemente vista su Sky.

sabato 8 maggio 2021

SUBURBIA KILLER (NETFLIX)


Una trama intrecciata.

Otto puntate.

Ogni puntata il ritratto di uno dei protagonisti che apre nuove trame, altri punti di vista, in un disegno sempre più contorto ma che ti incolla allo schermo. 

Tutto a flashbacks. 

Richiami. 

Dettagli. 

Storie torbide. 

Rivalse. 

Vendette. 

Incastri. 

Accenni.


Tu resti dubbioso fino all'apoteosi finale incartandoti in diecimila supposizioni e soluzioni, pensandone una più del diavolo mentre il diavolo ne stava pensando una più di te.

Questi sono i thriller. 



mercoledì 13 gennaio 2021

THE UNDOING - LE VERITA' NON DETTE



Ci hanno bombardato mediaticamente per settimane con questa serie tv Sky ricca di stars: Nicole Kidman e i suoi abiti da sfoggiare, innanzitutto, nelle sue lunghe passeggiate ("a me piace camminare".. almeno una puntata su sei sono solo passeggiate e cappottini.. ahah), il suo sguardo da cerbiatta impaurita, le faccette sorprese e quelle contrite, il suo mestiere da terapeuta, infine, che è quello che ne esce peggio di tutti.  In teoria arma vincente, ma a mio avviso mooolto maltrattato.


Il giallo è principalmente introspettivo, un gioco di sospetti, di scoperte e di sorprese.. ma non vi svelerò, ovviamente,  nulla.

Non è una novità che sia molto scettico sulle dottrine psicologiche, poi film del genere non fanno che avvalorare le mie tesi. 

Ma la Nicole Kidman sempre in tiro e la palpebra calante di Hugh Grant, tengono incollati fino alla fine delle, per fortuna solo sei, puntate, con un accavallarsi di tesi e contro tesi e un tutti contro tutti da western classico.

I titoli di coda, però, ci lasciano con l'amaro in bocca per ciò che poteva essere e che tutti, anche arditamente, arzigogolavano potesse essere, e che invece, fin troppo semplicemente, non è.

"Alla fine questo rosso, però mo' so fregato..."



domenica 8 novembre 2020

LA REGINA DEGLI SCACCHI


Serie Netflix di grande acchiappo.

E potrebbe bastare così.

Ma vi rompo ancora un po'.

C'è una bambina che impara a giocare a scacchi in orfanotrofio, negli anni sessanta, quando gli scacchi erano comunque un'attività a quasi esclusivo appannaggio dei maschietti.

Questa tipa, anche se tormentata da vizi, incubi, allucinazioni, vittima di droghe e alcool, attratta da maschi e femmine; be', a scacchi straccia tutti, e tra vicissitudini, malinconie, gioie e dolori, il Finale non potrà che avere una sola morale, che non si discosta da quella del mitico Cavaliere Nero del compianto Gigi Proietti.




venerdì 16 ottobre 2020

CRIMINAL - NETFLIX - LA SERIE CHE MANCAVA.

 


Criminal è il thriller nudo.

Una stanza. Un tizio da interrogare. Un team che cerca di capire.

Uno specchio unidirezionale che separa da un'altra stanza, 

dove il resto del team osserva da fuori 

tentando di carpire, a freddo, qualcosa che, 

a caldo, faccia a faccia col diretto interessato, può sfuggire.

Come un mettere a fuoco da lontano, quello che da vicino può abbagliare o distrarre.

Il team si alterna negli interrogatori, o nei colloqui.

Il protagonista sotto i riflettori è diverso ad ogni episodio.


E gli unici spazi scenici sono le due stanze, il corridoio che le unisce, 

ed un ingresso comune, fronte ascensore, 

con i distributori automatici di bevande calde e fredde.

Claustrofobico, ridotto all'osso, dove dinamiche di interrogatorio, 

rapporti all'interno del team e psicologia del soggetto da decifrare, 

si accavallano nel giro di appena  una quarantina di minuti.

E noi si resta incastrati in quegli spazi minimi.

Si resta intrappolati in quelle evoluzioni, quegli scarti di telecamera, 

silenzi, respiri, sguardi.

Grandissime prove attoriali, molta tensione.

Spesso sorprendenti gli epiloghi.


 















giovedì 25 giugno 2020

CORONAVIRUS ...FASE DUE


Cosa ci ha lasciato, e cosa ci sta lasciando, questo Covid 19?

Un po’ di intimità?
Con abbracci  finalmente da dedicarci?

Una lenta, cauta, riapertura? Senza strette di mano, incontri formali
e distacco anche mentale, oltre che sociale?

La possibilità di ristabilire dei rapporti mai approfonditi con i conviventi?
Una marea di guanti in lattice che non useremo mai più (si spera)?
L'attribuire una dimensione più slow alla nostra frenetica e schizzata esistenza?

Un odio spropositato (che non immaginavamo) per la casa?
O il constatare che il sabato ci si può fantasticamente sopravvivere tra le pareti domestiche?

La sconosciuta tendenza a farsi pure tre quarti d’ora di fila al supermercato
per comprare un litro di latte?

O un tangibile rischio di depressione?
O anche la coscienza e l’orgoglio di saper fare un pane che Cracco scansate?


A molti di noi ha permesso di terminare infinite serie su Netflix che mai e poi mai,
con una vita normale,
avremmo mai potuto vedere..

E comunque, il 27 giugno, arriva la terza serie di Dark.


E che sia lockdown o meno…

Non me la perdo!!

sabato 11 aprile 2020

LA CASA DI CARTA (PESTA)



Finalmente anche io, complice ovviamente questo virus che impazza, ho potuto completare le prime due serie, con rapina alla Zecca di Stato spagnola, che animano la celebrata telenovela targata Netflix, avventurandomi anche nelle due stagioni successive ..

Una serie che prende pieno e facile spunto dal famosissimo Inside man, di Spike Lee,  (anche lui non esente da vistose toppe di sceneggiatura), con rapinatori e rapinati - volenti o nolenti - tendenti alla facile ibridazione e che persegue un solo, più volte dichiarato, leitmotiv: guadagnare tempo,  che ai ladri serve per riuscire nelle loro malefatte tamponando gli interventi della polizia, e agli sceneggiatori per allungare il brodo con trame e flashbackes sempre più contorti per arrivare almeno ad un'altra una decina di serie..

Che dire.


 Inevitabile sottolineare come ormai la gente tenda ad accontentarsi. 

Del resto, se con un minimo di storia riesco a racimolare attenzione fin oltre l’inverosimile,  così come accade in tanti campi - politico, economico, sportivo, sociale -, perché questo non dovrebbe accadere nell’ambito dello spettacolo? Nonostante si voglia narrare non di fantascienza,  ma di teorica, perseguibile, realtà..





Ma allora, direte voi, se fa tanto ridere ‘sta fiction, come mai ti sei visto oltre trenta episodi ?!?

Semplice: la serie attira, avvince, scorre, è ricca di colpi di scena, invenzioni ed escamotages, svariati espedienti ed una effervescenza che non lascia respirare, rarissimi i tempi morti (almeno nelle prime due serie), nonostante si finisca per forza di cose col diluire situazioni e pathos; i personaggi sono molteplici, poliedrici, interessanti e  particolari (anche troppo), anche se tutti più o meno isterici e schizofrenici, e tutti con il loro fascino (tranne Arturito ..che personalmente avrei ammazzato nel prologo della prima puntata…) nonostante siano assemblati con criteri che neanche il più savio dei capobanda avrebbe mai scelto (fortissima la premessa che nessuno doveva conoscersi e nessun legame affettivo avrebbe dovuto compromettere la missione...ahahah…) ma tant’è..
le vuoi fare una quarantina de puntate (tra serie 1, 2, 3, 4 e oltre..)?!
Qualcosa ti devi pur inventare..


Ed ecco il punto…

quando “crei” colpi di scena a ripetizione finisci con lo scadere nell’assurdo, nell’impossibile, quando non addirittura nel ridicolo… e si riesce con lo svilire anche le non poche botte di pura genialità, annacquandole con tante, davvero troppe, situazioni scoordinate,  ridicole e grossolane…

quando i richiami al mitico Tarantino diventano troppo frequenti fino a perdere di ogni mordente, specialmente coi reiterati “stalli alla messicana” dove nessuno spara mai e  anche se qualcuno spara al massimo ci scappa un ferito..

quando il modello Robin Hood ancora riesce a far proseliti anche solo facendo passare per lazzaroni governi centrali e BCE...

quando il ritmo da telenovela prende il sopravvento..


quando ti rendi conto che oltre i mitici otto iniziali, c’è un manipolo di “non protagonisti” che risolve di tutto e di più (da fuori) cavando castagne dal fuoco a ritmi industriali e che sarebbero, quelli sì-, in grado di eseguire ogni direttiva senza, nell’ordine:
innamorarsi, dar di matto, rimorchiare gli ostaggi, trasgredire i compiti, nutrire sensi di colpa, diventare nostalgici, ingelosirsi, litigare con i compagni …

ecco, quando accade tutto questo, diventa un peccato perché a lungo andare, si deprezza inevitabilmente il molto di buono scaturito dalla fantasia degli autori e tu che, comunque, lo conservi quell’attimo di buon senso, finisci per mandare tutti a cagare…


perché arriva il momento in cui non puoi più concepire come mai i cecchini degli assalti speciali siano sempre e comunque degli incapaci che col fucile in mano  ci prendano una volta su dodicimila, che non ti capaciti come il Nostro (l’ineffabile cervello della mega rapina), riesca sempre a trovarsi al posto giusto, nel momento giusto e che se anche in difficoltà se la cavi costantemente per il rotto della cuffia, nonostante che dopo una ventina di puntate la cuffia si stia miseramente sbrindellando e più che altro, ci si arrampica volenterosamente sugli innumerevoli specchi forniti dalla regia, e ormai non fai più affidamento neanche sui servizi spagnoli tutti composti da tanti piccoli gianniepinotto, che vanno sputtanandosi l’un l’altro senza soluzione di continuità...


Perché anche la “sospensione dell’incredulità”, vale a dire quel fenomeno che coinvolge chi - a dispetto di qualche situazione tirata molto per i capelli - si lascia trascinare piacevolmente da una storia intrigante, ha comunque i suoi limiti…e non ci mette molto a diventare "insulto all'intelligenza".

Ma questa botta di lucidità non illumina tutti, pochi anzi, in verità, perché la maggioranza si accontenta, finisce col tifare per i più deboli, si affeziona, e come in una gigantesca sindrome di Stoccolma, chiamata in ballo a più riprese, per giustificare ripetuti voltafaccia, il pubblico inizia ad amare i “bandidos”, e come in una cieca nemesi, finisce col parteggiare per loro permettendogli qualsiasi nefandezza sceneggiaturiale.


Questo alla fine accade ne La Casa di Carta.

Storia di rapine infinite, dove i “cattivi” la svangheranno sempre, come in un Diabolik qualsiasi, fino alla diciassettesima serie dove ruberanno tutti gli Arcangeli dal Paradiso, convertendo San Pietro in angelico rapinatore paladino dei diritti terrestri...



giovedì 23 maggio 2019

GUARDIAMO GIUSTO L'INCOMINCIO...


INCOMINCIO come sostantivo singolare maschile,
e non come voce del verbo incominciare.

E' un neologismo imputabile alla creatività della mia consorte:
"Amore stasera c'è un bel film" e lei:
"Guarda..io giusto l'incomincio..."

Ed è così che, arrivati stracchi alla sera dopo cena,
di gran parte delle serie tv, film, varietà, sceneggiati, dibattiti etc etc...
noi si veda, moltissime volte, solo l'incomincio.

E se il canovaccio non è abbastanza convincente da far fronte a montagne di sonno prevaricatore...
infinite di quelle trame spezzate, non verranno terminate neanche con la tecnica delle "riprese multiple",
vale a dire ti registro e ti rivedo più in là, dovessi anche metterci una settimana...

ma si preferisce, invece, passare direttamente ad un nuovo "incomincio",
il quale, in assenza del necessario appeal, rimarrà anch'esso,
un incomincio incompiuto.

Facendo onore ad una dei più sacrosanti "diritti imprescrittibili" di Daniel Pennac:

Il diritto di non finire un libro (ma anche un film, una serie tv, un dibattito pre europee... )

sabato 11 maggio 2019

THE LAST MAN ON EARTH


Io non sono tipo da serie postapocalittiche, tipo Dead man walking, Lost o compagnia bella...
ma questo The last man on Earth (targato Fox ed in onda su Sky), rivolta completamente i parametri: lascia l'ultimo uomo sulla terra in balìa delle sue bizzarrie, una volta venuti meno tutti i condizionamenti e le imposizioni di un sereno vivere comune.

Insomma la tragedia diviene leggera, sfogo e invenzione.

E soprattutto si va avanti tra ironia e sarcasmo facendo venire una voglia matta sul come potrà svilupparsi, episodio dopo episodio, un nuovissimo modo di affrontare la vita.


Immagino tanti che storceranno la bocca, perché è sempre più palpabile, nel mondo dell'offerta cinematografica, l'allegoria dell'orrore, del disagio, della sofferenza, del terrore... film e serie che evidenziano solo disagi e disgrazie, mettendo a dura prova superstiti e protagonisti, sempre sul filo della tensione.

Qui nulla di tutto questo. Qui si ride in una situazione di teoricamente estrema disperazione:
il mondo sparisce a causa di un virus che uccide tutti, lasciando un solo superstite a gestirlo.
A modo suo.

Mettiamoci nei suoi panni. Lasciamoci guidare dai nostri istinti. Quelli migliori.

Non poteva mancare un riferimento a Cast Away...
p.s. Pietro lo so che ti piacerà...  ;)