PROVE DI TEATRO (prologo)
Dopo
un anno sabbatico torno (torniamo, con mia moglie) a calcare le
scene, e sono piacevolmente entusiasta, mi piace l'atmosfera, mi
piace la compagnia; soprattutto avverto complicità contagiosa, ed un
ottimo feeling, freschezza e voglia di fare.
E
mi piace naturalmente Marta (svioliniamo un po', dai!...), la nostra
regista, con la quale, almeno Luisa ed io, volevamo lavorare già da
tempo...
L'approccio
è classico, facciamo ancora confusione coi nomi (in fondo è solo la
seconda volta che ci vediamo) ma fa piacere vedere fantasia, voglia
di mettersi in gioco e rara diffidenza.
Gli
esperimenti dei primi due giorni, e ieri in particolare, sono
dedicati alla conoscenza dello spazio e degli “attori” che (lo)
interagiscono.
Occupare
lo spazio diviene quindi divertente scusa per scoprire e
“(pre)occuparci” anche di noi stessi.
Le
nostre azioni/reazioni forniscono in tempo reale discreta misura di
chi - e come - ci gira intorno, offre spunti per ideare all'impronta
situazioni creative e stabilire il grado d'iniziativa e di
adattamento che ognuno di noi riesce a generare.
Personalmente
trovo simpatiche queste atmosfere goliardiche, e stuzzicanti le
tecniche di introduzione (ad esempio lo scambio del pavimento/palco
con una zattera da non far ribaltare tramite i nostri movimenti, o i
lanci di palla abbinati ad enumerazioni collegate, di numeri, nomi o
aggettivi per favorire la coordinazione, od il muoverci a specchio
l'uno con l'altro fino a quasi non percepire chi riflette e chi si
muove, o mettere in piedi mini improvvisazioni che però danno il
polso della potenziale collaborazione e affinità tra i
protagonisti).
Insomma
per dirla a tutto tondo, ci stiamo divertendo e sono sicuro che a
giugno faremo impallidire pure i laboratori biennali... sempre che
Marta fornisca al più presto materiale di lavoro definitivo... fare
“officina” su un canovaccio acquisito, del quale padroneggi anche
le virgole, permette ricchi imbizzarrimenti e ricami stilistici sui
quali esercitarsi con serenità, senza l'affanno della ”memoria”
che a ridosso spettacolo snatura tutti i più buoni propositi.
Ultimo,
doveroso, accenno ai 9 (per ora) protagonisti di questo frizzante
laboratorio, in rigoroso ordine alfabetico: Alessandra
l'osservatrice, Corrado il camaleontico, Franco l'indisciplinato,
Ludovica l'osservatrice, Luisa la brillante, Manuela l'enigmatica,
Raffaella la meditativa , Sabrina l'esuberante e Valentina
l'eclettica. Ed un teatralissimo in culo alla balena non ce lo toglie
nessuno.
MARTA CHE TRAMA (epilogo)
Volevamo
lavorare con te.
E
quel presentimento positivo si è rivelata felice intuizione.
Ci
ha intrigato il tuo emanare entusiasmo, passione e sicurezza. Tutti
elementi necessari in chi pretende ordine e dedizione da un manipolo
di sbandati disarmonicamente assemblati, con le loro insicurezze,
titubanze, reticenze ed ognuno, anche, con un'idea diversa del/sul
come “fare teatro”.
Ti
sei posta un traguardo ambizioso, ribaltandocelo poi con fermezza,
con la costanza, ma anche col sorriso, con quella tua risata
spontaneamente contagiosa, con l'entusiasmo e la fiducia; e con
l'essere sempre presente, con l'arrivare alle prove regolarmente
prima di tutti, con la disponibilità h24 adattandoti, specialmente
negli ultimi weekend, alle nostre esigenze più disparate, e sempre
con slancio palpabile, con pazienza certosina, senza che trapelasse
mai un attimo di stanchezza o di sconforto, cavando il massimo da
ognuno di noi, irrequieti attori ma sicuramente non “azzannati”
dal Sacro Fuoco che leggo nei tuoi occhi, come quando, ad esempio, ti
prendi da parte amorevolmente chi pensi abbia più bisogno, o quando
stabilisci col metronomo entrate ed uscite, curi luci e posizioni,
selezioni le musiche, ti barcameni con l'impostare le “tecniche”
di scena e contemporaneamente anche in biglietteria e prenotazione
posti, un “one woman show” dove non devi perdere un colpo (e
dove non lo perdi...)
Hai
assimilato la pignoleria di Sandro Conte coniugandola con la
dolcezza, seppur determinata, ed un'epidemica serenità.
Ci
hai fatto (ri)percepire le sensazioni che donano le tavole del
palcoscenico; recitare è una droga, ma di quelle sane, di quelle che
aiutano a crescere assieme ai tuoi compagni d'avventura, persone
dapprima sconosciute, di età, attività od estrazione sociale magari
distanti anni luce dalla tua, ma che - grazie al teatro, a quelle
tavole, agli afrori accomunati, agli sguardi carichi d'ansia, ai
copioni vissuti e nervosamente spiegazzati - ritrovi accanto, alla
fine, che ti raccontano la loro vita, e tu la tua, con la confidenza
che solo il vivere al di là della linea invisibile che separa la
scena dal pubblico può offrirti.
Sono
felice ora, spossato e libero, svuotato d'adrenalina, ma già
nostalgico dello scricchiolio del palco, dell'odore del buio, della
quinta che ti protegge e ti rivolta in scena poi, catapultato in un
universo magico dove non sei più tu, ma dove, probabilmente, diventi
il tu più ambito, quello che ami, quello che si scioglie in piena
libertà vestendo altri mondi.
E
ce l'hai messa tutta, giorno per giorno, hai ricucito screzi, fatto
fronte a defezioni, ritardi, assenze, hai sopportato sfoghi (e
rimarrà vivido quel mio buonanotte insistito a parare i crucci di
Lulù...), hai mantenuto la nave in rotta quando era tempesta e
sollecitato nuovo impeto quando era bonaccia, hai seminato e
raccolto, hai scommesso e vinto e permesso che vincessimo anche noi.
Ma
è giusto cosi.
Perchè
in fondo in fondo, e te ne diamo atto,
Atramareramarta.
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