Il nuovo
trend politich(aziendal)ese si riempie la bocca, ultimamente, di
riferimenti continui (scusate il bisticcio) alla discontinuità
Fino
all'altro ieri “assenza di costanza”, in una accezione
denigratoria universalmente riconosciuta, oggi sinonimo di frattura e
repentino cambio di direzione, rinnovamento, riforma,
riorganizzazione, spirito moderno.
Anzi che ci
abbiano risparmiato la solita anglofobia arruffata; ora si pesca
direttamente dall'italiano incruschito, da rivalutare con libera
interpretazione.
Anche
Benedetto XVI si è affidato all'Ermeneutica
della continuità e della riforma in
contrapposizione ad un'inquietante Ermeneutica
della discontinità e della rottura (chissà
come saranno soddisfatti i bimbi che continuano a morire di fame e
stenti - sempre uno ogni cinque minuti precisi, ma nessuno in
Svizzera -).
Fisicamente
il mondo è già una discontinuità per suo conto, ma parliamo di
fotoni ed elettroni, di sequenze on/off (tanto per non tradire il
rigurgito anglofono).
Ed intanto,
sul piano di questa presunta, mirabolante e decantata discontinuità,
non si muove una foglietta che è una ed al massimo apre un ministero
del Monopoli a Monza, o si polemizza sulle 40 macchine blu a
disposizione del Colle (“sono solo 35” recita una laconica
replica da brividi dello staff presidenziale), o si tengono le camere
aperte ad Agosto (e quei poveri parlamentari che hanno prenotato le
Seychelles?!?), ma vuoi mettere discontinuità
con innovazione? Tutta
un'altra musica...
Ragazze
interrotte
Gli
irregolari di North Avenue
...e
DIScontinuavano a chiamarlo Trinita'
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