giovedì 1 agosto 2013

RILKE













Oh, ma con i versi si fa ben poco, quando li si scrive troppo presto. Bisognerebbe aspettare e raccogliere senso e dolcezza per tutta una vita, e poi, proprio alla fine, forse si riuscirebbe poi scrivere dieci righe che fossero buone. Poiché i versi non sono, come crede la gente, sentimenti (che si hanno già presto), sono esperienze. Per un solo verso si devono vedere molte città, uomini e cose, si devono conoscere gli animali, si deve sentire come gli uccelli volano, e sapere i gesti con cui i fori si schiudono al mattino. Si deve poter ripensare a sentieri in regioni sconosciute, ad incontri inaspettati e a separazioni che si videro venire da lontano, a giorni d’infanzia ancora inesplicati (…), a giorni sul mare, a mari, a notti di viaggio che passavano alte rumoreggianti e volavano con tutte le stelle, e non basta ancora poter pensare a tutto ciò. 


Si devono avere ricordi di molte notti d’amore, nessuna uguale all’altra, di grida di partorienti (…). Ma anche presso i moribondi si deve essere stati, si deve essere rimasti presso i morti nella camera con la finestra aperta ed i rumori che giungono a folate. E anche avere ricordi non basta. Si deve poterli dimenticare, quando sono molti, e si deve avere la grande pazienza di aspettare che ritornino. Perché i ricordi di per se ancora non sono. Solo quando divengono in noi sangue, sguardo, e gesto, senza nome e non più scindibili da noi, solo allora può darsi che in una rarissima ora sorga nel loro centro, e ne esca, la prima parola di un verso.”

(Rainer Maria Rilke - “I quaderni di Malte Laurids Brigge”)










E’ quindi una memoria incosciente, la poesia.

Il ricordo di un ricordo.
La metabolizzazione di un’esperienza
che viaggia a livello di déjà vu.
La condivisione di una stato d’animo,
di più animi che giocano a rincorrersi.
Uno sfogo, un ninnolo, un’arma.
Il palpito delicato d’un cuore in tumulto.

O non è, forse, anche l’immaginazione
a crearti adrenalina,
a far si che che la tua smania,
appena stiracchiatasi,
si scopra indifesa di fronte alla realtà che gli mostri
e si rifugi in percorsi inversi,
a creare sorpresa,
a grattare disperata quiete dove il ricordo
è sorriso che sgorga sempre diverso,
ad inchiodarla ogni nuova emozione,
prima che 
- con un lieve battito d’ali -
scompaia.

E’ quindi una memoria incosciente la poesia?




5 commenti:

  1. perchè dice nessun commento se ne ho scritto uno grandioso? quale? mò te lo riscrivo subito : "perchè leggi Rilke a occhi sbarrati? "(vediamo se continua a dire nessun commento)

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  2. oddio, pure qui..veramente inquietante! gnente ho parlato con Giorgio ( Nap) per sapere come rintracciarti ma ha detto che pure lui non riusciva più a trovatte....AUGURI ! tu sai di che cosa, vecchio!

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  3. Ciao! Ho cliccato su Rilke, un commento datato e bellissimo. Non ho questo "quaderno ecc"
    ma me lo procurerò. Grazie e di nuovo Ciao.

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