“Oh, ma
con i versi si fa ben poco, quando li si scrive troppo presto.
Bisognerebbe aspettare e raccogliere senso e dolcezza per tutta una
vita, e poi, proprio alla fine, forse si riuscirebbe poi scrivere
dieci righe che fossero buone. Poiché i versi non sono, come crede
la gente, sentimenti (che si hanno già presto), sono esperienze. Per
un solo verso si devono vedere molte città, uomini e cose, si devono
conoscere gli animali, si deve sentire come gli uccelli volano, e
sapere i gesti con cui i fori si schiudono al mattino. Si deve poter
ripensare a sentieri in regioni sconosciute, ad incontri inaspettati
e a separazioni che si videro venire da lontano, a giorni d’infanzia
ancora inesplicati (…), a giorni sul mare, a mari, a notti di
viaggio che passavano alte rumoreggianti e volavano con tutte le
stelle, e non basta ancora poter pensare a tutto ciò.
Si devono
avere ricordi di molte notti d’amore, nessuna uguale all’altra,
di grida di partorienti (…). Ma anche presso i moribondi si deve
essere stati, si deve essere rimasti presso i morti nella camera con
la finestra aperta ed i rumori che giungono a folate. E anche avere
ricordi non basta. Si deve poterli dimenticare, quando sono molti, e
si deve avere la grande pazienza di aspettare che ritornino. Perché
i ricordi di per se ancora non sono. Solo quando divengono in noi
sangue, sguardo, e gesto, senza nome e non più scindibili da noi,
solo allora può darsi che in una rarissima ora sorga nel loro
centro, e ne esca, la prima parola di un verso.”
(Rainer
Maria Rilke - “I quaderni di Malte Laurids Brigge”)
E’
quindi una memoria incosciente, la poesia.
Il
ricordo di un ricordo.
La
metabolizzazione di un’esperienza
che
viaggia a livello di déjà vu.
La
condivisione di una stato d’animo,
di
più animi che giocano a rincorrersi.
Uno
sfogo, un ninnolo, un’arma.
Il
palpito delicato d’un cuore in tumulto.
O
non è, forse, anche l’immaginazione
a
crearti adrenalina,
a
far si che che la tua smania,
appena
stiracchiatasi,
si
scopra indifesa di fronte alla realtà che gli mostri
e
si rifugi in percorsi inversi,
a
creare sorpresa,
a
grattare disperata quiete dove il ricordo
è
sorriso che sgorga sempre diverso,
ad
inchiodarla ogni nuova emozione,
prima
che
- con un lieve battito d’ali -
scompaia.
E’
quindi una memoria incosciente la poesia?
perchè dice nessun commento se ne ho scritto uno grandioso? quale? mò te lo riscrivo subito : "perchè leggi Rilke a occhi sbarrati? "(vediamo se continua a dire nessun commento)
RispondiEliminaA sogni sbarrati, più che altro... ;)
Eliminaoddio, pure qui..veramente inquietante! gnente ho parlato con Giorgio ( Nap) per sapere come rintracciarti ma ha detto che pure lui non riusciva più a trovatte....AUGURI ! tu sai di che cosa, vecchio!
RispondiEliminaCiao! Ho cliccato su Rilke, un commento datato e bellissimo. Non ho questo "quaderno ecc"
RispondiEliminama me lo procurerò. Grazie e di nuovo Ciao.
..Quaderni magici.. grazie per la visita a ritroso ;)
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