Un’affermazione di Baricco che mi ha fatto pensare:
“I grandi scrittori sono quelli che danno un nome
alle cose”
Potrebbe fuorviare, nel senso che noi usiamo parole
esistenti per scrivere.
Ma per descrivere possiamo adoperarne di mai usate, o perlomeno non per ciò di
cui stiamo parlando.
Accade spesso in poesia, accostando immagini anche apparentemente lontane, metaforeggiando
in quantità industriale, forse meno in prosa dove potrebbe risultare più ostico,
e più meccanico.
Ma dare un nome alle cose, poi, significa davvero
solo rinominarle?
O basta agganciare concetti differenti a paesaggi consuetudinari.
Come guardare, anziché solo vedere. Stabilire nuove relazioni.
Se esco anche solo in terrazza e mi affaccio al
mondo, non è un semplice uscire di casa, è un porsi in combinazione con
l’esterno, farne parte, entrare nell’atmosfera, ribattezzare il convenzionale.
Ecco il dare un nome nuovo.
Se scrivo mi sto accomodando sul foglio, e cerco
parole, che esistono,
ma non sono a conoscenza di ciò che
descrivo,
si cerca di incarnare una realtà sensoriale inedita.
Così creo immagine senza disegnare, il colore che
sguscia dal bianco, l’acufene che diventa armonia, il ronzio cupo d'una ecografia a scandagliare viscere e anima..

affermazione incomprensibile, condivido le tue perplessità e il tentativo di dare un senso compiuto alle parole di uno scrittore che entrambi apprezziamo. Comunque per me grandi scrittori sono quelli che danno una forma alle cose-
RispondiEliminamassimolegnani
pane al pene e vino al vino e poi evitare di inorridire gli acculturati con parole ormai fuori dal vocabolario come negro o saluti altamente igienici ma passati di proprietà come quello del braccio destro teso
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