"Il nostro mondo riposa su scritti, su testi. L'uomo possiede un mondo a causa degli scritti in cui si trova"
(Emmanuel Lévinas)
Da un articolo di Elisabetta Sgarbi su L'espresso di qualche settimana fa: Chi perde una biblioteca perde il mondo.
Dove si narra della scoperta della scrittura, scrittura come farmaco. "Un silenzio che non tace" come scriveva l'egiziano Nonno di Panopoli. Il libro custode di infiniti passati e meccanismo di prodigiosa creazione di mondi paralleli.
Navighiamo tra le pagine come in un internet di altissima qualità e sempre nuova generazione, dove non subiamo la rete - limitandoci a scoprirla -, ma la creiamo, pagina dopo pagina, riga su riga, siamo noi a metterci in moto attraverso la scrittura, miccia (in)volontaria, scintilla magica.
Avere libri attorno mi rassicura, rende sensibile la capacità di fuga, di uscire fuori senza muovere un passo, di viaggiare in pieno lockdown, di sfogliare il mondo, ascoltarne il profumo, possederlo davvero.
Scriviamo tutti, ma qualcosa mi suggerisce che potremmo leggere di più, e scrivere meglio.
"...i cinquecentonove scrittori scrivono ottomiladue romanzi, nei quali figurano dodicimila scrittori, in cifra tonda, i quali scrivono ottantaseimila volumi, nei quali si trova un unico scrittore, un balbuziente maniacale e depresso, che scrive un unico libro su uno scrittore, ma decide di non finirlo, e gli fissa un appuntamento, e lo uccide, determinando una reazione per cui muoiono i dodicimila, i cinquecentonove e l'unico autore iniziale, che ha cosi raggiunto l'obiettivo di scoprire l'unico scrittore necessario, la cui fine è la fine di tutti gli scrittori, compreso lui stesso, autore di tutti gli scrittori."
Giorgio Manganelli CENTURIA (Adelphi 1995)