E dopo un tempo incredibile si torna di nuovo al cinema.. certo in orario pomeridiano e di giorno feriale, per scongiurare assembramenti, ma l'emozione è forte, anche se il film per questo nuovo esordio, non si rivela poi 'sta magnificenza..
L’ultimo
Moretti è tratto da un romanzo israeliano, quindi neanche posso addossare tutte
le colpe al buon Nanni, da tempo ormai rinchiuso in un suo cinema distaccato
dalla realtà. Nel romanzo originale deve aver colto ancor meglio la freddezza
dei rapporti umani, le casualità di comportamenti lontani da un vivere comune, adagiandosi
da par suo. Un mix di attori in cui il Nostro si riserva la parte più asettica e
insensibile: un giudice inflessibile e anaffettivo che scambia il rapporto con
il figlio (altra figura grezzissima) come una pratica d’aula di tribunale.
Tutti i maschietti del film, comunque, escono a pezzi, vittime di fobie,
pulsioni, rabbie inconsulte, incapacità di relazionarsi. L’universo femminile sembra
più variegato ed alle donne è affidato il compito a volte di redimere e di redimersi,
o tentare almeno, ma anche in questo caso assistiamo ad eccessi ingiustificati,
prese di posizione o debolezze inverosimili, come la nipote dei vicini di casa
che torna da Parigi in visita al nonno, ma ancor più appositamente per adescare
uno Scamarcio di cartone come al solito, anche quando piange.
Ad esempio avrei paura di capitare in un processo presieduto da un giudice come
quello interpretato da Margherita Buy, consorte di Moretti nel film e personaggio
continuamente in balìa della sua ingenua fragilità. La Rohrwacher interpreta
una moglie sola, col marito sempre in viaggio per lavoro, che tira su la figlia
praticamente senza amici o parenti, in preda ad allucinazioni e crisi di panico,
che finiranno irrisolte, un po’ come tutto il film, che viaggia deciso verso la
non assoluzione, anzi la condanna senza neanche l’appello (mia perlomeno).
L’intreccio dei paradossi condominiali sarebbe un’idea anche non malvagia, ma
delineare i condomini con l’accetta, senza mai entrare in empatia coi loro
comportamenti, con i desideri, senza esaminarne davvero esigenze e sogni, rende
quel palazzo borghese di Roma nord, più
una clinica psichiatrica, sempre di Roma nord, però. Dove forse Moretti avrebbe
voluto abitare da bimbo, chissà..