domenica 16 maggio 2021

PALESTINA E ISRAELE

 


No, non lo chiudo il blog per protesta contro questa guerra assurda, come forse giustamente hanno fatto e faranno altri bloggers.

Vorrei anzi, aprire il cuore di tanta umanità.

Che poi, a ben guardare, ci sarebbe da imparare dalla convivenza pacifica e fruttuosa di cristiani, ebrei e musulmani, e ogni tanto l'esperimento è riuscito, proprio dove ora si uccidono.

Ma se togliessimo loro tutte le armi? Eppoi i pugnali, i vetri rotti, le pietre, le mani per non strozzarsi, la saliva per non sputarsi e lanciarsi odio? 

Se ogni dio di ogni loro fazione si incontrasse su un prato, sotto il sole, a fare due chiacchiere, a spiegare questo livore, questa cattiveria idiota.

Non ci si riesce tra uomini, ma forse, tra divinità, potrebbe essere una cosa possibile.


Prego che accada. 
E nessuno in particolare.






sabato 15 maggio 2021

SCRIVEVA BERTRAND RUSSELL..

Rilancio un post di anni fa.. 


Scriveva Bertrand Russell che 
fin dal primo giorno il tacchino osservò che, nell'allevamento dove era stato portato, gli veniva dato il cibo alle nove del mattino.. e la sua coscienza induttivista elaborò una deduzione appunto induttiva di questo tipo: ”Alle 9 del mattino si mangia”. Purtroppo però, questa concezione si rivelò incontestabilmente falsa (sull’onda della teoria falsificazionista di Popper) alla vigilia di Natale, quando invece di essere nutrito, esattamente alle nove, fu sgozzato”


Un certo induttivismo fatto in casa (induttivismo: teoria per la quale dal particolare tendiamo a definire il generale, l'universale)  regola comunque quasi tutte le nostre vite.

Ci si alza tutte le mattine per lavorare o per svangare comunque, a pranzo crediamo di dover avere fame, ci si corica tutte le sere per riposare, si comunica un “ti amo” o si lancia un messaggino per oliare un legame.

Ci si aspetta una telefonatina ogni giorno alla stessa ora o un sorriso automatico, quando non si maltratta il dirimpettaio di conversazione.

E si tira avanti con questo fenomeno umano che sviluppa catene di montaggio di rapporto di facciata, e che possono durare una vita, regolando in molti casi anche una presunta intimità.

Le aspettative - invece -, i desideri, i sogni, i voli pindarici, le fantasie non riescono a far parte di questo gioco alla massificazione delle relazioni.  

Creerebbero contrasti emozionali, felicità di qualità superiore e montagne d’ansia d’allarme.


Tutte robe contrarie alla sicurezza delle interazioni, al quieto vivere e all'atroce dubbio che, una mattina alle nove, invece della quotidiana dose di nutrizione (fisica o mentale) si venga accolti con il ribaltamento delle ovvie induzioni che, abitualmente, 
non possono deluderci né crearci rogne improvvise.

E’ per mitigare la paura che abbiamo bisogno di punti fermi.

Spesso anche di puntini, fermi.
Invisibili ad un seppur piccolo resto del mondo che brama e gronda passione.
Insignificanti rispetto allo scorrere del tempo emotivo e delle tempeste che in certe notti inquiete sogniamo smuoverci le vene.

Siamo tacchini.

E scoperta la mangiatoia più comoda, ogni giorno alle nove, sappiamo che ci daranno da mangiare.

Non facciamo caso che sia mangime di mediocre fibra destinato solo ad ingrassare il nostro petto, le nostre cosce (il nostro ego o la nostra voglia di pace addomesticata).

Importante è che arrivi ogni giorno, aridamente puntuale.

La possibilità che un giorno ci sgozzino, mentre scorgiamo all'improvviso - e anche solo per un attimo - un’alba purpurea,  non ci sfiora nemmeno, e se ci sfiora, la scacciamo in malo modo.

Non la interrompiamo certo noi questa rassicurante catena di nulla.

Alla faccia di Popper.

martedì 11 maggio 2021

IL TORTO DELLA FOLLA



 Da un articolo di Paolo di Paolo, su Repubblica di oggi:

"Quando scomparirà la sensazione che la folla abbia torto?"

Stiamo riprendendo lentamente le attività, con l'aumento dei vaccini e l'abbassamento delle infezioni, tuttavia non spritzo, non cinemo, e neanche ristoranto.

Vi dirò di più: evito il minimo assembramento, cambio marciapiede in presenza di due/tre persone, non prendo nulla al bar, guardo storto quello dietro di me in fila al supermercato se si accosta troppo, quelli senza mascherina poi li tratto da untori, pure se in teoria hanno ricevuto già dodici vaccini.

Abbiamo perso certezze e dubitiamo di risultati positivi e veloci. Ci andiamo un po' tutti coi piedi di piombo ..oddio!.. per strada vedo scene di estrema leggerezza, le medesime che ci hanno ritrascinato nel baratro l'estate scorsa.. la differenza, sostanziale, è che si dovrebbe continuare a vaccinare a rotta di collo.. 

Ma per molti è dura comunque recuperare ritmi e abitudini. 

Mi metto tra questi, anche se a malincuore. 


sabato 8 maggio 2021

SUBURBIA KILLER (NETFLIX)


Una trama intrecciata.

Otto puntate.

Ogni puntata il ritratto di uno dei protagonisti che apre nuove trame, altri punti di vista, in un disegno sempre più contorto ma che ti incolla allo schermo. 

Tutto a flashbacks. 

Richiami. 

Dettagli. 

Storie torbide. 

Rivalse. 

Vendette. 

Incastri. 

Accenni.


Tu resti dubbioso fino all'apoteosi finale incartandoti in diecimila supposizioni e soluzioni, pensandone una più del diavolo mentre il diavolo ne stava pensando una più di te.

Questi sono i thriller. 



mercoledì 5 maggio 2021

E.I.T.R.D. DA UN'INIZIATIVA DI DANIELE VERZETTI

EVERY IS THE RIGHT DAY



"Il costante pensiero di lei lo assorbe integralmente e ne annichilisce l'acume ma non la coscienza. 

L'uomo dall'unico pensiero tende inconsciamente a sopravanzare le reali esigenze del soggetto nel suo mirino. Lo idealizza, esaltandolo. 

Ed il solo, assurdo, pensiero di poterle fare del male, è sideralmente distante.

L'Amore consiste nell'augurare tutto il meglio alla persona Amata, anche in un altro eventuale segmento di vita che questa dovesse scegliere. 

Perché Amore è qualcosa di sovrumano, di incredibile, quando lo è davvero. Non risponde all'istinto. 

Un decorso patologico dove più nulla è lasciato al fato, dove l'amore cresce smisuratamente ma in cellule benigne.. "


In questo vorremmo si trasformasse l'Amore.

Ma continua a non accadere. La gente continua ad impazzire. Ad uccidere in nome di finalità distorte e malate. Gente che non comprende di esserlo, malata. Che si aggira tra noi. 

Sorridente fuori, bacata dentro.  

martedì 4 maggio 2021

ELOGIO DEL BUON FOTOGRAFO

 

Ciò che distingue un normale fruitore di visioni da un fotografo, da un buon fotografo, a mio avviso, è qualcosa di più che un'angolazione o un punto di vista: è filosofia dell'immagine.

Il fotografo percepisce, con precisione, altro da quello che in tanti guardiamo inerzialmente, che in troppi subiamo passivamente senza sapere di poter entrare sul set.



Riesce a postarlo in fotografia, in una buona fotografia, a isolarlo dal contesto infondendogli vita a sé.

Ed il "non" fotografo, anche a risultato finale, con davanti un'immagine estrapolata dalla sensibilità dell'autore, non avvertirà comunque il disegno nascosto, le trame di luce, le immagini che hanno sollecitato il fotografo a puntare, inquadrare, scattare ed immortalare qualcosa che, un istante prima ed un istante dopo, in ogni caso, è tornata a dileguarsi.

Il buon fotografo, allora, deve creare un legame, un ponte, che solleciti il fruitore d'immagini, deve evitare la frattura e, anzi, fornire il biglietto d'ingresso allo stargate del fantastico.



Io ho mille difetti ancora. Ad esempio fotografo cose già immobili. Luoghi ed oggetti.  Cercando di rubar loro l'anima. La ruberei anche a cose viventi, ma l'attimo che vorrei fotografare si dilegua sempre un attimo prima dello scatto. Allora "ripiego" sulla natura, sugli oggetti, sui particolari. Mia moglie dice sempre che anche dopo aver visionato decine di mie fotografie si potrebbe non capire in che paese siamo stati, tanto è l'accartocciamento sul dettaglio, sulla presunta anima da rubare.

Ad autocriticarmi impietosamente direi che se mi indicano la luna, 

faccio un bel reportage sul dito.. 




domenica 2 maggio 2021

NOMADLAND L'Oscar eVANescente

"Figa 'sta cosa che se gira solo all'alba e al tramonto"
"Eh si..c'avemo tutta la giornata libera!!.."!
 

Alla fine rieccoci all’ennesimo film sui loop che stanno tornando di moda, anche se qui il loop è più spazio che temporale. La sessantenne Fern, vittima della recessione, perde lavoro, casa e marito (cancro) praticamente in una botta sola. Prende su la sua poca roba e con un fatiscente van e si appresta ad un tour del precariato facendo la stagionale in uno stabilimento Amazon (inquietante, a proposito, il siparietto sui parametri di sicurezza aziendale, proprio in coincidenza con l’Oscar ed una morte accidentale in uno stabilimento di Alessandria), raccoglitrice di barbabietole, operaia mineraria, tuttofare in un fastfood, staff in un campeggio delle montagne rocciose. “Lungo la strada” conoscerà tante persone che - alla faccia delle immensità statunitensi - reincontrerà regolarmente  ad intervalli ripetuti, nel cerchio perfetto di questo vagare ciclico, dividendo scampoli di malinconia.

"certo n'asciugatrice avrebbe fatto comodo..."


Ora, al netto delle trentotto albe, i quarantatre tramonti, le ventisette istantanee di coste in tempesta, foreste, ruscelli, sequoie e mini canyon, tutte degne di un signor docufilm National Geographic, ci domandiamo quanto davvero resti della riflessione filosofica.

I nomadland, in parte evoluzione degli hippy, volenti o nolenti, ci sono sempre stati, ma quelli che forse fanno più scalpore, fanno la spola tra Times Square e Central Park, senza neanche un van a disposizione. I nomadland della Zhao sono tutti al limite: malati terminali, abbandonati dalla famiglia, con un fardello di figlio suicida. Fern li incontra tutti di striscio anche se a ripetizione, ne vuole condividere il sorriso ma non donare confidenze, e neanche un panorama di natura in solitudine, da sola con i propri spettri. Forse le fa paura quell'aria di famiglia arruffata, i falò a raccontarsi, la sera, la mattina col thermos del caffè in giro per il buongiorno. Non era questo che voleva.

"..ao se sta fa' 'na certa.. "

Poi capitano i contrattempi, una ruota che fora, un motore che fonde (ma siamo solo alla lontana dalle parti di Into the wild, un altro che aveva abbandonato la vita agiata, ma non la carta di credito), e allora non resta che una sorella lontana cui chiedere un prestito. La ospiterebbero pure ma c’è come un’acredine nei confronti del mondo che le si è rivoltato contro, e che contagia entrambe (“sei sempre stata irrequieta”).

In fondo aveva solo una piccola casetta prefabbricata dell’azienda, un lavoro semplice, un marito da amare.

Toltole questo, rimane un vagare stordito.

"..almeno nel Missouri mettevano qualche manifesto.."

E quando sul finale del film, nella casa di Dave, altro nomade riconciliatosi con la famiglia, dove potrebbe rimanere per un nuovo inizio, la vediamo aggirarsi e sbirciare i giocattoli di un bimbo mai avuto e sistemare la sedia di una sala da pranzo ora deserta ma abituata ad ospitare, comprendiamo che è solo il senso dell’incompiuto a renderla inquieta e animare, tuttavia, il suo futuro.

Nell’ennesimo loop, ulteriore giro di giostra, ripassa dal suo vecchio ufficio deserto e polveroso, poi nella sua casa abbandonata, tristemente vuota ma con un giardino sul retro affacciato sul “deserto, deserto e ancora deserto”. Quel deserto che nessuno potrà sottrarle.

Tuttavia, sono sicuro, la scena che ha consegnato l’Oscar a Frances McDormand è quando siede alla guida di un caravan ultratecnologico in esposizione, e inizia a muovere il volante imitando con la bocca il vroom vroom del motore e un clacson stridulo da far invidia ai migliori brucomela di Disneyland.. 

non per nulla è la sig.a  Coen, e sotto sotto se la diverte un mondo..

"..e mo' chi glielo dice che non c'ho manco la patente!!!.."