A Roma ricca Conferenza sulla ricostruzione in Ucraina mentre quelli bombardano senza sosta.
Sarò io asincrono.
A Roma ricca Conferenza sulla ricostruzione in Ucraina mentre quelli bombardano senza sosta.
Sarò io asincrono.
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Strasburgo |
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Ponte Sole della River Diamond |
C’è un denominatore comune in ogni crociera fluviale
al di là dell’occhio di chi osserva e dei panorami che si susseguono.
Ed è
rappresentato da quei dodici chilometri all’ora, paciosi e silenziosi, con i
quali si scivola sulle acque placide del fiume, ed ogni ansa, boscaglia, riva
sabbiosa, borgo adagiato sulle rive, sembrano volerti rimanere a mente e cuore, col gotico e le case a graticcio, appena uscite da una fiaba; uno srotolarsi di paesaggio lieve che diventa tutt’uno e fotografia indelebile
con l’acqua quieta.
Impressionante quanto sia navigato il Reno, quanto rappresenti trait d’union tra nazioni e città, quanto sia fondamentale per la Storia e lo sviluppo di ognuno di essi, quanto siano vissute le sue rive e quanto doni regalità agli innumerevoli castelli che vi si affacciano.
E a noi, trasportati senza il minimo sussulto, quasi guidasse solo la corrente in viaggio dalla Svizzera all’Olanda, quei dodici kilometri all’ora lasciano traccia indelebile e potente, che ci rende protagonisti incantati, ed ogni scorcio a rapire.
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Rudesheim |
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Magonza |
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Coblenza |
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Zaanse |
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Amsterdam |
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Spira |
Mi chiedo se al sole interessino
le nostre beghe con gli orologi,
se i tramonti sospettino che li spiamo
e se scorgono un loro orizzonte,
se il fiore immagina che appassirà
una volta che si volti lo sguardo,
se il vento freme anche da immobile,
e per chi lacrima certa pioggia esausta.
Chiedo per non rimanere immobile anche io,
orizzonte piatto, corolla avvizzita, bava di vento,
quesito irrisolto.
Un mistero destinato a rimanere tale, tra reticenze e sparizioni (di documenti ed esseri umani).
La tenace pervicacia con la quale uomini di Stato e apparati militari vogliono per forza attribuire ad una bomba interna la strage di Ustica, bastano, da sole, a rendere fragile e inconsistente l'ipotesi.
Ma questi apparati vivono per difendere la propria incolumità, l'arroganza e la loro supponenza.
Siamo uno Stato impotente e non sovrano, servo di dinamiche e poteri che decidono per noi.
E di questo, almeno, posso vergognarmi.
Pubblicamente.
Evocativo sentirlo scandire in maniera enfatica: Fate Questo In Memoria Di Me - con esatta pausa tra una parola e l’altra - dal sacerdote che
ha celebrato la Prima Comunione di mio nipote.
Una frase potente, autorevole, intensa, perentoria. Che profuma di comandamento
e dono, fondamento e principio del
Sacramento dell’Eucarestia.
Frase eloquente e rivelatrice, pronunciata da Gesù durante l’Ultima Cena, immagino
con l’originario afflato e veemenza di chi, ogni giorno, celebra messa, e chiave
di volta di ogni futura celebrazione eucaristica, subito dopo la consacrazione
del vino e del pane e immediatamente prima la distribuzione delle ostie consacrate.
Fate questo in memoria di me.
Parole che rappresentano da sole il fulcro mistico della
Comunione e che rimangono impresse in un'atmosfera di magica sacralità.
Chiunque si avvicini alla Comunione può confermare la suggestione, l’importanza,
il fascino e il caposaldo di queste sei semplici parole, invito a perpetrare
fede, speranza, amore e, appunto, Comunione.
***
Passiamo ora a qualcosa di più terreno e profano ora, azzardando
un’ardita metafora rispetto a quanto esposto sopra.
Sei andato a vedere con tre dei tuoi amici più cari la partita della squadra del cuore, una partita sudata e combattuta, che ti è rimasta bene impressa.
A fine partita, mentre uscite dallo stadio, dici ai tuoi tre amici:
“In fondo è
andata bene, abbiamo vinto 1 a 0”.
I tuoi amici ti guardano tra il sorpreso e l'interrogativo dicendo:
“Veramente la partita è finita 0 a 0, non abbiamo segnato nessun gol!”.
Non saresti stupito del fatto
che solo tu abbia visto un gol?
Un gol magnifico, tra l'altro che ha fatto
esplodere lo stadio e consegnato questa magica vittoria agli annali di gloria
della tua squadra?
Eravate quattro amici molto attenti alle fasi di gioco, e
a fine partita solo tu sei convinto di aver visto la propria squadra passare in
vantaggio e vincere, e gli altri, tutti e tre, seduti accanto a te, mentre
assistono proprio allo spettacolo della loro squadra del cuore, non vedono il
gol?!? Chi di questi ha preso un abbaglio?
Avevo accennato all’azzardo della metafora, ma è un po' per rendere fruibile e significativo quel che accade a quell’Ultima Cena:
un solo evangelista - su quattro -, fa
caso a quella fenomenale frase, la portentosa, sublime, affermazione di Gesù,
che pone le basi della Comunione:
“Fate questo in memoria di me”.
Su tre dei quattro Vangeli canonici, non esiste traccia di questa meraviglia, di questa
incredibile testimonianza che annuncia
uno dei miracoli più belli, ogni giorno
perpetrato nelle chiese di tutto il mondo.
Una frase che, semplicemente, non c'è.
Vi siete mai chiesti come sia potuto accadere che il
fulcro della Cena, quell’epilogo colmo di prodigio, l’invito a cibarsi di
santità per tutta la vita, sia sfuggito a ben TRE evangelisti su QUATTRO? Pure
ben presenti a quella cena.
Erano in bagno, erano distratti dalla cameriera, stavano parlando tra loro?
E come mai i tenutari e i curatori di quelle
scritture non hanno tenuto conto, in seguito, della “piccola” contraddizione?
Forse non era ancora matura la potenzialità del Sacramento?
Divenuto, in effetti, consuetudine, SOLO centinaia di anni più tardi?
Certo diventa difficile aver fede senza prove, ma la
fede autentica si dovrebbe alimentare proprio nel culto dell’enigma, della NON
conoscenza, della NON supposizione.
Dovremmo fare a meno di tanti "aiutini". Il fedele attuale, ricolmo di particolari e certezze sulla vita di Dio e Gesù, potrebbe (saprebbe) farne a meno? Ne dubito.
Siamo ricolmi invece di infiniti dogmi e dimestichezze con le quali abbiamo fatto di Dio qualcosa di estremamente confidenziale, e pochissimo misterioso.
E il Mistero, quello vero, si sa, spaventa, e non rassicura affatto.
Tre giorni frenetici: un atto notarile saltato, visite parentali in tre differenti Comuni: Caltagirone, Trecastagni e Acitrezza; auto a nolo strizzata per bene, cene e pranzi a volte arrangiati e alcuni che neanche Lucullo.. strade, stradine, traffico, calore già ai vertici, stress palpabili.. insomma la vacanza che non vorresti mai fare, perché in fondo, alla base, tutto nasce da incombenze burocratiche, e che invece fai, ingurgitando bellezza con l'imbuto, stile turista giapponese, e alla fine, mentre riallacci la cintura di sicurezza, sull' aereo di ritorno, ti accorgi che stai riportando via comunque tanto anche se disordinatamente, forse per quel timore di poter lasciare qualcosa.
Sia chiaro: un tipo di viaggio che non sopporto, dettato da tempi e circostanze tiranne, programmato al dettaglio, al millimetro, con tempi di riposo e svago ridotti al lumicino, ma che ti lascia addosso sapore di terra che ami.
Torneremo Sicilia. E con meno agitazione.
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Villa Comunale Caltagirone |
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Caltagirone Scalinata di Santa Maria del Monte |
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Trecastagni Eremo di S.Anna |
Spinti come da un’intuizione prenotiamo il Palazzo Nobile di San Donato, a
Montepulciano.
L’appartamento una delizia rinascimentale, soggiorno attorno a fine ‘600 della
Contessa Contucci, capostipite di un impero enologico ancora oggi di rilievo,
anche se non con i fasti di un tempo.
E noi a vagare per quelle stanze, ora, trasformate in esclusivo b&b, estasiati
dai broccati, dalle pitture, dai tappeti, dagli intarsi e dai tessuti; dagli arredi
e dal loro fascino, dalle vetrate su Piazza Grande, affacciate direttamente sulla
Storia, come una macchina del tempo a rivivere gesta impensate.
La suite Rosa era stata proprio dimora di Eleonora Contucci, ed ora potevamo rivivere atmosfere dell’epoca immaginandone altre, di stagioni, con i rituali di vita di corte, la cura del corpo e degli abiti, ma anche una vita sociale intensa in un periodo di fermento ed esaltazione delle risorse primarie di zona, le uve pregiate e il vino innanzitutto, l’esaltante Nobile di Montepulciano.
Dopo una giornata tra vicoli e scorci medievali, ci
addormentiamo nel letto a baldacchino con mille pensieri, e forse proprio uno
di questi a svegliarmi poco prima dell’alba.
Decido di alzarmi e mi dirigo verso la grande finestra, attirato dalle luci
tenui della piazza silenziosa.
Mentre avanzo scorgo quella figura seduta in penombra, capelli raccolti, viso confuso dal chiaroscuro, non faccio in tempo a realizzare un pensiero, che mi saluta quieta: “Buonasera, non abbia timore, sono la Contessa Contucci, proprietaria del palazzo, perlomeno una volta.. ma non ho mai smesso di fare qualche puntatina, specie quando percepisco la presenza di ospiti sensibili, attenti, e meravigliati soprattutto”
Io resto immobile, impietrito, non un muscolo fuori
posto, riesco giusto a pronunciare “Buonasera”; poi mi blocco come un automa
scarico.
“Non si preoccupi” replica lei ”Capisco, in fondo un fantasma è roba da
libri, da cinematografo (davvero
invenzione fantastica..), come piace a tanto pubblico ora, difficile immaginare
di incontrarne uno autentico, ed in effetti anche la mia presenza qua è
anomala, legata solo alla sopravvivenza del luogo, alla preservazione delle
attività di famiglia, soprattutto alla produzione e valorizzazione del vino,
patrimonio eletto, esattamente da me,
come risorsa principale.. agli uomini di famiglia mancavano estro, visione e
anche scenari; sono sempre stata io a guardare oltre, a comprendere quale
immensa risorsa avevamo tra le mani, sfruttata fino ad allora solo per minime esigenze familiari.
Era già un progetto l’impero da costruire, anche se per noi signorine era
previsto solo un mondo imbellettato, ricco di feste, vestiti, e poi adibite a procreare e gestire, al massimo, le finanze
di casa.
Ma avevo visto giusto. La vita di corte mi stava tremendamente stretta:
preghiera, musica e supervisione della
servitù potevano gestirle altri.
Intuivo un sogno, e l’ho realizzato. L’ascendente sul mio consorte poi,
per mia e sua fortuna, ha permesso la crescita e, dopo i primi risultati, nessuno
ha osato più contraddirmi, mi sono fatta
valere a corte, imparando le lingue straniere, ero io a negoziare con i
commercianti delle altre contee, ho preteso di interferire nelle scelte politiche.
Man mano che Montepulciano si rivelava potenza, sono riuscita con la mia
diplomazia a farla divenire sede episcopale e fino ed oltre
il ‘600, anche con la bonifica della Valdichiana, le cantine Contucci sono
diventate celebri, purtroppo mio figlio Stefano, accecato dalla brama di successo, mi ha messo da parte, relegandomi
di nuovo a ruoli marginali e io, per amore, non ho fatto resistenza,
constatando che l’inesorabile decadenza dell’impero cui avevo dato vita, si
stava prospettando fatalmente .. e così eccoci ad oggi, ogni tanto in veste di
candido spettro, a godermi le nobili memorie del mio palazzo e, talvolta, i
suoi deliziosi inquilini.. ”
Saluto e ringrazio
col fiato che trovo e torno a letto senza capire se stia sognando o meno.
Vedremo domani.