martedì 13 agosto 2013

ESSERE O APPARIRE?



Al cinema, la visionarietà stuzzicata dall'osservazione, è cardine e volano, ed a maggior ragione in letteratura dove, in sequenza al testo più razionale, creiamo mentalmente - e riga per riga - scenografie e scenari a supporto di allucinazioni irreali che accompagnano la lettura generando messeinscena ad elevatissimo budget.

La letteratura”, del resto “è sempre stata la miglior forma di rappresentazione della coscienza di sé dell'uomo e della società, questione complessa per il cinema che parla attraverso combinazione di audio e video in movimento”. (Chiara Sulis)




E nulla potrebbe apparire se non esistessero esseri ricettivi, creature viventi capaci di conoscere, riconoscere e reagire a ciò che non semplicemente c'è, ma appare loro ed è destinato alla loro percezione” (Giuseppe Bomba)




Oggi scartabelliamo risvolti ideologici anche per gli svariati natali in crociera, ed è un difetto determinato sia da regie provocatorie come da disegni altamente fasulli.

Discernere dalla molteplice carne al fuoco potrebbe essere lo sport del futuro.

Intanto il Nuovo Cinema continua a scavarsi attorno ed addosso leccando e morsicandosi alla scoperta di un divenire ancora oscuro, ma ricco di potenzialità.

E l'importante è sapersi mettersi in gioco ogni volta di nuovo davanti ad un film, come ad un libro, 
una musica, 
un quadro, 


od anche “solo” un tramonto.







Dovremmo riappropriarci della nostra iniziativa senza farci annichilire dai disegni altrui.

Più che il “cosa provare”, diventa essenziale il “provare”.

In quest'ottica, forse, anche Il cavallo di Torino potrebbe riacquistare senso.

A patto di poter giocare ad armi pari, però.



Testoline ottuse

Il Sioux guardava in basso, verso la vallata, brandendo l'ascia in un gesto eterno. Davanti ai suoi occhi socchiusi apparve il ranch più spoglio che avesse mai visto, di dimensioni modeste e molto scalcinato.
Fosse stato il dirigente di un nostro qualsiasi ministero, avrebbe potuto dire che il suo lavoro non gli dava più le giuste motivazioni. Ma la realizzazione professionale dei guerrieri Dakota, purtroppo, non ha mai interessato nessuno.
Dentro la piccola costruzione si intravedevano due visi pallidi, un uomo ed una donna, che ammiravano un neonato.
Avrebbe potuto attaccarli anche da solo, non ci sarebbe voluto molto ad avere la meglio su quella famigliola indifesa e portare via il bestiame, mezza dozzina di pecore, un bue accovacciato ed un piccolo cavallo. Non riusciva però a decidersi, forse per la scarsezza del bottino, forse per l'espressione serena e benevola dei due genitori.
Il Sioux si chiese per quale motivo gli altri non arrivassero, tra i guerrieri della sua tribù ce n'era almeno un paio che non avrebbero avuto problemi a fare il lavoro al posto suo. Desiderava moltissimo acquattarsi, ma naturalmente non poteva. Dietro di lui, il suo mustang lo fissava, immobile e dignitoso, nonostante gli mancasse una zampa anteriore.
Si accorse allora di altre presenze che non aveva notato fino a quel momento.
A poca distanza dal ranch c'era una donna che lavava i panni nelle acque di un piccolo stagno e al suo fianco, anche se sembravano ignorarsi del tutto, un ragazzo pescava. Stava tirando su un bel pesce dorato, ma non si decideva a staccarlo dall'amo.
Girando ancora lo sguardo per quel che gli riusciva vide, sotto un albero che non conosceva, dal lungo fusto e dalle ampie foglie paripennate, una sparuta mandria di strani cavalli dal dorso orribilmente deforme.
Il pellerossa si sentiva nervoso, era entrato in un territorio sconosciuto, misterioso ed ostile. Cominciava ad avere paura, sentimento che non ti puoi permettere se ti chiami Orso Indomito. Le terre del suo popolo, lo sapeva bene, si estendevano dal piccolo tavolo sacro al tappeto dei mille orsetti bruni. In quei luoghi i Sioux cacciavano, combattevano i soldati e vivevano in libertà i loro giorni. Adesso però si era spinto troppo oltre. Tese l'orecchio sperando di sentire le grida dei suoi fratelli che si avvicinavano.
Fu allora che scorse una creatura spaventosa, in cima alla collina adiacente a quella su cui si trovava. Era un tacchino gigantesco, molto più alto di lui, che lo guardava in silenzio. Il sangue gli si ghiacciò nelle vene.
Mentre si preparava a difendersi dal mostro, arrivò il marine. Stava parlando ad un telefono da campo e non sembrò avere nessuna paura dell'enorme gallinaceo che incombeva su di loro.
Anzi, si trovò subito a suo agio lì nel presepe, dove Simone, sette anni, lo aveva messo, con un innesto spazio-temporale ardito ed affascinante. Del resto, il Medio Oriente era pane suo, un posto infido e pericoloso dove però i marines sanno come muoversi.
Il militare iniziò subito a tenere d'occhio tre vecchi che si avvicinavano alla capanna sui loro cammelli, portando ciascuno un cofanetto sospetto. Avrebbe potuto essere esplosivo, degli arabi non ci si deve mai fidare, questo al marine lo avevano ripetuto migliaia di volte.
A quel punto, Simone tornò dalla sua camera con le mani piene di soldatini e li sistemò dappertutto: un giapponese a dare una mano al caldarrostaio, un barbaro con arco e frecce vicino alla mangiatoia, un pirata malese che cercò subito di attaccare discorso con l'angelo che stava sopra la stalla.
Tutti i soldatini, qualunque fosse l'etnia che rappresentavano e in qualunque materiale fossero stati fabbricati, convissero serenamente: davvero non c'erano più romani e barbari, cristiani ed ebrei, bersaglieri e giubbe rosse, che si trattasse di ometti in plastica o in piombo, se ne stettero là, tranquilli, con nelle loro testoline ottuse la sensazione sempre più chiara che dovesse accadere qualcosa, arrivare qualcuno.
Ma arrivò solo l'Epifania e la piccola città venne smontata, le casupole in cartone e la capanna riposte in una cassetta di legno dello Stock 84.
Anche i soldatini tornarono nella stanza di Simone, riposti in piccole scatole a seconda dei gruppi di appartenenza: indiani con indiani, pirati con pirati e cosi via. Il piccolo pellerossa con il tomahawk sempre alzato riprese la solita vita, fatta di riunioni intorno al totem, battaglie lampo e cacce al bisonte (in realtà erano mucche, ma Simone aveva solo quelle).
Tutto sembrava tornato come prima, con la sola eccezione che, qualche volta, il guerriero Sioux sognava l'enorme tacchino e si svegliava terrorizzato.
Un giorno però, durante un attacco al forte, una giubba blu, che nei giorni del presepe si era ritrovato accanto, lo salutò con inaspettata cordialità e da quel momento, nel cesto dei giochi, di tanto in tanto, un soldatino mandava un saluto a quelli delle altre scatole, che rispondevano calorosamente, con grida di esultanza e brevi cori affettuosi.
E quando Simone decideva di scatenare la guerra mondiale, che per lui significava tutti contro tutti, indipendentemente dalle nazionalità e dalle epoche storiche cui i piccoli militari appartenevano, era una specie di festa tra vecchi amici, nonostante, per serietà professionale, spade, fucili, frecce e cannoni dovessero entrare scrupolosamente in azione. Alcuni addirittura, tra scariche di artiglieria ed assedi interminabili, si davano appuntamento vicino alla capanna per l'anno successivo.
Tuttora, a dispetto di sociologi e decreti governativi, nonostante siano passati molti anni e lui non giochi più con i soldatini, il presepe di Simone rappresenta il più ambizioso e ottimistico tentativo d'integrazione razziale mai realizzato nella buia, grandiosa, sconfortante storia dell'Umanità”

(Marco Presta - Il paradosso terrestre -)


Realtà ed inganno si prestano agli ingegnosi strumenti umani per camuffare senso e percezione.
C'è chi traveste la realtà e chi vorrebbe, testoline ottuse, denudare l'archetipo.

Continuo a preferire i primi.




Il sesto senso
Il vuoto dentro








The prestige
Il vuoto scompare









I soliti sospetti
Il vuoto attorno










La grande bellezza
Il vuoto (ri)appare








Il cavallo di Torino
Il vuoto oltre la collina









Inside man
Il dentro vuoto



lunedì 12 agosto 2013

LA SCUOLA DEI DITTATORI




Saggio brillante di Ignazio Silone che dribbla schemi

ideologici e deformazioni dogmatiche, deleterie già allora, 

per fornirci, tramite le analisi di personaggi svezzati e 

spregiudicati, il quadro dell’humus dove poter (e saper) 

coltivare una dittatura. 





Datato 1938, ma permeato di malinconica preveggenza. 



Vengono individuate le peculiarità del “potenziale” dittatore 

quali l’individualismo, il trasformismo ed il paradossale 

ossequio verso le forme di una civiltà di massa della quale 

curare una rigorosa ed incanalata  evoluzione. 



Inquietante.






Oggi andiamo a votare (con occhi, naso, bocca, orecchie 

accuratamente otturate…). 



La paura è che tanti non riescano ancora a discernere o, 

peggio, non ricordino più. 



Del resto, per questa politica, non c’è vaccino.






Tant’è che una delle poche persone illuminate che ascolterei 

per ore, Piercamillo Davigo, se ne tiene ben alla larga. 




“In capo a tutti c’è Dio, padrone del cielo. 

Poi viene il principe Torlonia, padrone della terra. 


Poi vengono le guardie del principe. 


Poi, nulla. Poi, ancora nulla. Poi, ancora nulla. 


Poi vengono i cafoni. 


Si può dire ch’è finito.” 



(Ignazio Silone)





domenica 11 agosto 2013

ROBERT ZEMECKIS (THE GENIUS OF)



Poliedrico, e vagamente snobbato, il mitico regista statunitense di Forrest Gump, fin da bambino ha sempre dimostrato una predisposizione particolare per il cinema e le sue innumerevoli applicazioni.


A pochi mesi di vita costringeva i genitori a spostarlo per tutta casa, mal sopportando la camera fissa.

L'anno dopo doppiava gli amichetti d’asilo.

A due applicò il sonoro alla babysitter muta.

A tre anni sottrasse al padre un elementare modello di cinepresa, girando (in girello) un piano sequenza di sei ore e mezza, fino a sfiancamento pile.


L'anno successivo lo sorpresero mentre colorava coi pastelli a cera il vecchio tv in bianco e nero della zia.

A sei anni non solo curava il montaggio del suo primo meccano, ma anche la scenografia ed i dialoghi.

A dieci anni proiettava foto in cinemascope sulla facciata del suo condominio.

Ormai non disegnava più, creava direttamente storyboard.. solo nello sport qualche problema, nel baseball, ad esempio, al momento del lancio si perdeva eccessivamente nel calcolare la profondità di campo...




Adolescente, la mamma lo portava con se al supermercato ma Bob amava curare personalmente la sceneggiatura della lista della spesa e dirigeva da solo (senza neanche l'aiuto) il carrello tra gli scaffali.

Tanto fece, di lì ad un anno, che convinse i suoi a trasferirsi al primo piano del palazzo dove abitavano, ritenuto fondamentale per i suoi esperimenti cinematogtafici.

A quindici anni aveva rimasterizzato e ricolorato tutta l’opera di Bergman aggiungendo addirittura due sigilli al celeberrimo Settimo e sostituendo, coi primi rudimenti di Photoshop, Sophia Loren alla Ingrid Thulin ne Il posto delle fragole.

Al raggiungimento della “major” età aprì uno “studios” e si dedicò anima e corpo al cinema ed a tutte le sue varianti.

Ad appena ventitre anni intrufolatosi sul set di Barry Lyndon, durante una momentanea assenza di corrente elettrica, suggerì a Kubrick, il Maestro, l’esclusivo uso di candele per generare l’illuminazione, 





e per il suo primo, planetario, successo, Ritorno al futuro, si avvalse di una originale rilettura del capolavoro di Marcel Proust, interamente riconsiderata con il rivoluzionario timecapture.

Nella sua prima affermazione, 

All’inseguimento della pietra verde, in pochissimi hanno fatto caso al motu proprio della, appunto, pietra verde, inseguita per tutto il film ed acchiappata, alla fine, solo grazie a quella performance capture che avrebbe reso Bob celeberrimo.

Con Chi ha incastrato Roger Rabbit 

introduce la rivoluzionaria contaminazione cinematografica globale fantastica tra:
 cine/cartone/docufilm/
cassiera/parcheggiatore.

La sua produzione parrebbe esigua se non si considerasse ogni suo film come una svolta epocale nel modo d’intendere la macchina cinema.
Ed in cantiere è quasi ultimata una nuova, affascinante, sfida. Roger Rabbit 2.

Preparatevi a stupire ancora!!


RITORNO AL FUTURO 1985

Era previsto già in questa occasione uno sperimentalissimo ed avveniristico, per i tempi, 3D. ma la produzione, presa alla sprovvista e, del resto, assolutamente  inadeguata a tali colpi di genio, fece pressione per le 3R. 
Oltretutto DitoDno al futuDo, suonava pure male... 

CHI HA INCASTRATO ROGER RABBIT? 1988


Prima complessa operazione di fusione tra cartoni ed umani

      



LA MORTE TI FA BELLA  1992


Prima complessa operazione di fusione del cartone sugli umani






POLAR EXPRESS 2004

    Prima performance motion capture in anteprima cosmica.
    Cinema freddo l’hanno chiamato. Ma che c’hanno un ghiacciolo al posto dell’anima?
    Prima ultraperformance capture del genio Zemeckis, un film di Natale dove toppano giusto un paio di melense canzoncine che avrei segato alla grande.
    Per il resto il film scalda, impazza e celebra smania delirante. Impianto giostristico da farti cappottare anche a vederlo su un tre pollici da polso, figuriamoci in 3D.
    Tutto innevato, ghiacciato e pattinato, con numeri da gran sballo come la cioccolata servita ai bambini in vagone o il forrestgampiano viaggio del biglietto che fuoriesce dal treno in corsa e girovaga con fantastica poesia fino a rientrarci… siamo di fronte ad un gran bel film di Natale.
    Ma che dico, un gran bel film e basta.
    Natale è una scusa.
    Il regalo è l’alta tecnologia ed il virtuosismo di macchina, il tepore umano di un volto cartonato che approfitta della libertà espressiva negata agli esseri viventi e la sciorina magicamente tra l’inventiva più briosa e l’elogio del dettaglio a rendere tangibile l’iperbole più azzardata, quella che mai avremmo osato/potuto immaginare prima.
    Posso non credere a Babbo Natale ora?!?
    Non più, perché dove arriva Zemeckis tutto è possibile, vero Scrooge?!?

    A CHRISTMAS CAROL 2009 
    Prima volta in 3D e motion capture contemporanei. Il 3D, per i pochissimi che ancora non lo sapessero o fossero convinti che ad inventarlo sia stato quel sòla di Cameron con la superbufala Avatar significa, tanto per esemplificare visivamente, che ti nevica in sala, che voli tra i tetti scansandoti per paura di scheggiare qualche tegola, che dallo schermo un sacco di elementi che stai guardando escono per venirti incontro ed altri, invece, ti spuntano da dietro la testa per andarcisi a ficcare. Quando parliamo di Motion capture dobbiamo considerare l'immagine stilizzata un vero attore con i  suoi autentici movimenti disegnati in digitale che permettono di abbinare alla naturalezza di un essere umano tutti i funambolismi di un cartoon (e chi meglio di Jim Carrey poteva sfruttare quest'occasione?!?..). C'è rimasto spazio anche per la storia a questo punto? Ma certo che si.. un classico come Canto di Natale di Dickens emana indubbio appeal già di per se. Il cinico e tirchiaccio Scrooge viene visitato dai tre spiriti del Natale: Passato, Presente e Futuro che illustreranno pirotecnicamente - grazie a Zemeckis - a lui ed a noi in sala, tutta la sua vita. Edificante fiaba sulla redenzione possibile e sul cinema effervescente. Possibile anch'esso.. eh eh.. ed il 3D assieme al motion picture connubiano alla grande esaltando anima e sensazioni. Un'esperienza che consiglio di cuore. Da tutti, ma proprio tutti, i Punti di Vista...  ;)

sabato 10 agosto 2013

FINALMENTE TUTTE LE DATE DEL PD!!!!





21 settembre    Preriunione
28 settembre    Seduta escursiva
5 ottobre          Sinedrio mediale
12 ottobre        Adunanza esplorative date proprimarie


19 ottobre        Conferenza esplicativa
21 ottobre        Adunanza concistorale 
26 ottobre        Consiglio pre assise
2 novembre      Assise post Consiglio
5 novembre      Convegno simposiale infrasettimanale


9 novembre      Assemblea congressuale
16 novembre    Congresso assembleare


23 novembre    Regole primarie
24 novembre    Primarie sopravvissuti



..e voi je volete pure levà il finanziamento pubblico?!?!?

giovedì 8 agosto 2013

L'ANTRO MI ACCOLSE...

...tra orridi luccichii.


Il fiato rimase sospeso e sui piedi
avvertii - netto - un viscido tramestio.
Ero immobilizzato dal terrore.


Un vermiciattolo bianco, rosso e blu
saliva lento contorcendosi sulla mia gamba.


Bagliori e riflessi istantanei
si alternavano in un particolare vapore
che annaspava di sommesso stormire
nella semioscurità.


Il lombrico era quasi sul mio petto.
Feci un balzo rimanendo inzuppato
in un fantasma di rude lino, dall’impatto grezzo e spigoloso.


Muovendomi a fatica, e finendo per scivolare su una superficie densa e viscosa, schiacciai per caso, 
un interruttore appiccicaticcio, come deterso.

Fu luce.



La bestia glutinosa, quasi squittendo dal fastidio procuratole,
si ritirò frenetica nel tubetto dell’Aquafresh.
La doccia chetò d’incanto gli ardori.
Gli asciugamani ammutolirono mortificati.
Il sapone cristallizzò le sue bolle indisciplinate.




.. per favore, come te lo devo dì!! 
Mo' basta frequentà i bagni della stazione Termini!!...


martedì 6 agosto 2013

GARBANZATE

Non trattasi di comune brianzolo, ma di neologismo (scaturito da leggendaria play di Astronomy domine - cfr FilmTv play su Joseph Garbanzo -) concernente attività eccentriche, tra il goliardico ed il cialtronesco, molto in voga tra le pagine del web.




A grosse linee si ciarla di bufale infiocchettate ad arte su fantomatici attori, registi o creative trame appioppate a film, magari esistenti (per permetterne l’accesso al database), ma ignoti alla moltitudine.

Scendendo in analisi più approfondita, non si disserta del solo spacciare il falso per  semplice gusto del raggiro fine a se stesso, ma di un più raffinato esercitare  personali aspirazioni, dare sfogo all’intimo crogiolo di presunte doti registiche autoctone.
Perché oltre ad essere milioni di commissari tecnici della nazionale, siamo anche milioni di registi e sceneggiatori, ed allora plasmiamo, ogni tanto, fantomatici personaggi che immaginiamo, alacremente a capo di manipoli di attori e maestranze, ed imbraghiamo loro attorno, ancor più immaginifiche carriere, animate dal mai domo spirito di denuncia, oppure architettiamo film spettacolari, dal capriccio arzigogolato, trame avvincenti che aneleremmo vedere proiettate magicamente, un giorno, su mega schermo.
Non viviamo, del resto, in un mondo dove l’occultamento ed il non manifesto la fanno da padrone? Dove Falcone è già stato ucciso da ben altri personaggi, dove la strage alla Stazione di Bologna ha “solo” coperto lo scandalo Ustica (dopo ormai trent’anni ancora tra dinieghi e mezze ammissioni…), dove magari le famose torri sono cadute giù per fornire il via libera al guerreggio ad oltranza, o dove un Papa troppo dolce ha infastidito fin troppi papaveri della Curia (come ipotizzo nella fantascientifica rece di KT).





Lasciateci sognare, ed azzeccare magari la verità, alla stregua di un superenalotto, sbussolando dalle nostre fantasie numeri ad effetto… chissà che giocando e pazziando, qualche “verità nascosta”, non la buttiamo proprio noi, lì sul tavolo delle ipotesi…   





[KTGiapponeCorea del Sud 2002Thriller, durata 138']   Regia di Junji 
Sakamoto



Curioso vedere il cinema coreano accostarsi ad e(pope)e (è il caso di sottolinearlo) occidentali come in questa fantastory che rifà il verso a certe recenti danbrownerie. Un Papa impazzito (o rinsavito chissà…) decide un giorno di liberarsi, in nome del mondo che soffre, del Vaticano, svendere proprietà, liquidare monasteri, disfarsi di chiese, “spossessarsi del demonio”, come annuncia all’Angelus.
Si scatenerà una guerra santa. Il vicario di Cristo se la rischia, i popoli plaudono, i potenti deplorano, l’esempio viene raccolto a denti stretti, Gli equilibri si sfaldano, i coperchi ribaltano. Si rischia il collasso dell’apparato “Chiesa”, nella sua accezione di emblema di sovranità. Un giovane seminarista (Koichi Sato in stato di grazia in tutti i sensi) ed una suora laica (la fin troppo fascinosa Creep), affiancati dagli eventi, imbastiranno la fuga del Pontefice (un inedito coreano Kim Kab-soo, forse troppo perennemente accigliato) minacciato dai poteri occulti.



Che ci ricordi comunque Giovanni Paolo I non è probabilmente un caso, questo Papa visibilmente turbato che si affida spesso ad un Dio antico quanto dimenticato. La storia affascina anche se convince a fatica la maratona dei fuggiaschi tra sette, sodalizi, congregazioni ed associazioni più o meno occulte che tentano il ripristino degli equilibri di controllo temporale. Esalta in compenso l’angoscia dei ricchi di spirito che si abbatte sui ricchi (e basta), la tenacia della Fede sulla barbarie del profitto, gli orizzonti della speranza oltre i confini della miseria (di spirito). Il finale vagamente fantasy magari non esalterà il puritano ma dona verve ad una trama altrimenti non sufficientemente affrancata dal classico mystic thriller, Una certa new age rivalutata in ambito possibilista, e supportata da questo cinema orientale che raffigura personaggi eroici, votati all'ideale collettivo, tutto sommato, può incarnare il sogno dello spettatore medio.
Gli escamotage sfiorano la credibilità come neanche Dirk Selley aveva mai fatto supporre con le sue temerarie teorie letterarie, ed il montaggio frenetico, i piano sequenza mozzafiato ed ardite riprese con camera a spalla rendono commestibili le oltre due ore anche ai palati più ostici. Opera prima, questa di Sakamoto, pupillo ed ex aiuto, in diverse occasioni, di Ozu, da non sottovalutare. KT sta per Killing the Trespasser. Un messaggio ammonente e  rivalutante per l’intero lascivo occidente.




 
 

sabato 3 agosto 2013

MARE IPOCRITA


Ipocrita il mare
a lambire il mio orizzonte,
striduli i gabbiani
a ricamare di grovigli l’aria stremata.
Le narici irritate da odori selvaggi
di onde scippate
e fumi d’acqua ribelle
cucita al buio straripato.



Tutti ignorano le mie lacrime,
le mie preghiere a questo cielo cadente,
ed ora che immergo gli occhi
in questo mare fangoso, irrequieto,



- custode di sapori foschi,
reclutati da antiche maree dismesse -

anch’io sogno tempeste placate,
calcificate su scogli irregolari
eretti nella nebbia
a captare richiami perduti.










Mare ipocrita a confondermi
anche i ricordi svaniti.