mercoledì 3 luglio 2013

CINEMA E COMUNICAZIONE

Comunicare fa parte del nostro mondo, è “mettere in comune” (“Spike like eat” 1976 di Rock Hanging - Picnic editore), ed il cinema altri non è che una sontuosa forma di comunicazione. Comunichiamo sempre, anche non comunicando (semplicemente comunichiamo che non vogliamo comunicare...).
Ma come, cosa, si comunica nel cinema? Oltre che con la cassiera che non trova il resto o l'imbecille che si è seduto al posto vostro? Si contestualizza la comunicazione? Si presuppone un'analisi sociologica? Come coniughiamo l'enorme comunicativa di The tree of life e quella parzialmente abulica de Il cavallo di Torino? E fuori dal cinema cosa c'inventiamo oltre a sfornare playlist su portali che devono incassare soldi sfruttando il nostro tempo libero ed i rituali di verifica del linguaggio che andiamo dipingendo?
Twitter e i suoi 140 caratteri, ad esempio: non rischiamo la centoquarantuplicazione della personalità?!
E Facebook? Comunicare con feisbuc... perchè dovremmo essere cosi felici di ritrovare quel compagno di scuola del quale ce ne siamo strafregati per oltre trentanni buoni?!?
E i forum? I blog (si, i blog...)? Le chat? I newsgroup? Le mailing list?
Bo'. Io non lo so, tutto sommato... se qualcuno ha una risposta, me la comunichi...

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE:

G.De Angeli – Cometacomunicazione
F.lli Angeli Editore – Anno 0

Bell – Comunicazione urbana ed interurbana – Mitizzazione della card ed altre teorie poco gettonate
Tim editore – Montecavo 1972

A.Schindler – COMUNICAZIONE DI MASSA VIA FILO. SPINATO - Editrice List - Norimberga 1943

J.Goodman – E' UN'IMPRESA COMUNICARE NELL'IMPRESA?
Editori associati in impresa - Eurodisney 2008

Arthur Brandy – COMUNICARE PER CREARE L'ATMOSFERA BORDEAUX 1954 (ottima annata)

Houdini – Assioma dell'inoculazione comunicativa virtuale
Telecinesi editole – Tokyo 1964

J.Foster – Innocenza della comunicazione silenziosa
Dr Hannibal Lecter Editor - Phoenix 2000

Benedetto XVI – La scomunicazione nei secoli dei secoli amen
Edizioni Paoline rilegate - Castelgandolfo maggio mariano 2004

L'ultimo dei Mohicani - Comunicare senza fumo negli occhi
Editoro seduto - Tennesse 1839

* * *

NON GUARDARMI, NON TI SENTO
Dovete proprio comunicare? O vi serve qualcosa o dovete rifilare qualche fregatura.. non si scappa...

UN CORPO DA GESTIRE
Ma quanto ce manca la gestualità a noi utenti pseudo comunicanti? Lo sberleffo, la smorfia, il pernacchio, la strizzatina d'occhio, la risata sguaiata e quella a denti stretti, il vaffa mormorato e la schizofrenia che prende a cazzotti il video, l'abboccaperta davanti ad un post che non riusciremmo mai a replicare, il dolore tangibile per un amico fragile che avremmo voluto abbracciare anche se, poi, non l'abbiamo mai visto ? Ma quanto ce manca 'stà gestualità?

COSE DA NON DIRE
Agli utenti che te stanno antipatici? Un fracco direi... (sia di cose, sia di utenti.. eh eh..)

BUGIE PERICOLOSE
Se “la comunicazione è un controllo sociale”, Lynch chesse controlla?

IL DISCORSO DEL RE
Se del balbuziente se ne cura il logopedista, dei disortografici che scrivono sul web, chi se ne occupa?

RELAZIONI PERICOLOSE
Quelle intrattenute a base di comunicativi babà... ;)

QUESTIONE DI PUNTI DI VISTA
Eh si.. i punti di vista in una comunicazione cinematografica sana e fruttuosa andrebbero esaminati con cura. Creare l’interconnesione spettatore/schermo è il sogno di parecchi, ad altri, troppi, basta che si attivi l’interconnessione spettatore/botteghino…






ACHTUNG!! FORMIKEN!!


Bella la casa quasi in campagna, senza rumori e smog, con deliziose cene all’aria aperta godendo la serenità di un crepuscolo. Ma qualche controindicazione ogni tanto tocca metterla in conto…
Proprio ieri, in prospettiva di prossima partenza vacanziera, ho sferrato una controffensiva alle formichine che ogni tanto mi appaiono, minacciosamente frenetiche, in cucina, e - anche dopo minuziosa s(ri)composizione di svariata mobilia masseriziata e rimestamento di un imprecisato quantitativo di pentole, padelle, pentolini e recipientame vario - di cui almeno due terzi ignoravo l’esistenza - riescono comunque a far svanire ogni più minuscola traccia.
Il farle fuori una ad una al loro manifestarsi è subito risultata impresa vagamente biblica, e mi rendo conto, allora, che la lotta contro bestioline minuscole e letali può rivelarsi, a volte, più impervia della caccia a King Kong (dico per dire ma neanche poi tanto.. ). Continuo a seminare trappole mortali ed apposite casette dalle finestre che ridono, ultimo traguardo della scienza disinfestante, ma la vedo dura… certo sempre meglio di un amico, di recente novello residente a Campo de’ Fiori a Roma.

Qui strisciano insetti, ma lì volano cocci di bottiglie!!...  

lunedì 1 luglio 2013

L'IMPIANTO TEATRALE


A teatro siamo in perenne piano sequenza.
Possediamo il palco, la presenza e l’insieme, meno i primi piani.
Aggrediamo il/la protagonista, meno la controscena.
Addirittura ci distrae la platea.
Ma possiamo avvertire il respiro dell’attore.

Traslato al cinema, l’impianto teatrale, impone altri dettagli,
ricrea confini aleatori all’interno di una, presunta, limitata visione.
Contorce la mdp tridimensionalmente, 
manipola i tempi.
Cosa che anche la nostra poltronissima di terza fila 
non può concedere.

Non fatevi venire voglia di andare a teatro 
dopo un film ad impianto teatrale.
Rimarreste spaesatamente orfani.








L’IMPOSTORE
Tim Roth recita come avrebbe dovuto Di Caprio in Shutter Island.
Alla fine vuoi applaudire, ma perché immagini senta.


LE IENE
Cinema claustrofobizzato che chiede aiuto al teatro. E lo ottiene.

INSOLITI CRIMINALI
Un buco di bar. Un dietro le quinte palpabile. Il nervoso, palpabile.
Un palco risicato, palpabile.

SLEUTH – GLI INSOSPETTABILI
Duello di dialoghi dove Law si autoelegge a comprimario.

DOGVILLE
Ti disegno il teatro e ci faccio cinema attorno.
Dogma formato famiglia.

IL SERVO DI SCENA
Dietro e davanti la quinta. Tutt’uno a teatro. Separati al cinema.



THE BIG KAUHNA
La cinepresa sfoggia acrobazie impossibili all’occhio, adotta un attore che spazia leggiadro come in un film di fantascienza pur avendo a disposizione 6 metri quadrati e quattro chiacchiere da snocciolare.
Eccolo il teatro al cinema.


MULTISALA MULTIVISION...



Ma è possibile entrare in un multisala di quelli faraonici, tipo l’UGC Cinecitè a Roma, con 24 mega sale sparse su tre piani, alle 14 del pomeriggio, ed uscirne alle due di notte, pagando per la visione di un film e vedendone indisturbati almeno cinque di seguito combinando orari e sale? La risposta è: si, è possibile. Certo non vuol essere un invito a delinquere, ma giusto una monellata goliardica che prevede, oltretutto, una serie di controindicazioni per nulla sottovalutabili:
1) Quella più ovvia consiste nell’essere beccati in flagranza di reato da eventuali controlli (controlli?! Mai subito niente di simile…), al che le giustificazioni potrebbero essere le più svariate, sempre considerando che sul ticket c’è stampigliata l’ora del film per cui avete regolarmente pagato: si và dal “Ho lasciato l’ombrello la settimana scorsa, lo stavo cercando, al: “ho avuto una colica che mi ha tenuto tre ore al bagno” passando per “Ah! Lo dicevo che non era questo il film…Brad Pitt non si vede mai!!”, fino ai “e mi pareva un po’ troppo lungo stò film”, “Ah finalmente, ma dov’è l’uscita? Stavo giusto chiamando la Protezione Civile”, “Porca miseria, devo essermi addormentato!”
2) overdose da film con rischio ottundimento capacità cerebrali
3) attacchi di gastrite convulsa causati da overdose di popcorn e coca cola
4) attacchi di fame convulsa causati da mancato accessoriamento di neanche quei deleteri approvvigionamenti di cui al punto 3
5)causa di divorzio/separazione intentata dal partner mollata/o a casa



6) Lo studio di una scaletta possibile nell’intersecazione filmica della maratona ammette (e l’esame del time table lo ammette) nell’ordine: 2012, Up, La battaglia dei tre regni, L’uomo che fissa le capre e Gli abbracci spezzati. Dubitiamo giusto del fatto che, non solo durante la proiezione dell’ultima pellicola, ma già in una fase antecedente, oltre agli abbracci, “spezzati”, potremmo risentire dello spezzamento anche di altri organi abitualmente usi alla disgregazione in contingenze ripetitive e sfioranti l’abuso, come suol dirsi, dell’uso. Potremmo rischiare amnesie confusionarie e deliranti che condurrebbero a commenti sulla serata del tipo: “Nel 2012 uscirà una recensione molto up sulla battaglia delle capre nei regni spezzati da un uomo con tre abbracci”. Ora, l’unico dubbio che rimane è: chi potrebbe mai accompagnarmi nella messa in pratica di una simile, canagliesca, impresa? 


Ma il nostro inossidabile Bradipo ovviamente! L’unico utente fruitore di cinema a getto continuo ed in quantitativi mostruosamente industriali… secondo me s’inietta chiavette “emulemente” scaricate, anche nel sonno… ;) Emidio ti aspetto a Roma per sfidare le convenzioni!


TETSUGEN   di Anthony de mello

TETSUGEN, UNO STUDENTE ZEN, DECISE DI INTRAPRENDERE UN’IMPRESA GRANDIOSA:
LA STAMPA DI SETTEMILA COPIE DEI SUTRA CHE A QUELL’EPOCA ERANO DISPONIBILI SOLTANTO IN CINESE.
VIAGGIO’ IN LUNGO ED IN LARGO PER TUTTO IL GIAPPONE PER RACCOGLIERE I FONDI NECESSARI AL PROGETTO. 
CI FURONO DELLE PERSONE RICCHE CHE GLI OFFRIRONO ANCHE CENTO PEZZI D’ORO, MA PER LO PIU’ RICEVEVA MONETE DI POCO VALORE DALLA GENTE DELLE CAMPAGNE. 
TETSUGEN ESPRIMEVA LA STESSA GRATITUDINE A CIASCUN BENEFATTORE, INDIPENDENTEMENTE DALLA SOMMA ELARGITA.
DOPO DIECI LUNGHI ANNI DI PEREGRINAZIONI, FINALMENTE RACCOLSE IL DENARO NECESSARIO ALL’IMPRESA.
PROPRIO ALLORA, PERO’, IL FIUME UJI STRARIPO’ E MIGLIAIA DI PERSONE RESTARONO SENZA CIBO E SENZA RIPARO.
TETSUGEN SPESE TUTTO IL DENARO CHE AVEVA RACCOLTO PER IL SUO AMATO PROGETTO, PER AIUTARE QUELLA POVERA GENTE.
IN SEGUITO RICOMINCIO’ A RACCOGLIERE FONDI. 
PASSARONO DI NUOVO PARECCHI ANNI PRIMA DI RIUSCIRE A TROVARE TUTTO IL DENARO DI CUI AVEVA BISOGNO.
POI SCOPPIO’ UN’EPIDEMIA IN TUTTO IL PAESE, E TETSUGEN DIEDE VIA TUTTO QUELLO CHE AVEVA RACCOLTO PER AIUTARE I SOFFERENTI.
ANCORA UNA VOLTA RIPARTI’ E , VENTI ANNI DOPO, FINALMENTE POTE’ REALIZZARE IL SUO SOGNO DI STAMPARE LE SCRITTURE IN GIAPPONESE.
LA PRESSA CHE PRODUSSE LA PRIMA EDIZIONE DEI SUTRA E’ CONSERVATA PRESSO IL MONASTERO DI OBAKU, A KYOTO.
I GIAPPONESI RACCONTANO AI LORO FIGLI CHE TETSUGEN PUBBLICO’ IN TUTTO TRE EDIZIONI DEI SUTRA, 
E CHE LE PRIME DUE, INVISIBILI, 
SONO DI GRAN LUNGA SUPERIORI ALLA TERZA.



VIAGGIARE


“…. Di una città non godi le sette

o le settantasette meraviglie,


ma la risposta che dà

ad una tua domanda…”



ITALO CALVINO

IL SOFFIO MAGICO
SPETTACOLO DI BENEFICENZA PER L'ASSOCIAZIONE DI CLOWN DOTTORI “ANDREA TUDISCO”
ROMA, 2 OTTOBRE 2010 AUDITORIUM DI ROMA

Ci sareste dovuti essere. A vederli questi clowndottori.
Questi clown che fanno sorridere i bimbi.
Ma non i bimbi spensierati, sbizzarriti di sorriso.
Ma quelli negli ospedali, in reparti spesso senza speranza, a vivere la condizione più lontana che si possa immaginare.
Le malattie gravi, le ferite di guerra, le menomazioni ed il dolore.
Tutti fenomeni che mai vorresti mettere in relazione ad un bimbo, alla sua gioia naturale, alla spensieratezza.
Ed allora questi clowndottori donano sorrisi.
Fanno luce nell'oscurità, colorano il buio.
Restituiscono serenità a volti che hanno dimenticato il piacere, a voci che gridano solo paura.
A mia moglie ho detto, mollo tutto e faccio il clowndottore, ma c'è un mutuo da pagare che blocca l'idea, però un ritaglio di volontariato me lo vorrei riservare, anche solo per provarci...
Bellissimo vedere uno spettacolo dove si è smossa grossa gente dello spettacolo, da Max Giusti a Greg & Lillo ad Antonio Giuliani, tutti impegnati attivamente in prima persona, e poi attori che hanno letto le esperienze raccolte sul campo dai clown dottori, parentesi da far stringere il cuore ma anche gridare alla speranza. C'è bisogno di letizia, e gioia dentro ogni ospedale, tra letti di terapia intensiva, un bimbo inchiodato dal destino ha diritto ad un sorriso per iniettarselo in vena come e meglio di un vaccino.
Ha del miracoloso produrre buonumore e nuova fiducia, una magia a portata di mano.
Provare a donarlo è un gran regalo ma costa anche fatica.
Apre mille porte un sorriso: agevola, chiarifica, addolcisce, semplifica. Lo imporrei per legge, potendo, in questo mondo sempre più acido e scontroso… Certo è carattere e ce ne vuole anche per questi clown dottori, novelli Don Chisciotte armati solo di un naso rosso e lanciati all’assalto dell’angoscia…
I clowndottori che hanno agito in zone di guerra portano al seguito un terapeuta, e non per i piccoli pazienti, ma per loro stessi che devono tematizzare col sorriso anche quando il cuore vorrebbe solo piangere… al termine della giornata devono sfogare in qualche modo. Paradossalmente servirebbe un altro clowndottore per ognuno di loro, a dare un senso a quell’assurdità di condizioni estreme, di disagi inconcepibili.
Faccio un tifo appassionato per queste persone, questi estremisti della terapia che, in fondo, utilizzano semplicemente l’arma più disarmante di tutte… ;)

Forse non c’è un perché preciso, ma sento che ci sareste dovuti essere.