Un rosa sabbia
ed un folto cielo scuro carta da zucchero.
Stropicciati a scannerizzarsi l'un l'altro
fino a creare l'unica copia di tramonto
nel quale affogo i sensi
per un istante soltanto.
Immasterizzabile.
Un rosa sabbia
ed un folto cielo scuro carta da zucchero.
Stropicciati a scannerizzarsi l'un l'altro
fino a creare l'unica copia di tramonto
nel quale affogo i sensi
per un istante soltanto.
Immasterizzabile.
Scene (schizzate) da un matrimonio( schizofrenico).
Si vede che il regista è quello di In
Treatment.. ;)
Scene da un matrimonio di due schizofrenici (ma
non solo loro, ci metto l'amante di lei a pieno diritto nonché la madre di lui
forse giustificata per il fresco lutto del marito).
Cinque episodi di tira e molla: coppia con figlia sempre a margine, anche se
citata spesso e fonte di attrito perenne. Il leitmotiv elementare: litigo
furiosamente e immediatamente dopo faccio sesso più o meno selvaggio. Tutti
episodi non consequenziali (tra la fine di una puntata e l'inizio della
successiva accade sempre qualcosa che verrai a sapere in corso di visione. In
quello finale poi si superano..).
Chissà cosa avrebbe detto il povero Bergman di
questo remake teso solo all’esasperazione costante.
L'unica cosa originale e piacevole è che
l'inizio di ogni episodio parte facendo vedere in toto scenografie e troupe che
si prepara a girare, il che dona davvero l'unico tocco di realtà effettiva.
Poi c'è il ciak, e si comincia a lavorare di fantascienza.
Per onestà devo ammettere di essermi sottoposto a tortura completa in quanto la serie è stata particolarmente apprezzata dalla consorte.. e la solidarietà a casa è ancora piatto forte.. ;)
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"Io James Bond?! No grazie, devo stare a casa a lava' i piatti.." |
E' vergognoso che la stragrande maggioranza degli aventi diritto al voto, per l'elezione del sindaco, se ne stia a casa.
Potrei forse capirlo per delle politiche nazionali. Ma lì invece subentrano strane dinamiche per cui l'anima "nazionale" si impossessa di molti di noi.
Invece della città calpestata quotidianamente, se ne fregano un po' tutti.
Che poi sono gli stessi che non raccolgono le cacche del loro amato cane, buttano cartacce, parcheggiano sui marciapiedi, non fanno la differenziata, non portano la mascherina, litigano alla cassa dei supermercati, urlano ai cellulari.
Siamo noi che facciamo le città.
E che troppo spesso le roviniamo.
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Passarella in vetro sospesa al sedicesimo piano |
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Marsiglia |
Alla fine, in ritardo, sono riuscito a vederlo (e considerando che ancora non ho finito l'ultima Casa di Carta, ci sta).
Questo mix tra Mai dire Banzai e Quattrocentocinquantasei piccoli indiani si fa comunque guardare, anche se le barzellette diventano man mano più numerose delle drammaticità e la solita, bistrattata, sospensione dell'incredulità, viene turlupinata oltre ogni lecita pretesa.
Trovo corretta anche l'analogia con Parasite, che finisce col perdersi tutto il buono volendo per forza strafare. Sarà un limite coreano..
Il rimprovero principale resta comunque la lunghezza: cinque/sei puntate sarebbero state più che sufficienti, senza contare che ovviamente, come ormai inevitabilmente in tutte queste serie, si prepara il terreno per il seguito, lasciandoti quindi vagamente in sospeso.
La casa di carta ha comunque fatto scuola riguardo maschere, simboli e gadgets da piazzare in merchandising, e chissà quanti, ora, vorranno arredare casa in stile Escher!
..e continuano a morire donne.
Mai come quest'anno in Italia. Uccise da maschi malati, uomini cresciuti male, distorti, convinti del loro potere, delle loro proprietà.
Con certezze astruse nella mente, che magari li portano anche a scandalizzarsi dei talebani che vedono in televisione, ma in un'ottica lontana, una percezione ovattata disegnata a loro uso e consumo.
Poi accade qualcosa che sconvolge la loro quotidianità, il loro orticello con la palizzata attorno, il loro limitatissimo livello di vita elementare.
E all'improvviso possono uccidere e uccidersi, non trovano differenza tra togliere e togliersi la vita. E questo è un peccato, altrimenti potrebbero uccidersi loro e basta, creando molto meno disagio.
Il loro mondo è dentro la palizzata che circonda il giardino di casa.
Ma c'è una palizzata invalicabile che hanno eretto tra cuore e cervello, in secoli di educazione mancata, di amore mai sfiorato, di mentalità gretta.
Una palizzata fatta di ignoranza gigante, palpabile, di pulsioni preistoriche, cui purtroppo contribuisce anche la nostra società, il nostro attuale stile di vita e pseudo insegnamento, incapace ancora di attivare segnali di allarme in cervelli rudimentali, che crescono con sentimenti malati e fasulli. Credendo davvero, in una contorta buona fede, di stare dalla parte del Giusto.
Dobbiamo contribuire tutti a far evolvere l'uomo, il maschio, a questo punto anche con punizioni esemplari, perché tanti non contemplano alcun livello evolutivo, ma percepiscono la pena.
E castigo sia allora.
Non stava nella pelle, tra qualche istante avrebbe ripreso colore, quel bel cremisi avvertibile da decine di metri, e tutti si sarebbero fermati a guardarlo.
Ma stavolta no. Nessuno dinanzi allo stop, nessuno in lontananza.
La strada desolatamente deserta, mentre lui scrutava l'orizzonte in cerca di una paio di fari, un'ombra semovente. Nulla.
Certi semafori possono restarci davvero male. Imporre uno stop a nessuno rende clamorosamente inutili, inetti, dequalificati.
Può indurre in depressione, sbiadire i colori, alterare le sincronizzazioni.
E non è come un terrazzo con le vertigini, qua è ben altro. Un semaforo è ben cosciente del proprio compito, della fondamentale utilità nel sistemare l'ordine dell'universo.
Ma se l'universo cambia strada o, peggio, decide di non circolare più?