(Ovviamente, si parla di agosto 2019)
Dieci
di giorni di meltemi costante, inizialmente ad incupire l’umore, poi, mano a
mano,
una volta compresane l’essenza, ed incastrati esattamente i suoi ghirigori
tra calette e crepuscoli,
ecco che l’autentico spirito greco, forte dei sui
sapori, dei sentieri, delle asprezze,
delle chiesine in calce, del mare cristallo e del sole perenne,
ci
avvolge delicatamente e non ci molla più.
L’isola
- intesa come universo geografico - realizza il viaggio perfetto: un microcosmo
totale e completo, un’immersione dove tutto inizia e tutto si completa, un
anello di sensazioni e brividi che finiscono inevitabilmente col contagiarsi.
Il
tutto ed il suo contrario.
Tinos
poi, custodisce l’archetipo ed il riassunto dello spirito cicladico: dal bianco
calce che abbaglia, al mare assoluto, dalle trasparenze maldiviane, al cibo che tracima gusti decisi ed
inconfondibili.
Girovagare
tra paesini arroccati e scoprire spiagge raggiungibili “esclusivamente” a
piedi, incastonate nella costa, è lo sport principale di chi decide di
allontanarsi per un po’ dal caos metropolitano, rinunciare alle musiche, ai rumori, alla folla, alle
comodità patinate, ai lustrini che nascondono solo confusione.
A
Tinos si fatica, le distanze non sono mai proibitive, ma diverse spiagge-perla si
raggiungono solo camminando, o con sterrati disegnati per fuoristrada, ed alcuni paesi
da sogno, vanno scovati nell'entroterra dove il turista convenzionale non arriverà mai; e sorseggiati per viottoli, tramezzi e
scalini, fino a perdersi incantati nel bianco abbacinante e nel silenzio
irreale
Tinos ti accoglie allora,
e comprendi quanto sia - esattamente - lontano da te il riverbero delle luci
della festaiola e dirimpettaia Mykonos