Matera ti si adagia attorno e addosso,
come uno dei tanti gatti a passeggio sulle mura ritorte.
Ti offre il fianco, il cuore, le spalle;
non lesina scale o vicoli, ne' improvvisi affacci.
Ti impolvera di tufo e sabbia che scivolano dalle case in miniatura
intarsiate da abili artigiani.
Ti inonda di cielo dagli architravi e dalle finestre sul nulla,
che resistono, arrampicate su mura tignose, rugose e fragili, screpolate.
Quella malinconica meraviglia ti accompagna inesausta per vicoli e gradini,
ti riempie gli occhi di quel grigio appannato, smussato dai secoli,
ma che tiene incollate le case e crea "paese",
sodalizio di intenti e memoria di stenti;
ancora percepibili nella quiete,
e nel vento che fa la corte ai viottoli
tra pietre e argilla a cucirne le trame.
Quiete scossa solo dalle campane della cattedrale
a vegliare su quei sassi svuotati che riecheggiano storia e storie,
e a fare da cassa armonica, ora,
ai nostri passi lievi.
...che poi, a mettere da parte il cuore e l'emozione, restano i tanti perché di una tangibile disorganizzazione: trasporti disagiati, servizi dimezzati, tanti "sassi" (le antiche abitazioni scavate nella pietra e nel tufo) ancora abbandonati e non assegnati dal demanio, che è proprietario di moltissima della Matera storica.
In tanti i colpevoli, nonostante questo meritato assurgere ad una notorietà mondiale (incredibile il numero di stranieri incontrati in questi giorni!) e complice, probabilmente, l'atavica incapacità meridionale, di non riuscire a fare tesoro vero delle proprie incredibili ricchezze.
E questo dispiace enormemente. Perché passerà questo 2019, e non ci sarà più una capitale europea della cultura, ma solo, di nuovo, sassi; e svuotati da ogni eco...