mercoledì 21 maggio 2014

BOLOGNA DOTTA, GRASSA E PACIOSA...

Bologna  porticata

L'occasione l'ha fornita la visita alla mostra della Golden Age, pittura fiamminga del 1600, con ospite di punta Vermeer e la sua ragazza dall'orecchino di perla; non avevo mai visitato Bologna - grave mancanza - e la scoperta è stata piacevole e ricca di sorprese. 
Come anche la conoscenza reale, dopo cordiali scambi virtuali, di Marilena de il mio blog in uno zaino , sensibile e generosa rappresentante  di questa città ospitalmente festosa. 


Un weekend di completo tour de force, usufruendo di un vasto centro storico totalmente pedonale, e la possibilità di visita ad innumerevoli chiese (diverse aperte anche all'ora di pranzo), 

S.Maria dei Servi
dal gotico al rinascimentale, e palazzi medievali, neoclassici e liberty in armonico accordo con le sue torri svettanti 
a proteggere quel manto di storia formicolante; percorrendo in lungo e largo una delle assolute peculiarità del tessuto urbano bolognese: quarantadue chilometri di portici che ci accompagnano quasi senza sosta anche quando l'intreccio cittadino diventa più impervio ed articolato.

S.Francesco




La dotta Bologna dicevamo, 
nomea fondamentalmente dovuta ad una delle Università più antiche del mondo; e la città pullula, infatti, di frizzante ed irrequieto studentame multietnico; e poi ritrovi, enoteche, pub, locali  all'avanguardia  tutti  a 

 

creare un clima intrigante e godereccio


(e da qui l'altro meritatissimo appellativo di grassa, attribuibile ad una cucina decisamente gustosa che, almeno con le sue paste ripiene e i suoi ragù, non teme rivali al mondo),



ma non mancano neanche angoli come di placida provincia trapiantata, e parlo ad esempio del complesso di Santo Stefano,

S.Stefano
 un grappolo di sette chiese concatenate, unite 
da cunicoli, logge, volte e chiostri mozzafiato; un angolo di pace paradisiaca in una delle piazze più quietamente ricamate della città


E poi lei, quella fantastica ragazzina dall'orecchino di perla: 


entro nella sala dedicata, approfittando di un momento meno affollato, mi avvicino, e lei, giuro, sembra guardare proprio me: “Eccoti”, le leggo negli occhi luminosi che ribaltano bagliore tutt'attorno, come se la luce non fosse magicamente dipinta ma emanasse, di vita propria, da quel piccolo rettangolo.

E rimango lì incantato coi suoi occhi puntati nei miei, quasi attendesse me... e io tra l'estasiato e l'intimidito, come se anche gli altri potessero accorgersi di questa premura nei miei soli confronti; e non me ne vorrei andare.. 
ma esco alla fine, e ricadere, ancora inebriato, 
nell'artificio convenzionale delle altre tele, 
sottolinea ancor più questo appuntamento che rimarrà indelebile...

venerdì 16 maggio 2014

CHE MOLTI DI NOI


A volte (mi) predico
il vivere come se quel vivere,
dietro, attorno e davanti a noi,
non sia.

Non effluvio, non essenza,
non radice interrata
non rubato da mani di ladro,
o nube accartocciata
da vento iroso.

Ma sgretolato di sabbia fine,
ben allineato di vista colma.
Perché la speranza la curiamo
e ci sopporta l'esistere,
ma termina lì il suo ingrato compito.

Non dev'essere orizzonte né fine.
Solo un nobile mezzo.

(e più saggiamente scorgeremmo
quello che molti di noi
già scorgono... ;)



lunedì 12 maggio 2014

FACCE DA BLOG



Spesso mi chiedo, scrutando attorno in treno, in metro, al semaforo, tra i miei clienti, e giocando al piccolo investigatore, chi potrebbe tenere un blog, oppure, ancora meglio, cerco di affibiare un volto tra quelli che incontro/sbircio/scorgo, ai vari blogger frequentati, e l'immaginazione spesso abbina volti e profili in connubi fantasiosi, volti da festa 


di vecchi amici, magari a seconda dell'umore o dell'immagine che ci siamo disegnati in testa di uno o più blogger, cosi come architettiamo visi, rughe, sorrisi e scenografie mentre leggiamo un libro; un soprappensiero senza ansia, 
che tenta di mischiare realtà e imponderabile, che vorrebbe applicare antiche regole di riconoscibiltà a quello che rimane uno scambio virtuale, pur se spesso virtuoso, di sensazioni (..guarda lì che faccia da Wannabe Figa, vestitino alla UUIC?.. e quei due che chiacchierano fitto fitto? Un Maurizio e una Stella Paola quasi perfetti.. quegli occhialini li vedo bene a Patalice, mentre la tizia sepolta nel tablet nicchia alla Kanachan, e quelle sognanti laggiù?


 Yellowcab e Diamanta ci stanno giuste.. poi abbiamo un irrequieto Francesco, una schizzatissima Princess, un Baol assorto di Sole24Ore... ma ho preso la metro o la Bloggerexpress?)


..e mentre penso tutto questo c'è un tizio strano, lì in fondo al vagone che finge nonchalance, ma ogni dieci secondi mi guarda stralunato pensando:”Ma che c'avrà da guardare quel tipo con la faccia da scemo?!.. certo non è un blogger..” 



LA SEDIA DELLA FELICITÀ



Mazzacurati non c'è più, ma il suo ultimo (in tutti i sensi) film scorre via leggero col suo ricordo ed in un fil rouge di storia esile e fragile, seppur sostenuta dall'impudico attaccamento al vile denaro, sfronda preoccupazioni e stereotipi e ci lascia godere sia degli innumerevoli deliziosi camei, che della riciclata cinese senza erre o dell' orso che allarga le zampe sconsolato.


Certo, se andiamo al cinema forti della nostra predilezione per Il Sacro Gra rischiamo di restarci male e perdere il messaggio (come l'ottimo Battiston smarrito tra le malghe alpine), volendo attribuire alla affiatatissima coppia Mastandrea/Ragonese doti taumaturgiche sicuramente non in dotazione, 

ma lo spirito del film va colto proprio in quella frammentazione tenuta assieme dalla ricerca di una felicità che più che scavata nell'imbottitura di una serie di sedie dal kitsch demenziale, andava rivelata nel tenero accompagnarsi dei due protagonisti che sfocerà nel giusto quanto inevitabile lieto fine.

Mastandrea, tatuatore romano separato, si cala da par suo nell'ambientazione di questo nord est spesso paranoico esaltandosi con la sua romanità. 


La Ragonese dalla frangetta che acchiappa, alterna dolcezze, imbarazzi ed esatti tempi comici. Battiston fa da collante con la consueta bravura assemblando un pretone col mito dei bimbi da sfamare e le pecche (in)confessabili  da videopoker-dipendenza. 
Le grottesche miniapparizioni di una valanga di personaggi di contorno, ma dall'irrinunciabile presa, rendono infine, l'opportuna amalgama a questa farlocca e bizzarra caccia al tesoro. 

Da Balasso a Marzocca, da Albanese (anzi “dagli” Albanese) alla Vukotic, da Orlando a Citran, passando per macchiette irresistibili come l'erotomane Maria Paiato o Roberto Abbiati col suo villico autistico. E a chiudere, scodinzolante, lamecagneta. 


Tutto sommato, senza di lei, niente sedia e niente felicità.. ciao Carlo. 
Un ultimo, sorridente, grazie!

venerdì 9 maggio 2014

Ė LA TOSCANA RAGAZZI...




Quella da sogno, con macchie di case sospese in tutte le varianti terradisiena e i paesaggi con l'erba disegnata ed i filari a ricamarci sopra. Si esce dalla Roma Firenze, uscita Chiusi e ci si dirige verso Chianciano/Montepulciano, 
appena una manciata di chilometri in mezzo al verde che, alla faccia degli stereotipi, è veramente più verde che altrove o almeno (e qui è la magia) lo appare.






Bello sforzo! (e qui mi faccio un selfie-rimprovero) A propagandare la Val d'Orcia come qualcosa di fantastico.. sono bravi tutti.. è che io la sento sulla pelle e allora, magari, m'aiuto con qualche foto..



Montepulciano magica

Viaggio con l'aria a stuzzicarmi gli occhi, i vicoli sinuosi degli innumerevoli borghi che punteggiano le valli (anche Val di Chiana) - acquerelli da incorniciare - per chilometri di intriganti scoperte, su tutte Montepulciano che srotolo ogni anno senza stancarmi mai di riconoscerne angoli, inferriate, arditi crocevia, case affiancate a delizioso incastro; segui un arco, abbordi quattro scalini ripidi e sbuchi in piazzette di cielo trattenuto. E non voglio parlare di cucina che intriga, dai farri alle ribollite, dai maltagliati porcinati ai crostini, dai pici alle tagliate, dai rossi pazzeschi fino agli oli da sturbo...


Una cornice di quiete a passeggio goloso per scoprire una miriade di paesi fantastici tutti a brevissima distanza, senza trascurare almeno una giornata a mollo delle eccezionali terme sensoriali di Chianciano (qualcuno ancora ti dice “roba da vecchi” ahah..), un'esperienza imperdibile

(massaggi, fanghi, giochi d'acqua, cromo e aromaterapia, saune e bagni etruschi) 
per chi abbia la fortuna di soggiornare in queste terre.

E sempre a pochissimi chilometri ..


..i laghi di Chiusi e il Trasimeno, con le sue isole silenziose e i sentieri dove il tempo è cristallizzato nei sentieri tra ulivi e pietra...


mercoledì 23 aprile 2014

PICCOLO IL MONDO



Io Antonella la conosco solo da qualche anno. 
Un feeling fatto di affinità, piccoli gesti, spesso perché indoviniamo un sorriso prima che venga svelato, o perché riconosci tracce di approccio comune alle cose belle e brutte della vita.
Amica di amici comuni. Maestra di scuola materna e collega di mia cognata. Una vita non semplice, un marito che getta la spugna, una figlia, ormai grande, cresciuta da mamma coraggiosa.
Poi è ancora amore, un nuovo compagno, un anno fantastico, i sogni che si rimaterializzano, i sorrisi che sgorgano dall'anima.
Ma ancora, di nuovo, buio.
Di quelli che ti s'attorcigliano, che ti tirano giù, ancora un abbandono, il mondo che ti cade addosso, gli uominichebastardi, e noi amici, anche recenti, come me, a ricucire ferite, a raccontare le proprie, di sconfitte, per dimostrare che si può risorgere sempre; e le cene fuori, i cinema, una discreta sintonia dettata da istinto di protezione, le lacrime asciugate, forza da trasmettere, sogni stropicciati da poterli stendere ad un nuovo sole.
E un giorno, su facebook, eccoti Antonella chiedere ai suoi amici chi ricordasse le origini della loro amicizia, e qualcuno nominare San Policarpo, la mia parrocchia di Cinecittà, ed io a chiedermi 
- ora che abitiamo entrambi all'Eur e dintorni -
Ma che ci incastra Antonella con San Policarpo?”
Allora glielo chiedo e lei mi dice 
“Ma io abitavo lì, a Via Caio Canuleio, e pensa che mi ricordo una famiglia Battaglia nel mio palazzo, magari sono tuoi parenti..”

E io” No, non è possibile”. A questo punto è come saperlo. D'improvviso lo so.
La memoria si apre come antro magico a parola d'ordine.

Ebbene si. Abitavamo nello stesso palazzo. Io più grande, lei cinque anni di meno. Lei trasferita a 15 anni ma tutta una infanzia ormai sopita. Sepolta di fuliggine passata.

E quando (ri)scopri tutto questo, oltretutto il giorno di Pasqua, fai fatica a deglutire. 
Metti a fuoco come una ghiera impazzita, sfogli memorie arrugginite che stanno risorgendo anche loro, ti giungono da retrovie polverose flashes d'immagini accatastate al buio di un nullapiù, mentre entrambi, ora, al telefono in macchina e luoghi separati, in movimento coi rispettivi parenti per una serena Pasqua di famiglia, buttiamo giù nomi, luoghi, cose a cascata, con le rispettive mamme di fianco che rievocano d'improvviso comunioni come fosse ieri, mia sorella che giocava con te da bambina, ed è un frenetico scambiarsi voci al telefono e i ricordi vengono su freschi e fragranti come tortellini gonfi nell'acqua bollente, e rinominiamo mezzo palazzo, e quelli che c'erano e quelli che non ci sono più, è come ritrovarsi al paese d'origine perché, in città, è il condominio il tuo paesello, allora ti chiedi come hai fatto a non riconoscere la bambina di allora, anche se sono passati più di trent'anni, ti sale una bellissima emozione, perché è come riallacciare fili invisibili, coi quali sei cresciuto almeno per qualche tempo, che hanno contribuito a fare di te quello che sei, e magari a scorgere una qualche luce nella tua amica adulta di oggi che rifletteva pensieri ovattati di una bimba dai capelli neri, a gironzolare in biciclettina nel terrazzo al piano terra.

Piccolo il mondo. Per fortuna.
Ciao Anto. Un bacio grande.





lunedì 21 aprile 2014

NESSUNA RESURREZIONE. JESUS CHRIST SUPERSTAR, SEMPLICEMENTE, NON E' MAI MORTO...



Attorno ad un impianto di musiche, realmente evergreen, al cui confronto certe celebrate musichette moderne appaiono inascoltabili nenie, Jesus Christ Superstar, Al Sistina di Roma fino al 1 giugno, si erge magnifico ed inossidabile spettacolo, come il suo messia Ted Neeley che da quarantanni sfoggia freschissimi acuti affabulando masse estasiate.



Lo show vola via seminando fascino con una scenografia agile e discreta, supportato da piattaforma girevole e strutture a tubo ad esaltare il corpo di ballo, i movimenti, gli attori, i Negrita funzionalmente inseriti a pompare le splendide musiche in pieno choc mistico,  spina dorsale di un'emozione sempre al vertice.



Alcune invenzioni di grande impatto visivo ed emozionale, come gli inserti video sulle atrocità dell'umanità scandite al serrato tempo rock delle 39 frustate a Gesù, o l'ingresso in sala dall'esterno di Giuda e lo stesso Gesù annunciato dalla diretta video in sala, arricchiscono ancor più, se possibile, la carica contagiosa che tracima dal palco.



Uno spettacolo che vola via in un amen scolpendo emozione e sorpresa e mischiando memoria e meraviglia per un'opera immortale quasi come il suo Protagonista; tra giochi di luce, acrobati, melodia e ritmo, sacro e profano in assoluta simbiosi, tra ripetute standing ovation di platea rapita. 

Tutto miracolosamente splendido, verrebbe da dire, 
E l'avverbio, stavolta, ci sta veramente da dio..