giovedì 16 gennaio 2014

IL GRANDE CINEMA: LA PECORA NERA (2010)


Un grandissimo film matto come un marziano, girato dal marziano matto Celestini. 


Perché i matti ragionano su altre coordinate che a noi sfuggono. 
Come Prot di K-Pax. E tante sono le similitudini. 
Tra i due film e tra matti e marziani, e tra il film e la poesia che ne trasuda. 


Certo c’è il marchio di fabbrica celestiniano, quel faceziare, quel filastroccare fiabeggiando di storie lontane eppure vicine. 
Lo fa fin da piccolo, nel film, Nicola, un bambino dei “favolosi anni sessanta”, dove se non t’integravi di disintegravano per la vita.
Ed il ragazzo cresce in un Istituto di cura 
(ma cura de che?). 
Resta innamorato della sua compagnetta di classe che ritroverà poi da grande, lei nel supermercato a lavorare, e lui a farci la spesa per i matti, lui che matto non sembrerebbe e la suora lo gratifica allora, anche con compiti di quotidiana normalità.


A questo film che in tanti percepiscono come un non-film può sfuggire, ad esempio, la costruzione, deliziosamente cinematografica invece, con la quale il Nicola ragazzo denuncerà i fratelli assassini ai carabinieri in sopralluogo pur senza accusarli manifestamente: e sono queste accortezze, come una miriade di altri appigli offerti allo spettatore - l’amicizia col suo compagno di stanza ad esempio - per farlo muovere in una tela immaginifica tessuta ad arte, e delicatamente, da un Celestini che sembra proprio non voglia sentirsi, poi, accusare di sotterfugio.


Ed a me sono serviti tutti i suoi accorgimenti, perché plasmato nella pellicola, nella storia, nel sogno e nell’ambizione, nella speranza e nell’illusione.
E forse perché anch’io vorrei essere giunto da un pianeta lontano, come Nicola o come Prot, e gioco ai marziani, specie al supermercato, quando ordino alla porta di aprirsi da sola. 
Me li tengo stretti questi matti che vedono lontano e senza filtri e che fanno cosi paura.


E invece li richiudiamo dentro cento cancelli (che non sono come le porte del supermercato, con la fotocellula, che si aprono quando ti avvicini).

Li chiudiamo per bene cosi non scappano (e non scappiamo neanche noi, dai nostri di cancelli, molto più di cento…).

Sai che c'è?

Chiudeteci pure me.



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