Ho scritto cosa immagino, cosa immagina l'immaginazione, la mia intelligenza non artificiale ma reale, che naviga di fantasia e creatività home made.
Buon futuro allora!
e viaggiando a vista.
Arrivo alla cassa col carrello bello pesante, inizio
a riversare gli articoli sul nastro trasportatore, la cassiera scannerizza
veloce: olio, succo di frutta, speck, yogurt, banane, Buone intenzioni..
La ragazza prende la confezione e la guarda incuriosita..
“questo non passa, ma dove l’ha preso? Forse non sono stati ancora omologati
questi articoli, lo scanner non li legge infatti..”
“In realtà c’è uno scaffale laggiù” preciso io
“questo pacchetto era proprio tra i Rimpianti
e i Sogni a breve termine, e pure in
offerta speciale..”
“Mi dispiace signore, credo che lei sia entrato, senza volerlo, in un reparto
in fase di allestimento, non siamo ancora autorizzati alla vendita.. ma quando
aprirà, sicuramente per le Buone intenzioni
ci sarà il tre per due, questo è
sicuro.. sa com’è, nomen omen..
La pregherei di riportarli al responsabile di
reparto.. magari mentre finisco di passare il resto..tanto ce n’è di roba..”
Chiedo scusa all’unica signora in fila dietro di me
e ritorno allo scaffale incriminato, dove in effetti non ci sono ancora i
prezzi, individuo un tipo con logo del supermercato e dico: mi perdoni, ho
preso questo per sbaglio, la cassiera mi ha “redarguito”, ovviamente con
estrema gentilezza..
“Ma
non si preoccupi" replica il tipo, "del resto non era certo una cattiva
intenzione la sua, che poi metteremo in vendita anche quelle sa.. si si..intendo
proprio le Cattive intenzioni.. la gente è troppo pigra per elaborarle in
autonomia. Però credo costeranno un
botto, la nuova strategia di marketing punta all’arricchimento..ahah.. sto
scherzando.. ma scommettiamo comunque su un discreto successo commerciale..
certi articoli sono davvero di complicatissima reperibilità, e di elaborarli a
casa ormai, non ne vuol sapere nessuno.
Quindi vogliamo sfruttare l’indolenza e l’apatia generalizzata (ecco, di queste
non c’è proprio bisogno di un’offerta a pagamento..) offrendo oltre ai piatti
pronti, anche l’Emozione preconfezionata, le Inclinazioni della volontà, la Solerzia un tanto all’etto, il Desiderio in stick, l’Impegno, magari, anche in
versione spray o effervescente..”
Mi ammoniscono di nuovo dalla cassa “Signore,
qua avrei finito, paga cash o con carta?
Ok scappo.. ma mi vedrete presto.. il “desiderio in
stick”!! Troppo forte!!
Lasciarsi andare ogni tanto dovrebbe essere il vero istinto da blogger, come sottolinea l'amica YASHAL, in diretta, senza pre e post produzioni, come acqua a scorrere, non con un'idea da raccontare, ma per il gusto di discorrere, di sciogliersi in parole che non vogliono comunicare nulla di specifico, ma sgambare semplicemente in questo cortile all'aperto che abbiamo riservato loro, il nostro blog.
Un'oasi naturale, spazio tutto nostro, dove qualche volta è salutare prenderci una pausa, perché bloggare questo è, in fondo, guardarci allo specchio, come davanti un'opera d'arte, un monumento, un tramonto: destinarci tempo,
"illuminarci dalla parte giusta" dice Yashal, smetterla ogni tanto di spargere messaggi, arringare, "far sapere".. far sapere cosa poi?
Chi scrive su un blog è soprattutto
a se stesso che indirizza un messaggio: esserci.
Osservare, appassionarsi, scrivere e leggere assetato di umori, idee, bellezza, curiosità.
E poi riversare sensazioni in serenità, a briglia sciolta,
comunque un'autodedica, impulsiva e divertita.
Un post senza brutta copia per non perdere la spontaneità di scrivere a vista.
Per la trepidazione di scorgere bagliori in uno spazio dedicato.
Ma forse con un minimo spunto: per tutti quelli che hanno pensato anche solo una volta di aprire un blog,
e forse aspettano solo l'onda esatta..
Grazie Yashal.
![]() |
Alcazar |
Siviglia ragnatela di azulejos a imbarazzare quell'istinto, che credevi unico, nel saperti districare in ogni dedalo urbano.
Invece ti sviano le cupole improvvise, i chiostri che attirano ad ogni portone anche solo accostato, i vicoli moreschi, l'eco dello scalpìccio che rimbalza tra palazzi e balconi sospesi e fioriti.
Un avventurarsi e un perdersi che rinunciano volentieri all'ausilio di ogni Google Maps.
Piazzette, crocevia e chiesine arabeggianti dove l'intrico di stucchi tra archi e pareti ubriaca l'occhio e solletica nuovi incanti.
Le vetrine esibiscono ventagli e boccadillos saturi di spettacoloso jamon serrano, prosciutto neanche lontanamente paragonabile ai nostri tradizionali tagli di maiale, anche quelli più pregiati.
Il Palazzo Reale, l'Alcazar, è un tracimare di ceramiche e struttture in pietra ricamata, in stile arabo islamico; ci si lascia il fiato e la meraviglia si moltiplica ad ogni nuovo cortile, ad ogni volta sospesa..
La Cattedrale, in origine immensa moschea, finisce per risentire degli eccessivi influssi che tra rinascimento, barocco e neoclassico hanno preso possesso dell'originaria struttura gotico/islamica, con la navata centrale invasa da coro e altare maggiore, così come ogni cappella laterale, tripudio di ori e stucchi a snaturare l'impianto primario. Rimane comunque opera imponente e magnetica, con il suo minareto, oggi torre campanaria, dal fascino spettacolare.
E poi ceramiche ovunque, ceramica come marmo dei poveri, ma anche con una funzione di tutela e difesa: l'umidità sale dal terreno e si mangia le costruzioni, la ceramica, fragile ed eterna al contempo, unico baluardo.
La carrozza iniziale ideale continuum della mozzarella di E’ stata la mano di Dio. Una combinazione gastronomica part(h)enopea appetitosa, vagamente indigesta però, se tradotta a forza in cinema.
E stavolta ci ficchiamo di tutto nella rutilante napoletanità rappresentata,
mancano il mercato del pesce e le sfogliatelle ma in un ipotetico terzo atto a
chiudere la trilogia, perché no?
Nei primi dieci minuti lungo videoclip di spot per profumi, ma senza il
profumo; poi nasce Parthenope, splendida sirena pupazzetta con due espressioni
alla Clint Eastwood, con sigaretta e senza.
Sorrentino la userà come fil rouge per legare quadretti di partenopeismo
convenzionale visto e stravisto: famiglia decaduta, camorra gomorriana (con
accoppiamento/iniziazione di clan
avversi), religiosità fanatica e blasfema, università bigotta con Silvio
Orlando perennemente scocciato e tristanzuolo, disabili alieni, l’ambito
scudetto, il temuto colera, incesti e aborti, attriciacce fuori tempo massimo, e
poi perenni richiami felliniani tra il grottesco e il bizzarro, con le
immancabili ciccione e gli spilungoni, e
c’è spazio pure per l’alcolista John Cheever interpretato da Gary Oldman, alla fine
il meno fuori luogo nonostante la sovraesposizione di bottiglie e bicchieri
vuoti.
Incessante l’interrogativo facebookiano rivolto da tutti alla nostra donna di
paglia: a cosa stai pensando? Ma
chissà se, pensa; la nostra bellezza di turno, desiderata da tutti..
“furbacchiona”..
La Ranieri “sofialorenizzata” intavola una catilinaria che si pennella
perfettamente addosso al cinema sorrentiniano. Chissà, magari un’auto
fustigazione.
C’è in atto, nel filmarsi addosso del regista, una frammentazione della trama
compiaciuta del nulla narrato: l’estetica innanzitutto, e a corollario le elementari e tediose citazioncine aforistiche alla Gambardella, richiamando anche una grande bellezza perduta,
come quella della Sandrelli imbruttita ancor più, come non bastasse al naturale
(m’è sovvenuto pure il Cage di Longlegs).
Parthenope cresce, senza scorgere l’amore ma sfilando di continuo, sforna decolté
ed esami esposti a pappagallo, ma trova anche il tempo di “ripassarsi” mezza
Napoli (non osiamo immaginare poi nei quarant’anni a Trento.. magari materiale
per successive pellicole, Song ‘e Napule suonerebbe bene..).
Circo appagato dall’esagerazione fino all’iperbolico “A dio non piace il mare”,
citato enfaticamente nei titoli di coda a stupire di nuovo; un mare che non
piacerebbe partecipando anche lui ai dolori esistenziali, donando vita e togliendola anche, un po’ come a Sorrentino, cui probabilmente
sta stretto il cinema e forse anche Napoli, ma si sforza di servircene una
visione tutta sua..
Eppure resto fan estasiato di Young e New Pope.. e spero
ancora nel rientro in carreggiata del nostro, con abbandono definitivo degli
stucchevoli ralenty e dei Cocciante di sottofondo..
Secondo alcune teorie l’evoluzione della tecnologia
permetterebbe, già oggi, la possibilità che noi tutti si esista in versione
simulata.
Parlo di quotidianità corrente, esperienze
sensoriali, pratiche emozionali, probabilità ed imprevisti (chi non ha mai
giocato a Monopoli?) programmati da un’entità super partes.
Ma anche una simulazione della simulazione, estrema
sintesi di una realtà originaria magari peggiore di qualsiasi scenario, quindi
non clonata e replicata, ma autonoma e sintetica.
Come individuarla? Forse ci è concesso concepirne
appena l’ipotesi.
Come queste semplici e innocue righe tentano di illustrare.
Sarebbe un’idea contro intuitiva, che tenta di superare la ragionevolezza
convenzionale, che aiuterebbe a rilevare dei bug di sistema, ammesso esistano
errori di programmazione, o magari anche questa è una concessione ammessa dal
Sistema, del resto tutto l’Universo sembra una macchina perfetta architettata
senza margini di errore.
Forse noi l’unica variabile capace di generare bellezza e caos al contempo.
Una sbavatura dei programmi, un pixel fuori posto,
un virus impertinente.
Insomma siamo noi oppure no? Pirandellianamente,
siamo - potenzialmente - realtà o finzione?
Forse basterebbe anche solo accettare tutti i cookies per adeguarci allo standard che qualcun
altro ingegnò, magari un giorno lontano. Senza troppe altre domande.
Ma se un giorno venisse alla luce la prova provata
del nostro essere una realtà simulata? Come reagiremmo? Potremo sacrificare la
sospensione dell’incredulità e prendere atto che la finzione ci governi da
chissà quanto?
E se uscire da questa condizione ci portasse solo danno? Se fosse stata
artatamente deliberata per migliorare la nostra vita e permettere la
persistenza della specie?
Ve la sentite di scovare la sbavatura, il difetto di sistema?
Potreste giocare a “dio”
senza il terrore di giungere a saperne troppo?
![]() |
Rocca di Spoleto |
Sarà un post fotografico.. due giorni a Spoleto ti volano via che è una bellezza, specie se sole e temperatura si alleano col weekend prescelto.
![]() |
Duomo di Spoleto |
Ancora Umbria allora, con angoli particolari, atmosfere medievali e rassicuranti, traffico zero grazie al tapis roulant sotterraneo che ti trasporta da un parcheggio fino alla Rocca, e poi giochino perfino piacevole discendere a piedi: Duomo, vicoli, straduzze fino ad immaginare Don Matteo che svicola in bicicletta.
Sulla strada del ritorno, in realtà allungando di qualche chilometro, il borghetto fiabesco di Rasiglia, tutto cascatelle e rivoli d'acqua a intersecarsi con le casette e i mulini..
![]() |
Rasiglia |