La carrozza iniziale ideale continuum della mozzarella di E’ stata la mano di Dio. Una combinazione gastronomica part(h)enopea appetitosa, vagamente indigesta però, se tradotta a forza in cinema.
E stavolta ci ficchiamo di tutto nella rutilante napoletanità rappresentata,
mancano il mercato del pesce e le sfogliatelle ma in un ipotetico terzo atto a
chiudere la trilogia, perché no?
Nei primi dieci minuti lungo videoclip di spot per profumi, ma senza il
profumo; poi nasce Parthenope, splendida sirena pupazzetta con due espressioni
alla Clint Eastwood, con sigaretta e senza.
Sorrentino la userà come fil rouge per legare quadretti di partenopeismo
convenzionale visto e stravisto: famiglia decaduta, camorra gomorriana (con
accoppiamento/iniziazione di clan
avversi), religiosità fanatica e blasfema, università bigotta con Silvio
Orlando perennemente scocciato e tristanzuolo, disabili alieni, l’ambito
scudetto, il temuto colera, incesti e aborti, attriciacce fuori tempo massimo, e
poi perenni richiami felliniani tra il grottesco e il bizzarro, con le
immancabili ciccione e gli spilungoni, e
c’è spazio pure per l’alcolista John Cheever interpretato da Gary Oldman, alla fine
il meno fuori luogo nonostante la sovraesposizione di bottiglie e bicchieri
vuoti.
Incessante l’interrogativo facebookiano rivolto da tutti alla nostra donna di
paglia: a cosa stai pensando? Ma
chissà se, pensa; la nostra bellezza di turno, desiderata da tutti..
“furbacchiona”..
La Ranieri “sofialorenizzata” intavola una catilinaria che si pennella
perfettamente addosso al cinema sorrentiniano. Chissà, magari un’auto
fustigazione.
C’è in atto, nel filmarsi addosso del regista, una frammentazione della trama
compiaciuta del nulla narrato: l’estetica innanzitutto, e a corollario le elementari e tediose citazioncine aforistiche alla Gambardella, richiamando anche una grande bellezza perduta,
come quella della Sandrelli imbruttita ancor più, come non bastasse al naturale
(m’è sovvenuto pure il Cage di Longlegs).
Parthenope cresce, senza scorgere l’amore ma sfilando di continuo, sforna decolté
ed esami esposti a pappagallo, ma trova anche il tempo di “ripassarsi” mezza
Napoli (non osiamo immaginare poi nei quarant’anni a Trento.. magari materiale
per successive pellicole, Song ‘e Napule suonerebbe bene..).
Circo appagato dall’esagerazione fino all’iperbolico “A dio non piace il mare”,
citato enfaticamente nei titoli di coda a stupire di nuovo; un mare che non
piacerebbe partecipando anche lui ai dolori esistenziali, donando vita e togliendola anche, un po’ come a Sorrentino, cui probabilmente
sta stretto il cinema e forse anche Napoli, ma si sforza di servircene una
visione tutta sua..
Eppure resto fan estasiato di Young e New Pope.. e spero
ancora nel rientro in carreggiata del nostro, con abbandono definitivo degli
stucchevoli ralenty e dei Cocciante di sottofondo..
A me non attirava ed ancora continua a non convincermi questo suo ultimo film
RispondiEliminaeppure, nonostante la stroncatura, qualcosa mi attira in questo "filmarsi addosso del regista"
RispondiEliminati saprò dire, se alla fine lo vedrò.
ml