No. Non ci siamo. Rispetto per il regista che è
stato, rispetto per l’infanzia travagliata, rispetto per il coraggio e la forza
di mettere in piazza delicati tormenti familiari, rispetto per alcune scene all’altezza
(dalla sequenza iniziale col suo primo film al cinema, al treno proiettato
sulle mani, alla mamma chiusa in armadio col filmino che scorre, fino all’inquadratura
finale con orizzonte giù e orizzonte su) ma tutto un resto infarcito di inutile
melassa e luoghi comuni davvero da non credere, stereotipi inaccettabili,
lentezze fuori luogo, ironia e potenza visiva ridotte al lumicino.
Ci si incarta nell’omaggio tout court verso la
madre, della quale cuce una redenzione quasi forzata a danno di un padre genio
tecnologico ma decisamente meno visionario rispetto al futuro del figlio, occupando
più di mezza pellicola, ed intorno quadretti risicati di bullismo da serie tv e
prove registiche in embrione dove istilla lampi di recitazione tra i suoi
attori (lo immagino con Harrison Ford..), oltre al continuo e sterile racconto
di traslochi e rimpianti, capricci, parentesi di parenti e paradossali invaghimenti
adolescenziali.
É la seconda volta, dopo West side
story, che trovo uno Spielberg a tre cilindri, e stavolta manca anche la
“notevole fattura” che almeno permeava il remake del noto musical.
The Fabelmans gioca lento e al déjà vu, come avesse paura di tirar fuori la sua
voglia di cinema, e nel filmino della Marinata scolastica, dove vorrebbe
esaltare le proprietà psicologiche del cinema nel circuire il “bulletto
belloccio antisemita”, fa solo autogol attribuendo capacità di autoanalisi che
mai il fighetto preso di mira avrebbe potuto elaborare, permettendosi comunque l’unica
trance dell’ironia che tutti gli riconosciamo: “Tranquillo non ne parlerò, a
meno che decida di farci un film..”.
E il film l’ha fatto alla fine, ma è come se in qualche modo stesse raschiando il fondo del barile, facendo gridare alla meraviglia tutto un mondo disposto a seguirlo sempre e comunque, qualunque sia il taglio di orizzonte applicato, a dispetto delle illuminazioni fordiane.
p.s. proprio di stamattina la notizia della migliore regia per i Golden Globes a Steven Spielberg. Lo ritengo un omaggio alla carriera, ma resta mia opinione. ;)


























