Vivere di nuovo. Mi è capitato più volte. Avevo vissuto come tutti, spesso con soddisfazione ma anche molti dubbi, ritrosie, quella sorta di rimpianti e rimorsi sui quali ogni tanto tentiamo di immaginare altre vite, scenari diversi. Poi di colpo quell'oblio e la possibilità di ripartire, come il restart di un videogioco.
La mia prima seconda vita è stata un disastro, ho cambiato al primo bivio che ritenevo fondamentale, fonte di tutte le insoddisfazioni successive, e non sono entrato in banca, ma parastatale dove lavorava papà. Una tragedia. Abbrutito di lavoro che ho odiato dopo appena un anno, incapace di concentrarmi sulle cose belle, quelle che prima trovavo e ora non più.
Nella mia seconda terza vita, ho optato per una deviazione diversa finendo per non sposarmi, svilendo anche quel mio spontaneo prendermi cura, una sorta di ubriacatura dei sensi che mi ha fatto perdere prestissimo il senso dell'equilibrio mentale.
La terza quarta vita, l'ho presa con calma. Fin troppa, conscio di mille errori, e per paura di ripeterli mi sono immobilizzato, fino alla stasi fonte di depressione inconscia.
La quarta quinta vita, mi ha trovato, se non più sciolto, meno pauroso, fatalista diciamo, mi sono trasferito, cercato lavori a pera, imparato una lingua, cominciato a scrivere con regolarità, innamorato di donne fuori portata, pensando di essere all'altezza, ricco delle mie esperienze multiple, ma ero innamorato solo di me stesso, più o meno come nella prima vita, unica per quasi tutti. Mi ero avvantaggiato del mio cupio dissolvi, riuscivo a smettere di pensarmi soddisfatto, e pigiavo il restart al primo accenno di salita, cercavo una vita, se non in discesa, almeno in completo surplace, con navigatore di ultima generazione, e i desideri che si prostravano. Potevo ricominciare da capo senza tuttavia imparare nulla, fidando nel caso benevolo, uno sliding doors passivo e cocciuto.
Certe fortune uno dovrebbe meritarsele.
Lanci i dadi, e quello è. Prendere o lasciare.
sabato 12 febbraio 2022
ALTRE VITE
martedì 8 febbraio 2022
PIU' LO DICO
Non mi va di scrivere poesie, estorcermi sensazioni,
confessare stati emozionali che non conosco,
che non parlano, che mi abitano soltanto.
Non mi va di ascoltarmi attraverso le righe,
di dovermi leggere per sorridere o compatirmi.
E più lo dico più scrivo, più mi scrivo,
come fosse l'unico modo per accogliermi.
Non mi va di scrivere poesie
che si attorcigliano al nulla attorno
disegnandolo ingombrante, saturo,
fino a renderlo nebbia fine.
Ma più lo dico, più scrivo di me,
e per riflesso di te, di quanto sei con me
ad ogni più piccola ansa di respiro,
ad ogni minimo dubitare.
domenica 6 febbraio 2022
FENOMENOLOGIA DI SANREMO
Una volta i cantanti - non solo a Sanremo - si esibivano.
Ora si vestono, si truccano, o si denudano, si imbellettano, recitano, si muovono, parlano, si autotunano, si agitano, sparolacciano , si toccano un po' tutto, piangono, si riempiono di anelli, orecchini, strass, si battezzano e altre robe strane, anche attorno: attori, pseudomusicisti, fumi, ballerine, megafoni, luci, oggetti, magie, orpelli, introduzioni, smorfie, stop and go, urletti, sospiri, rap, trap, hip pop, gorgheggi e singhiozzi. L'apparire prima di tutto.
Addirittura qualcuno canta.
venerdì 4 febbraio 2022
QUEL COTTO FIORENTINO
"Tra il 4 e il 5 dicembre 2021 si è tenuta Laventicinquesimaora, il premio letterario della Scuola Belleville dedicato ai racconti brevi. 25 ore per scrivere un racconto non più lungo di 3600 battute.
La traccia di questa settima edizione era: “La fine è nota.
Scrivete un racconto che cominci dal finale e finisca con l’inizio”.
Ho partecipato, purtroppo senza classificarmi.
Ora posso pubblicarlo anche qui.
“Quel
cotto fiorentino sembrava ora ancor più vivido, col sangue denso a percorrerne
superfici e fughe”. Ero arrivato al punto.
Ma il punto non ne voleva sapere, si
guardò indietro, o meglio sopra, e cercò un appiglio in quella parete di
lettere a strapiombo che sembravano soverchiarlo.
Mise un piede, poi l’altro, scalò l’ultima riga
rigonfia di epilogo appiccicaticcio come sangue già rappreso, prese le misure
dal fondo di quel baratro e iniziò ad arrampicarsi deciso, sgusciando tra
perifrasi e analogie, agganciando parentesi e salutando a malapena virgole e altri
punti che oziavano a guardia del periodo.
Risalendo a fatica, ma con occhio
curioso, trovò la trama artificiosa e melensa, e forse proprio per questo maturò
il rifiuto quasi istintivo di risultare l’artefice ultimo di una storia che
sapeva di convulso e farlocco, dove lei si abbandona ad un tardivo ravvedimento
e lui non le perdona il tradimento del primo paragrafo, ma neanche la recidiva
col garzone a pag. 4, così come la fuga fuori città di fine capitolo; solo
simulando, poi, una magnanima, nuova accoglienza in quel ritorno pretestuoso e
gravido di sospetto.
Ora può un solo
punto, dico io, caricarsi l’onere di tanta tensione, di immenso rammarico,
rabbia e tormento, mettendosi a fine di tutto con un solo, scellerato, colpo di
pistola, seppur accompagnato da un misto di sorpresa e sgomento, e lasciando,
appunto, che solo un punto - e neanche esclamativo - chiuda a bruciapelo la vicenda? Senza curarsi
dell’affanno, del panico suscitato, di un corpo ancora caldo, del sangue a
scorrere via solo ravvivando un cotto fiorentino? Un semplice punto a toglierci
d’impaccio? Non era possibile, voleva vederci chiaro stavolta.
Non avrebbe
gestito una chiosa tragica senza comprenderne i reconditi perché. Voleva
scorgere la passione iniziale negli occhi di lei, godere di un sorriso, di una
carezza rubata, di un sogno a due che poteva essere vita splendida, senza alcun
punto ad interrompere mai fiaba e aspirazioni.
Arrivò perciò fino a quella F
maiuscola di inizio racconto, una F di luminoso ardore che vedeva quel punto
come un’insignificanza lontana e inconcepibile, la F di Finalmente: finalmente
l’amore, la gioia, l’impazzimento dei sensi, tutto senza ombra e fiato di punteggiatura alcuna, figuriamoci
un punto poi.
E il punto ci arrivò a quel cospetto, vagando a ritroso tra gelosie,
colpi di mano, ripicche; fino a scorgere e sfiorare sfumature di complicità, intenti
armoniosi, traiettorie di relazione, come si rincorre una sorgente di acqua
pura, stanco di dover solo chiosare, di decretare finali, arginare
l’inchiostro, interrompere sogni.
Il punto disse “ciao!”, ma l’inizio comprese
subito che quel saluto non era affatto di buon auspicio, ma anzi foriero di
oscuri esiti, e non aveva intenzione di ravvisare alcuna fine per quell’idillio
appena nato.
Fece finta di afferrare la mano tesa ma, d’istinto, rigettò il
punto per la ripida parete scritta, e lui scorse di nuovo, ma stavolta nel
verso esatto - seppur nella convulsa caduta - l’infatuazione, l’amore, la
passione, e poi la noia, la distrazione, la gelosia, e ancora malcontento e rabbia, il furore cieco e la violenza pura,
fino al sangue e anche lui medesimo, a fondo pagina, dove quel precipitare avrebbe
posto fine ad una nuova storia immensa, riducendolo stavolta in rivolo cremisi di punto frantumato.
“Finalmente l’eterna felicità e nessuna fine mai”
lunedì 31 gennaio 2022
GIORNATA LIBERA
Uno dei miti della pensione è la "giornata libera", la giornata da dedicarti.
Senza limiti.
Quasi una figura mitologica che fin dai tempi della scuola hai potuto far coincidere giusto con qualche festa o sabato e domenica, ma sempre con carattere estemporaneo e terribilmente limitato nel tempo, come anche le vacanze o le ferie, tutte maledettamente a termine.
Con la pensione sembrano cambiare finalmente i termini di riferimento. Basta obblighi, basta impegni, stop agli orari, gettata via la sveglia, non esiste più il weekend.
E' sempre weekend. E' weekend per sempre.
Questa l'idea malsana che ogni presunto pensionato cura nell'orticello delle proprie illusioni.
In realtà, nell'esatto momento del raggiunto traguardo, si palesano all'istante un miliardo di commissioni, servizi, impicci, richieste, favori, visite, spese improvvise, genitori, sorelle e altri parenti da accompagnare un po' dappertutto... tutta roba esistente anche prima, sia chiaro, non sto architettando un mondo ostile che improvvisamente si materializza sulla nostra strada, ma un intero universo pulsante ed onnivoro che, quando si lavorava, non era mai stato neanche lontanamente preso in considerazione.
Si lavorava, punto.
Non si era disponibili per nessuno, non esistevano poste, banche, medici, analisi, visite, spese.. tutta roba che, o dopo le 18, o sabato e domenica, o niente.
Soprattutto niente.
Nel senso che gli altri, bene o male, si arrangiavano.
Noi si lavorava duro, e a tempo pieno.
La pensione fa ricicciare fuori tutto invece. Lo evidenzia di botto sull'uscio di casa, al telefono, al citofono, per mail, per uozzap, a voce.
Dall'ordinario al più disparato.
Il tempo libero trasformato in una vortice senza fondo dal quale millemila richiami gridano all'unisono.
Le ventiquattrore saccheggiate senza ritegno fino a farle apparire ignobilmente risicate.
Come è possibile tutto questo?
...però devo ammettere che tempo per "qualche" post in più..
lo trovo !! ahah..
sabato 29 gennaio 2022
PER NORMA E REGOLA
La regola se ne stava lì, mogia e annoiata. Ferma
nella sua essenza.
Qualcuno l’aveva stilata un giorno, altri dovevano costantemente controllare
che non fosse disattesa.
Lei non avrebbe avuto modo di ribellarsi, contravvenire, disinnescarsi. La sua
era una vita abitudinaria, consapevole. Oltretutto iniziava ad essere ormai
desueta, conosciuta a memoria da tutti, difficile che qualcuno non la
ottemperasse anche solo
inavvertitamente.
Il giorno che decise di sregolarsi mandò in tilt il sistema. Di regola, si dovrebbe immaginare cosa può
accadere quando un po’ tutto si dilegua, ma proprio venendo a mancare la prerogativa
principale, si era andati verso la congestione.
Quasi a regola d’arte, oseremmo dire, se non ci fossimo trovati, anche in
questo caso, di fronte ad un’iperbole azzardata, che non percepiva più neanche l’eccezione
che la confermasse; una norma rimasta orfana, un insieme che doveva essere
servito, a regola.
Ad averne.
Ed invece no. La regola - o quel che ne era rimasto
- guardava con distacco il caos che aveva provocato, astenendosi stavolta.
Essere in regola era un pio desiderio, e lei era fuori di sé, altro da sé, ormai
le mancava il desiderio e il rispetto necessario per rimettersi, come dire, in
se stessa.
mercoledì 26 gennaio 2022
L'ELEZIONE FARSA DEL PRESIDENTE
Stiamo assistendo ad uno spettacolo davvero patetico. Da ieri niente più covid, nessun morto sul lavoro, sbarchi in controllo, Ucraina sotto minaccia, ma giusto una scaramuccia.
C'è solo lo spettacolo delle marionette al voto: grandi apparati, schede colorate, maratone televisive, grandi proclami, votazioni burla. La necessità di tre giorni di buffonate per arrivare ad un quorum manovrabile, una liturgia ammuffita figlia di un sistema bacato.
Se ad una ipotetica Finale di Champions di calcio tra Inter e Milan (e premetto che si tratta pur sempre di un gioco) i giocatori decidessero che non si tira in porta fino al quindicesimo della ripresa, o iniziassero a tirarsi i cartoccetti in campo, ci sarebbe la rivoluzione, insorgerebbero i critici, il pubblico, la stampa, i media tutti.
Si griderebbe allo scandalo, alla svendita di valori, all'imbroglio, all'indolenza, al cinismo e alla strafottenza.
Saremmo tutti d'accordo nel voler abolire il calcio e prendere noi a calci i pasciuti e apatici protagonisti.
Se invece la medesima, patetica baracconata, avviene per l'elezione di un Presidente della Repubblica, è tutto normale.
Continuiamo a tenere bloccato un paese votando Amadeus e Frassica (due personaggi, oltretutto, che quasi sicuramente governerebbe meglio, specie il secondo).
Qualcosa non torna.
Ma sono contento che almeno metà di questi pupazzi, al prossimo giro smetteranno di scaldare scranni.