In alcuni luoghi è decisamente più facile emigrare,
trovare rifugio e svangarla per un tempo indefinito. Non verranno mai a
cercarti, non si interesseranno a te, potrai farla franca passando
semplicemente inosservato, senza dare noia a nessuno.
Ma se arriva un censimento, allora può diventare dura. Per tutti.
Noi venivamo da un luogo ospitale, immenso, così ci avevano detto, ma in realtà
eravamo a rischio estinzione, ci sembrava di vivere sereni, esuli e spesso estranei, rispettati, ma
sotto costante controllo. Uno stato di polizia. Assediati anche se ce ne
stavamo lì, impassibili, senza creare il minimo disordine. Ci rendevamo conto
di rappresentare l’anima del luogo, la caratteristica principale, attrazione
inconscia. I visitatori erano alla mostra mercé. Imbambolati ad osservarci. Quindi
era anche nostra cura renderci, come dire, appetibili.
Ogni tanto qualcuno di noi riusciva ad evadere, si faceva notare di più, si
metteva in bella mostra, ed allora toccava a lui riuscire a cambiare paese,
status, nazionalità.. noi lo salutavamo un po’ invidiosi e rimanevamo all’erta,
contro le imboscate dei controllori.
Controllori di scadenza.
Questa è la storia di un carciofino sott’olio che ce l’ha fatta. Ha mollato il
superstore per mano di una gentile massaia, trovando posto in un elegante
frigo, pieno di altri rifugiati alimentari.
Il frigo era fresco e ben
temperato, certo si stava ammassati e, questo davvero scocciante, al buio; ma
favoriva il sonno la cosa, e di rado venivano a romperti le scatole, potevi
startene in pace per anni. Magari all’ultimo piano, tra una vegliarda
marmellata di mirtillo e un apatico rimasuglio di pesto in barattolo. La scadenza di noi vecchi abitanti era qualcosa che
riguardava i gestori in maniera svagata, eravamo arredo ormai.
Il frigo era composto da nord,
centro e sud. Il sud era un polo ghiacciato impraticabile, avevo sentito
parlare di fagiolini rimasti intrappolati tra i ghiacci per secoli, perlomeno
questa la leggenda tramandata da avi e trisavoli, al nord si arrivava a stento,
altezze scomode, ripiani spesso inaccessibili, tipo soffitta.. chi giungeva da
quelle parti - ed era stato il mio caso - poteva superare intere generazioni.
Il centro era vera tragedia: sotto l’occhio del ciclone, nessun angolo dove
sparire, continuamente giudicati, scartati, spolpati, vivisezionati.. difficile
resistere in campo aperto alle continue scorrerie. Chi veniva deposto a mezza altezza, guardava su e
poi giù con occhio implorante, conscio della propria fine imminente.
Ma poi arrivò lei, la polacca coscienziosa. Doveva pulire l’intero stato.
Pulizia tecnica la chiamavano. Sbrinò i ghiacci, divelse i ripiani, abbrutì il clima, ci riunì tutti in
cucina, pretese i documenti di ognuno, e non ci fu pietà per gli illegittimi.
Un attimo
prima di venire gettato via, rimpiansi il supermercato, pieno di luce almeno,
dove anche coi documenti non conformi, a volte riuscivi a farla franca, magari confondendo il codice tra le barrette di cioccolato.