Conoscenza dello spazio scenico e degli altri attori, grado di adattamento e iniziativa che ognuno di noi riesce a generare e provocare, attività di laboratorio, fare “officina” e conoscenza per poi iniziare a lavorare su un canovaccio acquisito.
Il
teatro è tutto questo, unito a quella sensazione prodigiosa dello scricchiolio
delle tavole di palcoscenico, una percezione che misura la tua presenza e l’essere
circondato da una struttura magica, permeata di pignoleria e dolcezza, di
copioni vissuti e nervosamente spiegazzati, dell’odore del buio, della quinta
che ti protegge e poi ti ribalta in scena.
Sarai
tu sul palco, eppure avverti come un distacco, un altro da te, che conosci, sia
chiaro, ma che impersona, assieme al personaggio di turno, le tue personalità
che vengono a trovarti mentre reciti, mentre impersoni sogni di altre
esistenze, movimenti e vita.
E
finalmente eccoci, il teatro è colmo, luci accese, brusio sempre più forte che
inquieta il silenzio gonfio di adrenalina al di qua del sipario, tra quinte
esaminate mille volte, oggetti di scena ricatalogati all'esasperazione, entrate
e uscite numerate, dissezionate.
Manca
un nulla. Il teatro è pieno, le luci in sala affievoliscono.
Mi
accomodo in poltrona curioso.
Il
mio alter ego esordisce oggi.