Ascanio Celestini, col suo defluire vocale che tracima dal palco e ci colma di sensazioni, regala un'emozione incredibile, riesce a commuovere e farci sorridere, seppur amaro, avvolgendoci di mille storie che si accavallano attorno ad un'unica, folle, storia:
l'eccidio delle Fosse Ardeatine.
Si parte con un dispaccio di agenzia: freddo, breve, terribile.
Il 23 marzo 1944 i partigiani uccidono, in un attentato a Via Rasella, 32 soldati tedeschi, un altro, ferito, morirà nella notte successiva.
La rappresaglia sarà terribile e immediata. Il giorno dopo verranno giustiziate dieci persone per ogni tedesco ucciso. 330 persone che diverranno 335.
Ci vuole una vita per uccidere 335 persone.
Ogni anno, nella commemorazione , vengono nominati, elencati, tutti i nomi di quei morti.
E ci vuole un sacco di tempo solo per citarli, per ascoltarne l'eco.
Pensa ad ammazzarle.
Trecentotrentacinque persone.
- sottolinea Celestini -
Quanto ci vuole.
Uno per uno con un colpo in testa.
A cinque a cinque, in una cava abbandonata sull'Ardeatina.
Dove noi oggi transitiamo a passo d'uomo, per il traffico.
Una montagna di morti che si ammucchiavano.
Una montagna di morte assurda.
E' una storia narrata coi ricami dei contorni, dei bambini da allontanare, dei tedeschi che ritardano, di Hitler che voleva uccidere cinquanta persone per ogni tedesco morto, dei manifesti che chiedevano ai partigiani di presentarsi per risparmiare la strage. Manifesti mai fatti stampare.
Mille storie attorno a morti per caso. A guerra praticamente finita.
Storie che non dovremmo mai stancarci di ascoltare.
Noi che ci si lamenta sempre.
Per il traffico soprattutto.
Sull'Ardeatina non ne parliamo proprio.