domenica 20 dicembre 2015

STAR WARS - IL RISTAGNO DELLA FORZA

"E se infilassi gli arrosticini? Me restano belli caldi..." 

Guerre stellari si veste da fumettone fracassone e torna, o perlomeno crede, pensando di far sognare. In realtà trattasi di semplice Star wars 2.0 ad altissimo contenuto di Hunger (video) games, concepito per un 3D dei poveri che, almeno quello, per fortuna, ce lo siamo scansati.. ci sono sì i richiami, il risveglio di ologrammi incartapecoriti (Han Solo su tutti, Harrison Ford che scimmiotta pure Indiana Jones sparando alla cieca sui nemici dell'Ordine.. pupazzetti cosi da spiaggia, incapaci di colpire un bersaglio a un metro, votati alla auto decimazione sistematica, che se fossero tutti così i nemici della Resistenza.. lo spazio sarebbe un'oasi di pace perfetta..)

Me gira la testa...

Non mancano le note positive.. il robottino rotolante BB-8 su tutti.. poi i leggendari titoli iniziali.. il raggio laser che avresti voglia di vederlo in versione colonscopia a surrogare efficacemente il liquido di contrasto bruciandoti all'istante pure le ulcerette in eccesso... strano che non ci abbiano pensato alla Walt Disney.. subentrata entusiasticamente in produzione alla Lucas Film .. una delle vette più alte come intensità emotiva è certamente il flusso emotivo provocato dal tocco della ritrovata spada laser da parte della protagonista Rey, donnina nostalgica e romantica ma che fa molto Mad Max in un futuro disadattato.
Il nuovo simil Darth Vader suscita teneri sorrisi col suo laserino modello Re Artù, specie ogni volta che si indispone e si sfoga sulle apparecchiature di bordo.. apprezziamo comunque il tentativo di fornire spunti di continuità, dai cupi attentatori del Primo Ordine al servizio di un Lato Oscuro un po' gigione, alle fumose taverne piene di alienoidi improbabili, agganci che rendono meno distante un Passato che incombe come un macigno.. 


ma alla fine ci sembra che il compromesso raggiunto risulti un novello start up che paga troppi pegni.. fa sicuramente da tappetino di benvenuto e trampolino di lancio ai prossimi due episodi della nuova trilogia annunciata (certo non perdo il sonno per i 730 giorni che mancano al secondo episodio..), cerca di vestire la nuova eroina di linfa vitalizzante pur convincendo solo a metà, investe su Finn (un Boyega dallo scarso appeal) e riesce soprattutto in una mission possible, tranquillizza le migliaia di fans di tutto il mondo: se questi sono i nemici... lunga vita alla Resistenza!


p.s. Ma Luke Skywalker che se ne stava cosi tranquillo a Ponza? Perché andarlo a distogliere da succulente ricciòle all'acqua pazza?
Lo sapremo solo nel prossimo episodio...




sabato 19 dicembre 2015

ANTONIO REZZA "ANELANTE" (L'ALTRO TEATRO...)



Rezza è per certi versi rassicurante nei suoi eccessi, nelle sue tiritere musicali, coi suoi ritmi indiavolati, col suo ingarbugliarsi di parole.

La rende musica, la parola.

Senza uno strumento in scena mette su un concerto di voci e corpi, danze mentali che scuotono il convenzionale, che tirano giù dal letto il nostro stantìo approccio al teatro, fanno a fettine le nostre credenze e pure i nostri armadi ricolmi di scheletri.

Rezza libera liberandosi.



I suoi personaggi folleggiano facendo pensare ognuno alle nostre inutilità quotidiane. Ai nostri falsi miti. Alle nostre necessità che non si realizzano perché rimaniamo schiavi. Probabilmente preferiamo rimanere schiavi.
Rezza ci da una scossa.
Stavolta con l'aiuto di altri quattro artisti eclettici, in corpo e voce, come lui, a riempire lo spazio e il vuoto, una scenografia con una sola parete piena di buchi/finestre (un must tocca ammetterlo..complice l'eterna collaboratrice Flavia Mastrella) dalle quali appaiono e scompaiono mille spunti e mille provocazioni.



Ma non c'è un angolo di palco che non venga coinvolto. Non c'è un briciolo di cervello che non venga sferzato. Un grammo di sensibilità che non venga sollecitato.

Assistiamo allo spettacolo delle nostre assurdità. Quelle che portiamo in scena ogni giorno convinti di fare bene.

E invece ossequiamo un diritto d'autore sconosciuto.
Che dispone di noi come vuole.


martedì 15 dicembre 2015

LA FELICITA' E' UN SISTEMA COMPLESSO (TROPPO)



Anche il cinema è un sistema complesso. Come la recitazione. La scelta dei personaggi. Gli atteggiamenti della sceneggiatura. La scelta degli spazi musicali e visivi.
Zanasi sembra imbarcarsi in un'avventura ardita, perdendo subito il senso della misura.
Un lavoro difficile da spiegare” quello di Mastandrea che si sbarazza di manager alla frutta. Ma dove tutto il lavoro di cesello ai fianchi non viene praticamente mai mostrato, con personaggini che hanno già il biglietto in tasca per Costarica o Nuova Zelanda, se non quando si tratta di raccogliere l'ultima firma di dimissioni.
Oltretutto amico e confidente - in clamorosa contraddizione - dell'infingardo figlio del suo datore di lavoro, sicuramente l'unico manager visto all'opera da segare immediatamente e spedire al confino.
E con l'ultima impresa (che gli costerà il posto tra l'altro), lo vediamo che tenta di ridurre alla ragion di stato due adolescenti orfani ed ereditieri di una grossa attività imprenditoriale, e non scopriremo che l'istrionico e sentimentale perdente già abituati a conoscere nel cinema che gli è più congeniale: un Mastandrea che gioca nelle sue corde tra l'eccesso e il grottesco.
Molta, troppa carne al fuoco: l'israeliana da far vedere coi capelli unti quando fa comodo (che progetta strisce di Gaza nel nuovo mondo dove viene accolta samaritanamente - e qua un bel Mastandrea personaggio, quando l'accusa di suicidio simulato -), gli orfani disegnati catatonicamente in parole e comportamenti, lo squallido mondo di pescecani che regola economia e società, Mastandrea che s'immola come può e rende credibilità - anche se appare un controsenso - solo quando esce dalle righe (tuffi in piscina, improbabili partite a rugby, inseguimenti in bici, stonatura di canzoncine a metà tra Sanremo e lo Zecchino d'oro, passeggiate in montagna vestito da ufficio).

"...proprio 'na bolla de sapone.. 'stò firm..."

Il cinema è un sistema ben complesso e a passi indietro, come con la reiterata Moonwalk del celebre Michael, si rischia il tonfo per le scale o, come in questo caso, la scivolata verso un cinema spalmato di filosofia new age, come uno degli infiniti post facebook coi quali tutti si riempiono la bocca mentre nella vita rinunciano. E nel cinema gettano fumo negli occhi.
Ed infatti è film d'immagini se vogliamo proprio starlo a salvare, e suoni soprattutto, deliziato da frequentissimi intervalli sonori di altissima qualità, dalla darkwave dei Dead can dance alla tenerezza romantica dei Nouvelle Vague.
E allora ci teniamo strette queste emozioni uditive e lasciamo che Zanasi si balocchi con sistemi meno complessi.

Dia retta. 

lunedì 7 dicembre 2015

DIO ESISTE E VIVE A BRUXELLES (no alle Maldive.. forse è per questo che je rode un attimo...)

"Ve sistemo io.. ridicoli omuncoli.."

Sopravvive a Bruxelles, direi. Perché il dio disegnato da Van Dormael la subisce la città, grigia e uggiosa. Costretto ad affrontarla viene picchiato e affamato, trattato nello stesso modo col quale le sue leggi flagellano il pianeta, e quando non lo flagellano lo rendono perlomeno irritante, come già Murphy ci insegna ogni santo giorno, uno di quegli innumerevoli giorni dove la pellaccia la portiamo a casa, ma la sfiga ci sconquassa a ripetizione.
Impariamo che oltre a Gesù, figlio ribelle che “recita a braccio”, c'è una sorellina insofferente e una mamma dea pazientemente rassegnata alle paturnie del marito.

"Paradiso terrestre?!.. Mortacci!.."

La ragazzina decide di scrivere un “nuovo nuovo” testamento cercando sei apostoli (“dodici son troppi e ti sfuggono di mano” gli confida il fratello maggiore..) e prima di mettersi all'opera sventaglia a tutto il mondo la data di morte di ognuno.
Idea brillante. Pensate cosa scatenerebbe una presa di coscienza simile. Non voglio manco pensarci.

"Vi faccio a pezzi!.."

C'è questo film bastardo e irriverente a farlo per noi. Lirico e burbero, grottesco e luminoso. Comico e sapiente. A volte sfarfalla per una tangente lontana ma spesso azzecca la mira su manie e crepe mentali tipiche del nostro stressato tirare avanti, si frammenta tra siparietti deliziosi e parentesi di altissima poesia visionaria, come il sorriso identificato in una cascata di perle per le scale.
Vuole alleggerire il destino surrealizzando i nostri timori e i nostri interrogativi, Van Dormael. 
E si affida intanto a un Dio vestagliato e ciabattato, cinico e baro, egoista e violento, sadico e ridanciano ma pure annoiato e visibilmente irritato con questi umanoidi che non fanno altro che annientarsi in “suo” nome.

"Sereni.. ci penso io a voi..."

L'umanità ha preso una brutta piega, Gesù gioca alla statuina, Dio beve birra.. forse servirà un reale tocco femminile affinché si riveda la luce. Questo il messaggio di fondo.

E che nessuno ci riveli la data della dipartita, per cortesia.

domenica 6 dicembre 2015

HEART OF THE SEA - Le origini del tonno in scatola...



Non ci fa impazzire questo prequel di Moby Dick. Ron Howard sembra divertirsela molto tra svariati dettagli di camera e computer grafica a volte fin troppo casareccia ma la storia non decolla. Se ne resta a velocità di pacifica crociera.
Tanto per rimanere in tema.


Le interpretazioni simboliche che vorrebbero scrutare animi umani e capodogli irrequieti tra gli abissi e le tempeste, si attestano in fragile superficie, come le barchette degli intrepidi balenieri, facili da spazzare via con un colpo di coda e una digitalizzazione azzardata.


Il cuore del mare svolazza veloce e il clou della storia - la balena che affonda la nave - liquidato alla bell'e meglio.
Troppo il déjà vu: i contrasti tra capitano e ufficiale, la balena che insegna l'etica, i naufragi, la fame, la solitudine, il ritorno a casa.
Viene in mente Cast away più che Lo squalo, ma in una versione frettolosamente pocket.



..e torniamo a casa pure noi ricordando di aver assaggiato balena affumicata a Bergen e anche che, con l'arpione, manco una trota riusciremmo a prendere..

lunedì 30 novembre 2015

IL SAPORE DEL SUCCESSO




E' tornato Bradley Cooper. Cupo e misterioso, istrionico e arrogante, dolce e incazzoso. Cucina da Dio e recita altrettanto. Un ratatouille di grandissimo livello, e chi ama i masterchef qui trova pane (e infiniti altri deliziosi manicaretti) per i suoi denti.
L'idea è quella di legare cucina e redenzione in un connubio equilibratissimo, con esatta emulsione di immagini e ingredienti, e un frenetico montaggio di immagini e chiare d'uovo; l'intersezione di tagli musicali con tagli di rombo freschissimo arredati di pesto e coriandolo.
La proposta vincente quella di mischiare vita vissuta, rogne emozionali e devastanti trascorsi, assieme al genio culinario che trasforma quest'uomo squassato dalle debolezze in un analista sopraffino, che mette il dito in tutte le salse e in tutte le torte per scovarne l'essenza, cosi come ha messo il dito e tutto se stesso nelle storture che la vita gli ha parato davanti, come in tutti gli eccessi anche, per carpirne il senso dell'eccellenza:
Un piatto venuto male si butta, qui vogliamo solo la perfezione”.



Non è un Cracco qualsiasi Bradley, è un uomo che soffre, che pulsa, che ama, che soffre, che invidia, che fa - e si fa - del male, ma in cucina si redime e tira giù il paradiso, e gli angeli gli ballano intorno tra le fiamme vive e il burro sfrigolante.
Che ci sia del già visto è inevitabile.. le liti, gli amori, le cazziate, i piatti che volano ma anche qui, tutto confezionato con una verve a tre stelle come quelle Michelin.. spasmodicamente ricercate per tutto il film.. ed è una splendida regia che si prende i pieni voti.. riprese fantastiche tra pentole e manicaretti per farci entrare letteralmente nel “cucinato” .. percepiamo e assaggiamo sapori e aromi, ci scottiamo e spadelliamo allegri in un immaginario 3D dove la terza dimensione è dedicata alle nostre narici e alle nostre papille gustative in costante fibrillazione..


e non mancano deliziosi e delicatissimi siparietti.. come la torta servita in sala ad un ospite speciale.. scena della quale non vi raccontiamo oltre ma che può valere da sola quasi l'intero film.. un Bradley Cooper mattatore, insomma, magnetico e scorbutico, fascinoso nei deliri e nelle prove di polso.. padrone dello spignattare frenetico come anche di uno sguardo acquosamente tenero.

Nouvelle cousine ragazzi.. per un gradevolissimo film cotto a puntino.


sabato 28 novembre 2015

"CHI FA LA SPIA NON E' FIGLIO DI MARIA"


Con questo cavillo giuridico legale sfoggiato dai prestigiosi Studi legali che seguono il Vaticano nel processo a Nuzzi e Fittipaldi, siamo finalmente arrivati alla giusta conclusione auspicata anche da Bertone.



Certa gentaglia non deve permettersi di infangare il buon nome della Chiesa. Ecco.

Resta il fatto che questa Chiesa, invece di vergognarsi, accusa.

Non accusa che si dicano balle. Badate bene. 
Accusa la "sottrazione di documenti riservati".

Francesco che aspetti a prenderli tutti a calcioni i mercanti del tempio?