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martedì 29 luglio 2025

L'AUTORE

 


L’avevo preconizzata l’idea dell’autore non più necessario. https://francobattaglia.blogspot.com/2019/05/finalmente-esce-il-mio-libro.html.
E di conseguenza l’essenza dell’opera che sgorga e prende corpo per delinearsi autonomamente, definendosi per linee proprie.
Se l’opera diviene interpretabile, scavalcando i parametri che prescindono dell’autore, e se ogni lettore la rende fluida, malleabile, sostanzialmente differente, arricchendola di sfumature alternative, non ci troviamo quindi davanti qualcosa di indipendente, svincolato, avulso, dove l’autore è solo scintilla trascurabile, abbrivio incosciente?

A simpatico corredo un raccontino breve di Alessandro Sesti, tratto dalla raccolta Moby Dick e altri racconti brevi (Gorilla Sapiens Edizioni),  dove molto argutamente, Sesti, spilucca e delinea con ben altra sagacia l’argomento (anche se, coerentemente e perfettamente in linea con lo spirito del post, superfluo prendersi la briga di segnalarne il nome..ihih):

 L'AUTORE

“Ieri sera al bar,  fresco di wikipedia parlavo di Tolstoj credendo di fare la mia porca figura, quando la cameriera mi ha informato che nessuno più ritiene che un testo possa avere un autore definibile come individuo. Poi ha aggiunto che l’autore, se proprio se ne vuole parlare ma sarebbe meglio di no, è una sorta di composto magmatico formato dall’insieme delle rappresentazioni che il pubblico ha del narratore; rappresentazioni determinate dal testo stesso, dalla posizione della critica letteraria, dall’interpretazione di ogni lettore, effettivo, potenziale e immaginario, dall’ambiente sociale in cui viene prodotto e letto, dal vissuto infantile dell’impaginatore, dagli archetipi sognati dal correttore di bozze, e da altre cose che, complice un eccessivo consumo di vino della casa, ricordo solo confusamente.
A ogni modo è irritante: gli autori non esistono più e io a parlare di Maupassant, Austin e tutti gli altri come un fesso. Nessuno mi dice niente, sono sempre l’ultimo a sapere.
Protestando comunque che tutto ciò mi era notissimo, ho intanto indagato sulle fonti relative a questa sparizione dell’autore, così cambio bar e mi rifaccio un nome. E lei, la cameriera  menziona un libro di un certo Hix, lo ricordo perché era come il rumore del singhiozzo ma con la ics, e io avevo appunto il singhiozzo per colpa di quel vinaccio. Comunque il libro s’intitola “Morte d’autore, un’autopsia”, o” Autopsia della morte d’autore”, insomma, l’essenziale è che l’autore è morto.
 Ho sorriso come a dire, ah certo, Hix lo conosco bene, ma la cosa non è così semplice, e bevuto l’ultimo me ne sono tornato a casa con  la mia ignoranza.
Oggi quindi sono andato alla biblioteca comunale. Chiedo il libro, e la bibliotecaria a sua volta mi chiede l’autore, con tono assolutamente meccanico e privo di intenzione, come se fosse la domanda più ovvia possibile.
Devono proprio pensare tutti che sono un deficiente.
Ribatto che, come è noto, l’autore non è certo una persona fisica, ma piuttosto, e a essere riduttivi, una descrizione approssimativa delle rappresentazioni mentali della figura narrante da parte dei lettori potenziali del testo. Mi risponde che se non le dico l’autore non può trovare il libro. Da non credersi. L’autorino con nome e cognome che scrive con la penna d’oca.. intendo, siamo tutti adulti, abbiamo fatto le nostre, e non c’è proprio motivo che ci raccontiamo storie. Niente, l’impiegata è inamovibile. E tutti intorno che le danno ragione, come negli incubi.
A questo punto credo mi stiano mettendo alla prova.”

 


mercoledì 23 luglio 2025

L'APOCALISSE DEL PARCHEGGIO

 


Il rombo sommesso di migliaia di motori, un tempo colonna sonora della frenesia ma anche dell’indolenza romana, quel 3 settembre 2026, si era trasformato in un lamento, un'eco disperata che si propagava dai vicoli del centro fino alle tangenziali intasate.

Era avvenuto.

Quello che per anni era stato solo un timore sussurrato, una chiacchiera da bar, si materializzò in una realtà incontrovertibile: “la misura è colma”, è un modo di dire spesso utilizzato e significante, quando si arriva a dei limiti non più sopportabili.
A Roma, stavolta, i  parcheggi traboccavano. 

E non si trattava di un’iperbole.

Danila era partita da Monteverde alle sette del mattino, sperando di anticipare il solito inferno.  Doveva essere in ufficio in Prati per le nove. Alle otto e mezza era ancora intrappolata in un ingorgo a Trastevere, con l'indicatore del carburante che si abbassava minaccioso e attorno decine di auto intrappolate nel delirio come lei.
Un barlume di speranza si accese mentre scorgeva un'auto lampeggiare per uscire da un posto. Si fiondò, ma prima ancora di poter mettere la freccia, una Smart sbucata dal nulla, ignorando qualsiasi regola di civiltà, si infilò nello spazio, con il conducente che le rivolgeva un fasullissimo sorriso di scusa, a nascondere palese aria di trionfo.
Era un gesto di nuova guerra, basta cortesie.

Gigi, a sua volta, aveva ormai superato ogni limite di ragionevolezza. Partito da Casal Palocco alle sei, convinto che il suo anticipo gli avrebbe garantito la salvezza. Dopo aver girovagato per ore in centro, a San Giovanni, e persino a Cinecittà, si ritrovava ora sul GRA, guardando sconsolato quella campagna che si estendeva oltre il raccordo.
Trenta chilometri dal suo posto di lavoro in Viale Europa, e la sua utilitaria ormai un guscio opprimente che non riparava più da nulla.
Aveva visto persone parcheggiare sui marciapiedi, sui prati, persino in mezzo alle rotonde, ma ogni spazio si riempiva all'istante, anzi, sembrava già intasato, nessun pertugio, nessun  buco nero.
Chi aveva lasciato l'auto in seconda fila, con il motore acceso e lo sguardo fisso sul volante, era diventato il nuovo archetipo del romano, custode del suo effimero ed inutile trono di lamiera.

Chi, come Lucilla, aveva la fortuna (o la sfortuna, quel giorno) di possedere un garage privato, si era trovato di fronte a un dilemma amaro. Uscire significava entrare nel vortice infernale che ogni radio ormai annunciava difficilmente risolvibile pescando un posto auto vicino al lavoro.

Aveva provato a fare un giro veloce per prendere un caffè, ma la visione delle strade intasate e dei volti disperati dei conducenti l'aveva fatta desistere. La sua auto, una fedele utilitaria che un tempo la portava ovunque, ora le sembrava una prigione dorata.
Tornare nel suo garage era l'unica opzione sensata, ma quel gesto manifestava tacita sottomissione.  

Un ripiego, probabilmente definitivo, a segnare la resa di fronte a un nemico invisibile e onnipresente.

La sera, infine, ecco Roma illuminata dalle solite luci dei lampioni, ma stavolta a riflettersi su auto immobili.
Un ammasso forzatamente ordinato di lamiere erranti, di clacson esausti e di gemiti strozzati. Il silenzio si stava impossessando delle strade, non per l’assenza di auto, ma per la disperazione di chi non sapeva più come muoversi.

Collasso totale. Le auto abbandonate dove capitava in segno di capitolazione totale e inevitabile.
Parafrasando in foggia consolatoria una famosa massima: quando tutto è caos, nulla è caos. Rassegnazione impotente di fronte quel nuovo, devastante, scenario.

E la domanda che aleggiava nell'aria, più pesante dell'inquinamento, più opprimente del disagio palpabile, era: cosa sarebbe successo il giorno dopo?

Però.. a me che vado in scooter, ma quanto me po’ preoccupa’ ‘sta cosa?!  ;)

 

 


sabato 14 giugno 2025

LA CONTESSA

 


Spinti come da un’intuizione  prenotiamo il Palazzo Nobile di San Donato, a Montepulciano.
L’appartamento una delizia rinascimentale, soggiorno attorno a fine ‘600 della Contessa Contucci, capostipite di un impero enologico ancora oggi di rilievo, anche se non con i fasti di un tempo.  
E noi a vagare per quelle stanze, ora, trasformate in esclusivo b&b, estasiati dai broccati, dalle pitture, dai tappeti, dagli intarsi e dai tessuti; dagli arredi e dal loro fascino, dalle vetrate su Piazza Grande, affacciate direttamente sulla Storia, come una macchina del tempo a rivivere gesta impensate.

La suite Rosa era stata proprio dimora di Eleonora Contucci, ed ora potevamo rivivere atmosfere dell’epoca immaginandone altre, di stagioni, con i rituali di vita di corte, la cura del corpo e degli abiti, ma anche una vita sociale intensa in un periodo di fermento ed esaltazione delle risorse primarie di zona, le uve pregiate e il vino innanzitutto, l’esaltante Nobile di Montepulciano.

Dopo una giornata tra vicoli e scorci medievali, ci addormentiamo nel letto a baldacchino con mille pensieri, e forse proprio uno di questi a svegliarmi poco prima dell’alba.
Decido di alzarmi e mi dirigo verso la grande finestra, attirato dalle luci tenui della piazza silenziosa.

Mentre avanzo scorgo quella figura seduta in penombra, capelli raccolti, viso confuso dal chiaroscuro, non faccio in tempo a realizzare un pensiero, che mi saluta quieta: “Buonasera, non abbia timore, sono la Contessa Contucci, proprietaria del palazzo, perlomeno una volta.. ma non ho mai smesso di fare qualche puntatina, specie quando percepisco la presenza di ospiti sensibili, attenti, e meravigliati soprattutto”

Io resto immobile, impietrito, non un muscolo fuori posto, riesco giusto a pronunciare “Buonasera”; poi mi blocco come un automa scarico.
“Non si preoccupi” replica lei ”Capisco, in fondo un fantasma è roba da libri, da  cinematografo (davvero invenzione fantastica..), come piace a tanto pubblico ora, difficile immaginare di incontrarne uno autentico, ed in effetti anche la mia presenza qua è anomala, legata solo alla sopravvivenza del luogo, alla preservazione delle attività di famiglia, soprattutto alla produzione e valorizzazione del vino, patrimonio  eletto, esattamente da me, come risorsa principale.. agli uomini di famiglia mancavano estro, visione e anche scenari; sono sempre stata io a guardare oltre, a comprendere quale immensa risorsa avevamo tra le mani, sfruttata fino ad allora solo per minime  esigenze familiari.
Era già un progetto l’impero da costruire, anche se per noi signorine era previsto solo un mondo imbellettato, ricco di feste, vestiti, e poi adibite  a procreare e gestire, al massimo, le finanze di casa.
Ma avevo visto giusto. La vita di corte mi stava tremendamente stretta: preghiera,  musica e supervisione della servitù potevano gestirle altri.
Intuivo un sogno, e l’ho realizzato. L’ascendente sul mio consorte poi,
per mia e sua fortuna, ha permesso la crescita e, dopo i primi risultati, nessuno ha osato più contraddirmi, mi sono fatta  valere a corte, imparando le lingue straniere, ero io a negoziare con i commercianti delle altre contee, ho preteso di interferire nelle scelte politiche.
Man mano che Montepulciano si rivelava potenza, sono riuscita con la mia diplomazia  a  farla divenire sede episcopale e fino ed oltre il ‘600, anche con la bonifica della Valdichiana, le cantine Contucci sono diventate celebri, purtroppo mio figlio Stefano, accecato dalla brama  di successo, mi ha messo da parte, relegandomi di nuovo a ruoli marginali e io, per amore, non ho fatto resistenza, constatando che l’inesorabile decadenza dell’impero cui avevo dato vita, si stava prospettando fatalmente .. e così eccoci ad oggi, ogni tanto in veste di candido spettro, a godermi le nobili memorie del mio palazzo e, talvolta, i suoi deliziosi inquilini.. ”

Saluto e ringrazio col fiato che trovo e torno a letto senza capire se stia sognando o meno. 
Vedremo domani. 




mercoledì 4 giugno 2025

LA RIVOLTA DELLE BOZZE

 

Erano là in attesa, e questo post pubblicato non può essere certo una ricompensa adeguata; loro da tempo hanno smarrito entusiasmo e pure identità. 

Un vessillo disperso dopo che il Re ha oltrepassato il confine,  gomena abbandonata sul molo dal piroscafo salpato.

Post in bozza che secondo l'Autore avrebbero avuto un senso, in un loro preciso tempo, ma ora sono solo stonature asincrone, estranei appartenuti ad un mondo andato avanti nel frattempo, ambasciatori destituiti di Stati che non esistono più, testimoni di eventi dimenticati, amori sepolti, eventi evaporati, ambasce sensate, impellenti - un giorno - e ora non più.

Unica cosa certa è che non si acconteteranno di un memoriale vuoto, vogliono riprendersi la ribalta, il treno perso, il volo cancellato, la nave che fa ruggine in rada.

C'è voglia di tornare, anzi, entrare in corsa, denunciare, gridare, farsi vedere. Inconcepibile che il mondo cambi senza un loro sussulto, una spinta, una denuncia, una fantasia; chi può decidere qual è il tempo, chi può compilare graduatorie obiettive, ottimali? Lo decide chi legge, certo, chi si incuriosisce, chi passa oltre, chi pensa che i blog siano finiti e non ha mai compilato mezzo post, preferisce una frenetica meteora su facebook, coi like a peso, e domani oblio.. ma che dico domani, dopo mezz'ora.. e le bozze qui, nel cantiere dell'eterna lavorazione?

"Forse significhiamo più di una pubblicazione avvenuta, perché quella vede la luce, ma la scorge anche tramontare, più o meno veloce, vero..ma il blog tira avanti, e a rimorchio solo noi, le bozze, che ad ogni apertura reclamiamo visibilità, quella visibilità istantanea e luminosa, anche se che poi significherà fine certa." 

venerdì 25 ottobre 2024

VINCENZO

 


Si chiamava Eleonora, sua moglie. Aveva vissuto per lei. E dopo la sua scomparsa era scomparso un po’ anche quel Vincenzo che tutti avevano imparato a conoscere, per far posto a qualcosa di nuovo.  Agli occhi degli altri, almeno.
C’era stato come uno stop, un rivalutare il mondo; mondo che lo aveva sempre affascinato e continuava, nonostante tutto, anche ora, alla soglia degli 85 anni.
Non esisteva più il senso del donare, ma il vivere una sorta di assorbimento totale, saturarsi di quel far fronte, come a riequilibrare l’assenza più importante,
a gremire i colmi della sua solitudine che gli parlavano di storie non più sue,
ma sapeva di non essere solo.

Ed allora ecco i viaggi, le letture, il cibo, i teatri; il circondarsi di bellezza a stemperare supposta malinconia, nuovi ricordi a confondere memorie inamovibili e crearne di nuove, inattese.
La sua casa museo traboccava di emozione, e lui manteneva tenacemente acceso quel tepore domestico, come le boccette di profumo, mai più spostate.
Cenava e amava raccontarsi spesso con pochi, eletti, amici fidati, ormai depositari delle sue confidenze, di intimità e affinità elettiva.

Viaggiare, adesso, era ricostituente e allo stesso tempo calmante per l’anima, una sorta di salvavita, uno smussare turbamenti ma, soprattutto, incentivo ad accumulare, riscoprire, rendere partecipe il se stesso di una volta, riverniciare dove le crepe prendono vigore e dalle quali temeva, un giorno, smettesse di trapelare la luce del ricordo, e il solo dubbio era che l’aria ne ossidasse il sapore, una stasi che non voleva né poteva permettersi.
Alimentava un moto continuo a generare solo in apparenza quel frenetico porsi
al (r)esistere, come con le rose, puntuali  ad ogni compleanno.
In realtà era un ripercorrere il suo: indossava il suo passato e se lo teneva addosso, non aveva problemi di risorse economiche o liquidità: prenotava sempre doppio coperto nelle cene dove cercava intimità, e due posti in aereo: sua moglie occupava idealmente quello vuoto, tenendogli la mano per tutto il volo.

Le visite guidate erano di coppia, ogni nuovo arredo per la casa aveva l’assenso di Eleonora, leggeva a voce alta in salotto con la luce fioca, sceglieva assieme a lei nuove uscite in libreria, e curiosi saggi in biblioteca.
Ad ogni prima teatrale lei gli sistemava la cravatta, quella regalata all’ultimo compleanno, alla fine testimoniavano gioia autentica, ed Eleonora era sempre nell’ultimo eco di applauso.


lunedì 30 settembre 2024

IL GIORNO DEI DISCHI VOLANTI

 


Di Neil Gaiman avevo già postato il racconto, Gli altri, sempre dalla raccolta Cose fragili. 
Adoro il narrare breve di Gaiman, ecletticissimo autore di horror gotici e dallo stile tagliente, anche disegnatore di graphic novel e sceneggiatore. 
E poeta in questo caso, di particolare sensibilità.

 

IL GORNO DEI DISCHI VOLANTI 

Quel giorno, atterrarono i dischi volanti. Centinaia, dorati,

Silenziosi, scendevano dal cielo come grandi fiocchi di neve,

E i Terrestri immobili

li guardavano arrivare,

Aspettavano, le bocche riarse, di scoprire cosa contenessero

E nessuno di noi sapeva se ci sarebbe stato un domani

Ma tu non l’hai notato perché

 

Quel giorno, il giorno dei dischi volanti, pura coincidenza,

Fu il giorno in cui dalle tombe si riversarono i morti

E gli zombie emersero piano dalla terra morbida

o invece eruppero di brutto, barcollanti, opachi, inarrestabili,

Vennero verso di noi, i vivi, e noi fuggimmo urlando,

Ma tu non l’hai notato perché

 

Il giorno dei dischi volanti, il giorno degli zombie, fu anche

Il giorno del Ragnarok, e la televisione ci mostrò

Una nave fatta con le unghie dei morti, un serpente, un lupo,

Tutti più grandi di ogni immaginazione,

e il cameraman non riuscì

Ad allontanarsi abbastanza, e poi ne scesero gli Dèi

Ma tu non li hai visti arrivare perché

 

Nel giorno dei dischi-zombie-fine del mondo

saltarono tutte le barriere

E ciascuno di noi fu invaso da geni e spiritelli

Che ci offrivano desideri e sorprese ed eternità

E incantesimi e brillantezza e cuori

sinceri e coraggiosi e pentole d’oro

Mentre i giganti ucciucciavano per il

paese, e le api assassine,

Ma tu non ne avevi idea perché

 

Quel giorno, il giorno dei dischi il giorno degli zombie

Il giorno del Ragnarok e delle fate, il giorno

dei venti potenti

E della neve, quando le città divennero cristallo, il giorno

In cui tutte le piante morirono, la plastica si dissolse, il giorno

In cui i computer si accesero per dirci

a chi dovevamo obbedire, il giorno

In cui gli angeli, ubriachi e impastati, barcollavano nei bar,

E tutte le campane di Londra risuonavano, il giorno

In cui gli animali ci parlarono in assiro, il giorno dello Yeti,

il giorno dei supereroi e dell’arrivo

della Macchina del Tempo,

Tu non ti sei accorta di nulla di tutto questo perché
 

eri seduta in camera tua, non facevi niente,

non leggevi neanche, in realtà, stavi

lì a guardare il telefono,

chiedendoti se avrei chiamato.

 

domenica 22 settembre 2024

STORIE

 

Erano le storie che venivano a cercarmi,
alcune a forma di gattino minuscolo
desideroso solo di coccole e punti e virgola.

Storie randagie animate solo da istinto e curiosità,
ma digrignano i denti a volte, soffiano insofferenza,
graffiano l’anima a non stare accorti.

Che poi le vado solo narrando,
addobbandole da raccontino,
e dove le metto poi?
Avrei aperto il blog proprio per accatastarle meglio,
ma loro stanno chiudendoci me, in realtà.
Le faccio respirare e loro tolgono fiato, consistenza:
mi svuotano.

Creo mondi che non esistono fuori da me
e fanno fatica ad imporsi visione, lettura, interpretazione.

Sembrano universi rovesciati, mappe indecifrabili.

È l’altro lato dello scrivere per se stessi,
quello inopportuno,
creatore di mostri che mi sfamano
ma poi vagano in cerca di cibo per loro,
e mi tengono buono
affinché riproduca altre storie fameliche,
per muoversi in branco, abbagliare un lettore casuale,
e sbranarlo
mentre incauto rimane affascinato da una tela invisibile.

Lui accarezza il micio e l’artiglio lo squarcia.

martedì 11 giugno 2024

QUATTRO FIUMI

 


Quattro fiumi s’incontrarono: il primo scorreva veloce e sicuro verso il mare, il secondo si stava riposando in un’ansa naturale, il terzo pigro ma costante accompagnava docile barche e canoe che lo solcavano.

Il quarto li vide e disse: domani voglio tracimare attorno a scoprire case, terra, assaggiare alberi, incontrare animali, attraversare strade sempre solo scorse lungo gli argini.

Il primo replicò: non mi interessa, voglio tuffarmi solo nel mare e sentirmi finalmente libero di divenire onda, sicura, leggera, imponente e temuta.

Il secondo accennò: ma come vi va di scapicollarvi in continuazione, io vorrei quasi essere lago, nero, profondo anche un po’ infido, immobile all'apparenza.

Il terzo li guardò sorridendo: fate come me, assecondate la corrente e i suoi cavalieri, la prossima rapida li coglierà di sorpresa e anch’io me la divertirò un poco.

Morale. Occhi aperti mentre prendete il sole sul bagnasciuga,
e anche mentre fate il bagno,
o attraversate un ponte
o vi godete una crociera.

Ma pure se state solo seduti a riva a pescare,
aspettando che il nemico passi.

Nulla è prevedibile.

 

giovedì 4 aprile 2024

LOOP

 


Lei che esce, ed io ad attenderla. Un classico.

Guido sul Raccordo Anulare, anello di 67 chilometri attorno a Roma, spesso intasato di traffico incartato, e penso ad una di quelle storie spazio temporali - proprio fatte ad anello - che mi hanno sempre affascinato, segnandomi anche, a volte, con intrecci di tempi e luoghi a rincorrersi..
seguo la strada in modalità pilota automatico: ecco l’uscita per Firenze, manca una vita ancora, le auto in fila, lamiere a sfiorarsi, velocità da carro di buoi al crepuscolo.. 

E intanto vedo una giornata vissuta e da rivivere, con quei déjà vu a fulminarti le sensazioni, a costringerti alla replica, alla duplicazione, alla memoria frenetica, al pensarti in un incantesimo dal quale sia impossibile uscire, a ciò che potresti fare diversamente e invece non hai mai fatto, perché lo immagini come sogno, di quelli che si impadroniscono di te nel sonno, e dai quali esci solo risvegliandoti, magari sudato, rinfrancato quasi mai, con quel finale sempre uguale, una speranza disattesa, un circolo vizioso che non concede uscite (mica è il raccordo..).

Lei che esce, ed io ad attenderla.

E allora pensi: chissà.. se solo una di quelle volte avessi detto la parola giusta, sfoggiato l'esatto sorriso.. 
E' un appuntamento sempre uguale: sotto casa per l’ennesimo tentativo, una storia impossibile, l'insistere insensato, un inutile rincorrersi con i propri da ridire; ripicche, gelosie, dispetti.
Ogni volta un film in onda di nuovo, con qualcosa che va irrimediabilmente storto, come se ognuno di noi già sappia, una storia senza storia, con nessuna evoluzione, alla quale tuttavia non ci sottraiamo e che non riesco ad incanalare secondo i miei intendimenti.

Lei che esce, ed io ad attenderla. 

Ma stavolta ho le parole giuste, le motivazioni mai trovate prima,  orizzonti certi a supporto. Voglio spezzare l'incantesimo, guido sicuro .. ma il traffico s’intensifica.. ed ecco ancora l’uscita per Firenze!..  Non riesco neanche ad immettermi in corsia di deflusso! Noo! Saltato ancora lo svincolo esatto!! Sto girando in tondo .. fallito di nuovo l'appuntamento definitivo, quello risolutore.
E' il loop a scrivermi stavolta!
Si sta vendicando e io incastrato a vita..

Lei che esce, ed io sul raccordo..


martedì 27 febbraio 2024

IL SUPPLENTE

Era in classe e nessuno se lo filava.
Il destino del supplente.

Lo aveva fatto tutta la vita in fondo.
Suppliva con sagacia e senso della misura alla mancanza di cattedra fissa, ma anche di un amore definitivo, di viaggi imperdibili, di tempo da dedicarsi.
Questa particolare predisposizione lo elevò, un giorno, a  supplente di ruolo.
Ovviava ad ogni tipo di assenza: ritardi cronici, voli cancellati, carenze di requisiti, pizze esaurite, vuoti sia di solitudine che di memoria.

Partecipò ad un corso di specializzazione universitaria su Supplenza Estrema, e il giorno dell’esame su “Turnover e conseguenze” supplì al ritardo della commissione d’esame interrogandosi da solo ma, genialmente, tra lo stupore degli astanti, si bocciò, per non farsi sfuggire l’opportunità del poter supplire al mancato superamento dell’esame.

Gli riuscì alla perfezione. Laurea ad honorem. Opportunità di lavoro multiple.
Qualificato nel sostituire financo la propria, personale, assenza.

In pochi riuscivano, in realtà la maggioranza dei candidati si eclissava ineluttabilmente senza colmare alcuna inconsistenza, sottolineando semmai, una palpabile manchevolezza.

Giuseppe però veniva da anni di gavetta, un supplire pacato e silenzioso che tappava buchi con discrezione e pazienza.

Anni di scuola e precariato costante a forgiarne abilità e doveri.

Non sarebbero stati pochi gli studenti a poter serenamente giurare di averlo avuto in cattedra nel medesimo istante, ma in classi e scuole diverse.

Lui col suo registro e il suo - perfettamente delineato - non esistere.

domenica 18 febbraio 2024

GIOCAVAMO A PALLONE

 


Giocavamo a pallone in strada, quando le auto le contavi sulle dita di una mano ogni mezz’ora, quando le uniche ad infastidire davvero erano quelle dove si ficcava sotto un pallone male indirizzato. Passavamo  ore a divertirci. Per porte i cancelli di rampe di garage condominiali quasi dirimpettai.
Il fiato lo facevi sulla via, il dribbling lo creavi in un fazzoletto d’asfalto.
Erano campionati, tornei, intere Champions League ancora da venire; citavamo campioni brasiliani, tedeschi, inglesi. C’era un’aura esotica nelle movenze, nell’entrare nei personaggi emulati, oltre ad entrare come banditi sulle caviglie avversarie.. ci credevamo davvero.
Eppoi c’era il vini e olii dove dissetarci di spuma e gazzosa..mamma mia, ho citato tre robe introvabili oggi: vini e olii, spuma, gazzosa: e alla spina! Che goduria ragazzi.. ed é proprio di questo vini e olii che volevo raccontarvi.

Un episodio di quelli che rimangono nitidi in testa, come accaduto ieri.

Questo negozio era proprio di fianco uno dei cancelli che fungeva da porta di gioco, era fornito di porte a vetri e di vetrate scorrevoli in alto, che lasciavano giusto un mezzo metro di apertura per consentire un ricambio d’aria nelle giornate afose.
Noi eravamo mediamente attenti perché ci rendevamo conto che colpire una vetrina con una pallonata avrebbe potuto generare danni e conseguenze negativissime ma quel giorno eravamo belli infervorati e quando partì quel tiro sbilenco forse sapevamo tutti che era stata sganciata un’atomica sul quartiere.
Rimanemmo immobili a fissare il pallone che s’impennava filando dritto ed esatto nel pertugio lasciato dallo scorrevole in cristallo aperto.
Calò un silenzio tombale, un immobilismo da terrore puro, per un istante infinito nessuno fiatò, nessuno pensò, nessuno ebbe coscienza della tragedia, poi il panico ci rianimò e sparimmo tutti, perlomeno a distanza di sicurezza da qualsiasi rappresaglia potemmo immaginare in quell’istante eterno..
Tutto questo in davvero un tempo infinitamente grande e insieme incredibilmente breve.

Ora io non ricordo un prima o un dopo, ma negli occhi è rimasto solo quella palla che s’inabissava nel negozio di vini, bottiglie, vetri.. e noi come a non voler avvertire alcun suono di frantumi, sfacelo, delirio.
E forse non ce ne furono.
Ma l’immaginario percepito corrispose alla fine del mondo, di tutti i mondi possibili.

Scorgemmo solo lui, il sig. Mario, proprietario avvelenato sulla porta, col pallone tra le mani e la minaccia delle minacce: “dovete sparire, e questo non lo vedete più” indicando ovviamente il SuperTele ora in suo definitivo possesso.

mercoledì 7 febbraio 2024

SPA - SALUS PER AQUAM

 


E’ vero. Il bagno turco rigenera. Bastano quei dieci minuti dove rischi anche un vago assopimento, circondato dai fumi e con le goccioline di vapore bollente addosso. E quando esci sei davvero un altro.

“Ciao Michele” mi fa un tizio - mai visto - nel corridoio degli spogliatoi, mentre cerco il mio armadietto.. sinceramente non mi dice nulla, ricambio il ciao passando veloce e cercando di capire se l’Alzheimer vuole dirmi qualcosa.. il problema è lo specchio dove mi phono i capelli abitualmente.

Non sono io quello riflesso.

Cerco di mantenermi lucido. Apro l’armadietto, prendo il portafoglio, la patente: Michele Fusco. Nato a Genova, nella mia stessa data però, e l’indirizzo anche è quello. Fuori, in teoria, mi aspetta mia moglie, mi cambio con abbigliamento tutto familiare ed esco con l’ansia che inizia a montare.

Fuori c’è proprio Lulù, mi guarda e non fa una piega anzi, sorride.

Ora, io che scrivo, come proseguo? E’ chiaro il desiderio inconscio e sotterraneo di voler cambiare connotati, ma forse non anche vita di contorno. Michele avrebbe voluto trovare altro fuori dallo spogliatoio? O la narrazione condanna solo il suo essere attuale?  Troverà Margot Robbie ad attenderlo? Oppure nessuno? La casa ricolma di quadri, cucina a penisola, prosecco in frigo, sessantacinque pollici in sala?

O studiolo semi oscuro, roba scaduta da un pezzo nella madia, carte che tracimano, computer perennemente col cursore a lampeggiare su un verso ritroso?

Ma chi scrive s’inganna, si nasconde anche a se stesso, eppur si alimenta, scrivendo; un quadro escheriano che s’insegue senza sosta, assolvendosi e condannandosi attimo dopo attimo.

Michele ci pensa e rientra nel bagno turco. Uscirà di nuovo Franco, sudato e svuotato sorridendo a Luisa accoccolata nell’idromassaggio.

E Michele appena sciolto nel vapore di un post.

martedì 30 gennaio 2024

LA DIMENSIONE DEL RACCONTO

 


Ma poi perché?

Dimensioni o struttura? Word o cartaceo?
Magari solo la cosa narrata. Vissuta o creata.
Il tono di scrittura.
Morbido, colloquiale, contemplativo,
arcigno, coinvolgente, incorporeo.
Gli elementi narrativi.
I
ntroduzione, sviluppo, conclusione.
La lunghezza del testo.
Breve, lungo, medio, corto.
Il tempo della storia e della novella insita.
Coincidono? Uno prevarica l’altro?

La persona.
Prima, terza, astratta, mischiata; devono esserci persone?
Chi nota le personalità, e il loro peso specifico, lo spessore?  
Ma poi perché il foglio?
Posso scrivere sul cellulare?
E nel parcheggio del Conad?
Poi cosa narro?
Di che?
A chi? A Voi? A me?
E con che tono, misura, lentezza.
E gli a capo? I periodi? I dialoghi?

E lo stile?
L’espressione è semplicemente discorsiva, raccontante, narrativa, senza sbalzi, continua, filante, dalla grammatica generativa?
E le regole sintattiche e lessicali, i sintagmi, la forma fonetica?
..non lo so, a cominciare comincia ma poi finisce, finirà, anche se prima sviluppo, poi anticipo la fine e magari introduco, giusto alla fine, un po’ a sorpresa.

Ma poi perché?



sabato 23 dicembre 2023

BABBO NATALE SDOGANATO

 


Quest’anno, consegnare i regali, sembrava davvero impresa ardua.
Babbo Natale era rientrato nel suo covo al Polo Nord, dopo aver tentato uno dei consueti giri, concludendo appena qualche consegna..
Le guerre, i conflitti e le ostilità che si moltiplicavano nel mondo, mettevano in difficoltà soprattutto chi si muoveva come lui, a scopo pacifico, titolo gratuito, senza aver nulla a pretendere ed in totale buona fede
Le animosità attorno ai blocchi di frontiera dell’Est Europa, ad esempio, in virtù delle sanzioni verso la Russia, rendevano particolarmente  carogne le dogane.
Venivano pretesi mille documenti e spesso un pizzo economico a supporto dell’operazione no profit natalizia; e lo stesso attorno ai confini di Yemen, Afghanistan, Nigeria, Palestina, Libano, Sudan, Haiti.. bisognava pagare dazio a doganieri corrotti e militari senza cuore e Babbo Natale non intendeva sottostare a vili ricatti..  urgeva risolvere, e il Consiglio degli Elfi, vedendolo così abbattuto e malinconico, decise di trovare una soluzione. Qualsiasi soluzione.

Venne escogitato un piano adeguato, e a supporto delle operazioni ecco convocati l’elfo mediatore, l’elfo sabotatore, l’elfo traffichino, l'elfo spia e l’elfo faccendiere.

A mali estremi, estremi rimedi.

Bisognava uniformarsi a tempi ed esigenze. Colpire con cinismo, agire di frodo, mimetizzarsi, entrare nei meccanismi.
I regali sarebbero stati spacciati per “altri” materiali, delicati e scottanti, acquisendo quell’aurea di proibito garantita dai mercati alternativi e più “autorevoli”, dove a tirare le fila erano traffici internazionali, mafie corrotte, speculazioni planetarie, loschi mercati neri: droga, cibo illegale per allevamenti, armi contraffatte e modificate, traffico di organi umani, immigrazione clandestina, avrebbero offerto falsa copertura apparendo qualificato e credibile salvacondotto.

Babbo Natale forzò così ogni frontiera, gabbò e corruppe controlli minuziosi, fingendosi mandante, colluso e portavoce delle più potenti organizzazioni malavitose mondiali, ottenne lasciapassare temuti e prestigiosi, giunse a Kiev, Dakar, Gaza e in ogni dove.. riuscì a contrabbandare sorrisi e regali vestito da angelo nero della criminalità..
il fine giustifica i mezzi, alla fine, e per una gioia ed un dono ad un bimbo disagiato, tanto valeva adeguarsi a sistemi viziosi e disonesti.

Così pensava Babbo Natale mentre un cecchino assai poco elfo lo stava prendendo di mira..


Buon Natale a tutti i miei amici bloggers.. sperando che recare doni e sorrisi non debba essere sempre disagevole e pericoloso, ma possa risultare semplicemente frutto di un sincero stato d’animo, che auguro di cuore a tutti voi!

 


venerdì 13 ottobre 2023

UNA FIABA PER IL FIGLIO CHE NON HO

C'era una volta un vento fortissimo che continuava a vorticare, e in paese tutti dovevano rimanere dentro casa, altrimenti sarebbero volati via assieme a foglie, giornali, nuvole e ombre.

Un giorno, però, il piccolo Davide decise che era giunta l'ora di affrontare le folate e uscì di casa, appena in strada si ritrovò librato in aria senza poter opporre la minima resistenza, scorgeva l'abitato in lontananza divenire sempre più piccolo e perse i sensi mentre faticava anche solo a respirare.

Si risvegliò in riva ad un ruscello mentre un pesciolino con la testolina fuor d'acqua lo guardava curioso.

"Cosa ci fai qua ragazzino?"

Non lo so, sono volato e mi sono perso.

"Nessuno arriva qua perdendosi, forse hai sognato una volta del Paese Fantastico, e hai pensato che, chiudendo forte gli occhi, il desiderio ti avrebbe trasportato, ed ora eccoti qua. A volte funziona davvero.
Il problema è che non potrai tornare indietro ora, perché non è più un sogno questo."

Davide iniziava a preoccuparsi. Gli mancavano già la mamma e la nonna, e i deliziosi moscardini fritti che gli venivano preparati per cena.

Prese al volo il pesciolino che sguazzava di fronte a lui e decise di farselo alla brace.
Di legna quanta ne voleva, gli mancava il fuoco, ma guardandosi attorno notò una casetta con un filo di fumo che usciva dal camino, s'incamminò mentre il pesciolino si dimenava con sempre meno vigore trovando però la forza di dirgli:

"Se mi lasci libero ti indicherò dove trovare da mangiare già pronto e anche molto più appetitoso di me, ma per favore non in quella casa dove vive gente inospitale e anche poco raccomandabile".

Davide ci pensò un attimo e decise che il pesciolino stava arrampicandosi sugli specchi, ma apprezzò i suoi tentativi, considerando di non essere poi così amante di pesciolini grigliati, spesso pieni di spinette infide.

Dov'è che potrei andare allora? 

"C'è una casa appena dietro la collina" biascicò il pesce sempre più debilitato, "amano gli arrosticini di pecora e ne riservano sempre per offrirli ai viandanti".

Davide, che era un buono comunque, rigettò il pesciolino in acqua ma decise che c'era troppa strada da fare per scavallare la collina, e si apprestò quindi a bussare alla casupola appena raggiunta.
Gli aprì una vecchietta dal sorriso tenue e dall'interno si sprigionò un'aroma di pesce alla brace pronto per essere gustato.

Chissà perché voleva farmi fare più strada il nostro pesciolino, ripensò Davide, ma neanche finito di formulare il concetto, un coltellaccio spuntato furtivo da sotto la gonna della donna, gli si conficcò tra cuore e costato, lasciandolo stecchito. 

"Amore" proferì allora la vecchina rivolgendosi all'interno della casa.. finalmente basta co' sti arrosti di pesce insulso.. oggi carne come si deve!"

Morale della favola:  gli arrosticini valgono sempre un po' di strada in più, diffidare delle vecchiette indifese e dar retta ai pesciolini parlanti, qualche volta.
E considerare, infine, che le favole raccontate ai figli che non hai, tendono sempre a strabordare di un insano sadismo.. ;)

mercoledì 23 agosto 2023

RACCONTI

 


C’erano una volta due racconti: Finale Chiuso e Finale Aperto.
Il primo era molto schivo, salutava a malapena, biascicava tra le righe.
L’altro era spigliato, estroverso, cordiale, di ampie vedute.
 

L’autore, tuttavia, sapendoli nelle sue corde, si affidava all’estro di entrambi. 

Finale Chiuso, aveva una gran voglia di provare, almeno una volta, l'ebrezza dello sconosciuto.. era stufo del sereno, della leggerezza, di quel noioso decifrabile a non confondere troppo il lettore, e un giorno, innervosito, prese di nascosto l’auto dell’autore, 

fuggì via 

e verso la città, sbandando per l’eccessiva velocità fracassò la vetrina di una libreria, venendo catapultato proprio nel reparto romanzi e racconti.
Ci volle una settimana solo per identificarlo.  

Finale Aperto invece si era stufato di adattarsi sempre a chiose diverse, spesso multiple, vagheggiando epiloghi sempre più smaniosi.

Desiderava almeno per una volta una cartellina word, omologata e tutta per lui, senza salti nel buio, così, a confezionare una sorta di convenzionale "the end". 

fuggì via 

ma non non fece caso ad un incrocio e quel viso scorto velocemente nell' auto che arrivava da destra lo turbò non poco...

non ci si sottrae alla propria natura..



mercoledì 16 agosto 2023

SIMBOLOGIA NUMERICA

 


≠^ {0,9≤∑} 3456,87> 56,99{°9± 23√555}

Nella riga che precede ho scritto in “numerico".
Ipotetico idioma col quale magari avrebbe comunicato l’umanità intera se non avesse infine optato per i caratteri arabi, le comuni "lettere".

Perché non è accaduto allora? Direte voi.

Vero è che pure le coordinate cartesiane abbisognano di lettere ad intersecarsi; equazioni, decimali, fratti, forse non si esprimerebbero al meglio senza un sussidio letterale; fatto sta che la curiosità dell'immaginare un mondo senza lettere, con solo numeri, virgole, parentesi e compagnia bella da supporto, rimane.

Chissà una poesia che piega prenderebbe, e come potrei valutare un tramonto da fiaba?

9 + forse?

mercoledì 9 agosto 2023

ADORO I FANTASMI


Me la spasso coi folletti ma, inutile negarlo,
adoro i fantasmi.

E' che sono restii, confidenza quasi zero,
li avverto vagamente.

Vagamente gelosi anche.

I folletti si divertono. Ma loro, i fantasmi, vorrebbero.

I folletti sono dispettosi.
Ed a quegli altri piacerebbe, ogni tanto,
un po' di sano casino.

I folletti escono a cena con me, s'infiltrano in vacanza, viaggiano in motorino, sporgono dal portabagagli,
mi incasinano i cassetti e i files;

ed ai fantasmi non rimane che qualche comparsata in sogno,
astratte presenze, deboli preghiere, cenni sommessi.

Restano taciturni,
di presenza incombente ma discreta,

occulta ma presagita.

Quasi attendessero un ok.

E ove captino questo affabile beneplacito,
si rendono a volte, magari inconsciamente,
avvistabili, delicatamente percepibili,

potresti scorgerli - addirittura -

mentre chiedono ragguagli
ad un folletto.

Ma capitano male,
perché i folletti manipolano le informazioni così per sport,
e chissà le balle che raccontano anche a me ..

Forse anche per questo i fantasmi tendono all'oblio di silenzio carico, a metà del guado, credendo di essere male interpretati, equivocati, fraintesi.

Andrò io loro incontro,
un giorno.

 

 

Cucciolo di fantasma

goccio di spettro

lacrima di diamante ad illuminare,

animo curioso

a demolire silenzio 

torbido fluido

a recuperare sogni rottamati.

 

Vite interrotte senza anestesia.

 

Ombra dilungata oltre un tramonto

a tenerti per mano,

a tradurti uno scricchiolio,

a carezzarti durante un’assenza.

 

C’è un cucciolo d’ombra

a vestirti di respiro

e sistemarti

il lenzuolo

sgusciante 

ogni notte.