venerdì 31 gennaio 2025

DICO PER DIRE..

 

Pubblicato una vita fa, arriva l'aggiornamento e la ripubblicazione.. val bene pescare nel passato, anche se fa malinconia non ritrovare tanti amici..  

Il post nasce come celebrazione di quell'intercalare vocale che molti di noi (davvero tanti..), seppur inconsciamente, inframmezzano nel quotidiano ciarlare, fenomeno che, all'atto dello scrivere, può risultare decisamente meno marcato... pur considerando che anche lì coltiviamo svariati vizietti (io apro un casino di parentesi e inframmezzo un botto di puntini di sospensione... ma quanto me piacciono!!..) e mi è venuto in mente di scrivere qualcosa sentendo, ieri per radio, un'intervista ad un consigliere regionale di Roma che ogni tre parole schiaffava un “voglio dire” assolutamente inefficace e, a lungo andare, grottescamente comico.

Con mia moglie ormai, non ascoltavamo più il senso del discorso ma contavamo quella grappolata di voglio dire.. poi ci siamo guardati, e abbiamo pensato ai nostri, di intercalari.

Io, ad esempio (e pure gli ad esempio rientrano nella casistica), faccio partire la frase con un velocissimo, ma quasi sempre presente cioè, mia moglie invece piazza alla fine delle sue frasi un ok, ma spesso ancora un capito? di rinforzo.

Ed ora rileggete il periodo rimpolpato di intercalari ricorrenti..

e poi, se avete coraggio e soprattutto consapevolezza,
 confessate il vostro!!!

 E niente, cioèvoglio dire, il post nasce, purtroppo, diciamo a celebrazione di quel, in pratica, intercalare, assolutamente vocale che, dico per dire, a molti di noi - ma qui lo dico e qui lo nego (davvero direi tanti) - seppur inconsciamente, ci rappresenta spesso e volentieri

In poche parolelo inframmezziamo praticamente, tipo nel nostro quotidiano ciarlare, capito?

Bene, bene.. non c’è problema, le chiacchiere stanno a zero, è un fenomeno che, scrivendo, a dire la verità, può risultare decisamente, tutto sommato, meno marcato, non so se mi spiego?... ovverossia, insomma, chiaro no? 

Pur considerando che, anche lì, intendiamoci, abbiamo i nostri vizietti (nella misura in cuivoglio dire, ad esempio, apro un casino di parentesi  e ci piazzo, più o meno, un botto di.. come dire, puntini di sospensione... e si, eh!! ..quanto me piacciono!!..) e nientecioè mi è venuto come in mente di scrivere piuttosto che dirvelo,  sentendo, diciamo ieri per radio, purtroppo, un'intervista a, come dire, un consigliere regionale di Roma, piuttosto che di Milano, che, ad ogni modo, e ogni due per tre, schiaffava all’incirca un voglio dire o un “esattamente” e compagnia bella, assolutamente inefficaci, ma te pare a te? Non esiste!  E, a lungo andare, voglio dire, risultava, per dirla così su due piedi, comico.

Insomma, posso dire una cosa? Cioèa dire la verità, non lo ascoltavi neanche più il senso del discorso! Capito?
Ma, in poche parole, mi domando e dico, contavamo quella grappolata di "voglio dire" e di continui intercalare.. poi, a mio modesto avviso, ci siamo guardati e, non ci crederai!

Ci sono venuti in mente, a ben pensare, i nostri, di intercalari: dagli “ad esempio ai  mi spiego”? 
No vabbe’, ma che davvero?
Insomma dirai, ti faccio capire, in poche parole: mi parte la frase, mi segui? con, tanto per fare un esempioa mio modesto avviso, o devo dire, ma quasi sempre utilizzo anche un cioèok?

Mia moglie, ad ogni modo, piazza, piuttosto che all'inizio, più alla fine delle sue, diciamo, frasi un ok, ma spesso ancora un capito? di rinforzo. 
Comunquenon ve la prendete eh..
dicevamo giusto per dire. 


lunedì 27 gennaio 2025

LA GIORNATA DELLA MEMORIA AL CINEMA: TRAIN DE VIE

Ci sono post da riproporre in loop, questo è uno di quelli, ogni volta con una nota in più, una sfumatura diversa.

Memoria necessaria si dice, ma il mondo sempre più preda di insensatezza e disumanità. E ognuno dove può prova a sensibilizzare in qualche maniera, scuotere anime, provocare minime scosse. Anche con un film, un piccolo grande film.

Assimilabile a La vita e' bella, anche se pervaso di una genialita' diversa, tragicamente comica, con un percorso apparentemente giocoso ma, a differenza di quello benignano, alla ricerca continua di un sorriso non rassegnato. 

Di un respiro da sostituire alla disperazione.

Qui la tragedia e' esorcizzata in partenza, siamo in piena arte della commedia, non si sopravvive soltanto al sistema perverso ma lo si scardina dall'interno, non si resiste appena a galla solo per non affogare, ma si ribaltano tutte le regole e si dettano nuovi ritmi. 

Il gioco lo conducono i deboli e sono gli altri che dovranno adeguarsi. 

Un affresco sempre vivo che tiene in ansia fino alla fine, con trovate coraggiose e mai banali, che sostituiscono le lacrime di ruolo a sorrisi di speranza.

Un humor yiddish all'altezza dei migliori Allen e Coen, a disinnescare il dolore per presentarlo in tutta la sua assurdità.

Ripropongo sempre lo stesso film appena posso, nessun classico, ma un omaggio alla virtù del ribaltamento delle regole, al permutare l'ambito cupo con la leggerezza,  entrare in sintonia con sofferenza e tragedia partendo da presupposti antitetici e tuttavia legati a filo doppio al sentimento comune.

Chi è sopravvissuto racconta di amore per la vita,
uno scopo a sorreggerlo, non il terrore per la morte.

Serve ancor più questo coraggio, anche nel nostro vivere quotidiano, lontano da guerre, sopraffazioni, sofferenze, anche se poi apri un tg e ti accorgi che apprendere è un concetto ancora lontano dalla minima lucidità.

Questo è un film diverso, sul sogno, sulla potenza dell'uomo anche di fronte all'ineluttabile.
Un omaggio meraviglioso a chi è sopravvissuto, un omaggio di eguale meraviglia a chi non ce l'ha fatta, un omaggio a chi combatte ora, per farcela ancora.

venerdì 24 gennaio 2025

BORGES

 


“Forma impersonale e lenta, come i vegetali e i pianeti”
(Finzioni   -  J.L. Borges)

Una citazione di Borges che mi ha fatto pensare ad una diversa velocità del tempo, o meglio alla sua dote di inafferrabilità, qui legata ai mondi astronomici e vegetali, accomunati in un paradossale cosmo dove macro e micro viaggiano in parallelo.

Dove non percepiamo affatto la costante curvatura di una mensola gravata dal peso, eppure eccola là.
E anche luce, iperveloce e statica al contempo, quella ruga ieri invisibile, un’ombra che si adagia senza permesso, di colpo ingombrante; una carezza che scivola via, un profumo che si estingue nell’aria, il sorriso che prende forma mentre ti guardo; discreto, timido ma alla fine presente.

Quante forme impersonali e indolenti agiscono attorno a noi, a quante offriamo abbrivio di partenza immobile, come nave che abbandona la banchina (o forse il contrario?), quanti istanti non scuotono una briciola di buio e cristallizzano tempo e respiro.
Quanti attimi impercettibili si prendono gioco della nostra grezza attenzione, rete da pesca dagli immensi squarci.

E così pianeti immobili ci attraversano la via, piante inerti divengono alberi possenti.

E noi incuranti. Non facciamo caso. 


domenica 19 gennaio 2025

HERE

 


Premessa: un film che sto glorificando e che sta ricevendo pareri molto contrastanti. Tanti lo giudicano noioso, lento, poco fruibile e comprendo che la bellezza del cinema è nel film differente che ognuno riesce a scorgere.
Ma lo propaganderò comunque come qualcosa di visionario, lontano dai Lynch o dai Lanthimos - mai stati nelle mie corde -, in grado di catturarmi totalmente. 


Raffinato e geniale.
M
i lascia a bocca aperta già la prima auto che sfoglia il tempo attraverso la grande e luminosa finestra della sala con camino, accennando subito un montaggio strepitoso ad intersecare finestre di dialogo tra innumerevoli epoche di narrazione, rendendole fluide, compatibili, essenziali.

Una sfida alla relatività subito chiara.
Ennesima prova magistrale di Zemeckis, che provoca le convenzioni e il déjà vu, elargendo suggestioni e commozione con una tecnica di regia colma di finissime chicche, come il controcampo che sfrutta il temporaneo passaggio di una specchiera davanti la camera fissa.

Ricercato e creativo.
Una storia millenaria di futuro che si accavalla con la tecnica più elementare che esista. La camera fissa e la storia a srotolarsi, affamata di eventi, e io affacciato allo schermo, cinema frenetico nel cinema immobile, come una finestra di fronte alla finestra, e mille riquadri ad intersecarsi voraci, impietosi, veloci, curiosi e i protagonisti ad inquadrare, metterci sogno, avvertire ordine e disordine, emozione, rabbia, attesa, disagio e lo spettatore a riconoscersi. Avrei forse dedicato più spazio alle storie parallele, quelle che spazio temporalmente precedono e seguono Tom Hanks e Robin Wright, ma comprendo la scelta di non pungolare oltre un livello di attenzione già ampiamente sollecitato.


Sottile ed estroso.
Dal magma originario fino allo schermo piatto HD, quel riquadro di mondo concepirà passioni, desideri e rimpianto; si chiederà, come ci chiediamo tutti noi, cosa sarà del futuro, e lo disegnerà sapientemente, calpestando sempre la medesima porzione di mondo, identico palcoscenico ad ospitare nuove messe in scena.
E penso anche io, mentre digito al pc, a chi è stato seduto prima di me, in quella che ora è la mia casa, e chi vi sognasse in precedenza, quali prati ancor prima, quali scenari pieni di vento e tramonti, ma sempre con un colibrì curioso, a vivere l’istante, renderlo eterno.

Il finale è pazzesco. Solleva dalla poltrona dove Zemeckis mi aveva avvitato e sconquassa l’occhio, ormai disabituato, in un piano sequenza che d’improvviso riempie la vista, il cuore, e l’intero schermo, velato di lacrime.

giovedì 16 gennaio 2025

IL BISBIGLIO DELLE ROTTE

 


..tiene in ansia il mare
che teme di fuorviare,
offrire canti di sirena, 
il profilo dell'isola che non c'è.

Il bisbiglio delle rotte
chiede aiuto sottovoce,
cerca nuove correnti,
scambia impressioni
col gabbiano che mima
ammaraggi.

Disegna un nuovo solcare le onde
dove la spuma si ossigena
ai tramonti a pelo d'acqua.



sabato 11 gennaio 2025

ANALISI A ROVESCIO

 

La mia psicologa ha chiesto un appuntamento.
Lei a me. Suo paziente.
Cioè non per ascoltare me, ma perché io ascolti lei.
Su due piedi direi già errato deontologicamente, ma anche un azzardo professionale.
Le ho forse instillato dei dubbi durante le nostre sedute concordate, con lei analista e io psicanalizzato?
Vuole provare l’ebbrezza del paziente? Vuole giusto sfogarsi mentre solitamente è dedita all’ascolto? E mi ha trovato adatto come soggetto che suscita empatia ispirando fiducia?

Comunque gliel’ho detto.
Non rilascio fattura. Pur essendo in possesso di partita iva.
Come anche lei del resto.
E almeno qua, siamo in linea.

Magari è una strategia per tirare fuori lati di me che non riesce a focalizzare nelle sedute convenzionali.
O magari desidera solo staccare dalla routine e sfogare lo stress.
E mentre mi chiedo cosa possa averla spinta a questo testacoda emotivo, ecco che mi scoppia in lacrime.
Lacrimoni autentici, sgorgati da chissà quale recesso viscerale.

Le porgo un fazzoletto e le chiedo: qualcosa che non va?

“E no!!” ribatte lei, ricomponendo all’istante la sua originaria maschera professionale.

“Io cerco di farle capire quanta fatica facciamo noi psicologi per adeguarci ai vostri capricci, alle debolezze, alle fragilità che ci gettate addosso ad ogni incontro, credendoci in possesso di chissà quale magica panacea in grado di intuire e guarire i vostri guai,
e a me - che per utile e redditizio gioco istruttivo, cerco di porle in mano la bacchetta magica, spalancandole la porta della più efficace didattica - lei non sa rivolgere altro che il più insulso dei “qualcosa che non va?”

Si sentirebbe davvero confortata e compresa se io, a fronte di una sua apertura di animo così intima e inconfessata, come un pianto sincero, proprio io non comprendessi al volo le sue instabilità, le incoerenze, le volubilità, senza intuire all'istante l’origine di tale stato confusionale e disabilitante che la porta qui da me a cercare conforto?

Vabbe’.. per oggi ok, cinquanta euro, ma visto che se ne è parlato, novanta se vuole la ricevuta.

 


lunedì 6 gennaio 2025

È VENUTO GIÙ UN PIATTO

 


Ieri a casa di papà. Ho pensato subito al quadro di Baricco, nell’epico fran di Novecento.
Era un piatto tenuto al chiodo da una cordicella che si è usurata esattamente nel suo momento. Il bello è che era posizionato sopra l’architrave dell’ingresso in cucina, e sotto ci si passa spesso, poteva decidere di venirci giù in testa mentre transitavamo, oppure in piena notte, squassando il silenzio.
Invece lo ha fatto durante l’ora di pranzo, stufo di telegiornali funesti, o magari solo per vedere quel pavimento da vicino, lasciando frammenti un po’ dappertutto, come a voler e poter, finalmente curiosare, pagando il prezzo di una integrità artificiale.
Ho raccolto cocci e schegge di ceramica in ogni dove, come fosse esploso a raggiera, un sole di particelle deciso a coprire l’area più estesa possibile, forse davvero indispettito di poter osservare solo dall’alto, racchiuso in un manufatto ambiziosamente ribelle e finalmente libero.
Forse solo una mia idea ma qualche pezzetto, è sembrato quasi sorridermi.

giovedì 2 gennaio 2025

QUALCUNO DICE CHE I COMANDAMENTI SIANO NOVE

..ed ogni riferimento all'ultimo libro di Cazzullo non è per nulla casuale.. 


In realtà sono sempre stati dieci, come storia e infiniti testi insegnano.
Spostati, aggiustati, diminuiti, risistemati.

Insomma, a più riprese ci è stato messo lo zampino.

Il secondo Comandamento, ad esempio: 

Non ti farai alcuna scultura né immagine qualsiasi di tutto quanto esiste in cielo al di sopra o in terra al di sotto o nelle acque al di sotto della terra. Non ti prostrare loro e non adorarli poiché Io, il Signore tuo Dio..

è stato prima accorpato al primo, e col tempo poi, ridotto e sintetizzato fino all'attuale livello catechistico:

Non avrai altro Dio fuori di me;

Provate solo ad immaginare che fine avrebbero fatto, altrimenti, millenni di iconografia religiosa, oggettistica da culto, catenine, crocifissi, madonnine, santi e santini, ma anche solo di comunque splendida arte figurativa in tema religioso. 

I Padri della Chiesa e i Padri conciliari di Nicea II, evocano l’invisibile a cui si riferiscono (...) e, guardando le icone, il fedele «solleva la mente dalle immagini agli archetipi».

Si percepisce il modello nell’immagine e l’immagine come modello». Il punto centrale di quest’affermazione sta in quella particella «nel».
Il modello non si identifica con l’immagine, il modello non è l’immagine, ma si manifesta nell’immagine, viene percepito nell’immagine pur mantenendo la sua distanza.
Gli iconoclasti invece dicono che non c’è distinzione tra icona e la sua origine
E denunciano l’arte religiosa proprio in funzione del legame che crea tra immagine ed archetipo, vale a dire un’arte di mera rappresentazione, accusando ogni forma di devozione ad essa come idolatria
”.

(Paolo Rollo DIALEGESTHAI Rivista di filosofia)

Io me le immagino proprio le miriadi di migliaia di fedeli davanti il santo patrono della propria città, o alla madonnina che forse è apparsa, o alle infinite reliquie, o mentre accarezzano un piede di statua, si fanno benedire l’auto, il presepe, la casetta al mare, o cercano preti esorcisti, o consacrano medagliette e rosari, o prenotano la fila per passare dal portone del Giubileo, ecco, mentre fanno tutto questo,  li immagino proprio che sollevano mente e cuore dall’icona, dall’immagine, dall’oggetto  raggiungendo direttamente l’archetipo.
Purtroppo siamo spesso di fronte ad una fede eccessivamente supportata, accessoriata, che va perdendo di genuinità, e la capacità di bastare a se stessa col solo afflato spirituale, sforando in una spesso inconsapevole, superstizione.


L'ultimo Comandamento, invece, comprendeva sia il nono che il decimo attuali:

Non desiderare la casa del tuo prossimo; non desiderare la moglie di lui, né il suo schiavo e la sua schiava, né il suo bue né il suo asino né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo.

E in effetti, col senno di una pure lenta e farraginosa evoluzione, la donna equiparata ad oggetti, schiavi ed animali, non deve essere apparsa cosa carina ai revisori cattolici che hanno rimesso mano alle Scritture pensando bene di dedicare alla donna da non desiderare, un Comandamento tutto per lei.

A questo punto ecco ripristinato l'esatto e rotondo numero dei Comandamenti come vengono insegnati oggi ad ignari frequentatori di corsi di catechismo e, posso immaginare in tantissimi casi, altrettanto ignari catechisti.