Abbiamo tutti un'idea
convenzionale di autostrada.
La possiamo
immaginare come un'anonima e regolare striscia di asfalto che viaggia da casello a casello.
Velocità ovattata, scorrimento fluido. Rumori addomesticati fuori e che ritornano nell'abitacolo come una litania familiare, asettica, che distingue sensazioni a
tenuta stagna e ci trasporta, assieme all'autoveicolo, in automatismi conosciuti,
popolati di panorami rallentati, di
altre auto con velocità subordinata alla nostra, a volte più o meno frenetica,
in una sorta di filmico accadere, tutto legato a regole imprescindibili:
continuità della strada, regolarità del viaggio.
Abbattiamo ora questa
condizione.
Introduciamo
l'imprevisto.
E fermiamoci. Su
quest'autostrada.
Ma non nell'area di sosta o nell'autogrill, che fanno parto a pieno titolo del convenzionale di cui
sopra.
Parcheggiamo di emergenza nell'omonima
corsia, la nostra auto in panne, (sorvoliamo sul dettaglio che sia semplicemente finita la benzina..) indossiamo il fratino fosforescente obbligatorio per legge in caso di fermata
"straordinaria", e scendiamo mettendo piede per la prima volta su
questo pianeta sconosciuto, novelli Armstrong.
Una rapida occhiata
apprensiva a quel segnale disegnato in terra ad intervalli regolari, che indica il posto chiamata soccorso più vicino e che
abitualmente guardiamo con supponente sufficienza a bordo dei nostri
infallibili mezzi, e poi ci incamminiamo cauti sotto il sole; con l'asfalto di
grana grossa sotto i piedi, non un velluto ipotetico come quello che si dipana
sotto il finestrino a velocità di crociera, ma una superficie quasi sconnessa
al piede, assediata da scenari inconsueti, rumori schizzati di rombare
stridente, di esatta velocità percepita non più in movimento. ma da punto fermo; tremori di spostamento d'aria percepiti non più da fugace apertura di
finestrino ma da immobile sostare senza apparente permesso.
E proseguiamo in un
lentissimo, quasi impacciato, sopravanzare, come impedito da aria pesante,
ingigantita da quel punto di vista di minuscolo essere in balia dell'Evento.
Il panorama non è più
rallentato dal nostro volontario e autonomo alimentare velocità.
E' immobile come noi e subisce la velocità altrui della quale non distinguiamo
che massa informe, disegno sfumato, iperbole impazzita.
Patiamo questo
effetto marziano ma qualcosa dentro di noi assapora come piacevole la nuova
sensazione mai provata in precedenza e, sorridendo di gusto, ringrazia.
Avevamo tutti un'idea convenzionale di autostrada.