In realtà,
più che per il risaputo cinemare eastwoodiano, ero davanti allo
schermo per lui. Si. Per Bradley Cooper.
Ma l'ho
percepito come col freno tirato, ripreso allo sfinimento con
l'occhio dolente nel mirino, libero di giocarsi emozione viva forse
in un brevissimo imbarazzo dallo psicologo, o anche di fronte al
ragazzino che tenta di imbracciare un bazooka più grande di lui in
tutti sensi, probabilmente in balia del Maestro che stava girando
l'ennesimo, per troppi versi scontato, personalissimo film.
Una versione
DioPatriaFamiglia nel tipico formato USA.
Un film
molto arrivano i nostri.
Senza
un dubbio, un patema, uno sgarro.
Lontano
mille miglia da un selfie col torturato o uno stupro di gruppo, e con
rarissime voglie di farla finita; una giusto avvisata nel fratello
minore, ma solo per meglio evidenziare pecore e cani pastori nei
quali il padre divide l'umanità, oltre ai lupi ovviamente.
E
Clint, vecchio lupo anche lui, e marpione cinematografaro, abituato a
tramutare qualsiasi pellicola in materiale da Oscar, manipola e
aggiusta le memorie del cecchino più letale d'America,
disegnandocelo in puntuale linea col Punitore della graphic novel
Marvel, della quale il plotone di Chris Kyle aveva adottato il logo
di teschio stilizzato.
Giustiziere
di macellai e cecchini, strenuo difensore del Trittico Magico cui
accennavamo all'inizio, una “leggenda” propagandistica
dall'indubbio appeal.
Certo
gli mancano i superpoteri, giusto la pressione un po' alta, ma è un
Forrest Gump tutto d'un pezzo, allevato da cane pastore
anche davanti a quello psicologo che cerca tracce di rimorso (“posso
dare conto a Dio di ogni colpo”) ed il ritorno definitivo in
patria, dal catatonico sguardo vuoto, rende le briciole della reale
frantumazione interiore.
E'
anche la guerra di Clint che non convince, con esatti eroi da una
parte, e dall'altra i selvaggi,
carogne sempre rozze e infide.
Pacchi
di Far West riciclato a vagonate che servono solo a fornire quadretti
pseudo eroici con i ghirigori aggiunti alla originale autobiografia.
Perché
è la storia di un eroe che stiamo raccontando e che vogliamo
evidenziare, non siamo qui per le motivazioni, le cause, i soprusi,
gli orrori di tutte le guerre. Non è questo il film.
Qui
c'è da combattere e noi siamo pronti, Chris risponde presente e fa
fuori tutto quello che si muove, che sia a due chilometri o a
ridosso del cuore.
Gli
orrori sono solo del nemico.
E
allora scene madri a gogo', come la moglie incinta che al telefono
con Chris, rimane in (prima) linea
testimone sconvolta e in real time
di un lampo di guerra improvvisa, oppure gli schizzi di sangue sulle
lenzuola stese o le pallottole che viaggiano a ralenty, e gli
infiniti “libero libero libero” delle pattuglie in
perlustrazione, le tempeste di sabbia e un sacco di altre robettine
bellicocinefile straconsumate dall'uso e riuso.
In
fondo rimarrà vittima della nostalgia Chris, al definitivo ritorno
in una patria che gli rimanda solo eco perverse e scatti inconsulti,
non gli resta che aiutare gli altri reduci di mille missioni fino a
ritrovare, forse, un se stesso rimasto a guardare nel mirino.