E'
semplice rigettarle tutto addosso, è forse l'unica che possa
comprendere gli sfoghi di quell'ufficio.
Quell'ufficio
che all'occasione è confessionale, sfogo segreto delle apatie
casalinghe, di ingorghi sentimentali dall'esito incerto.
Ed
allora vitale diventa individuare chi è disposto a farsi carico
delle insensibilità altrui, dei disagi, dei nervi a fior di pelle.
Quanti
pianti, quante ammissioni sommesse, sfoghi e insulti anche.
E
lei paziente, ad ascoltare tutto e tutti, con una parola sempre
pronta, a volte più decisa, marcata, altre quasi sfumata,
indecifrabile, ma sempre tesa a stemperare, magari ripetendo mille
volte lo stesso concetto, fino a farlo diventare una copia sbiadita,
davanti alla nostra cieca cocciutaggine.
Il
lavoro come Grande Fratello che assorbe e rigenera, o calpesta,
anche, quel minuscolo residuo d'umanità che indossi ogni santa
mattina che Dio manda in terra.
Ma
lei è là, ogni santa mattina, china al suo posto, con una parola
per tutti, e ad ognuno restituisce ciò che ognuno vuole ascoltare,
esattamente ciò che si desidera venga reso, con garbo e precisione,
ingrandendo concetti invisibili o rimpicciolendo le ansie sottoposte.
Un
meccanismo che s'inceppa raramente.
Probabilmente
questo è il trucco, adattarsi all'interlocutore, non spiazzarlo mai,
lasciarlo in sospeso con le sue sventure irrisolvibili o le sue
incontrovertibili certezze, guai ad adagiarsi sulle presunte
soddisfazioni lavorative: esistono davvero o sono una cortina
fumogena per attraversare il guado che reca a fine turno?
Il
Lavoro catalizza intere esistenze lasciando briciole di vita residua
che spesso gestiamo in affanno.
Ma
tutto questo alla nostra fotocopiatrice, non interessa.
Lei
macina e rimugina, mentre noi le parliamo, inconsci, e certi di non
essere contraddetti. Mai.
Il
mobbing non la inquieta, nessun richiamo dal Personale, neanche una
richiesta di aumento di stipendio, mai una malattia seria.
Giusto
qualche periodico, fugace, esaurimento: carta.