Quando scrissi "Non cambiano i luoghi, forse neanche il tempo scorre. Sono i nostri occhi che viaggiano famelici a ritroso",
parlavo di Scauri.
Se vai in vacanza estiva nello stesso luogo per sessant'anni circa, anche solo un mese l'anno (Settembre, che diventa il tuo mese feticcio), quel luogo è giocoforza testimone della tua crescita, delle tue scelte: amori, lacrime, gioco, paure, passioni, sconfitte, meraviglie, fobie, curiosità, legami.
E a me succede di non poterci più ricapitare ogni volta senza scombussolarmi, senza subire lo scossone del "viaggio nel tempo", scorgere persone che non ci sono più, tornare ad età irrimediabilmente perse.
Sulla strada, lungo il tragitto per il mare, scorgi già il traguardo, percepisci odori, avverti scenari, magiche quinte mai del tutto riposte.
Se non hai memoria vivida a sostenerti, certi luoghi che ti appartengono, cui sei appartenuto, ti squarciano dentro appena arrivi, aprono scrigni chiusi di cui altrimenti non possiedi combinazione.
E la chiave la trovi ora ad ogni angolo di via, lembo di spiaggia, ricamo di orizzonte.
E non riesco ad essere felice di questo nastro che sbobino nell'anima, perché la nostalgia non funziona nella stessa maniera per tutti.
Stamane avvertivo come aria di Settembre.
Atmosfera pulita, fresca, silenziosa.
Una sensazione amata, di tenera smobilitazione,
come riva di quieto mare,
con gli ultimi ombrelloni chiusi,
le scie lente di pescatori,
rade bancarelle di mercato
con l’uva e i fichi a farla da padroni.
E io a passeggio controsole, a godermi il tepore,
l’aroma di caffè e di ciambelle calde e fragranti,
in quell'aria.
A Scauri.
Il lungomare che raccoglie sospiri, l'amaro col ghiaccio sul molo che tiene la luna appollaiata all'orizzonte, le cozze in guazzetto, i tramonti che finiscono dritti su Ponza e sempre una vagonata di passato da tenere vivo coi piedi a mollo, ma tutto questo può farti anche male. Mi fa male, procura bellezza indicibile ma anche nostaglia assurda.
Sguardi che scorgono quello che c’è,
sottraendo ciò che era,
in un viaggio dove la memoria
gioca sporco col presente.
Sono i nostri occhi macchine del tempo,
che grattano mille riverniciature,
rivivono giochi, baci, pedalate...
vedono locandine di cinema
davanti vecchie arene ricoperte di edera,
riconoscono mare mosso
di infinite intemperie,
mentre è solo onda quieta, ora,
a creare brusio indistinto.