Potevo non dedicare qualche riga alla serie TV del momento? Sia mai.. anche se l’evoluzione mi ha lasciato perplesso, nonostante riprenda un episodio avvenuto realmente, concentrando dinamiche, reazioni e punti di vista differenti; oltretutto interamente in piano sequenza, tecnica virtuosa e coinvolgente ma non sempre efficace quando eletta a risorsa di ripresa esclusiva.
Abbiamo un dato di fatto: Jamie, studente tredicenne,
che accoltella a morte una coetanea, quindi un colpevole già individuato e quattro
episodi a cercare di sviscerarne il perché.
Siamo di fronte a dinamiche di bullismo, insofferenza, frustrazione, inadeguatezza,
tutta una serie di crescite, evoluzioni, degenerazioni e comportamenti
adolescenziali portate agli estremi, ed intorno una famiglia che fatica ad interpretare
e comprendere.
Un lato debole: puntare decisi all’apice della degradazione e tralasciare le
sfumature del substrato, quella sorta di palude dove si vive comunque male ma
non si arriva per forza al gesto insensato, al titolo di giornale.
Prima puntata: irruzione a casa del tredicenne, arresto,
trasporto in centrale e accusa di omicidio sostenuto da videocamera di
sorveglianza; di supporto al ragazzino avvocato d’ufficio e tutore legale (lui
sceglie il padre), ma si rifiuta di comunicare il codice d’accesso del
cellulare (a quel punto, fossi stato il padre, due pizze gliele avrei date, in
piano sequenza naturalmente).
Seconda puntata: sopralluogo nella scuola del
ragazzo, dove serpeggia irrequietudine,
menefreghismo, boria e sprezzo per le autorità (insegnanti e polizia),
come un misto tra solidarietà e derisione, neanche troppo sotterranee, verso
l’autore del crimine, reo, più che altro, di essersi fatto beccare.
Nell’episodio anche un inutile inseguimento (pretesto per un mirabolante piano
sequenza palesemente arricchito di post produzione ) oltre all’accenno alle
teorie Incel (movimento misogino alla base di azioni e reazioni di Jamie)
Poi diverse note stonate: si cerca l’arma del delitto chiedendo agli studenti; il
poliziotto che segue da tempo crimini legati ad abusi minorili, sembra inconsapevole
che il figlio venga bullizzato; la descrizione della scuola come luogo
inadeguato ad educare; la scena dell’allarme con evacuazione della scuola, tutti
riuniti all’aperto e fatti rientrare dopo un nulla, giusto il tempo di una
colluttazione tra studenti dove altri riprendono col cellulare mentre i due
poliziotti, poco distanti, non sembrano neanche accorgersene.
Terza puntata: sette mesi dopo, colloquio con psicologa
che evidenzia l’instabilità del ragazzo messo di fronte a prove del suo
rapporto malato con l’universo femminile. Non mancando di sottolineare ancor più la rissosità e l'aggressività del
ragazzino (certo acuita da mesi di struttura psichiatrica minorile) che sembra
voler indirizzare l'opinione verso un verdetto che non tenga troppo conto di
cause e concause.
Mi chiedo: sette mesi dopo? Solo alla fine del percorso la psicologa
tira fuori le prove instagram dei suoi eccessi? E le reazioni isteriche e arroganti
davanti all’analista non lo disegnano certo meglio. Emblematico poi il “buh”
improvviso a spaventarla, poteva riservarlo alla ragazzina uccisa.. ma certo
tutti bravi a ipotizzarlo dopo..
Quarta puntata: tredici mesi dopo, esili equilibri
tengono unito il resto della famiglia che sta attraversando un pessimo periodo,
oltretutto affrontando episodi di irrisione e cattiveria, col figlio
adolescente ormai alla vigilia di un processo che quasi sicuramente lo vedrà
condannato. Indicativo poi non dire a Jamie, all’ascolto in auto mentre
telefona al papà per gli auguri di compleanno, che in vivavoce ci sono anche
mamma e sorella.
Cosa abbiamo fatto di male, lecito interrogativo dei genitori, ma anche inutile, dopo che la situazione ti è
sfuggita di mano.
Certo si poteva fare di più, come si chiede alla
fine il padre nella cameretta di Jamie, e sono sicuro se lo sia chiesto anche
il regista alla fine dell’ennesimo, ultimo, piano sequenza.