Natale con un mondo di parenti, tre tavoli
differenti: i bambini in età pediatrica, i giovani adulti (young adult),
assieme quelli della prima e seconda età (middle-aged) e infine quelli di una certa
età (tavolo cui mi fregio di appartenere di diritto -golden age, a voler fare i
fighetti, solo old age - a voler ben guardare).
Cerco di osservarli sotto un altro aspetto (come
suggerito da un carissimo cugino siculo confinato nella sua isola per queste
feste).
Il primo tavolo è quello dell’incoscienza, dell’innocenza,
del sorriso ancora spontaneo, del futuro nebuloso e lontano, come di desiderio
incartato sotto l’albero.
Poi il tavolo di chi crede di aver capito tutto e non può temere nulla ma deve ancora sbattere la testa su infinite realtà e
Imprevisti degni di un immenso Monopoli.
E infine il tavolo di quelli cui, ormai da tempo, è
stato rivelato impietosamente che non avevano capito esattamente tutto, e bene
o male lo stanno accettando, loro malgrado, con accurata pazienza.
Sono anche tre tavole allegoriche di vita, caravelle che galleggiano accanto: passiamo da una all’altra non solo per età crescente, siamo soggetti anche a cambi repentini, dietrofront, salti di due, voglia di abbandonare la navigazione, frenesia di imbarcare su quella che ci sfila accanto, improvviso desiderio di regredire alla precedente, frustrazione per essere stati coinvolti senza previa consultazione, timore di avvertire troppa instabilità, sensazioni di disagio, come un percepire rotte anomale, o anche solo quel fastidioso dondolio, noioso beccheggio, a seconda degli umori meteo, traducibili con i nostri turbamenti.
Tre tavoli che ogni anno rivelano un passaggio, un’aggiunta, una o più assenze, un porto suggestivo, una agognata ripartenza.
Vuoti a non rendere, se non qualche consapevolezza in più, sorrisi con
una patina da raschiare, spesso malinconie da interpretare, e discreti silenzi
a comunicare più di tante parole, scrutando l'orizzonte.