Era un po' che non mi dedicavo al cinema, ed in particolare a film di non facile accesso, questa pellicola mi attirava perché sentivo parlarne molto bene.
Quindi, delusione ancora maggiore.. ma è bene sviscerarne il senso e il messaggio, qualora ci fosse.
Quest’Angelo
sterminatore dei poveri ha fatto breccia nell'immaginario di tanti.
Probabilmente
affascina l’elementare meccanicità dei dialoghi, questa algidità
tracimante di tutto e tutti; l’inespressività latente, la
lentezza, le carezze e gli abbracci tentati, il sesso asettico, le
case spoglie, mani splendide e poi il sacro e poi l’illogico.
La scena
iniziale ad esempio: operazione a cuore aperto con la telecamera fin
dentro le valvole cardiache sanguinolente e pulsanti.
Quel cuore
che però latita per tutto il resto del film.
Lanthimos si
piace e si compiace. Ma solo lui.
Tutti gli
altri gli stanno sulle scatole, e probabilmente anche noi spettatori.
Sul
primitivo - ma sempre sulla breccia - do ut des, si intesse tutto il
film, in un crescendo di dramma grottesco che propone il suo massimo
exploit nella roulette russa finale.
Una chicca
tale che, al confronto, i rigori tra Russia e Croazia diventano uno
psicodrammone.
Nei
personaggi di questo sacrificio comune (anche nostro intendo) non ce
n’è uno che reagisca poco cinematograficamente, rispetto all’idea
di cinema che Lanthimos cerca di sdoganare.
Uno che
rispecchi un barlume di sana umanità, spesso sembrano essere usciti
dagli studi accanto, dove si gira Westworld: automi umanizzati dal
vocabolario base.
Ci si muove a strappi, alludendo a metafore e
simbolismi, dove servirebbe semplice coscienza, e non tragedia
casareccia.
Sono tutti
in linea col regista, che probabilmente è in linea con un oracolo
personalizzato.
Una scena
per tutte, quella dove Colin Farrell cerca di introdurre a forza un
cornetto appena sfornato nella bocca del figlio inappetente, mentre
la moglie - e madre - guarda senza reagire. Ci vuoi lasciare basiti,
Lanthimos? Fai apparire Polifemo.. non ci stava poi così male.
Bunuel con
le pecore e Lanthimos con l'inquietudine degli Dèi.
Richiami a
destra a manca, Ifigenia stracitata, faccette kubrickiane già viste
e riviste, figli che si pentono, montaggi geometrici, riprese
sbieche, musiche lancinanti stile allarme di gioielleria offesa.
In questa
saga che si aggrappa alla mitologia più risaputa, impazzano i segni
premonitori, il Fato e i sacrifici riparatori, in un ritorno alla
grezza preistoria che rende spoglio ed inutile ogni sentimento, che
fa carne da macello di ogni spiraglio introspettivo, priva
volutamente di spessore ogni partecipante alla sarabanda e, anzi, lo
fa reagire in maniera comicamente surreale, rendendo inutile la
visione a chi volesse misurarsi con le proprie reazioni di fronte ad
avvenimenti teoricamente possibili, finché non si sbraga nel
sovrannaturale.
Può
capitare, a te medico, di sbagliare ed uccidere, come in questo caso,
un tuo paziente, e può capitare di rendere meno disastrosa, come in
questo caso, la vita dei familiari.
Ma se la persona che ha perso la
vita è putacaso lontano parente di qualche particolare abitante
dell'Ade... hai poco da cercare rimedio...
Comunque ad
una precisazione finale ci tenevo anche io: che tutti mangino gli
spaghetti scotti come Martin, possiamo sfatarlo una volta per tutte,
rendendo di nuovo quell’aurea di sempliciotta umanità alle oscene
forchettate del testimone della volontà divina.