In realtà volevo riscattare e rendere giustizia ad una delle più umane e genuine speranze: l'aspettativa.
e mentre con Tenet le aspettative erano andate abbastanza deluse, sapevo con certezza che le aspettative di vedere un filmaccio, e poterlo stroncare con gusto, in questo caso, non sarebbero mai venute meno.
E avevo ragione... ;)
Muccinata
s.f. Azione
che denota leggerezza e immaturità cinematografica non sempre giustificabile,
talvolta addirittura suscettibile di un giudizio severo, risentito: è stata
una vera m.; (Zanichelli)
In
questo caso l’azione, o meglio il goffo tentativo, di girare un film, l’ennesimo, da
parte del regista che ha originato l’autorevole sostantivo in calce.
Ovviamente, in presenza dell’artefice originale, la muccinata acquista valenza
doppia quando non tripla o quadrupla, attribuendo capacità ad ogni singolo
interprete di esibirsi, ognuno da par suo, nell'intero parco delle efferatezze registiche del Nostro.
Ed eccoli qua i quattro moschettieri dell'orrido: Favino
(ormai lo guardi e sembra un po’ Crazi, un po’ Buscetta.. ), Kim Rossi Stuart
(più catatonico di Accorsi..e ce ne vuole!), Ramazzotti (come sgualdrineggia
lei poche altre) e Santamaria (che si agita cercando di dare un tono al suo
anonimo personaggio.. giusto Muccino poteva rinominarlo e farlo chiamare: a sopravvissu'..),
strabiliano per impalpabilità espressiva, impudenza attoriale, vuotezza cosmica, intensità zero.
Fin dai loro alter ego adolescenti gettati allo sbaraglio, cercando di farne richiamare, in
maniera ridicola, fattezze e movenze da adulti, con le loro schizzatissime moine
in scala, e farceli vedere tutti frullati, poi, in un gioco dell’oca dai tanti bassi e
pochissimi alti, che finirà inevitabilmente a tarallucci e prosecco, brindando
“alle cose che ci fanno stare bene”, tutte cose che soltanto nell'immaginaria e patetica roulette mucciniana
riescono a trovare il loro bandolo della matassa.
Partiamo
da improbabilissime scene di guerriglia urbana, tra discoteca bordo strada e
feriti da arma da fuoco lasciati lì nell'indifferenza.
La
medesima indifferenza che meriterebbe il resto del film, sentimento (o
presagio) cui, purtroppo, non diamo ascolto…
L’amicizia
iniziale dei quattro protagonisti sviluppa in maniera saltuaria e volubile,
dando risalto a pochi rilievi caratteriali: l’infingardaggine di Giulio/Favino,
la rassegnazione di Paolo/Rossi Stuart,
l’incostanza di Riccardo/Santamaria, la zoccolaggine di Gemma/Ramazzotti
e la depressione del pappagallino suicida.
Il
tutto condito dal reiterato saccheggio di svariati cantautori dell’epoca
(Baglioni su tutti) e del richiamo - finto omaggio - costante a tutto un cinema
d’oro anni sessanta, dai Fellini, ai Risi ai Monicelli fino al tanto celebrato(!)
La meglio gioventù.
Quattro
personaggi legati dal nulla, tanto per dar modo al Muccino di tirarne con
l’elastichetto vicende e siparietti. A legare i tre maschi, la Ramazzotti, che
vorrebbe giocare alla piccola Monica Vitti, senza averne ne’ statura ne’
personalità... alla fine quella più convincente (o meno finta) è la cantante
Emma Marrone, nei panni della moglie di Santamaria.
Questo ci meritiamo. Poi dice che uno guarda Netflix...