Era in classe e nessuno se lo filava.
Il destino del
supplente.
Lo aveva fatto tutta la vita in fondo.
Suppliva con sagacia e senso della misura alla mancanza di cattedra fissa, ma anche di un amore definitivo, di
viaggi imperdibili, di tempo da dedicarsi.
Questa particolare predisposizione lo elevò, un giorno, a supplente di ruolo.
Ovviava ad ogni tipo di assenza: ritardi cronici, voli cancellati, carenze di requisiti,
pizze esaurite, vuoti sia di solitudine che di memoria.
Partecipò ad un corso di specializzazione universitaria
su Supplenza Estrema, e il giorno dell’esame su “Turnover e conseguenze” supplì
al ritardo della commissione d’esame interrogandosi da solo ma, genialmente,
tra lo stupore degli astanti, si bocciò, per non farsi sfuggire l’opportunità
del poter supplire al mancato superamento dell’esame.
Gli riuscì alla perfezione. Laurea ad honorem.
Opportunità di lavoro multiple.
Qualificato nel sostituire financo la propria, personale, assenza.
In pochi riuscivano, in realtà la maggioranza dei
candidati si eclissava ineluttabilmente senza colmare alcuna inconsistenza, sottolineando
semmai, una palpabile manchevolezza.
Giuseppe però veniva da anni di gavetta, un supplire
pacato e silenzioso che tappava buchi con discrezione e pazienza.
Anni di scuola e precariato costante a forgiarne
abilità e doveri.
Non sarebbero stati pochi gli studenti a poter
serenamente giurare di averlo avuto in cattedra nel medesimo istante, ma in
classi e scuole diverse.