giovedì 31 dicembre 2015
SANSEVERO E IL CRISTO (RI)VELATO
Barocca
e massonica la Cappella Sansevero di Napoli, per altro sconsacrata?
Non
ci interessa.
Quello
che conta è la pelle d’oca quando mai crederesti.
Fuori
un’entrata discreta, quasi ad attutire la curiosità.
Ma
appena varcata la soglia la Cappella ti avvolge, ti prende per mano e
ti trascina a se, le dimensioni ridotte generano un fenomeno simile.
Se
nella Cappella Sistina ti senti circondato dallo stupore, gli spazi
ampi e le altezze attutiscono questa sensazione.
La pudicizia di Antonio Corradini (1752) |
Sansevero
ti abbraccia stretto invece, lambisci quei marmi ricamati, le pitture
che tracimano da ogni dove, un barocco ricco e ridondante ma
incredibilmente gotico nei fraseggi di scalpello e negli affreschi di
contorno.
Cotto
napoletano a terra, a completare memoria accennata di azzardi labirintici.
Il Disinganno di Francesco Queirolo (1752) |
Vieni
letteralmente assalito da un’orgia di splendore, uno tsunami di
arte assoluta che lascia col fiato mozzato ovunque tu volga lo
sguardo.
Quello
che conta è lo smarrimento dei tuoi occhi annichiliti da bellezza
senza pause; il particolare ti chiama, ti circonda e ti veste il
cuore di emozione.
Non
usciresti più.
Vaghi
da un angolo all'altro, da una cappellina a un mausoleo, dall'altare
a sculture neanche mai lontanamente osservate e immaginate...
e il Cristo Velato
in mezzo a dominare.
Un
Cristo incredibile, di una leggerezza aerea, temi che una folata
d’aria possa denudare quel corpo, quel marmo trasparente.
Particolare del velo |
Cristo velato di Giuseppe Sanmartino (1753) |
Resti
a bocca aperta, fiato sospeso, a esplorare ogni millimetro di questo
Dio velato da una mano umana, ma divina anch'essa.
Un’opera
purtroppo ancora troppo sconosciuta, che emana luce e purezza, che
incanta e stupisce.
Noi
ancora senza meta per la Cappella, ubriachi di grazia, e un senso di quiete interiore che sorriderà per ore..
domenica 27 dicembre 2015
IRRATIONAL MAN (IL TRAMONTO DI WOODY...)
Rieccolo
Woody Allen. Ci spiattella un altro simil Match point, piaciuto
tanto, tra l'altro, a tutti quelli che pretendono da un thriller la
stessa rigorosità di una commedia brillante.
Un
Phoenix dalla panza ipnotizzante, Professore di Filosofia Spicciola
(si, quella degli aforismi di Facebook..) depresso e stanco della
vita, ingarbuglia caso e casualità, romanticismo e disperazione,
uscendo dalla fase noir della sua vita grazie a una botta da
Giustiziere della notte.
Il
problema base è questo: Woody abbandona sempre più spesso la sua
matrice naturale per giocare al thrillerista casareccio.
Non
una sola volta riusciamo a sorridere in questa pellicola. Sorridere
dei drammi, delle nevrosi, dei tic, degli stop della vita.
Una
delle magie di Allen era proprio questa: la sdrammatizzazione della
tragedia.
Gli
è rimasta l'esaltazione del tormento, del disagio,
dell'inadeguatezza.
Ma
anche della profonda inadeguatezza, a supportare un meccanismo
thriller che renda il film accettabile. Almeno da quel punto di
vista.
Se
c'è una cosa che fa sorridere, in questi Allen new style, è la
pressapochezza che tracima copiosa. Ma è sorriso amaro, del quale
avremmo fatto volentieri a meno.
...facce spara' a noi, dai.. |
Il
resto è fuffa chiacchiericcia, dal fumo pseudo filosofico (“c'è
differenza tra il mondo teorico e la vita vera” ma dai!?.. ) al
telefilmetto ricco di personaggini piatti e scontati come un
panettone postnatalizio.
L'Allen
di vent'anni fa avrebbe terminato la pellicola lasciandoci
piacevolmente sconvolti... niente di tutto questo.
Ci
adeguiamo pedissequamente al delitto e castigo dostoevskijano senza
neanche una traccia del mitico Super Allen del quale siamo, in cuor
nostro, ancora follemente innamorati.
E
continueremo anche in futuro, solo in nome del suddetto immenso
amore, a correre al cinema in attesa di antiche, luminose scintille.
Ma
i delitti perfetti, per favore.. lasciateli a Hitchcock.
"Certo come avrò fatto a innamoramme de te co' quella panza..." "E si perchè tu con quelle gambettine rinseccolite..." |
sabato 26 dicembre 2015
IL PONTE DELLE SPIE
Spielberg
se ne esce tomo tomo cacchio cacchio col suo bel filmone di spie e
contro spie, congiure, sotterfugi, doppi e tripli giochi.. tutto a stridente contatto col sogno americano, Lealtà e Libertà garantite a tutti,
indistintamente.
Amici e nemici.
Due
lati della stessa medaglia che faticano a convivere, anzi, fanno
storcere il naso a parecchi.. paladino di questa crociata un Tom
Hanks in grande spolvero, dal sorriso affabile e i modi piacevoli,
sornione e discreto quanto basta, tosto e deciso quanto serve, specie quando
c'è da trasmettere una convinzione, un sentimento, un principio.
Un
film sui diritti riconosciuti all'essere umano. A prescindere.
Un
precetto sempre valido.
“Se
ci mettiamo a ragionare come loro, svalutiamo i nostri ideali,
svendiamo la nostra visione di vita, quella che riteniamo valida, non
possiamo insegnare più nulla”.
Un
film compassato anche, verboso, claustrofobico, chiacchierato e
manierato, scontato per certi versi ma che ci cala in un'epoca
realmente vissuta di guerra fredda.. quando parecchi fragili
equilibri si reggevano solo sul tenere sulle spine il nemico; con un
bluff, con una promessa, un patto.
Blocco
occidentale contro blocco orientale. Tutto un frenetico agitarsi
sotto traccia solo per scoprire cosa trama l'altro, uno starsene
maniacalmente accorti, all'apparenza, gestendo alleanze e
infiltrandosi tra le linee nemiche sotto forma di Grande Fratello.
Ma
Spielberg non si limita solo all'affresco nebbioso, all'elogio dello
stratagemma: in una scena da manuale - cinque minuti cinque - ci
incolla alla poltrona e ci proietta sullo schermo nel dramma di un
pilota spia americano abbattuto mentre, a bordo del suo aereo, tenta
di infiltrarsi in territorio sovietico.
Una
scena che si beve da sola tutti gli effetti dell'ultimo clownesco
Star Wars.
Tanto
per sottolineare: io sono Steven Spielberg, faccio Cinema.. voi altri.. non
lo so..
giovedì 24 dicembre 2015
Buon Natale...
Buon
Natale di tempo che ci scivola tra le dita
senza
un'idea di cosa doverne fare
Buon
Natale a chi va a messa una volta l'anno. Questa.
Buon
Natale di regalo a noi stessi, ancora curiosi di scartarlo.
Buon
Natale a quelli che fanno piangere,
a
chi fa soffrire senza neanche pensarci troppo
Buon
Natale a chi riesce a liberarsi di tutti i sorrisi
Buon
Natale a chi è felice con quello che ha
senza vivere all'inseguimento costante
senza vivere all'inseguimento costante
e
Buon Natale
a
chi è stanco di natali buoni.
domenica 20 dicembre 2015
STAR WARS - IL RISTAGNO DELLA FORZA
"E se infilassi gli arrosticini? Me restano belli caldi..." |
Guerre
stellari si veste da fumettone fracassone e torna, o perlomeno crede, pensando di far sognare. In realtà trattasi di semplice Star wars
2.0 ad altissimo contenuto di Hunger (video) games, concepito per un
3D dei poveri che, almeno quello, per fortuna, ce lo siamo scansati..
ci sono sì i richiami, il risveglio di ologrammi incartapecoriti
(Han Solo su tutti, Harrison Ford che scimmiotta pure Indiana Jones
sparando alla cieca sui nemici dell'Ordine.. pupazzetti cosi da
spiaggia, incapaci di colpire un bersaglio a un metro, votati alla
auto decimazione sistematica, che se fossero tutti così i nemici
della Resistenza.. lo spazio sarebbe un'oasi di pace perfetta..)
Me gira la testa... |
Non
mancano le note positive.. il robottino rotolante BB-8 su tutti.. poi
i leggendari titoli iniziali.. il raggio laser che avresti voglia di vederlo in
versione colonscopia a surrogare efficacemente il liquido di
contrasto bruciandoti all'istante pure le ulcerette in eccesso...
strano che non ci abbiano pensato alla Walt Disney.. subentrata
entusiasticamente in produzione alla Lucas Film .. una delle vette
più alte come intensità emotiva è certamente il flusso emotivo
provocato dal tocco della ritrovata spada laser da parte della
protagonista Rey, donnina nostalgica e romantica ma che fa molto Mad
Max in un futuro disadattato.
Il
nuovo simil Darth Vader suscita teneri sorrisi col suo laserino
modello Re Artù, specie ogni volta che si indispone e si sfoga sulle
apparecchiature di bordo.. apprezziamo comunque il tentativo di
fornire spunti di continuità, dai cupi attentatori del Primo Ordine
al servizio di un Lato Oscuro un po' gigione, alle fumose taverne
piene di alienoidi improbabili, agganci che rendono meno distante un
Passato che incombe come un macigno..
ma alla fine ci sembra che il
compromesso raggiunto risulti un novello start up che paga troppi
pegni.. fa sicuramente da tappetino di benvenuto e trampolino di
lancio ai prossimi due episodi della nuova trilogia annunciata (certo
non perdo il sonno per i 730 giorni che mancano al secondo
episodio..), cerca di vestire la nuova eroina di linfa vitalizzante
pur convincendo solo a metà, investe su Finn (un Boyega dallo scarso
appeal) e riesce soprattutto in una mission possible,
tranquillizza le migliaia
di fans di tutto il mondo: se questi sono i nemici... lunga vita alla
Resistenza!
p.s.
Ma Luke Skywalker che se ne stava cosi tranquillo a Ponza? Perché
andarlo a distogliere da succulente ricciòle all'acqua pazza?
Lo
sapremo solo nel prossimo episodio...
sabato 19 dicembre 2015
ANTONIO REZZA "ANELANTE" (L'ALTRO TEATRO...)
Rezza
è per certi versi rassicurante nei suoi eccessi, nelle sue tiritere
musicali, coi suoi ritmi indiavolati, col suo ingarbugliarsi di
parole.
La
rende musica, la parola.
Senza
uno strumento in scena mette su un concerto di voci e corpi, danze
mentali che scuotono il convenzionale, che tirano giù dal letto il
nostro stantìo approccio al teatro, fanno a fettine le nostre
credenze e pure i nostri armadi ricolmi di scheletri.
Rezza
libera liberandosi.
I
suoi personaggi folleggiano facendo pensare ognuno alle nostre
inutilità quotidiane. Ai nostri falsi miti. Alle nostre necessità
che non si realizzano perché rimaniamo schiavi. Probabilmente
preferiamo rimanere schiavi.
Rezza
ci da una scossa.
Stavolta
con l'aiuto di altri quattro artisti eclettici, in corpo e voce, come
lui, a riempire lo spazio e il vuoto, una scenografia con una sola
parete piena di buchi/finestre (un must tocca ammetterlo..complice
l'eterna collaboratrice Flavia Mastrella) dalle quali appaiono e
scompaiono mille spunti e mille provocazioni.
Ma
non c'è un angolo di palco che non venga coinvolto. Non c'è un
briciolo di cervello che non venga sferzato. Un grammo di
sensibilità che non venga sollecitato.
Assistiamo
allo spettacolo delle nostre assurdità. Quelle che portiamo in scena
ogni giorno convinti di fare bene.
E
invece ossequiamo un diritto d'autore sconosciuto.
Che
dispone di noi come vuole.
martedì 15 dicembre 2015
LA FELICITA' E' UN SISTEMA COMPLESSO (TROPPO)
Anche
il cinema è un sistema complesso. Come la recitazione. La scelta dei
personaggi. Gli atteggiamenti della sceneggiatura. La scelta degli
spazi musicali e visivi.
Zanasi
sembra imbarcarsi in un'avventura ardita, perdendo subito il senso
della misura.
“Un
lavoro difficile da spiegare” quello di Mastandrea che si sbarazza
di manager alla frutta. Ma dove tutto il lavoro di cesello ai
fianchi non viene praticamente mai mostrato, con personaggini che
hanno già il biglietto in tasca per Costarica o Nuova Zelanda, se
non quando si tratta di raccogliere l'ultima firma di dimissioni.
Oltretutto
amico e confidente - in clamorosa contraddizione - dell'infingardo
figlio del suo datore di lavoro, sicuramente l'unico manager visto
all'opera da segare immediatamente e spedire al confino.
E
con l'ultima impresa (che gli costerà il posto tra l'altro), lo
vediamo che tenta di ridurre alla ragion di stato due adolescenti
orfani ed ereditieri di una grossa attività imprenditoriale, e non
scopriremo che l'istrionico e sentimentale perdente già abituati a
conoscere nel cinema che gli è più congeniale: un Mastandrea che
gioca nelle sue corde tra l'eccesso e il grottesco.
Molta,
troppa carne al fuoco: l'israeliana da far vedere coi capelli unti
quando fa comodo (che progetta strisce di Gaza nel nuovo mondo dove
viene accolta samaritanamente - e qua un bel Mastandrea personaggio,
quando l'accusa di suicidio simulato -), gli orfani disegnati
catatonicamente in parole e comportamenti, lo squallido mondo di
pescecani che regola economia e società, Mastandrea che s'immola
come può e rende credibilità - anche se appare un controsenso -
solo quando esce dalle righe (tuffi in piscina, improbabili partite a
rugby, inseguimenti in bici, stonatura di canzoncine a metà tra
Sanremo e lo Zecchino d'oro, passeggiate in montagna vestito da
ufficio).
"...proprio 'na bolla de sapone.. 'stò firm..." |
Il
cinema è un sistema ben complesso e a passi indietro, come con la
reiterata Moonwalk del celebre Michael, si rischia il tonfo per le
scale o, come in questo caso, la scivolata verso un cinema spalmato
di filosofia new age, come uno degli infiniti post facebook coi quali
tutti si riempiono la bocca mentre nella vita rinunciano. E nel
cinema gettano fumo negli occhi.
Ed
infatti è film d'immagini se vogliamo proprio starlo a salvare, e
suoni soprattutto, deliziato da frequentissimi intervalli sonori di
altissima qualità, dalla darkwave dei Dead can dance alla tenerezza
romantica dei Nouvelle Vague.
E
allora ci teniamo strette queste emozioni uditive e lasciamo che
Zanasi si balocchi con sistemi meno complessi.
Dia
retta.
lunedì 7 dicembre 2015
DIO ESISTE E VIVE A BRUXELLES (no alle Maldive.. forse è per questo che je rode un attimo...)
"Ve sistemo io.. ridicoli omuncoli.." |
Sopravvive
a Bruxelles, direi. Perché il dio disegnato da Van Dormael la
subisce la città, grigia e uggiosa. Costretto ad affrontarla viene
picchiato e affamato, trattato nello stesso modo col quale le sue
leggi flagellano il pianeta, e quando non lo flagellano lo rendono
perlomeno irritante, come già Murphy ci insegna ogni santo giorno,
uno di quegli innumerevoli giorni dove la pellaccia la portiamo a casa, ma la sfiga
ci sconquassa a ripetizione.
Impariamo
che oltre a Gesù, figlio ribelle che “recita a braccio”, c'è
una sorellina insofferente e una mamma dea pazientemente rassegnata
alle paturnie del marito.
"Paradiso terrestre?!.. Mortacci!.." |
La
ragazzina decide di scrivere un “nuovo nuovo” testamento cercando
sei apostoli (“dodici son troppi e ti sfuggono di mano” gli
confida il fratello maggiore..) e prima di mettersi all'opera
sventaglia a tutto il mondo la data di morte di ognuno.
Idea
brillante. Pensate cosa scatenerebbe una presa di coscienza simile.
Non voglio manco pensarci.
"Vi faccio a pezzi!.." |
C'è
questo film bastardo e irriverente a farlo per noi. Lirico e burbero,
grottesco e luminoso. Comico e sapiente. A volte sfarfalla per una
tangente lontana ma spesso azzecca la mira su manie e crepe mentali
tipiche del nostro stressato tirare avanti, si frammenta tra
siparietti deliziosi e parentesi di altissima poesia visionaria, come
il sorriso identificato in una cascata di perle per le scale.
Vuole
alleggerire il destino surrealizzando i nostri timori e i nostri
interrogativi, Van Dormael.
E si affida intanto a un Dio vestagliato
e ciabattato, cinico e baro, egoista e violento, sadico e ridanciano
ma pure annoiato e visibilmente irritato con questi umanoidi che non
fanno altro che annientarsi in “suo” nome.
"Sereni.. ci penso io a voi..." |
L'umanità
ha preso una brutta piega, Gesù gioca alla statuina, Dio beve
birra.. forse servirà un reale tocco femminile affinché si riveda
la luce. Questo il messaggio di fondo.
E
che nessuno ci riveli la data della dipartita, per cortesia.
domenica 6 dicembre 2015
HEART OF THE SEA - Le origini del tonno in scatola...
Non
ci fa impazzire questo prequel di Moby Dick. Ron Howard sembra
divertirsela molto tra svariati dettagli di camera e computer grafica
a volte fin troppo casareccia ma la storia non decolla. Se ne resta a
velocità di pacifica crociera.
Tanto
per rimanere in tema.
Le
interpretazioni simboliche che vorrebbero scrutare animi umani e
capodogli irrequieti tra gli abissi e le tempeste, si attestano in
fragile superficie, come le barchette degli intrepidi balenieri,
facili da spazzare via con un colpo di coda e una digitalizzazione
azzardata.
Il
cuore del mare svolazza veloce e il clou della storia - la
balena che affonda la nave - liquidato alla bell'e meglio.
Troppo
il déjà vu: i contrasti tra capitano e ufficiale, la balena che
insegna l'etica, i naufragi, la fame, la solitudine, il ritorno a
casa.
Viene
in mente Cast away più che Lo squalo, ma in una versione
frettolosamente pocket.
..e torniamo
a casa pure noi ricordando di aver assaggiato balena affumicata a
Bergen e anche che, con l'arpione, manco una trota riusciremmo a
prendere..
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