Utopia. Se lo facessi davvero perderei molte delle cose che ora trovo ad istinto, a labile ma incentivata memoria, in quel caos che smonto e rimonto, perché di originale e accurata manifattura.
L’ordine proprio no. Non mi appartengono i suoi canoni, i parametri, i comuni paradigmi (comuni agli altri).
Mettere ordine un’ambizione mai sopita ma neanche
mai realmente perseguita (anche se il blog di per se è un quasi riuscito
tentativo di contravvenire ai miei istinti caotici).
Ammiro l’ordine negli altri, in parte lo invidio anche (come quello maniacale dietro
le ante o nei cassetti di mia moglie).
Replicarlo però richiede gestione, costanza,
regolarità.
Pazienza aggiungerei, perché le mie cose è come tracimassero in
completa autonomia, rifuggissero ogni sorta di disciplina, vagheggiando una
propria collocazione versatile, temendo quasi di farsi trovare subito e
generando, di volta in volta, un gioco speciale, una caccia al tesoro che nel frattempo garantisce
comunque meraviglia e soddisfazione nel momento di casuali ritrovamenti, fortuiti
recuperi, magici rinvenimenti considerati ormai assoluta chimera.
L’ordine pianificato non contempla tali
imprevedibilità - e di queste luminose sorprese -, solo noiosa, regolare,
consuetudine.
P.S. questo post lo avevo scritto diverso tempo fa,
ma poi si era perso tra appunti sparsi. Così, tanto per dire.