giovedì 8 giugno 2023

VERSAILLES

 

Versailles

Stavamo guardando un documentario su Versailles e i salti mortali dell’epoca per far giungere l’acqua e attivando gli infiniti e affascinanti giochi d’acqua che ne animano gli splendidi giardini. Ingegneri e capomastri a creare davvero miracoli in un luogo lontanissimo da fonti naturali e oltretutto in collina.

Anni di fatiche, risorse, genialità al servizio del Re Sole, un Luigi XIV vissuto nell’ossessione di meravigliare il mondo con la sua fantastica residenza di Versailles.

Poi ho pensato a me, che muovo appena una manopola e la doccia mi irrora, alla pressione e alla temperatura che desidero,  piano terra o ventesimo piano che sia, e non mi chiedo mai a quale miracolo faccia capo l’evento.

Ovviamente parlo per me, che al massimo posso scavare una canalina in leggera discesa per far arrivare l’acqua del mare al mio castello di sabbia, edificato anch’esso con rudimenti ingegneristici di bassissima lega.

Mi chiedo però come vive la maggioranza di noi con una manualità primordiale (ma anche meno perché senza ugelli e gas neanche ad una fiammella saprei dar vita..).

Sbattuto su un’isola deserta morirei praticamente subito (invece, con tutti i comforts, sarebbe il mio ideale).

Tutte le mattine accendiamo luci, apriamo il gas, il frigo, facciamo uscire acqua, mettiamo su il caffè, mangiamo biscottini, poi ci dedichiamo a tv o radio o cellulare, consultiamo il mondo e ce ne nutriamo senza avere la più pallida idea di come tutto ciò sia possibile.

Ma ribadisco con decisione che sto parlando per me.
Mi stupisco io della mia inadeguatezza a qualsiasi imprevisto che preveda (“imprevisto che preveda” ossimoro meraviglioso.. perdonatemelo..) una qualche iniziativa manuale a ripristinarne il corso più o meno naturale.

A volte mi sento geniale quando rimetto in moto il motorino o risistemo una cerniera dello sportello dell’armadio.

Ma finisce davvero lì.

Poi vedo le origini delle fontane di Versailles (400 anni fa) e mi vergogno mentre mi lavo le mani.. e pure il dispenser del sapone mi appare come un modulo lunare.


domenica 4 giugno 2023

NUOVI MONDI

 


L’astronave smise di vibrare e il silenzio ci accudì di nuovo, come prima di partire, quando solo l’ansia rumoreggiava in sordina.
Eravamo su un suolo diverso ora.
Unico dubbio su chi fosse lì fuori, anche se le telecamere del Modulo incameravano il nulla cosmico, e non per modo di dire.
Il tenente Ostrag volle scendere per primo, pressurizzato a dovere, mise piede su quel nuovo pianeta e la sensazione di terriccio cedevole ed in qualche modo familiare, lo rassicurò; anche Ong-Sui scese la scaletta ma al primo passo pestò una cagata appartenente - lo scoprimmo solo in seguito - ad un mastino napoletano.
Neanche il tempo di comprendere la sensazione di fastidio attraverso la visiera mobile di Ong-Sui, ed Ostrag divenne croccantino.

martedì 30 maggio 2023

IDEA CONVENZIONALE

 


Abbiamo tutti un'idea convenzionale di autostrada.

La possiamo immaginare come un'anonima e regolare striscia di asfalto che viaggia  da casello a casello.
Velocità ovattata, scorrimento fluido. Rumori addomesticati fuori e che ritornano nell'abitacolo come una litania familiare, asettica, che distingue sensazioni a tenuta stagna e ci trasporta, assieme all'autoveicolo, in automatismi conosciuti, popolati di  panorami rallentati, di altre auto con velocità subordinata alla nostra, a volte più o meno frenetica, in una sorta di filmico accadere, tutto legato a regole imprescindibili: continuità della strada, regolarità del viaggio.

Abbattiamo ora questa condizione.

Introduciamo l'imprevisto.

E fermiamoci. Su quest'autostrada.

Ma non nell'area di sosta o nell'autogrill, che fanno parto a pieno titolo del convenzionale di cui sopra.
Parcheggiamo di emergenza nell'omonima corsia, la nostra auto in panne, (sorvoliamo sul dettaglio che sia semplicemente finita la benzina..) indossiamo il fratino fosforescente obbligatorio per legge in caso di fermata "straordinaria", e scendiamo mettendo piede per la prima volta su questo pianeta sconosciuto, novelli Armstrong.

Una rapida occhiata apprensiva a quel segnale disegnato in terra ad intervalli regolari,  che indica il posto chiamata soccorso più vicino e che abitualmente guardiamo con supponente sufficienza a bordo dei nostri infallibili mezzi, e poi ci incamminiamo cauti sotto il sole; con l'asfalto di grana grossa sotto i piedi, non un velluto ipotetico come quello che si dipana sotto il finestrino a velocità di crociera, ma una superficie quasi sconnessa al piede, assediata da scenari inconsueti, rumori schizzati di rombare stridente, di esatta velocità percepita non più in movimento. ma da punto fermo; tremori di spostamento d'aria percepiti non più da fugace apertura di finestrino ma da immobile sostare senza apparente permesso.
E proseguiamo in un lentissimo, quasi impacciato, sopravanzare, come impedito da aria pesante, ingigantita da quel punto di vista di minuscolo essere in balia dell'Evento.

Il panorama non è più rallentato dal nostro volontario e autonomo alimentare velocità.
E' immobile come noi e subisce la velocità altrui della quale non distinguiamo che massa informe, disegno sfumato, iperbole impazzita.

Patiamo questo effetto marziano ma qualcosa dentro di noi assapora come piacevole la nuova sensazione mai provata in precedenza e, sorridendo di gusto, ringrazia.

Avevamo tutti un'idea convenzionale di autostrada.

mercoledì 24 maggio 2023

IN RISPOSTA AL COSA MANCA



 “In risposta al cosa manca”. Il rifugio sull’isola perfetta della poesia. Far incontrare tra loro visioni comuni, ma che spesso viaggiano in solitaria, lasciando intravedere il sogno, ma anche macerie, comunque da considerare. E’ il “temerario” intento che l’autore Franco Battaglia si prefigge con la sua opera “In risposta al cosa manca”, pubblicata nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore. Poesie che vorrebbero sfuggire ad ogni categoria, perché le liriche questo rappresentano, un ricamo di vita stratificata. «La poesia - spiega l’autore parlando della scelta del titolo - palpita di interrogativi, anche del chiedersi cosa manchi alla completezza dell’esistere: “scrivere due righe” e “star bene in loro compagnia” una risposta che trovo pienamente esaustiva». La prefazione della raccolta di liriche è affidata al maestro Giuseppe Aletti, formatore, poeta, critico letterario titolare della omonima casa editrice che ha sede a Villanova di Guidonia (Roma). «La raccolta In risposta al cosa manca - scrive Aletti - si dispiega in composite rotte, dall’esistenzialismo filosofico, alla ricerca delle piccole cose che mitigano il giorno da incontrare, al sentimentalismo come atto comunicativo tra persone. Come indica il titolo, Franco Battaglia cerca di segnare dei solchi entro i quali far incontrare la sua esplorazione esistenziale e l’interesse del lettore: versi da strappare al caos delle stagioni, alla carenza di punti di riferimento, allo smarrimento che il poeta avverte e tratteggia con i propri versi». Una poesia di ricerca e di incertezza, di scoperta ed esperimento; un mezzo, un tramite, un veicolo di sfogo. In questa condizione di precarietà la scrittura rappresenta «un’ancora, l’isola perfetta. Il timore finalmente fugato del mancato sognatore di sogni». L’effetto “sorpresa” è ciò che l’autore vuole sottolineare, con forza. «Scrivere - spiega Franco Battaglia - avvertendo, io per primo, stupore. Scrivere come riparo, fuga, scontro e comunione. Citando Alessandro Bergonzoni, trovo illuminante il suo “scriviamo poesie che rimano contro”». L’autore dedica alcuni suoi versi a “Settembre”. «Settembre - racconta l’autore, nato a Roma, dove vive - è il mio mese feticcio, culla di bellezza, sogni, amori, dolori. Mamma se n’è andata proprio di settembre, ed era anche il suo mese, dove consumare vacanze, l’amore per il mare e soprattutto per il sole. Ad ispirarmi è l'osservare, la curiosità, il non fermarmi sulla soglia, lo stupirmi, come amo ripetere, di quello stupore autentico, non programmato, non addomesticato, che ogni volta lascia basiti, fosse anche l’ennesimo tramonto». Un mese che rappresenta le contraddizioni, quelle che caratterizzano l’intera esistenza e che diventa, così, metafora del sentire umano. “Settembre che amo, e che fa innamorare: dei sorrisi, delle isole, del vento, dell’amore più folle. Settembre dei cuori infranti, di lacrime e rinascite. Quel Settembre d’uva e baci rubati, spiaggia solo per noi, nuotate incaute e corse nell’alba, ciottoli bianchi e ciambelle ancora calde”. «Una volta scritta, la poesia non ci appartiene più, come il respiro vitale, è un lampo nel buio del nostro esistere». Ne è convinto Franco Battaglia, pensionato che “blogga, scrive, legge, viaggia, recensisce, fotografa il mondo come lo vede lui; che colleziona dubbi, lima rimpianti, sbircia dai finestrini”. Il messaggio che vuole trasmettere al lettore è «l’individuazione di nuovi punti di vista. La poesia ci ricama l’anima e continua per la sua strada, ma dilata ogni brutta essenza, ogni cattiva piega, la custodisce anzi, la rende complice, compagna di sorriso». Federica Grisolia(Vincenzo La Camera - Agenzia di Comunicazione)

La scrittura rimane il mio sfogo principe, la difesa principale contro disagi, inquietudini, malinconie. Ne evidenzio anche, spargendo versi, ma è quasi un delicato esorcizzarne gli effetti, godendo poi del piacere della descrizione, del meticoloso accostarsi alla vita e fare due passi assieme. 

Eccomi quindi in questa nuova avventura, ed in copertina. dolcissimo, l'unico orizzonte possibile. 



E STAR BENE 

Mi chiedo cosa manchi

al non dover chiedere più nulla.

 

Un reale stato di quiete?

Un’assenza di preoccupazioni?

Polsi da baciare
e alito da mischiare?

Il desiderio esaudito,

o l’educazione,  dei propri desideri?

 

O forse l’accontentarsi

di scrivere due righe

in risposta al cosa manca.

 

E star bene

in loro compagnia.

 


domenica 21 maggio 2023

MARE CON PIOGGIA

 

Scauri (LT)


Accadeva.

Di Settembre a Scauri, facile poi.

Arrivavano quelle giornate di tempo incerto, magari dopo un inizio soleggiato e mentre la spiaggia brulicava, nubi rigonfie si prendevano la scena assiepate in un orizzonte fin troppo vicino e inevitabilmente iniziava a piovere, ma senza vento e soprattutto con la temperatura decisamente mite.

Assistevamo al fuggi fuggi generale, chi sbaraccava tutto e correva a casa, chi si rifugiava sulla balconata dello stabilimento tra jukebox e tavolini, tanti sotto l’ombrellone sperando in un rovescio passeggero come spesso accadeva, certo non quando il cielo si faceva omogeneo senza far presagire repentine variazioni.

Era allora che spesso con papà e altri impavidi amichetti, si decideva per il bagno anomalo, sotto la pioggia, dove l’acqua diveniva elemento totalizzante e soprattutto noi, padroni dello scenario, bagnati comunque, sommersi in acqua o fuori, e ci divertivamo da matti, incuranti degli eventi anzi, eccitati dall’anomalia: cielo e mare tutti nostri, col naso a filo d’acqua a osservare le minuscole deflagrazioni di pioggia tuffarsi e mischiarsi nelle onde tiepide e quiete puntellate di piovasco estivo; diluvio nel mare, e noi unici testimoni e coinvolti in quell’abbraccio a rifondere l’elemento madre.

Era pioggia dalla valenza differente, non fastidio o disagio, ma piacevole diversivo, fattore inconsueto a renderci protagonisti, e tutti gli altri al riparo con la faccia da “ma guarda ‘sti matti”.

Acqua che non t’importa ti bagni, sei in costume, e mentre torni a casa, quasi le cerchi le pozzanghere con le sayonara a sguazzarci dentro, percorri i rivoli lungo la via, giusto con l’asciugamano in testa perché la mamma preoccupata ti strilla, ma tu sei felice, l’ombrello è roba da città, e tu sei in vacanza al mare, il tuo mare, e oggi, un pochino, lo sei diventato anche tu.


giovedì 18 maggio 2023

PASSEGGIARE..

 


... nervosamente su e giù. Unico passatempo consentito.
Per strade tutte uguali, quartieri squadrati bruciati dal sole, vicoli pulsanti nel silenzio, in concorrenza col tuo cuore.

Nemmeno un'anima e, d'improvviso, una chiesa.

Sei entrato.

Per non restare fuori più che altro, per noia, per goderti quella folata di fresco che solitamente frequenta la soglia di ogni portale d'ingresso, specialmente quelle porticine laterali che delimitano meno solennemente il profano dal sacro.

A quest'ora è semi deserta, navate imponenti a custodire silenzi, raggi come lame da squarci di vetrate impervie, e la manciata di persone che intravedi è sparsa in tutti gli angoli, ognuna in un proprio, personale, tempio.

A distanza debita da tutti gli altri, immersa in una fede individuale, impegnata in una lunga, solitaria preghiera;  un dialogo riservatissimo col proprio dio, disegnato a misura, un dio che perdona e punisce col metro di chi lo ha concepito e, giorno per giorno, lo accudisce, lo interroga, lo incastra di preghiere.

Cominci a pensare nella quiete ovattata, anche tu semi nascosto in un angolo oscuro.

Credi all'ipocrisia di questi fedeli, vorresti quasi gridarlo attorno e si va architettando in mente un piano diabolico per eliminarne uno qualsiasi. A caso.

Per chi pregano? Per loro stessi e nient'altro, certo te non hai mai avuto benefici dalla tua vita, nessuno ha mai pregato per te, neanche mosso mai un solo dito.

E ora dimostriamo che neanche il loro dio può salvarli.

Nessuno si accorgerà di nulla, il sangue sgorgherà caldo e veloce, accarezzando i mosaici.

Gli altri non vedranno, non udranno, e tu non avrai neanche bisogno di fuggire, basterà allontanarti serenamente nell'indifferenza totale,  soddisfatto, col respiro meno eccitato e la coscienza di chi sa di poter Agire.

Quei vicoli abbandonati non potranno opprimerti più, sarai il padrone.

E mentre sei immerso in quei pensieri e stai elevando tutto te stesso al di sopra di quei poveri esseri che ti circondano, non riesci proprio ad avvertirlo quel tacito e sgusciante signore col coltello in mano che si sta introducendo, furtivo, 
nella tua personalissima chiesa.

 

lunedì 15 maggio 2023

INCONTRI PERIFERICI

 


Su Via di Torricola, periferia romana, scorgo spesso, e da tempo ormai, una signora in attesa in prossimità di una curva.

In attesa di clienti. 

Benvestita, di una certa età (magari poi è più giovane di me), capello a posto, non elegante ma distinta.
Fatto sta che anni fa (strada obbligatoria per andare a casa dei miei), probabilmente, vista la prima volta la immaginai, ingenuamente, una signora affatto intenta al presunto lavoro più antico del mondo, ma solo momentaneamente aspettando qualcuno: un figlio, un marito, un'amica o chessò io.. poi col tempo, montalbanamente, “mi sono fatto persuaso” che la signora in questione stesse proprio “esercitando”. 

Ieri, poi, giornata di sole splendido, l’ho vista verso mezzogiorno, abbronzata e con un occhio per tutti quelli che transitavano, in piedi, composta, e non seduta o sbragata o discinta come magari qualche nigeriana, sempre su quella strada.. e l’ho ritrovata sempre là poi, al ritorno, tre ore dopo.. non so ovviamente se si fosse “adoperata” nel frattempo.. ma insomma, il pensiero è stato un altro: ha una vita questa signora? Figli magari, un compagno, nipoti, esistenza sociale di altro genere (poste, supermercato, camice da stirare, ticket all’ambulatorio, comunioni, teatri, la banca che ti chiama).
Pensieri che non ti sfiorano scorgendo l’outfit classico della prostituzione abituale.
Perché l'immaginario - errato sia chiaro - non accosta questi esseri viventi ai nostri standard.
A vederla così la immagino più in fila ai saldi di centro commerciale o sulla metro con un libro in mano, che sulla curva di una consolare secondaria. Ben pettinata,  seriosa, occhiale discreto.
Quasi una zia vecchio stampo che potrebbe al massimo invitarti ad assaggiare le ciambelline calde al vino appena sfornate, senza istigarti proprio nessun altro tipo di pensiero. 

Altro che transfert e controtransfert illuminati con il suo ultimo post dal caro blogger Guido Hauser.

Un giorno accosto e glielo chiedo. Magari già la voce potrebbe chiarirmi un paio di interrogativi..