Licorice pizza, al pari di una americanissima pizza impiastrata, rischia di produrre nausea; addirittura la colonna sonora, una dei pochi elementi che si salvano, finisce per infastidire coprendo, spesso a sproposito, i dialoghi; storia romanzata che si riduce ad una scollata serie di sketch intrisi di American Graffiti, un variopinto divertissement dove giusto Bradley Cooper mette una firma personalissima, al contrario di Sean Penn che sembra passare per caso.
Bradley Cooper sempre più mattatore..
Alla fine, questo sfilacciato tira e molla tra un esuberante quindicenne cicciottello e un’anonima venticinquenne che vorrebbe solo evadere dalla sua vita ancora più anonima, inanella momenti tra l’assurdo e lo stravagante, spaccati di vita fin troppo spaccati, offrendo una carrellata continua di faccione che tracimano lo schermo e siparietti più o meno (molto più i meno) acchiappanti (coi proprietari del ristorante giapponese mi sono tagliato, a dir la verità, anche se pare che scimmiottare la cadenza nipponica abbia creato subito qualche recriminazione).
Può davvero bastare tutto questo mischiume frenetico? Leggo di gente a bocca aperta solo per la guida di un camion in (folle/discesa) in retromarcia.. davvero serve che ci recapitino da epoche spensierate la semplicità, la freschezza, l’incoscienza? Siamo davvero così nostalgici? Possiamo davvero sorprenderci di un’aneddotica costantemente fuori le righe?
In fondo un nuovo embargo lo rivivremo a breve e di politica fasulla, siamo già maestri.