giovedì 22 marzo 2018
sabato 17 marzo 2018
MSC CARAIBI 25.02 - 08.03.2018
La
crociera è un’isola.
Se
da un lato c’è il sole, dall’altro trovi ombra, se tira vento
sulla tolda scoperta, a prora: calma piatta, se fanno casino nella
piscina superiore, puoi rilassarti a quella tre piani sotto, se il
buffet non ti offre le giuste alternative, al ristorante ti servi à
la carte.
Un’isola
perfetta.
Se
vuoi essere coinvolto, non avrai respiro.
Se
desideri quiete, nessuno la infrangerà.
Avevamo
remore, specie mia moglie, su quanto potessero comunque pesare
dodici giorni di oceano e nave.
Ci
siamo ampiamente ricreduti.
Anche
perché le svariate escursioni previste (dalle foreste pluviali alle
favelas di periferia, dai templi Maya alle sfavillanti dimore degli
attori più in voga, da città ultramoderne a sterrati in mezzo a
piante di banane e caffè), riempiono occhi, cuore e spirito,
somatizzano da ogni presunto principio claustrofobico, ed anzi,
rendono ancor più piacevole il ritorno a bordo, tra comodità e
attenzioni.
Tant’è
che stiamo già organizzandone un’altra per il prossimo anno,
perché anche la fiaba dei costi altissimi, va sfatata.
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Panama |
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Costa Rica |
Certo
se paghi, puoi avere la suite reale, il maggiordomo h24 e lo
champagne a colazione.
Ma
sono eccessi trascurabili, perché i riguardi dedicati a tutti gli
ospiti sono incredibili, la pulizia estrema, quasi maniacale, l’aria
di gioiosa spensieratezza costantemente palpabile, i servizi di
prim’ordine.
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Cartagena |
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Panama |
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Belize Templi Maya |
NON abbiamo neanche mai fatto scatenati balli di gruppo, ne’ le ore
piccole in discoteca; disertato di regola i corsi di bricolage, gli
assaggi in enoteca (trincavamo già di brutto al ristorante), le foto
di rito col Comandante e gli ammassi in piscina.
Abbiamo
preferito giri di ponte alla sera prima dell’aperitivo, foto a
raffica, rigenerante teatro post cena, abbronzatura nel solarium di
nostra esclusiva pertinenza, allegro trekking dei diciotto ponti
esplorabili alla scoperta di ogni pertugio visitabile della nave,
cocktails e idromassaggi (anche in contemporanea), senza negarci un
distratto shopping e simpatiche serate di gala a fare le pulci su
come riesce a vestirsi (!) l’americano medio…
Ma
anche leggere Grisham nel silenzio e nel sole sul balconcino del
nostro dodicesimo piano, con solo il mare a sussurrare mormorii, al
largo del Belize...
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Lampadario da crociera |
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Miami by night |
Insomma
un’avventura che consigli(am)o appieno.
Da
poppa a prua.
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il "teatrino" della nave |
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domenica 11 marzo 2018
IL FILO NASCOSTO (...MA NASCOSTO BENE)
Anderson
adora le psicologie fragili, ed anche con questo bignamino dell'eros
e thanatos vorrebbe sedurre attraverso una vicenda apparentemente
forte, racchiusa come un messaggio tra le cuciture di un abito.
La storia è
presto detta: Reynolds è un sarto rinomato, pedante, monotono e
isterico, cura con la sorella androide un atelier presso il quale si servono
nobili e reali, maniaco del lavoro, dedica ai rapporti sentimentali
brevi fiamme coinvolgenti, per poi reimmergersi nel suo climax ideale
tutto merletti, ricami e tessuti.
Un giorno
incontra Alma, camerierina rupestre dall'aria assai
albarohrwacheriana, che lo intriga a nuovi entusiasmi e corre a
vivere con lui.
Ma il nostro
(un Daniel Day-Lewis forse all'ultima esibizione attoriale, come da
lui stesso annunciato da tempo) si stuferà presto e la nostra eroina
Alma dovrà inventarsi qualcosa per legare a lei per sempre il
capriccioso stilista.
Ora da più
parti mi si parla di “capolavoro”, di “poesia”, di “incanto
visivo”.
Faccio
davvero fatica a percepirne anche in minime dosi.
Una storia
iperbolica dove tutto oltrepassa il limite del “buon senso”, ad
iniziare dal sarto morbosamente paranoico, passando per la sorella
badante che gestisce rapporti ed economia aziendale, per finire alla
nostra camerierina presentata inizialmente come sbadata e col tipico
rossore guancesco delle fanciulline campagnole, ma pronta a mollare
tutto al volo per dedicarsi al bel mondo del lusso e della moda.
A doveroso
corredo: abiti orrendi (quello iniziale da Biancaneve, riproposto
anche più tardi, un vero must dell'orripilant), musiche
stucchevoli, colori appassiti a rendere le atmosfere baluginevoli,
primi piani insistiti, particolari di pizzi, stoffe e trame.
“Fai di me
quello che vuoi ma fallo con delicatezza” questo il preambolo col
quale Anna si dedica al sarto pazzariello, e lei, con la sua faccetta
quasi sempre accigliata e spettinata, comprenderà di doversi
sostituire come musa alla madre protettrice del nostro eroe,
scomparsa da tempo, e della quale il nostro sarto conserva una ciocca
di capelli nella giacca ad altezza cuore per averla “sempre
accanto” (non indossando solo quella giacca, immaginiamo che abbia
distribuito l'intero scalpo materno in tutte le sue svariate
giacchette che indossa prima di cena, dopo cena, per la passeggiata,
dopo il bagno, per la colazione e mentre disegna altri terrificanti
vestiari).
E anche se
quella frase di Anna preluderebbe a piccanti sequel, tranne qualche
casto bacio, nulla sapremo mai di cosa accade nel segreto dell'alcova
tra il sarto schizoide e l'ex cameriera senza tette, una sorta di
cinquanta sfumature al contrario dove tutto sfuma tranne gli
istericismi troppo spesso gratuiti di sarto e clienti.
Il tutto
pervaso da una vaga sindrome di Stoccolma, dove il sarto strambo
dalla guida demenziale e dalle colazioni ipercaloriche dovrà
prendere coscienza della sua dipendenza da Alma, fino a quando le
dosi di questo amore col bilancino diverranno letali.
Lo
spettatore intanto potrà illudersi di aver assistito ad un
capolavoro vicino tanto così all'Oscar, oppure prendere atto che gli
eccessi non possono pagare, ne' in sartoria ne' dietro la macchina da
presa, ma questo è Anderson del resto (Magnolia insegna), e anche
questo un film “cucito su misura” per i suoi fans.
venerdì 23 febbraio 2018
VI GUARDO
Chissà
quando sarei stato costretto a lasciare anche questo appartamento, ma
tanto, di ancora liberi, ce n’erano a bizzeffe a Roma, case vuote
come le vite di tanti di noi.
Ormai
passo la giornata a spulciare dalla finestra, oppure a volte si esce:
cinema, teatro.. ecco, quello si, mi appassiona ancora.. il cinema lo
trovo eccessivo, anche se ne avevo seguito l’evoluzione con un
certo interesse devo ammettere… ma se c’è una cosa che mi
affascina davvero è viaggiare, in aereo soprattutto - Dio che
sballo! -, oppure crociere, transatlantici pazzeschi, pieni di
comodità e di luci e di sorrisi, vedere persone diverse, anche se
dire “nuove”, per me, è quasi un azzardo...
In
realtà vivere così tanto alla fine paga poco… forse con i tuoi
perenni trenta o quarantanni.. poi però, spariscono tutti i tuoi
affetti, le tue consuetudini, e quando sei cresciuto con Verga e
Collodi.. a ritrovarti con Fabio Volo, ma pure con Camilleri, fai una
fatica bestia.. fatica anche a passeggiare per i cimiteri, dove una
volta pensavi avresti avuto un posticino tuo..
fai
fatica oggi a festeggiare i duecentosessantasette anni.. anzi.. quel
duecento di troppo ti debilita l’anima.. stanca la testa ed anche
quel cuore che, invece, pompa che è una bellezza, immune a tutto,
guerre, terroristi, tumori...
..e intanto
vi guardo dalla finestra, a voi altri a termine, sempre di fretta,
con gli sguardi occupati su display sempre più piccoli, incapaci di
misurare una nuvola, di seguire un raggio di luce... sembra così
breve il tempo per voi, e ve lo divorate ancor più famelicamente
... tempo
inutile.. tempo sprecato... che le cose da vivere poi sono davvero
poche e così effimere... le persone che ami ad esempio, le passioni
che curi... e davvero poco, poco altro
quando mi
accorsi che la mia vita si era cristallizzata rimasi di sasso..
grazie! Direte voi... ma non come quell'Highlander che ebbi occasione
di vedere al cinema...a lui la vita si era bloccata a trentanni.. nel
fulgore della forza e del desiderio.. l'avrei voluto vedere come me,
a 67 anni anni.. non che non mi ritenga vispo e curioso, sia chiaro,
ma a quell'età hai accumulato una stanchezza difficilmente
biodegradabile, non la ricicli più ormai, te la porti appresso per
quell'eternità che un gioco di destino bizzarro ha voluto
concedere...
e si finisce
per vivere di ricordi eterni, di rimpianti rimuginati, più che di
futuro poco malleabile, seppur infinito.
Si finisce
per osservare dalla finestra cosa ne fate voi,
di quel poco tempo a disposizione...
di quel poco tempo a disposizione...
lunedì 19 febbraio 2018
PERCHE' NON VOTERO'
Basterebbe
specificare che sarò in vacanza.
Ferie programmate quando ancora la legge elettorale era in altissimo mare…
e
quindi assolutamente in buona fede…
Ma
ammetto anche che, a tutt’oggi, sono assolutamente felice dal
potermi sottrarre a quello che si suol definire, notoriamente, come
un obbligo.. etico.
Tempo
fa Michele Serra, discutendo dell’opzione voto / non voto,
giustificava il suo si, al voto, facendo appello soprattutto ad una
motivazione base:
“Se
io non voto, saranno altri a decidere per me”
Nel
senso che alle sorti del Paese non avrò contribuito con una mia
precisa scelta.
Ma
in quest’ottica, sarà solo chi ha votato la forza politica che
risulterà vincente, ad aver realmente deciso.
E nel caso specifico, dove nessuno raggiungerà la soglia del 40% prevista
dalla Legge Elettorale, a quali alleanze post voto potremmo dover
assistere (oltre all’ennesimo Gentiloni d’ufficio)?
A
quali giochi inediti, inauditi
e
neanche ipotizzati mai fino al 4 marzo sera,
dovremo sottostare?
Si
parla sempre con maggior insistenza di possibili patti PD - Forza
Italia oppure Lega - M5S… e gli interessati non smentiscono con la
necessaria fermezza la reale possibilità di questi “incroci
magici”, spesso ibridi da paura… ecco, in questo caso, il nostro
voto “etico”, la nostra volontà pre elettorale di scelta
cosciente, non sarà forse calpestata in malo modo?
Ed
a quale risposta etica risponderebbe, poi, il famoso “voto per il
meno peggio”, al quale si appellano in tanti, tantissimi, proprio
per tacitare una manifesta ripugnanza al sistema.
Quale
risposta morale solletica - vorrei sapere - il votare “tappandosi il naso”?
Al
contrario, un capo di governo, che dovesse trovarsi di fronte ad una
ribellione di rilievo, vale a dire un’astensione dalle notevoli
proporzioni - a prescindere dalle singole motivazioni del non voto -
non sarebbe costretto a richiedere una revisione sistema elettorale e
politico, prendendo atto e coscienza del malcontento popolare?
NON
RECARSI ALLE URNE
diventa quindi una scelta cosciente e legittima.
diventa quindi una scelta cosciente e legittima.
Un
reale ed efficace “togliere” il potere
a
persone e forze politiche che ne fanno un utilizzo improprio
Una
presa di posizione,
e non una “non scelta” come si accorano nel
definirla, guarda caso all'unanimità,
tutti i rappresentanti di partitoni e partitini.
tutti i rappresentanti di partitoni e partitini.
Una
“non scelta” che, purtroppo (per ora),
è
destinata a rimanere ancora arma spuntata,
ma
che di fronte al panorama di ingovernabilità che si prepara dal 5
marzo…
inizierà - voglio sperare - a godere di nuova e diversa considerazione.
domenica 18 febbraio 2018
LA FORMA DELL'ACQUA THE SHAPE OF WATER
Una
fiaba delicata, in forma liquida, immersa di sogno acquatico, a metà
tra un film sincronizzato e un inabissamento in apnea.
Una
strizzatina d'occhio a tutto il diverso possibile, dall'handicap al
gay, dal mostro al razzista ipocrita, dal politico carogna al
militare idiota, oltre a richiami sparsi a mezzo mondo
cinematografico con spazio anche per l'unico inserto, a mio avviso
completamente fuori registro, di balletto lalalandesco assolutamente
affrancabile nell'economia già ricca di occasioni di riflessione e
spunti comunque originali.
Ottimi
tutti gli interpreti a cominciare dal sadicamente schizzato “uomo
che risolve” Michael Shannon, alla tenerissima Sally Hawkins che
comunica splendidamente con il linguaggio dei segni, ai comprimari Richard Jenkins (il vicino di casa gay) e Octavia Spencer (la collega di
pulizie nera), per non parlare ovviamente del mostro anfibio, semidio
proveniente dall'Amazzonia, amante di uova e gatti, dall'occhietto
gentile e scattoso, il pistolino a scomparsa e le pose tra lo
spiderman e il felino soffiante.
Una
pellicola che scorre via elegante nella sua fragilità di fondo,
specialmente se si azzecca l'approccio e l'esatta sospensione
dell'incredulità.
Una
storia d'amore tanto improbabile quanto coinvolgente, per la quale è
impossibile non fare il tifo, visto anche l'altissimo tasso di
caproneria degli “antagonisti” (con l'eccezione della spia
sovietica, animata da ben altri valori che quelli politico/militari),
una parentesi di cinema che intriga e trascina, con parentesi di alto
effetto cinematografico, come l'esordio sommerso o l'amplesso
metaforico tra due gocce d'acqua, ampio preludio a tutto ciò che
sarà.
mercoledì 14 febbraio 2018
FENOMENO MONTALBANO (IL RITORNO)
Non
faccio fatica ad identificare nei milioni di gaudenti spettatori
montalbanesi, una gran parte degli spettatori sanremesi.
Un
po’ perché il giallo camilleriano sta al thriller esattamente come
le canzonette sanremesi stanno alla musica, un po’ perché la membrana cerebrale dello spettatore medio non deve essere sollecitata più di tanto.
Nello
specifico caso del valoroso commissario di Vigata, deve essere
sottoposta a due ore e venti di commediola travestita da giallo
intrisa principalmente di personaggini folcloristici, padellate in
testa, avvocati che girano senza mutande, immaginazioni voyeristiche
del nostro Montalbano, gente che sviene al rallentatore, rapimenti
senza senso, l’immancabile Catarella…
tutto
scende di livello, irrimediabilmente…
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